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EVVIVA IL MOTOCROSS


di jeepster
26.01.2025    |    7.232    |    19 10.0
"Dev’essere lo stesso che mio cognato ha utilizzato quando con tutta la famiglia siamo andati a fare la scampagnata del primo maggio» «Davvero? Allora te..."
«Claudio, dì un po’, ma tu vai ancora a fare motocross?» mi chiese inaspettatamente mio cognato Gianni, il giorno che eravamo andati con tutta la famiglia a fare la scampagnata del primo maggio.
«Mah, veramente molto di rado – risposi – Sai, l’università mi tiene molto impegnato e poi non mi capita quasi mai l’occasione propizia… ma perché mi hai fatto questa domanda? » gli chiesi a mia volta.
«No, è che l’altra sera ero al pub con gli amici e c’era anche il fratello più piccolo di Rodolfo che non avevo mai visto. Non so come è uscito fuori il discorso, ma a un certo punto questo ha cominciato a raccontare di quando va a fare motocross. Alla fine gli ho detto che anche mio cognato pratica questo sport. Mi ricordavo che una volta me ne avevi parlato. Allora questo mi fa: “Ah, davvero? Perché non me lo fai conoscere? Magari può venire anche lui con noi; più siamo e più ci divertiamo”. Così gli ho detto che se mi dava il suo numero di telefono, te ne avrei parlato e se eri interessato lo avresti chiamato. Che dici? T’interessa la cosa?»
«Certo che m’interessa, era proprio l’occasione che stavo aspettando. Ce l’hai con te il numero?»
«Sì, dovrei avercelo nel portafoglio».
Dopo aver cercato brevemente, mi porse un foglietto dicendo: «Tieni, si chiama Fabio, ha 19 anni, ha detto che all’ora di cena lo trovi quasi sempre a casa»
«Grazie Gia’, senz’altro domani lo chiamo» e così feci.
Restammo al telefono a lungo; parlando dei nostri motori, raccontandoci alcune nostre esperienze ed esprimendo le nostre preferenze; finché a un certo punto mi disse che con altri due amici stavano programmando un'uscita al mare per fare beach cross, ma era un posto piuttosto lontano, una settantina di chilometri, ed era il caso di arrivare lì con le motociclette caricate su altri automezzi. Ne avevano già a disposizione uno per due moto ma il terzo avrebbe dovuto farsi il tragitto sulla sua e poteva essere un’ammazzata. Non è che per caso io conoscevo qualcuno che avesse un automezzo su cui caricarne due? Lì per lì dissi che non avevo idea; allora lui continuò dicendo che al limite si poteva noleggiare un furgone, ma anche dividendo la spesa, sarebbe venuto a costare un po’ troppo e lui in questo periodo era un po’ scannato. Nel sentire la parola “furgone”, mi venne subito in mente che proprio Gianni aveva un Ford Transit che aveva utilizzato il giorno prima per trasportare tutto il necessario per la scampagnata. Non lo usava tanto spesso, perciò avrei potuto chiedere a lui. Fabio ne fu entusiasta.
All’inizio mio cognato fu un po’ riluttante ma alla fine accettò di prestarcelo. Fabio fu felicissimo, ma visto che il furgone non era disponibile prima, dovemmo rimandare la nostra uscita di alcune settimane.
Era un lunedì pomeriggio di metà giugno del 1981; faceva già piuttosto caldo. Partimmo in quattro per fare beach cross in una località di mare che si trovava ad alcune decine di chilometri dal più vicino centro abitato. C’era un tratto di spiaggia, quasi sempre deserto, perché difficile da raggiungere a piedi ma con la moto nessun problema.
Arrivammo nel primo pomeriggio. Parcheggiammo a bordo strada il furgone su cui avevamo caricato le nostre motciclette; quelle degli altri due erano state trasportate con un carrello a rimorchio.
Dopo esserci scolato le ultime lattine di birra rimaste, cominciammo a spogliarci al riparo dei nostri automezzi, per indossare le tute da cross.
