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Non bacio e non succhio


di adad
10.09.2021    |    18.039    |    10 9.6
"Mi limito a dire soltanto che erano in preda entrambi ad un vero delirio erotico, un delirium tremens di sensazioni ed emozioni, che nessuno dei due avrebbe..."
“Ma di’, sei impazzito?”, esclamò Rudy, vedendo l’altro sfoderare una sleppa di almeno venticinque centimetri.
L’altro lo guardò senza capire.
“E tu vorresti ficcarmi quell’affare lì?”
L’altro, che si chiamava Giulio, abbassò gli occhi stupito a guardarsi l’appendice fuori dalla patta: francamente, non capiva dove fosse il problema.
“Ma, scusa, - fece – da quand’in qua ti spaventa un uccello?”
“Non mi spaventa “un” uccello, - ribatté piccato Rudy – mi spaventa quell’uccello! Ma te lo sei mai visto?”
“Se me lo sono visto? – scoppiò a ridere l’uomo – Sono quarantacinque anni che me lo porto dietro! Cos’ha di particolare? Saranno sì e no venticinque centimetri.”
“Sì e aggiungici lo spessore!... quello è un bazooka, ecco cos’è!”
In effetti, adesso che aveva raggiunto il pieno turgore, quasi eccitato dal fatto che si stesse parlando di lui, l’uccello di Giulio faceva alquanto impressione, lungo e massiccio da far venire qualche dubbio anche al più esperto professionista.
Cosa che infatti era Rudy, all’anagrafe Rodolfo, che si era dato quel nome di battaglia nel profilo che aveva in un sito di escort.
“Mi dispiace, ma non me la sento.”, disse Rudy, tirandosi su le mutande e facendo per reinfilarsi i pantaloni, che si era appena tolti.
“Fermo, che fai?”
“Mi rivesto e me ne vado. Non voglio farmi rovinare da quel coso lì.”
“Ma, scusa, sei un battone in fin dei conti: dovresti averne visti di tutti i colori.”
“Intanto, battone lo dici a tuo fratello! – si indignò Rudy, puntandogli il dito contro – Io sono un escort, che c’è differenza. E poi, sì, ne ho visto di tutti i colori, ma erano persone a modo, che sapevano come prendermi, non come te che lo tiri fuori con quell’aria da “guarda cos’ho per te”, e non mi sbattevano in faccia che sono un battone. Perché se io sono un battone, tu sei uno che con i battoni ci va! E adesso pagami, ché me ne vado.”
“Pagarti?”, fece Giulio con aria mogia, mentre, a quella reprimenda, l’uccello gli si era afflosciato e penzolava molle fuori dalla patta.
“Certo, che devi pagarmi: o pensi che sono venuto per niente. Ok, non abbiamo consumato, ma il tempo l’ho perso e quello me lo devi pagare.”
“Certo… certo… Come vuoi… - disse Giulio con aria ancora più affranta – Non è per i soldi… è che mi piaci, Rudy, mi piaci veramente…”
Tirò fuori alcuni biglietti dal portafoglio e gli si avvicinò per darglieli. Rudy allungò la mano per prenderli, ma stringendoli fra le dita:
“Per favore, resta. – lo pregò Giulio – Mi fai soltanto una sega…”
“No, me ne vado, mi hai fatto scazzare…”
“Per favore… lascia almeno che ti carezzi… ti carezzo soltanto… Non mi spoglio neanche… - e in fretta si rimise dentro l’uccello molle – Sei così bello… Ti carezzo
soltanto…”
Rudy lo fissò, giocherellando con le chiavi della macchina, che aveva già tirato fuori: da un lato, non era immune all’adulazione e gli piaceva sentirsi desiderato; dall’altro, doveva ammettere che Giulio non era affatto male, anzi era un magnifico quarantenne per il quale avrebbe lavorato anche gratis… con quel fisico tonico, quel volto niente male e quel filo di bianco alle tempie, che gli metteva un languore allo stomaco ogni volta che lo guardava. Decisamente, Giulio sarebbe stato uno di quei clienti che uniscono l’utile al dilettevole nel pieno senso della parola, se non fosse per quell’arnese…
“Ok”, gli disse, atteggiando un’aria scocciata, che era ben lungi dal provare.
