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Gay & Bisex

Rapporti condominiali -4


di adad
14.01.2019    |    14.711    |    8 9.7
"Ebbi un tuffo al cuore: almeno avrei visto l’oggetto dei miei sogni! “Certo”, feci e subito lui si alzò, si tolse del tutto pantaloni e mutande, e tornò a..."
Ero tornato dalle vacanze da circa una settimana, quando una mattina, dopo aver rimesso la macchina in garage, passai davanti a quello di Dragan: era aperto. Guardai dentro, la macchina non c’era ma c’era lui, mi dava le spalle ed era assorto a leggere qualcosa che teneva in mano. Mi avvicinai senza che se ne accorgesse e mi affiancai alla sua destra, passandogli il braccio sinistro sulla spalla.
“Cosa leggi?”, gli feci.
Dragan fece un salto.
“Dio bono! – esclamò con un ampio sorriso – Mi fai venire un colpo!”, e mi passò il braccio destro attorno alla vita: come inizio non era male.
“Scusami, ma ti ho visto qui e volevo salutarti: è un sacco che non ci vediamo.”
Più banale di così si muore, ma del resto non potevo mica dirgli che ce l’avevo con lui perché non era più venuto a farselo succhiare! Insomma, siamo in una società civile, bisogna osservare certe convenienze. Scambiammo qualche battuta sulle passate vacanze e intanto il suo braccio prese a scivolare verso il basso, fino a sfiorarmi la curva delle natiche: di bene in meglio!
Mi mostrò il volantino che stava leggendo; intanto, io presi con noncuranza a sfiorargli il lobo dell’orecchio sinistro e lui scese un po’ di più con la mano sulla mia natica destra.
Ci voltammo contemporaneamente a guardarci per un lungo istante, senza dir nulla. Ci dicemmo tutto con gli occhi.
“Aspetta.”, mormorai e, svincolatomi da lui, andai ad abbassare il basculante del garage.
Poi, nella semioscurità del locale, gli sbottonai i pantaloni e gli cavai fuori l’uccello, manco a dirlo, già bello turgido. Glielo slinguai, un po’ per sentirne il sapore e un po’ per insalivarglielo bene; non avevamo molto tempo, quindi mi calai pantaloni e mutande a mezza coscia e mi girai.
“Dai, mettimelo.”, bisbigliai, allargandomi le natiche.
“Dio bono, ti piace proprio!”, ghignò piano lui e non si fece ripetere l’invito.
Sentii la punta smussata del suo cazzo strusciarmi bavosa nello spacco alla ricerca del buco. Allora glielo presi con una mano e lo indirizzai dove la mia voglia scatenata lo stava aspettando.
“Dai inculami! – ripetei – Ficcamelo dentro, vedrai che bello!”
Lui, allora, si assicurò di averlo poggiato sul posto giusto e subito premette per entrare. Una penetrazione così, a freddo, senza un minimo di preparazione preventiva può non essere agevole per lo meno nel momento iniziale; e infatti il mio sfintere fece una resistenza accanita, costringendolo a spingere con forza per aprirsi la strada. Gememmo entrambi, quando il suo ariete scardinò la porta: lui di piacere per la strettezza del passaggio, io di dolore per la corposità del pungolo intrusore. Ma strinsi i denti e cercai di assorbire le fitte lancinanti che la sua progressiva avanzata mi procurava.
“Cazzo, che stretto, Luigi! – mugolò Dragan – Più stretto di una figa vergine!”
Quel paragone mi eccitò in maniera indescrivibile: se era indubbio che molti erano stati a succhiargli l’uccello, mi sembrava altrettanto indubbio che il mio era il primo culo in cui entrava.
“Dai, sfondami il culo!”, ansimai.
“Te lo sfondo sì!”, grugnì lui, e con un colpo deciso me lo piantò tutto dentro.
“Cazzo!”, mugolai, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.
“Te l’ho messo tutto… Dio bono! – ansimò lui, tenendomi stretto per i fianchi e dando qualche altro colpetto di assestamento – Te l’ho messo tutto!”