Fui sorpreso dal modo in cui Fabio si andava spogliando: lentamente, come se stesse girando la scena di un film. Dava l’idea di sentirsi molto a suo agio, a differenza di me che in effetti provavo un certo imbarazzo a restare in mutande davanti a degli sconosciuti, anche se, vista la situazione, non era il caso di farsi certi scrupoli. La sorpresa fu ancora più grande quando, oltre alla maglietta, si tolse anche gli slip, esponendo del tutto la cospicua dotazione che aveva tra le gambe. Restai a fissarlo sbalordito per alcuni attimi e appena incrociò il mio sguardo, mi sorrise e disse: «Fa già così caldo che sto meglio senza niente sotto la tuta» quasi volesse giustificarsi.
Quella scena mi turbò non poco. Vedere il suo bel corpo completamente nudo, mi fece provare un senso di ammirazione misto a desiderio. Giusta l’ammirazione per le sue forme armoniose, perfette; ma il desiderio di cosa? Scacciai subito dalla mente questo pensiero e m’infilai la tuta.
Raggiungemmo la spiaggia in sella alle moto, passando attraverso un intricato percorso in mezzo a delle dune ricoperte da una vegetazione a tratti piuttosto fitta.
Il posto era magnifico, non c’era nessuno in giro; i segni sulla sabbia dimostravano che quello era un posto che veniva scelto abitualmente per fare ciò per cui eravamo venuti anche noi.
Scorrazzammo in lungo e in largo per oltre un paio d’ore, poi quasi esausti, decidemmo di smettere e di raggiungere un capanno nelle vicinanze, che fungeva anche da bar, per poterci ristorare un po’. Era piuttosto distante, così ci andammo in sella alle nostre moto. Si trovava in un punto del litorale poco frequentato, forse perché lì si faceva nudismo.
Ci sedemmo a uno dei due tavoli della piccola veranda davanti al bancone del bar e ordinammo da bere. Ci trattenemmo un po’ a chiacchierare e a commentare le nostre performance motociclistiche.
Quando decidemmo di andarcene, il sole cominciava a calare, in spiaggia non c’era più nessuno, il gestore aveva già iniziato a pulire il locale e stava per chiudere. Gli ultimi due spiaggianti stavano andando a farsi la doccia nell’apposito spazio all’aperto di fianco al capanno.
Una volta tornati al posto in cui avevamo lasciato le macchine, dopo aver caricato tutte le moto,
al momento di partire, il motore del furgone non ne volle sapere di accendersi. Nonostante i vari tentativi non ci fu modo di farlo ripartire. A quel punto proposi: «Sentite amici, qua l’unica soluzione è che tutt’e tre ve ne tornate a casa, Fabio viene in macchina con voi; quindi trovate qualcuno che l’indomani possa venire qua per far ripartire l’automezzo o rimorchiarlo. Io rimango ad aspettare e a badare al furgone e alle due moto».
«Non se ne parla nemmeno! – sbottò Fabio a voce alta – io resto qui con te, siamo venuti insieme e ce ne torniamo insieme»
«Ma dai, non è necessario, vai con loro» ribattei.
«Non insistere Claudio, non esiste proprio. Io resto qui»
«Fabio ha ragione, è meglio se siete in due a badare al furgone – intervenne Giuliano, uno degli altri due – Poi c’è un mio carissimo amico che ha un officina; è un bravissimo meccanico e ha anche il carro attrezzi. Sono sicuro che appena glielo chiedo verrà subito»
«D’accordo, mi avete convinto, faremo così. Vi chiedo solo di avvertire i nostri familiari di quanto è accaduto» conclusi.
«Non ti preoccupare. Chiamo io Rodolfo e gli dico di avvertire tuo cognato» aggiunse Giuliano.
«Perfetto. Allora andate» chiosò Fabio.
Dopo la partenza dei due, decidemmo di scaricare di nuovo le moto con l’intenzione di tornare alla spiaggia.
«Visto che non possiamo fare altro, perché non andiamo a farci un bel bagno?» proposi.
«Perché no’? – rispose Fabio – ottima idea, ma forse ne ho una migliore»
«E quale sarebbe?»
«Invece di farci un bagno, che poi la salsedine ci resta addosso e nei capelli, perché non torniamo al capanno di prima a farci una bella doccia? Mi sento ancora addosso il sudore di quando abbiamo corso»
«Ma lo sai che questa è proprio un’idea migliore? Ma sarà aperta l’acqua?»