Si rimise in tasca le chiavi della macchina.
“Tieni”, fece Giulio esultante, porgendogli i soldi.
“Oh, puoi darmeli anche dopo.”, fece Rudy con nonchalance, ma li prese e se li infilò nel fondo della tasca.
Si sganciò, quindi, la cintura dei pantaloni e cominciò a sbottonarsi la patta.
“No, lascia fare a me, - lo interruppe, però Giulio – voglio spogliarti io… voglio godermi tutta la tua bellezza… Sei più bello di un dio greco!”
Rudy gongolava a quei complimenti, che del resto erano ben meritati: a vent’anni, o poco più, con quel fisico morbidamente modellato, quel volto armonioso e dalle chiome ricciolute, sembrava davvero provenire direttamente dall’Olimpo, a mostrarci la prova evidente della beatitudine celeste.
Col cuore che gli martellava per l’emozione, Giulio sbottonò la patta fino in fondo, poi ne ribaltò le falde e, inginocchiatosi con mossa repentina, affondò il volto nell’apertura, aspirandone a pieni polmoni la calda fragranza, mentre gli passava le mani dietro il culo, carezzando le natiche sode e premendolo a sé.
L’effluvio di profumi che si sprigionava dalla patta, un misto di colonia e di aromi virili, lo mandavano in estasi, quasi lo faceva piangere dall’emozione. Quel gesto spiazzò un poco Rudy, che comunque, dopo una breve esitazione, si lasciò andare a una leggera carezza sui suoi capelli. Tutto sommato, quella situazione non gli dispiaceva, se pensava a tanti altri clienti che avevano preteso questo e quello, forti solo del fatto che pagavano: una volta tanto, aveva la sensazione di giocare alla pari. Rudy prese a sbottonarsi la camicia, ma Giulio si rialzò e:
“Lascia che lo faccia io, ti prego.”, disse e prese a slacciare i bottoni, uno dopo l’altro; poi aprì le falde della camicia e rimase a fissare estasiato il petto liscio, leggermente ombrato da una corta peluria.
“Sei rasato?”, gli chiese.
“Sì. Ti dispiace?
“No”, sospirò Giulio, avvicinandosi a leccargli i pettorali morbidamente modellati.
Rudy si sentì percorrere da un brivido involontario: col mestiere che faceva era importante dominare le emozioni e le sensazioni, ma stavolta era davvero difficile: a parte che dal fascino di Giulio, cominciava a sentirsi sopraffatto dall’ammirazione che quello gli manifestava, dalla passione adorante che coglieva nei suoi gesti.
“Vieni a sdraiarti sul letto.”, gli disse l’uomo e lo prese per mano, stendendoglisi poi accanto.
Tornò, quindi, a baciargli il petto, stimolandogli i capezzoli con la punta della lingua, non osando morderli e succhiarli, come avrebbe voluto; poi gli sollevò le braccia e affondò il naso nell’incavo delle ascelle, nell’intrigo di peli umidicci, aspirandone con voluttà l’aroma dolce, e seguitando poi a coprirlo di baci sulle braccia, sul petto, sull’addome.
Finalmente gli abbassò i pantaloni, sfilandoglieli del tutto, dopo avergli tolto le scarpe e i calzini. Rudy indossava degli slip chiari e Giulio stette ad ammirare la maglina leggera che gli avvolgeva i fianchi, lasciando traboccare un ciuffo di peli dalla bassa cintura. I coglioni riempivano la borsa sul davanti e l’uccello si allungava di traverso, turgido e consistente.
Giulio si sentì affrettare il respiro e vorticare la testa. L’erezione compressa nelle sue mutande lo tormentava, ma lui cercò di ignorarla. Chinò la testa sull’inguine di Rudy e stette un pezzo a baciare, annusare, mordicchiare quel lungo profilo, che si sentiva fremere sotto le labbra.
“Posso togliertele?”, chiese alla fine.
Rudy fece spallucce:
“Hai pagato per questo…”, disse con tono indifferente, ma in realtà smaniando dalla voglia di mostrarglisi nella sua totale nudità.
