Gay & Bisex
Il buon profumo delle cose genuine - 2
di adad
05.02.2019 |
9.294 |
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"Dovevo capire…”
“E cos’è che hai capito?”, mormorò Marzio con la morte nel cuore..."
Le cose ingranarono subito bene fra i due… e del resto, non avrebbero potuto andare meglio! Di giorno lavoravano ai loro progetti; la sera gironzolavano per qualche bar, Andrea adocchiando apertamente le ragazzotte del paese, Marzio adocchiando nascostamente le grazie di Andrea; di notte, poi, appena l’altro dormiva, Marzio si alzava zitto zitto, si chiudeva in bagno, ripescava dalla cesta le mutande sporche dell’amico e si perdeva ad annusarle a suo bell’agio, ad adorarle. Alla fine, si masturbava e se ne tornava a letto a dormire il sonno dei giusti… o quasi!Ormai stravedeva per il suo collega, ne era innamorato perso, ma era anche consapevole della situazione e cercava con la massima cura di tenere celati i suoi sentimenti e di non lasciarsene influenzare. Era un lavoro tremendo di autocontrollo, che doveva esercitare su se stesso in continuazione e che spesso, alla fine della giornata, lo lasciava stremato. Ma non c’erano alternative: farglielo capire, avrebbe significato perderlo del tutto!
Per fortuna le mutande di Andrea sembravano possedere qualche magica virtù, forse qualcosa della strabordante virilità del loro proprietario rimaneva in quel tessuto impregnato di umori virili: fatto sta che gli bastava accostarsele al naso e inspirarne profondamente la fragranza, perché tutto lo stress si dileguasse, sostituito prima da una grande pace interiore e subito dopo da una conturbante eccitazione, che gli faceva schizzare l’uccello al massimo della pressione, con tutto quello che ne seguiva.
Una notte, però, il diavolo, o chi per lui, volle metterci lo zampino. Andati a letto, Marzio aveva spiato, come al solito, che l’amico si addormentasse e appena gli era sembrato di
sentirne il respiro calmo e regolare, si era alzato e in punta di piedi, senza accendere la
luce del comodino, ed era sgattaiolato a tentoni nel gabinetto.
Era particolarmente infoiato quella sera, perché al bar aveva provato un fremito particolare in un momento in cui erano seduti vicino e le loro cosce si erano sfiorate. Contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, Andrea non si era scostato e non
c’era voluto altro per infiammare le sue più sfrenate fantasie. Marzio accese la luce dello specchio, si precipitò verso la cesta della biancheria da lavare, ripescò gli slip sporchi di Andrea e se li portò al naso, mentre con passo lento andava a sedersi sul water. Senonché, nella foga di recuperare l’agognato indumento, aveva lasciato socchiusa la porta del bagno, facendo così trapelare una lama di luce nella stanza buia.
Come se non bastasse, Andrea in realtà ancora non dormiva in quanto, tormentato dall’ormai lunghissima lontananza della fidanzata, stava aspettando a sua volta che Marzio si addormentasse per andare in gabinetto a spararsi una sega in santa pace.
Sul momento, Andrea pensò che l’altro avesse un’urgenza impellente da soddisfare e non avesse acceso la luce del comodino per non disturbarlo; si dispose così ad aspettare pazientemente che tornasse a letto, stringendosi intanto la prorompente virilità, che dal canto suo non voleva più saperne di ritardare il fatidico momento di darsi sollievo.
Ma il tempo passava, Marzio non tornava e il suo cazzo sbuffava più folle che mai. Mentre era lì che smaniava, si accorse che la porta del bagno non era chiusa e che assieme alla lama di luce ne venivano fuori deboli lamenti e flebili sospiri.
Fu subito all’erta. Non starà mica male?, pensò. Ascoltò con più attenzione: non gli sembrarono gemiti di dolore, quanto piuttosto sospiri di goduria. Che cazzo sta facendo?, si chiese, non si starà mica facendo una sega pure lui! La comicità della cosa lo fece sorridere all’idea che adesso bisognava fare la coda anche per quello, ma in un certo senso ne fu anche eccitato.
Stette un poco ad ascoltare gli ansiti sommessi, poi, come spinto da un impulso misterioso, si alzò zitto zitto, e si avvicinò in punta di piedi alla porta socchiusa. Quello che vide, accostando l’occhio alla fessura lo lasciò strabiliato: seduto sulla tazza del gabinetto, c’era Marzio che si stava masturbando e intanto, con gli occhi chiusi ed un’espressione di intensa beatitudine sul volto, si premeva qualcosa sotto il naso, inspirando profondamente.