«Penso di sì. Ho notato che quando stavamo andando via, c’erano quei due che si stavano ancora lavando, ma il gestore se n’era andato già. Perciò vuol dire che l’acqua l’ha lasciata aperta»
«Hai ragione, li ho visti anch’io. Te l’appoggio»
«In che senso? » chiese Fabio in tono ironico e con uno strano sorriso in volto.
«Come “in che senso”?» chiesi a mia volta, non avendo capito l’allusione.
«Vabbè, lascia perdere, prendi il borsone con gli asciugamani e andiamo»
«Sì, andiamo. È ancora abbastanza caldo, una bella doccia all’aperto ci può stare»
Inforcammo le moto e, passando per la spiaggia, in pochi minuti arrivammo al capanno-bar.
Il posto era deserto. Ci spogliammo velocemente e ci piazzammo sotto le due cipolle disponibili. Prima di aprire il rubinetto, Fabio si sfilò gli slip, restando completamente nudo anche stavolta. Con grande naturalezza iniziò a bagnarsi.
Sorpreso ancora dalla sua disinvoltura, esitai un po’, ma per non fare la figura di quello che si vergogna, mi tolsi anch’io le mutande.
La mia attenzione fu subito catturata dal corpo scolpito del mio amico; con quei muscoli ben definiti e quei peli sulle cosce, sul petto, e sul pube che rendevano il suo aspetto particolarmente virile. Però mi colpirono soprattutto le sue natiche ricoperte da una leggera peluria. Lui si accorse che lo stavo guardando con un certo interesse, quindi mi sorrise, quasi volesse dire “Hai visto che fisico? Eh?”. Io allora, provando un forte imbarazzo per essere stato sorpreso a osservare con troppa attenzione un corpo maschile, abbassai gli occhi, ma a questo punto fu anche peggio, perché il mio sguardo fu letteralmente catturato dal suo cazzo un po’ barzotto che sobbalzava col movimento del corpo. I battiti del mio cuore aumentarono e sentii un calore arrivarmi alla testa. Devo essere arrossito vistosamente, ma per fortuna cominciava a fare buio e così l’altro non poteva notarlo. Anche se certamente Fabio si accorse del mio eccessivo interesse per la sua nudità. Questa cosa mi spaventava, ma il desiderio che provavo era così forte che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Era la prima volta che mi succedeva; mai avrei pensato che potesse accadere una cosa simile. Forse ero attratto da quel suo modo di fare, che esprimeva confidenza e sicurezza di sé. Di sicuro fu sorpreso anche lui dal mio atteggiamento, ma non fece e non disse niente, si limitò ad annuire e a sorridermi. Fu in quel momento che dovetti fare appello a tutto il mio senso di autocontrollo per non saltargli addosso. Quando vidi un flacone di sciampo appoggiato a terra, pensai di concentrarmi sulla mia doccia; lo raccolsi per vedere se ce n’era ancora e fortunatamente ne era rimasto un po’, così me lo versai sulla testa e incominciai a lavarmi i capelli. Presto la schiuma mi colò sulla faccia e mi costrinse a serrare le palpebre per non farmi irritare gli occhi. Mentre mi sciacquavo tenendo ancora gli occhi chiusi, accadde l’impensabile: sentii le dita di Fabio sfiorarmi dolcemente il pisello; mi parve come se una scossa elettrica mi stesse attraversando il corpo intero ma non aprii gli occhi, sperando che fosse soltanto il frutto della mia immaginazione. Però quando quel tocco si fece più deciso ed esplicito, mi resi conto che stava accadendo realmente, anche perché realizzai che il mio pene era in piena erezione, rivelando l’inequivocabile attrazione che provavo per Fabio. Lui, come se fosse la cosa più normale da fare, aveva iniziato a masturbarmi. Continuai a tenere gli occhi chiusi, come se volessi ancora convincermi che stavo immaginando tutto.
