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2 matrimoni e un funerale – 2.1 (Il Suocero)


di jeepster
19.03.2025    |    2.615    |    1 9.8
"Naturalmente perde anche il cesto quasi pieno di funghi, i quali si spargono intorno e alcuni si scapocchiano pure..."
Appena Dario vede entrare in chiesa Rossella sottobraccio a suo padre, gli viene come un crampo allo stomaco. Ha davanti a sé le due persone più care, alle quali sente di aver fatto un torto enorme.
“Cosa penserebbero, direbbero o farebbero se sapessero cosa è successo tra me e mio cognato, la sera prima?” pensa. Ma non c’è tempo per questi pensieri, la cerimonia sta per cominciare.
Il matrimonio fila liscio, tutto va come deve andare, ma lo stato d’animo di Dario è quello di un uomo confuso e disorientato.
Il viaggio di nozze lo aiuta a distrarsi e a iniziare con serenità il menage coniugale.
Al ritorno Rossella si trasferisce da lui; intanto il suocero ha provveduto a portare a casa loro gli scatoloni pieni di cose della neo sposa.
Tra Giovanni e Dario si è stabilito un ottimo rapporto, ora però si sente in colpa, oltre che per quella sorta di tradimento col cognato fatto a sua figlia, e di riflesso a lui, anche perché gli sembra di avergli portato via l’unica compagnia che gli era rimasta.
Così il giovane comincia a frequentare più spesso il suocero, con l’intento di alleviarne un po’ la solitudine.
Restare solo per Giovanni non è un problema, si sa ben gestire, visto che, essendo vedovo da dieci anni, è toccato a lui occuparsi della casa e dei figli.
In realtà, anche se non ha il coraggio di ammetterlo a sé stesso, Dario sente crescere sempre più una forte attrazione verso il suocero, e questo lo porta a volerci trascorrere sempre più tempo.
Naturalmente Giovanni non può che esserne contento.
Quasi ogni sabato mattina, visto che Rossella lavora, i due lo passano insieme: oggi andranno per funghi.
Mentre è tutto intento a preparare i panini che si porteranno dietro, Giovanni fa a Dario: «Ti ricordi quel bosco, dove siamo andati a raccogliere le castagne un mese fa? Lì ci trovo spesso anche dei bei porcini. Sono sicuro che non torneremo a casa a mani vuote»
«Non ho dubbi, ormai lo so che tu conosci tutti i boschi dei dintorni come le tue tasche»
«Bene. Tieni, mettili nel tuo zainetto; l’acqua per bere ce l’ho già in macchina; oppure vuoi che porti anche del vino?»
«No, non è necessario, per me l’acqua va bene»
«Allora andiamo, è quasi mezzogiorno e a Novembre fa notte presto, e nel bosco si fa buio ancora prima»
Dopo circa mezz’ora arrivano al posto di cui parlava Giovanni; parcheggiano in uno spiazzo ai margini della strada e s’incamminano per un viottolo, tutt’e due con un canestro di vimini sotto braccio.
«Tu stammi dietro – esordisce Giovanni – inesperto come sei, ne potresti calpestare qualcuno. Ed è sempre bene non smuovere troppo il terreno, perché sotto le foglie potrebbero esserci delle spore che poi fanno nascere altri funghi in seguito. Il tuo compito è quello di aguzzare la vista, perché quattro occhi sono sempre meglio di due»
«D’accordo, capo» risponde Dario con tono ironico.
Dopo non molto trovano i primi due funghi ed altri man mano che si addentrano nel bosco. Hanno quasi riempito un canestro quando arrivano in una piccola radura dove c’è un tronco abbattuto, su cui possono sedersi per riposare un po’ e fare uno spuntino.
«Che ti avevo detto? Ne abbiamo già trovati abbastanza; almeno per la cena di voi due questa sera, ma vedrai che ne troveremo altri, così ci scappa qualcosa anche per me… eh eh eh» dice Giovanni ridacchiando.
«Sicuro. È un posto magico questo!» esclama Dario.
«L’hai detto. Però mi raccomando, non parlarne mai con nessuno, questo luogo è meglio che non diventi troppo frequentato, se si sparge la voce, è finita»
«Va bene, prometto»
«Dai, adesso riprendiamo, voglio vedere se riusciamo a riempire tutt’e due i canestri»
«Sì, certo».
Così i due riprendono la perlustrazione e pian piano i canestri vanno riempiendosi.
D’improvviso Giovanni si blocca e grida: «Eccolo! Eccolo! Un porcino imperiale!» ed indica un grosso porcino ai piedi di un albero.
«Vabbè, non esistono i porcini imperiali, ma quando ne trovo di così grossi, io li chiamo in questo modo». Fa per lanciarsi a raccoglierlo, ma inciampa su una radice nascosta dalle foglie e cade rovinosamente sul fianco sinistro, sbattendo il gomito su un grosso sasso. Naturalmente perde anche il cesto quasi pieno di funghi, i quali si spargono intorno e alcuni si scapocchiano pure. «Maledizione! Erano così belli».