“Sì”, sospirai, mentre sentivo la tensione del mio sfintere attenuarsi, mano a mano che si adattava alla consistenza massiccia del suo cazzo.
“Dio bono, che stretto!”, ripeté Dragan.
“E’ questo il bello di scopare nel culo, - osservai – te lo senti sbucciare ogni volta che ti muovi. Gesù, che bello averti dentro…”
E allungai indietro le braccia, lo afferrai per le natiche, che avvertii sode e contratte sotto i pantaloni, e me lo tirai con forza contro, per sentirmelo dentro in tutto il suo vigore. Quindi macinai un po’ il bacino e appena lo lasciai, Dragan prese a muoversi avanti e indietro, fottendomi con sicurezza e decisione.
I suoi primi affondi mi fecero ancora male, ma presto i miei muscoli si aprirono del tutto e sguaiolarono di gioia ad ogni scorrimento di quel massiccio puntello.
Sono sempre più convinto che il Creatore, in quei giorni lontani, abbia progettato il cazzo non in funzione della figa, bensì del culo maschile: tale e così intenso è il piacere che entrambi ne ricavano quando si congiungono.
Dopo un po’, il biscione di Dragan prese a scorrermi avanti e indietro in tutta la sua lunghezza nel culo esultante, mentre lui sguaiolava per le nuove sensazioni deliranti che andava scoprendo e i suoi coglioni cantavano l’Alleluia di Haendel, preparandosi all’esplosione. Il timore che qualcuno di fuori potesse sentirci, mi riportò un attimo alla realtà e cercai di fargli fare più piano, ma non riuscii a raggiungerlo, nei vertici di piacere che stava raggiungendo.
“Dio bono… dio bono… - lo sentii anfanare, mentre mi martellava il culo come un maglio.
Un senso di languore e un formicolio sempre più intenso presero ad irradiarmisi dal buco del culo come le ondate di un terremoto. Poi Dragan gemette più forte e mi si abbatté contro con forza: avvertii allora gli scatti del suo cazzo picchiettarmi rapidi sulla prostata e, mentre lui sborrava riempiendomi le budella, io stesso fui travolto da uno degli orgasmi anali più intensi della mia vita. Con un guaito, mi contorsi nella sua stretta e godetti sessualmente, ma senza emettere neanche una goccia di sperma dall’uccello duro e scattante.
Terminate le convulsioni orgasmiche e ripreso entrambi un minimo di controllo, Dragan estrasse dal mio culo il cazzo ancora duro e io mi girai verso di lui.
“Dio bono!”, esclamò.
Aveva un’espressione stravolta sulla faccia. Sorrisi e mi chinai a prendermi dalla tasca un fazzoletto di carta. Glielo passai perché si pulisse.
“Ne valeva la pena?” gli chiesi, mentre ci rimettevamo a posto.
“Dio bono!”, fece lui e vidi gli occhi brillargli nella semioscurità del garage.
“Allora, possiamo anche rifarlo qualche volta!”, gli dissi spudoratamente.
E infatti, lo rifacemmo e sempre con il medesimo entusiasmante piacere. In genere, una o due volte al mese, Dragan riusciva a trovare il modo di sgattaiolare da me: senza perdere tempo in chiacchiere inutili, prima gli davo una lucidata allo strumento con la bocca, poi lo accoglievo nel culo e insieme attaccavamo l’andante con moto e il finale maestoso della sinfonia Dal Nuovo Mondo, a cui non mancavamo di apportare ogni tanto delle interessantissime variazioni.
Devo ammettere che Dragan era un vero mandrillo, sempre pronto a rispondere più che adeguatamente alle mie sollecitazioni… e io non sono uno che si stanca facilmente! Insomma, con il passare dei mesi, il nostro menage si fece sempre più forte e soddisfacente, e questo senza compromettere minimamente il suo rapporto con la moglie, rapporto che, a suo dire, era anzi addirittura migliorato da quando scopava con me. Il che è anche comprensibile: io ero la puttana con cui lui poteva togliersi tutti quei piccoli, inconfessabili sfizi, che con la moglie gli erano preclusi, e che a lungo andare avrebbero rischiato di compromettere la felicità della loro unione.