Ad un tratto la stimolazione s’interruppe e così riaprii gli occhi per capire cosa stesse succedendo: Fabio mi si era inginocchiato davanti e subito dopo sentii il calore della sua bocca che avvolgeva il mio cazzo. Sentii come un brivido che partì dal mio basso ventre e mi arrivò in testa, provocandomi sensazioni ed emozioni mai provate prima. Non dissi niente; dalla mia bocca uscivano solo degli inequivocabili gemiti di piacere che si mischiavano al rumore dell’acqua che scendeva. Ero sul punto di venire, e anche Fabio lo capì, così si arrestò di colpo; si alzò in piedi mi abbracciò e mi baciò sulla bocca. Risposi immediatamente al bacio, ero in sua completa balìa; mai avrei pensato che baciare un altro uomo potesse essere così bello ed eccitante. Lui cominciò a strofinare il suo membro contro il mio, facendomi provare un’altra indescrivibile sensazione di piacere; intanto mi accarezzava dappertutto, così feci lo stesso; soffermandomi soprattutto su quei glutei tondi e ben modellati, che ora i muscoli induriti dalla tensione sessuale avevano reso di marmo. Quindi gli infilai la mia mano tra le gambe e per la prima volta impugnai un pisello che non era il mio. Era duro e lungo. Masturbarlo fu piacevolissimo, perché ero contento di ricambiare il piacere che Fabio mi stava facendo provare. Senza staccare le nostre bocche, continuammo così per qualche minuto, finché fu lui il primo a venire. Mi schizzò sulle cosce un’incredibile quantità di sborra, subito lavata via dall’acqua che continuava a scendere. Mentre era ancora in preda agli spasmi dell’orgasmo, s’inginocchiò di nuovo, e presomi in mano il cazzo, me lo masturbò velocemente e con sapienza, facendo sì che eiaculassi anch’io dopo pochi secondi. In quel frangente aprì la bocca per raccogliere il mio seme, che uscì copioso, forse come non mai. Fu un’emozione travolgente, mi sentii mancare, tant’è che dovetti appoggiarmi sulle sue spalle per non cadere. Pian piano ci rialzammo insieme e così ci baciammo di nuovo, ma stavolta percepii un vago gusto di salato, che non avevo sentito prima. Fu allora che realizzai che probabilmente aveva ancora in bocca il sapore del mio sperma.
Chiusi il rubinetto della doccia e ne uscimmo fuori. Ci asciugammo e senza infilarci gli slip decidemmo di “cavalcare a pelle i nostri destrieri’’, per tornare nei pressi del furgone.
Appena fummo lì, proposi: «Che ne dici di restare a dormire sulla spiaggia?... Nella cabina di guida del furgone sarà molto più scomodo».
Era una sera abbastanza calda; il cielo era limpido, sembrava una trapunta tempestata di lumicini che brillavano incessantemente; la luna piena rischiarava tutto il paesaggio intorno.
«Sarebbe bello, ma i nostri asciugamani sono bagnati e dormirci sopra non mi sembra il massimo. E farlo direttamente sulla sabbia, sarebbe ancora peggio» rispose Fabio.
«Non preoccuparti, prima ho visto che nel furgone c’è un grosso plaid, su cui potremmo stenderci tutt’e due. Dev’essere lo stesso che mio cognato ha utilizzato quando con tutta la famiglia siamo andati a fare la scampagnata del primo maggio»
«Davvero? Allora te l’appoggio» ribatté con tono ironico, sorridendo maliziosamente, però stavolta avevo capito la battuta e quindi mi scappò da ridere.
Andai al furgone a prenderlo, mentre lui stese i nostri asciugamani sulle rispettive moto, dai manubri delle quali pendevano ancora le nostre mutande.
Stendemmo il plaid vicino alle motociclette. Eravamo distesi uno accanto all’altro, completamente nudi, ma quanto accaduto prima aveva creato una connessione e un senso d’intimità, per cui la nostra nudità ora era vissuta come qualcosa di assolutamente normale, quasi inevitabile. Naturalmente ogni tanto guardavo di soppiatto le fattezze del mio amico, ma stavolta si trattava di pura ammirazione; il desiderio sessuale era stato già ampiamente appagato.
In breve ci addormentammo entrambi.