È più preoccupato per i funghi che per la sua caduta, ma intanto Dario è accorso prontamente per aiutarlo a rialzarsi. Lui lo stoppa dicendo: «Faccio da solo». Però nel momento in cui poggia il gomito per sollevarsi, sente un forte dolore, caccia un urlo e fa: «Non ce la faccio. Sì Dario, aiutami tu».
Il genero lo afferra da dietro sotto le ascelle e mentre lo aiuta a rialzarsi gli dice: «Dobbiamo andare subito al pronto soccorso»
«Ma quale pronto soccorso?! – sbotta Giovanni quasi infuriato – magari non è niente di grave, e prima che me lo dicano mi fanno aspettare ore in sala d’attesa. Poi, visto quello che mi è costato, non andremo da nessuna parte prima di aver raccolto quel porcino meraviglioso. Pensaci tu, hai visto come si fa. Io intanto raccolgo quelli che sono caduti».
«D’accordo. Però sbrighiamoci a tornare a casa, sarà il caso di farti subito un impacco col ghiaccio» dice il giovane mentre con cura stacca il fungo dal terreno.
«Dovrai guidare tu, perché non riesco a muovere il gomito» aggiunge Giovanni.
«Certo, nessun problema, ora andiamo».
Grazie alla grande familiarità che aveva con quel bosco, l’uomo aveva fatto in modo che seguissero un percorso che li avrebbe riportati al punto di partenza, così dopo pochi minuti si ritrovano sul viottolo che porta allo spiazzo dov’è parcheggiata la macchina.
Arrivano a casa che comincia a fare buio; si dirigono subito in cucina; Dario, con molta cautela aiuta il suocero a togliersi prima il giaccone e poi la pesante camicia, gli tira su la manica della maglia di lana, quindi prende dal frigorifero un po’ di cubetti di ghiaccio e li avvolge in uno strofinaccio.
Giovanni tiene il braccio disteso sul tavolo; Dario comincia a tamponargli il gomito e commenta: «Si è già gonfiato, speriamo che non sia nulla di serio e che questo impacco ti giovi»
«Sì, è così, già sento meno dolore»
«Bene. Forse è solo una contusione. Se è così, fra un po’ di giorni sarà passato tutto»
«Speriamo… Solo che questo incidente mi ha innervosito non poco; ho una tensione addosso… Con tutte le cose che ho da fare, questo proprio non ci voleva»
«Scordati tutte le cose che hai da fare. Non devi piegare il gomito, per nessun motivo. Adesso sai che facciamo? Ti aiuto a farti una bella doccia calda, così ti rilassi un po’ e non dovrai fartela prima di andare a dormire; poi chiamiamo Rossella; le diciamo che ti sei leggermente infortunato a un gomito e gli chiediamo di venire qua, così ci prepara lei la cena»
«Mi sembra una buona proposta. Ma sei sicuro di volermi aiutare a fare la doccia?»
«Certo! Perché me lo chiedi?»
«No, perché quell’unica volta che ci siamo trovati nudi a tu per tu, ho visto che la cosa ti ha imbarazzato parecchio. Non voglio che tu ti senta in dovere, posso fare anche da solo»
«Ma no, nessun dovere, lo faccio volentieri. L’altra volta era la prima volta che succedeva una cosa simile, e tu eri pur sempre il padre della mia fidanzata e non uno qualsiasi. Adesso certe barriere sono state abbattute e c’è molta più confidenza tra noi, non credi?»
«Ah beh, per me non c’è stata mai nessuna barriera da abbattere; comunque apprezzo la tua premura, perciò andiamo!».
Entrano in bagno e Dario subito gli si piazza davanti e gli fa: «Dai, ti aiuto a spogliarti, alza in alto le braccia». Gli sfila la maglia verso l’alto, poi appena liberata la testa, lo invita a stendere le braccia in avanti, quindi con estrema lentezza e delicatezza comincia a sfilare le maniche, agendo prima sulla destra e poi sulla sinistra, ma a questo punto Giovanni non può fare a meno di emettere un gemito di dolore: «Ahi!... fai piano, mi fa un male cane»
«Ecco, è fatta. La parte più difficile è andata» commenta il giovane mentre finisce di sfilargli la manica sinistra; quindi gli sfila agevolmente l’altra manica, lasciando il suocero a torso nudo. In quel momento Dario non può fare a meno di soffermarsi ad osservare il petto dell’altro, ricoperto da una fitta peluria di peli neri e bianchi. Poi lo sguardo scende più in basso; gli slaccia la cinghia dei pantaloni e tira giù la lampo. Si piega sulle ginocchia, al ché Giovanni con il braccio destro si appoggia su una spalla del genero per alzare le gambe, per farsi sfilare le scarpe; poi questi gli abbassa i pantaloni e glieli sfila del tutto; stessa cosa coi calzini. Adesso Dario si ferma un attimo e alza lo sguardo verso il suocero, che annuisce e sorride, quasi a voler dare il nulla osta per procedere e concludere con gli slip.