“Ti secca se mi tolgo la camicia?”, gli chiese Giulio.
“Anzi, fa pure.”
E Giulio se sfilò in fretta, esibendo a sua volta un torace muscoloso e un addome piatto, a dispetto degli anni.
“Wow!”, fece Rudy, passandogli leggermente una mano sul petto.
Giulio sorrise e, presi gli slip per l’elastico della cintura, glieli abbassò lentamente, gustandosi ogni centimetro di quello che andava scoprendo. Una volta che glieli ebbe sfilati, se li portò al naso annusandone voluttuosamente il cavallo e la borsa che aveva contenuto i coglioni.
“Ti piace il fetish?”, chiese Rudy.
“Mi piaci tu, - rispose Giulio – mi piace ogni cosa di te, anche l’odore delle tue mutande.”, e tornò a premersele sotto il naso.
“Non ti starai mica innamorando di me? – scherzò Rudy – Ricordati che sono un escort e sono qui solo per lavoro.”
“Tranquillo, non mi sto innamorando di te. Ma questo non significa che non debba ammirare la tua bellezza… che non mi senta schiavo del tuo fascino.”
Abbiamo già detto quanto Rudy fosse sensibile ai complimenti, per cui possiamo immaginare l’effetto che ebbero su di lui queste parole. Nessun cliente lo aveva mai fatto sentire così speciale. Sorrise e, passandogli una mano in mezzo alle gambe:
“Spogliati pure tu, - gli disse – dai, non aver paura.”
“Posso?”, fece Giulio, con gli occhi brillanti di eccitazione.
“Visto che hai già pagato, mi sembra il minimo.”
In preda alla frenesia, Giulio si sbarazzò degli abiti e in un lampo fu nudo, con l’uccellone carnoso, che svettava nel pieno del suo trionfale turgore. Rudy non seppe resistere e glielo prese in mano.
“Accidenti, che sberla!...”, mormorò ammirato.
Gli effetti di quel gesto furono dirompenti: ancora più infiammato, Giulio si lanciò sul cazzo di Rudy e lo ingoiò mugolando fino alla radice. Il contatto con la levigata mucosa orale, fece perdere il controllo a Rudy che iniziò a sbrodolare e muovere il bacino con l’intento di fottergli la bocca. Giulio lasciò fare per un poco, straziandogli nel frattempo i capezzoli con le dita rapaci; poi, se lo tolse dalla bocca e prese a succhiarlo e a slinguarlo per l’intera lunghezza della mazza, senza trascurare un adeguato trattamento anche alle palle, per fortuna rasate, che di tanto in tanto risucchiava in bocca, una alla volta, spremendo gli ovuli come prugne mature, e grufolandogli in mezzo alle cosce come un maiale.
Il tempo concesso all’incontro, in base alla tariffa pagata, era ormai trascorso da tempo, senza che nessuno dei due se ne fosse accorto. E come avrebbero potuto?
Rudy sguaiolava al trattamento che stava subendo e intanto pastrugnava estasiato il cazzone di Giulio; questi, nella sua famelica adorazione, lo aveva ad un certo punto rivoltato sulla pancia, prendendo a divorargli le natiche lisce di baci, leccate, morsi e carezze. Finché le aveva aperte come le pagine di un libro e si era precipitato a infilarci il grugno, leccandogli il buco dentro e fuori, spianandogli le grinze una per una e riempiendoglielo di saliva.
Il ragazzo smaniava, sentendosi tafanare nel retto dalla lingua e dalle dita sempre più audaci, sempre più ingorde del suo cliente. Finché non resse più e:
“Mettimelo… - sospirò – mettimelo per favore…”, evidentemente, dimentico delle drammatiche dimensioni dell’oggetto, con cui l’atto si sarebbe dovuto compiere.
Giulio sulle prime non gli diede ascolto e continuò a ravanargli con la lingua nel buco del culo; ma quando le richieste si fecero più pressanti:
“No, tesoro… - disse – è troppo grosso, ti farei male.”