Era ancora buio quando fui risvegliato da una piacevole sensazione. Non capivo bene cosa stesse accadendo ma quando aprii gli occhi, vidi che Fabio si era accostato a me. Con una mano mi palpava il pisello e con la lingua mi solleticava un capezzolo, mordicchiandolo debolmente di quando in quando. Intanto sentivo anche chiaramente il suo membro eretto che mi premeva sul fianco. Lo lasciai fare per un po’, gustandomi questa deliziosa stimolazione, ma poi lo tirai a me per baciarlo. Quando ad un tratto staccò le sue labbra dalle mie, lo vidi mettersi a cavalcioni su di me. Fece colare un bel po’ di saliva sulla sua mano e la spalmò sul mio cazzo, ormai nuovamente in tiro. Dell’altra saliva se la spalmò in mezzo alle natiche, quindi si sollevò un poco, afferrò il mio bastone e lo guidò in modo da farselo entrare tutto nel retto. Così “impalato”, cominciò a muoversi lentamente, facendo sì che il mio cazzo gli scorresse dentro avanti e indietro, facendomi provare un’altra inedita, sorprendente e piacevolissima sensazione. Qualcosa di analogo a quello che provavo facendo l’amore con la mia fidanzata, eppure, in qualche modo, qualcosa di totalmente differente. Il piacere mi sembrava molto più intenso.
Mentre continuava a muoversi con studiata lentezza, mi fissava negli occhi e sorrideva. Un sorriso estatico, a giudicare dalle espressioni di godimento sul suo viso e dai gemiti che emetteva ad ogni affondo del mio cazzo dentro di lui.
D’impulso lo afferrai ai fianchi per accompagnarlo nei suoi movimenti che diventarono sempre più veloci. Quando per me arrivò l’orgasmo, fui pervaso da un piacere così intenso, e provai un’emozione così forte, che persi quasi la cognizione di me stesso; dalla mia bocca uscì una specie di urlo rauco, e iniziai a schizzargli dentro tutto il mio sperma; al ché Fabio esclamò: «Sì, sììì, vienimi dentro!».
Appena i miei sussulti cessarono, lui si sfilò e sempre restando a cavalcioni su di me, si avvicinò al mio volto per appoggiare il suo nodoso randello sulle mie labbra. Capii subito le sue intenzioni e aprii la bocca. Me la scopò con impeto, lasciandomi a momenti senza fiato; ma in breve venne anche lui, e me la riempì con la sua crema. Benché preso alla sprovvista, riuscii ad ingoiarla, e mi sorprese il suo buon sapore.
Fabio si distese al mio fianco e mi appoggiò la testa sul petto, tutt’e due ansimavamo debolmente. Restammo così un bel po’, in silenzio, lasciando che fossero le nostre dita a parlare, mentre ci accarezzavamo teneramente.
Io ripensavo alla gran quantità di nuove e bellissime sensazioni, provate grazie al mio nuovo amico biker in quelle sole poche ore. Fui travolto da una grande emozione, non potei fare a meno di commuovermi.
Cominciava ad albeggiare, quando alzandomi dissi: «Entro in acqua a darmi una lavata».
C’era dello sperma sul mio addome: probabilmente era uscito dall’ano di Fabio. Anche il mio pisello era imbrattato di sperma.
«Sì, vengo pure io» aggiunse lui.
Restammo dentro giusto il tempo di lavarci, l’acqua era fredda. Ci asciugammo con i teli che ormai erano asciutti. Ci rivestimmo, raccogliemmo il plaid e montammo sulle moto per raggiungere il furgone: avremmo aspettato lì l’arrivo dei “soccorsi”.
Fortunatamente non tardarono troppo e devo dire che il meccanico fu davvero abile: riuscì a far ripartire il furgone, così non ci fu bisogno di rimorchiarlo col carro attrezzi.
In seguito io e Fabio, con la scusa del motocross, ci siamo rivisti ogni volta che abbiamo potuto. Per lo più noi due soli e quasi sempre finiva che trovavamo il modo di fare l’amore; altre volte in gruppo, soprattutto se si trattava di restare a dormire fuori casa e ovviamente io e lui dormivamo nella stessa camera. Una di quelle volte accadde che anch’io sperimentai la goduria che si prova nell’essere penetrati. Da allora in poi, quando avevamo rapporti, si faceva in modo che ci fosse sempre una rigorosa reciprocità dei ruoli.
Poi col passare degli anni i nostri incontri si sono diradati sempre più, sono sopraggiunti altri interessi e altri impegni, ma quando ripenso a quei momenti, mi viene in mente una vecchia canzone, e così ogni volta mi ritrovo a canticchiare: “Evviva il cross! Evviva il motocross!”
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