Contrariamente alla volta in cui poté dare solo un’occhiata di sfuggita a quel popò di roba che Giovanni si ritrova tra le gambe, adesso, avendocelo a solo un paio di palmi dalla faccia, può far caso alla peluria (anch’essa “sale e pepe”), che ricopre per intero i testicoli e sormonta l’attaccatura del pene, il quale, pur essendo a riposo, è di cospicue dimensioni, sia in lunghezza che in larghezza.
Cerca di non indugiare troppo, per evitare che il suocero si accorga dell’eccessivo interesse che ha per le sue parti intime.
Si rialza ed inizia a spogliarsi a sua volta, ma intanto può osservare in tutta la sua bellezza il fisico ancora tonico e in forma dello splendido cinquantenne che ha davanti.
In due minuti anche Dario è completamente nudo, quindi Giovanni lo invita ad entrare per primo nella cabina doccia, che è abbastanza grande da poterci stare comodi entrambi.
Il giovane apre il rubinetto, e quando l’acqua è piuttosto calda l’altro si piazza sotto la cipolla voltandogli le spalle, emettendo subito un sospiro di soddisfazione. Dario si versa in una mano un bel po’ di sapone liquido; inizia a insaponare e a massaggiare la schiena del suocero e gli fa: «Eh Giova’? I tuoi cinquant’anni te li porti alla grande. Potessi arrivarci anch’io nelle tue stesse condizioni»
«Eh, dovevi vedermi trent’anni fa: ero un figurino… e uno sciupafemmine! Ah ah ah ah»
«Lo immagino! Ma credo che anche adesso non avresti problemi»
«Tu dici?... il fatto è che adesso sarebbe tutto più complicato; le donne della mia età sarebbero tutte sposate o divorziate e magari anche con figli… e se non sono né una cosa, né l’altra, vuol dire che c’è qualche problema»
«Sì, mi sa che hai ragione»
«E poi sai che c’è? Anche se ormai sono passati dieci anni da quando Maria non c’è più, mi sembrerebbe di tradirla, se mi mettessi con un’altra donna»
«Già…ma scusa se te lo chiedo, come hai fatto in tutti questi anni?... hai capito cosa intendo, vero?»
«Dario, ma lo sai che sei proprio bravo a massaggiare? Mi sto rilassando completamente. Passa anche alle gambe e ai glutei… Beh, come ho fatto? Ho cercato di distrarmi e di non pensarci; poi quando non resistevo più facevo da me»
Dario inizia ad insaponare e massaggiare i glutei di Giovanni. Fortuna che è voltato di spalle, sennò si sarebbe accorto della evidente erezione del giovane, che però non può fare a meno di meravigliarsi quando nota che il suocero emette dei sommessi mugolii, ogni volta che con le dita gli strofina il buchetto.
«Sai Dario? – riprende Giovanni – penso anch’io che adesso c’è molta più confidenza tra noi, perciò voglio raccontarti dell’unica volta che sono andato in una sauna. È stato poco tempo fa, voi eravate in viaggio di nozze. Volevo provare qualcosa di nuovo. Avevo saputo che nei dintorni ce n’è una frequentata anche da coppie e così sono andato; più per curiosare che altro. In realtà è stata un’esperienza allucinante; le poche donne che c’erano, neanche tanto avvenenti, avevano un codazzo di almeno una decina di uomini che gli stavano appresso. Insomma è finita che mentre ero nel bagno turco, ho lasciato che uno me lo succhiasse. Poi a un certo punto questo mi ha proposto di andare in una stanzetta perché voleva che glielo mettessi dietro, ma io non me la son sentita, così gli ho detto di continuare col pompino, e sai cosa? Senza dire niente si è alzato e se n’è andato. Sono rimasto come un baccalà, allora mi è venuto da pensare: se uno ci tiene così tanto a farsi inculare, vuol dire che, al contrario di quanto si dice, non è poi una cosa così spiacevole… eh Dario, a te è mai capitato qualcosa del genere?».
Dario si blocca, stupito da questa domanda a bruciapelo.
«Co-cosa intendi?» farfuglia.
«Intendo se ti è mai capitato di fare sesso con un altro uomo?» e così dicendo si gira, mostrando al genero la sua prorompente erezione.
Dario è sbalordito, ma allo stesso tempo è allettato da questo sviluppo inatteso e tanto desiderato.
Non può certo raccontargli quello che è successo con Luigi, così si limita a dire: «No, mai. Ma con te lo farei volentieri» e nel mentre allunga una mano per toccargli il cazzo.
«Lo avevo capito, sai? Allora andiamocene in camera mia, staremo più comodi».

(Continua… La seconda parte è già online, vi si può accedere dal mio profilo)
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