Ma come al bevitore, a cui, una volta che si è riscaldata la gola, non è più possibile smettere di bere, così al povero Rudy, una volta infiammato il buco del culo, il bisogno di sentirsi scorrere nel retto un cazzo sodo e scivoloso si era fatto ormai tanto insostenibile, quanto irrinunciabile.
Più volte pregò Giulio di metterglielo e più volte Giulio rifiutò, pregandolo a sua volta di non insistere: non voleva fargli male col suo cazzo mostruoso. Ma Rudy non intendeva più ragioni.
“Non importa… - gli disse alla fine, quasi con rabbia – Mettimelo, cazzo! Pure se mi fai male, non me ne fotte!”
Cosa poteva fare a questo punto il povero Giulio, se non accontentarlo?
“Va bene, - accondiscese – ma se ti faccio troppo male, mi fermo subito, ok?”
“Va bene…”, rispose l’altro, mettendosi a pecora per farsi montare.
“No, aspetta.”
Giulio prese dal cassetto un flacone di lubrificante e se ne versò una buona dose sul cazzo, spalmandoselo dappertutto; un’altra buona dose la spalmò attorno all’orifizio di Rudy, spingendoglielo dentro con le dita; poi si distese sul letto e tenendoselo diritto con due dita:
“Sieditici sopra, - gli disse – così sarai tu a regolare la penetrazione e potrai fermarti quando vuoi, se ti fa troppo male.”
In preda alla frenesia, Rudy gli si mise a cavalcioni, gli si inginocchiò ai lati del torace e abbassò il bacino, posizionandoglisi sulla punta del cazzo. Il glande era affusolato e ben oliato, per cui oltrepassò agevolmente lo sfintere aperto dalla sapiente preparazione; ma quando la cresta ebbe superato la strettoia e l’anello cominciò ad aprirsi attorno al mastodontico spessore dell’asta:
“Ahhhh!” gemette Rudy e si bloccò, ansimando.
Con il glande stritolato subito sotto la corona dalla morsa dello sfintere, anche Giulio gemette, ma di piacere. Ma ciò nonostante
“Esci se ti fa male.”, gli disse con voce strozzata.
“No… - ansimò Rudy – devo farcela…”, e rimase seduto in cima al cazzo di Giulio, finché lo sfintere si allentò un poco e la forza di gravità fece il resto, lasciandolo scivolar giù un altro poco.
Sofferta da entrambe le parti, gemendo l’uno per il dolore dello sfintere che si andava faticosamente adattando a tale inusitata apertura, e l’altro per la pelle della guaina che ad un certo punto ebbe la sensazione che gli venisse strappata via, la penetrazione procedette con esasperante lentezza, millimetro dopo millimetro, e fu solo dopo una lunga agonia che Rudy si ritrovò seduto sul ciuffo cespuglioso del suo partner, entrambi tesi e vibranti di passione.
Per fortuna, poco prima di arrivare in fondo, lo sfintere aveva ceduto, superando la fase acuta dello stiramento e al dolore cominciava a subentrare la sensazione
prima di un estremo riempimento e poi di un piacere intenso, un piacere mai provato a quei livelli. Nello stesso tempo si sentiva gratificato per esserci riuscito: era riuscito a domare quella bestia che tanto lo aveva spaventato all’inizio, era riuscito in quell’impresa che gli sembrava impossibile… lo aveva preso nel culo… e tutto intero…
“Ce l’ho fatta!”, mormorò, guardando Giulio con gli occhi che gli brillavano di intensa soddisfazione.
“Sì… - gli fece eco l’altro – non l’avrei mai detto… sei davvero fantastico!”
Sentendosi, allora, sicuro, Rudy cominciò a saliscendere lungo il paletto, ma solo di qualche centimetro, spasimando di dolore ad ogni minimo movimento; e intanto ruotava il bacino, per assestarsi meglio, e artigliava i pettorali di Giulio, che gemeva e ricambiava quelle furibonde carezze, pizzicandogli i capezzoli, martoriandogli le natiche.
Dopo un po’ le vogate si fecero più lunghe, Rudy risaliva fin quasi a metà del cazzo di Giulio e poi se lo faceva riscivolare di nuovo dentro fino alle palle.