La tensione era ormai al massimo. Andrea rimase lì a spiare, cercando soprattutto di capire cosa fosse quello che l’amico stava annusando con tanto piacere e con altrettanta evidente voluttà. Poi, Marzio dispiegò l’indumento per sniffare meglio la coppa con l’impronta dei coglioni.
Ma.. ma sono i miei slip!, si sbalordì Andrea riconoscendoli dal colore, sta annusando i miei slip sporchi!
Rimase un attimo allibito, quella scoperta lo sconcertò, ma nel contempo si rese conto che lo stava eccitando ancora di più. Non riuscì a trattenersi. Spalancò la porta.
“Che cazzo stai facendo?”, chiese, entrando.
Marzio spalancò gli occhi e lo fissò come un animale preso in trappola. Nel suo sguardo c’era paura, ma anche uno sconfinato desiderio.
“Sono i miei slip, quelli…”, proseguì Andrea, allungando la mano come per riprenderseli.
Marzio se li strinse al petto.
“No, per favore… - balbettò con un filo di voce – Picchiami, se vuoi, ma lasciameli ancora…”
“Ma perché?”
“Perché ti desidero da morire!”
Ecco, era fatta!
“Mi desideri?... “
“Dal momento che ti ho visto…”
“Desideri me?”, ripeté Andrea incredulo e stupito.
Marzio non rispose, ma allungò la mano e sfiorò la persistente erezione che tendeva il davanti del pigiama di Andrea, che sentì un fremito corrergli per il corpo. Non si mosse. Marzio strinse quell’organo ormai in fibrillazione, che rispose con uno scatto e uno spurgo che inzuppò ulteriormente il tessuto.
Andrea si sentì allora svuotare completamente la testa. Fissò l’amico con occhi vacui e non non si mosse. Con le mani che gli tremavano, Marzio artigliò l’elastico in vita del pigiama e glielo tirò giù lentamente, accogliendo con un sospiro la visione del cazzo eretto che balzò in avanti appena fu libero.
Rimase ad ammirare estasiato quel membro svettante, i coglioni penzolanti nello scroto, il folto ciuffo ricciuto che imboschiva la parte bassa del ventre, poi cadde in ginocchio e strinse l’amico in un abbraccio forsennato, premendo forte il volto nel suo inguine, ubriacato dall’afrore pungente e dal calore che ne promanava.
“Per favore, - gemette – non andartene…”
Ma Andrea non si mosse, perso com’era fra lo sbalordimento e l’eccitazione ormai incontrollabile. Allora Marzio gli prese con una mano l’uccello, lo scappellò lentamente e ne leccò con avida bramosia la cappella sbavata di umori. Andrea fu sommerso da un’ondata di piacere: Che sto facendo?, si chiese in un attimo di lucidità, poi fu di nuovo il buio e l’abbandono, mentre Marzio ingoiava l’intero glande e cominciava a succhiarlo.
“Dio, che bello!”, mormorò Andrea.
Quelle parole stimolarono maggiormente Marzio, aggiungendo al piacere di spompinare quel cazzo tanto agognato, la gratificazione di procurare piacere al ragazzo che amava. Era uno strano spettacolo: Andrea, in piedi, coi pantaloni del pigiama calati a mezza coscia,le mani abbandonate lungo i fianchi, gli occhi chiusi e la testa rovesciata all’indietro, che fremeva e sospirava, mentre Marzio, inginocchiato davanti a lui, lo spompinava alacremente.
Poi i gemiti di Andrea si fecero più pressanti, le sue mani abbrancarono e strinsero le spalle dell’amico, le sue gambe si piegarono e con uno sguaiolio spinse avanti il bacino, mentre le palle gli si contraevano e a scatti allagavano di sugo denso il cavo orale di Marzio. Questi ingoiò ogni bocconata, infine lo estrasse e si diede a leccare deliziato le ultime gocce sierose che sgorgavano dal taglietto.
Quando fece per riprenderlo in bocca, Andrea fu scosso da un brivido e si tirò indietro.
“Basta… basta… per favore.”, disse e arretrò di un passo, tirandosi su alla meglio i pantaloni del pigiama.
Marzio rimase in ginocchio e abbassò la testa.
“Scusami…”, mormorò.
“Allora… sei gay, è questo che nascondevi.”, osservò Andrea già più padrone di sé.
L’altro non rispose e non si mosse dalla sua posizione quasi di supplice.
“Ma perché annusavi le mie mutande sporche?”
Marzio sollevò la testa a guardarlo negli occhi.