“Così, - lo esortava Giulio, carezzandolo con foga – prendilo tutto… prendilo tutto! Goditelo… Oh, che culo caldo… che culo accogliente… Sei una puttana… una vera puttana… Cazzo, che troia sfondata!”
Già infiammato dal cazzo che lo stava trivellando, maggiormente Rudy lo fu a quelle trivialità sospirate a fior di labbra, e smaniava, gli impastava i pettorali, gemendo, si allungava dietro la mano a strizzargli i coglioni sempre più gonfi. E:
“Sono una puttana…”, ansimava a sua volta.
“Sei la mia puttana… - gemeva Giulio in risposta - la mia puttana mangiacazzi…”
“Sì… la tua puttana… la puttana dei maschi che mi pagano…”
“Ti sfondo il culo, troia… Te lo riempio di sborra…”
“Dai, cazzo… riempimelo di sborra… fammi cagare sborra fino a domani…”
E altre se ne dissero, che il pudore mi impedisce di riferire, per quanto sia dovere di uno scrittore riportare fedelmente tutti i fatti. Mi limito a dire soltanto che erano in preda entrambi ad un vero delirio erotico, un delirium tremens di sensazioni ed emozioni, che nessuno dei due avrebbe mai supposto.
Intanto che Rudy faceva la lap dance lungo il suo palo, Giulio gli aveva afferrato il cazzo e glielo menava con foga, accrescendone la frenesia.
Fu Rudy il primo a cedere: d’un tratto si irrigidì e, stritolando l’uccello dell’altro nella morsa dello sfintere pulsante, gli rovesciò lunghi getti collosi di sperma sul petto e sulla faccia: a quel punto Giulio, lo afferrò saldamente per le braccia e si giravoltò con un potente colpo di reni, posizionandoglisi sopra alla missionaria e con alcuni colpi ben assestati raggiunse anche lui l’orgasmo, insufflandogli a getti potenti nel retto un’impressionante quantità di seme.
Dopo di che, si rovesciò sul fianco e rimasero avvinti, lui con l’uccello tuttora inchiavardato nel culo di Rudy, per l’impossibilità di tirarlo fuori, finché non si fosse ammosciato, e Rudy con le gambe avvinghiate dietro le sue reni di Giulio. Così abbracciati, ad un tratto, in un trasporto di emozione post orgasmica, l’uomo provò a dargli un bacio, ma Rudy svicolò con la testa:
“No, - disse con decisione – non bacio e non succhio, lo sai.”
“Sì, lo so… - sospirò Giulio a sua volta – Ma sarebbe stato bello…”
Finalmente, i cuori ripresero il ritmo normale, il respiro si calmò e l’uccello di Giulio tornò floscio, permettendo così a Rudy di liberarsi.
Stringendo le chiappe per timore di eventuali perdite, sentendosi il buco ancora sfilacciato:
“Faccio un bidè, posso?”, chiese al padrone di casa.
“Fai pure una doccia, se vuoi”, rispose Giulio, alzandosi a sua volta e seguendolo in bagno per pulirsi la faccia e infilarsi un accappatoio.
“No, basta un bidè. Ti dispiace?”, e gli indicò la porta.
“Ah, certo. Scusami. – fece Giulio, son un sorriso – Ho bisogno pure io di riservatezza in certe situazioni.”
Poco dopo, Rudy era lì che si rivestiva.
“Credo di doverti integrare la tariffa. - gli disse Giulio – Sei rimasto più di quanto stabilito.”
Ma Rudy scosse la testa:
“Lascia stare, tanto non avevo altri impegni… e poi… mi hai fatto una sega…
Siamo pari.”
Finito di vestirsi, Rudy si avviò per uscire.
“Grazie”, fece Giulio, aprendogli la porta.
“E di cosa? – disse Rudy – Grazie a te e… quando vuoi, sai dove trovarmi.”
“Ci puoi contare. Ciao.”, e gli porse la mano.
“Ciao”, fece Rudy, stringendogliela.
Dopo di che, inaspettatamente, gli diede un bacio frettoloso sulla guancia e si allontanò nel corridoio, svoltando verso le scale.
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