“Perché c’era il tuo odore… - rispose – Profumavano di te… e era l’unica cosa che potevo permettermi di avere…”
“Quelle mutande puzzolenti?”, fece Andrea, indicando il mucchietto dei suoi slip caduti a terra.
Marzio li raccolse e se li premette di nuovo sulle labbra.
“E’ il tuo profumo… è buono… è un profumo genuino…”, disse con un malinconico sorriso.
“Stupido… - scosse la testa Andrea – Vieni.”, e lo prese per un braccio, tirandolo in piedi.
Tornati in stanza, sedettero sul letto uno vicino all’altro. In silenzio, assorti.
“Senti, - disse Marzio ad un tratto – posso cambiare stanza, se vuoi… posso anche lasciare il progetto e andarmene…”
“Ma che cazzo dici? Ascolta Marzio, - e Andrea lo afferrò per le braccia, costringendolo a girarsi verso di lui – a me non me ne frega niente che sei gay, d’accordo? Non voglio che tu lasci questa stanza e non voglio che abbandoni il progetto. Lavoriamo bene insieme, stiamo bene insieme… Il fatto che ti piaccio non mi disturba, anzi… in un certo senso, mi fa sentire lusingato.”
“Non sei imbarazzato?”
“Imbarazzato? E perché? Perché ti piaccio? No, Marzio, no: ti chiedo solo di non dimenticare che io… insomma, che non posso darti quello che vorresti, quello che meriti, mi dispiace…”
“Non lo dimenticherò, non temere.”, fece Marzio con aria sconsolata.
Non tornarono più sull’argomento; i loro rapporti tornarono amichevoli e cordiali come prima, ma qualcosa era cambiato, l’innocenza di un tempo era scomparsa. Entrambi fingevano indifferenza, ma entrambi sapevano… o meglio Andrea sapeva: sapeva che i sentimenti che Marzio provava per lui erano immutati; sapeva che tutte le notti, appena lui fingeva di addormentarsi, scivolava in bagno e si masturbava dietro la porta, adesso ben chiusa, annusando i suoi slip sporchi e sudati: ma quello di cui ancora non si rendeva conto era quanto stava accadendo dentro di lui.
La notte, quando Marzio scompariva in bagno, lui rimaneva con gli occhi sbarrati a fissare il buio; rivedeva l’amico seduto sul water con il pigiama calato alle caviglie e l’uccello turgido in mano, che si masturbava annusando le sue mutande, e se lo immaginava adesso e la cosa lo turbava, gli faceva venire un nodo allo stomaco.
E quando Marzio rientrava e scivolava silenziosamente nel suo letto, il suo turbamento era tale da sentirsi quasi le lacrime agli occhi.
Poi spuntava l’alba e tutto tornava alla normalità: si alzavano, si sorridevano augurandosi buongiorno, Marzio gli diceva una carineria scherzosa e Andrea rideva arruffandogli scherzosamente i capelli, mentre scendevano a fare colazione.
***
Alcuni mesi dopo, Andrea fu convocato alla sede centrale e dovette assentarsi per qualche giorno.
“Senti, - disse a Marzio – è probabile che starò via tutta la settimana. Voglio fare anche un salto a Milano, che devo sistemare alcune faccende con la mia ragazza, ok?”
“Mi mancherai…”, non poté fare a meno di sospirare l’altro.
Andrea gli andò vicino.
“Ti prometto che non mi cambierò gli slip per tutto il tempo che starò via, ok?”
“Stupido!”, sbottò Marzio, dandogli un buffetto sulla guancia.
“Anche tu mi mancherai.”, disse Andrea improvvisamente serio e si abbracciarono.
Furono giorni lenti, noiosi, interminabili… furono serate vuote e tediose, che niente riusciva a colmare. Qualche volta Marzio provò a mettere uno dei DVD porno che si era portato di nascosto e che finora non aveva mai avuto modo di guardare, ma dopo un paio di minuti spegneva tutto quasi disgustato e se ne andava a letto a fantasticare.
Il giovedì sera, in particolare, fu una cosa straziante. Marzio non ce la faceva più, aveva
un bisogno disperato di rivedere Andrea, di abbracciarlo, di risentire il suo odore… Ancora due giorni!, si disse, rigirandosi nel letto. Finalmente si addormentò.
Era nel giardino dell’albergo a godersi il tepore del tardo sole autunnale. Ad un tratto,
uno strano profumo si diffuse nell’aria, un profumo pungente, conturbante… gli ricordava qualcosa… e una voce che lo chiamava… una voce lontana… Marzio… e quel profumo avvolgente… Ehi, Marzio…
Qualcosa cominciò a farsi strada nella sua mente obnubilata dal sonno. Socchiuse gli occhi… era tutto buio… stava sognando… ma il profumo permaneva… Il profumo... C’era qualcosa sul cuscino… un tessuto morbido… lo strinse fra le dita…era tiepido… umidiccio… Se l’accostò al naso… Il profumo divenne più intenso…
Allora saltò a sedere sul letto con la mente completamente sveglia e gli occhi sbarrati. Accese la luce sul comodino. Guardò quello che aveva in mano: degli slip…
Mentre li fissava allucinato, colse un movimento con la coda dell’occhio: Andrea era seduto su una poltroncina, e lo fissava sorridendo.
“Ehi…- fece con dolcezza – ti sei svegliato, finalmente.”
Marzio lo guardò, l’emozione gli impediva di parlare, poi tornò a guardare l’indumento che stringeva in mano.
“Non ho smesso mai di portarli, quegli slip, te lo avevo promesso.”
Marzio li annusò di nuovo, inebriato.
“Ti aspettavo sabato.”, disse alla fine.
Andrea fece spallucce.
“Ci ho messo meno del previsto a sistemare le cose.”
Si alzò; indossava solo una maglietta, era nudo di sotto e aveva il cazzo mezzo duro. Si avvicinò al letto di Marzio.
“Posso stare un po’ con te?”
L’amico si tirò da un lato e gli fece posto. Andrea gli scivolò accanto e si abbracciarono.
“Dio, se mi sei mancato!”, mormorò Marzio.
“Anche tu mi sei mancato, piccolo.”, sospirò Andrea e lo strinse più forte, facendogli sentire sulla pancia il cazzo ormai duro.
Marzio allungò la mano per carezzarglielo.
“Aspetta, - gli disse Andrea, allontanandogli la mano – dobbiamo parlare.”, e la sua voce era terribilmente seria.
Marzio si sentì gelare… temeva che quel momento sarebbe arrivato, lo sapeva, ma non era pronto… non ora, dopo l’emozione di quegli abbracci.
“Ho visto Elena.”, disse Andrea.
“Avete fissato la data del matrimonio?”, chiese con voce soffocata.
“Abbiamo rotto.”
“Rotto?... perché?”
“Perché non potevo continuare a mentire a me stesso… o a lei. Dovevo prendere una decisione. Anche per questo sono andato via. Dovevo capire…”
“E cos’è che hai capito?”, mormorò Marzio con la morte nel cuore.
“Che chi mi interessa veramente sei tu.”
Il significato di quelle parole era talmente grande e inaspettato, che Marzio rimase a fissarlo senza dire niente, incredulo, stordito.
“Ehi, stupido, - gli fece, allora, Andrea – ti sto dicendo che ti amo.”
Stavolta Marzio capì.
“Mi ami…”, sussurrò e quasi gli venne da piangere per la gioia e il sollievo.
Rimasero a lungo abbracciati, a dirsi un’infinità di cose solo con le carezze, con i baci,
con il contatto dei corpi infuocati.
”E tu mi ami un po’?”, chiese Andrea ad un certo punto, non perché non ne fosse convinto, ma per il bisogno di sentirselo dire.
“Ti amo da morire!”, bisbigliò Marzio.
“Dio!... Perché ci ho messo tanto a capirlo?”, gemette Andrea con una nota di rimpianto nella voce.
“Vuoi essere il mio ragazzo?”, gli chiese ancora.
“Ma non lo sono già?”
“Ho bisogno di sentirti dire di sì.”
”E allora sì.”
“Ma ti avverto che sono geloso… geloso e possessivo…”
“Lo sono anch’io, e ti avverto che ti taglio le palle, se mi tradisci.”
“Con cosa me le tagli?”
“Con le forbici.”
“Ok”
E il resto si perse in lunghi baci e lunghissime carezze.
“Continuerai ad annusarmi gli slip?”, mormorò Andrea.
“Non ne ho più bisogno adesso.”
“Ma mi piace quando lo fai.”
“E allora lo farò.”
“E allora fallo adesso, amore, così dopo mi fai un pompino… E dopo mi insegni a farlo a te… E dopo ancora mi insegnerai altre cose…”
“Anche a mettermelo nel culo, che ne dici?”
“Questo, credo che saprei farlo già da solo!”, ridacchiò Andrea, infilando la mano sotto il pigiama a lisciargli le natiche glabre.
Marzio rabbrividì e affondò il volto negli slip sporchi e fragranti dell’amato, mentre con la mano scendeva a carezzare l’anelante virilità, che fra poco avrebbe accolto nella sua calda bocca.
FINE
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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