Una sera, saranno state le nove, sentii suonare alla porta. La cosa mi stupì, perché in genere non mi viene gente a quell’ora, a parte il mio montone slavo, che però era passato da me appena due giorni prima. Né era pensabile che fosse un vicino bisognoso di una tazza di zucchero.
Per precauzione, misi la catena di sicurezza e socchiusi la porta. Non ci crederete: era Andrea! Tolsi immediatamente la catena e aprii.
“Ciao, - gli feci con un largo sorriso – che sorpresa!”
Aveva una strana espressione sul viso, fra il timido e l’imbarazzato. Accennò un sorriso.
“Ciao, ti disturbo?”
“Assolutamente no, che idea! Vieni, accomodati.”
In soggiorno, si stravaccò sul divano, al suo posto di un tempo; io mi tenni a distanza e, dopo avergli offerto una birra, mi sedetti in una poltrona di fronte a lui. La nostra storia, se così la si vuol definire, era terminata da oltre un anno e da diverso tempo non lo incrociavo neanche più sulle scale. Appariva ingrigito, ma era pur sempre un maschio meravigliosamente sensuale.
Indossava un maglioncino e un paio di jeans sformati. Solo a guardarlo mi sentivo fibrillare tutto.
Chiacchierammo un po’ di banalità, guardinghi, attenti tutti e due ad evitare argomenti pericolosi. Gli chiesi di lui e mi rispose vagamente che stava attraversando un brutto momento, ma si vedeva che erano altre le cose che aveva in testa. D’un tratto, infatti, fece un respiro profondo e torcendosi le mani in grembo:
“Penso di dovermi scusare con te, Luigi.”, disse piano.
Lo guardai con aria interrogativa: tutto mi sarei aspettato, tranne che sentisse il bisogno di scusarsi con me.
“Quando venivo, ricordi? – continuò lui, senza alzare gli occhi – Mi sento come d’averti usato…”
Senza dargli tempo di continuare, andai a sedermi vicino a lui e gli presi una mano.
“Ascolta, Andrea, - gli dissi col tono più tenero e comprensivo che riuscii a trovare – Tu non hai usato nessuno, ok? Tutti e due abbiamo fatto quello che ci andava di fare. Io non ti ho mai obbligato a venire da me e tu non mi hai mai obbligato a farti… a fare quelle cose.”
Chissà perché in certi momenti diventiamo così pudichi anche con le persone di cui abbiano bevuto la sborra?
“Tu venivi perché lo trovavi divertente, - ripresi – e io te… te lo succhiavo perché lo trovavo fantastico. Cosa c’è di sbagliato?”
Andrea si abbandonò sullo schienale del divano.
“Non so… - sospirò – a volte mi sento così in colpa nei tuoi confronti!”
E’ verso di te che dovresti sentirti in colpa, cretino, stavo per dirgli, per esserti privato di una cosa che ti piaceva, ma riuscii a controllarmi in tempo.
“Andrea, - mormorai – te lo ripeto: tutto quello che è successo, qualsiasi cosa, è successo perché io l’ho voluto quanto te e forse più di te: se per te era un capriccio, per me era molto di più… era sogno… Mi piacevi moltissimo, Andrea… e mi piaci ancora un sacco!”
Lui diede l’impressione di non aver sentito le mie ultime parole. Rimase a lungo in silenzio, lasciando che continuassi a stringergli la mano fra le mie.
“Non era un capriccio…”, mormorò alla fine.
Quindi si riscosse e mi fissò con una nuova luce negli occhi; c’era meno tristezza adesso nel suo sguardo.
“Ti va di mettere su un filmettino?”, mi chiese tutto d’un fiato.
Lo fissai e c’era un che di sbarazzino nel suo sorriso.
“Certo, - gli risposi, un po’ spiazzato, a dire il vero – ma se poi succede che...?”
“E noi cercheremo di non farlo succedere, ok?”
“Ok”, feci spallucce io e andai a inserire un DVD nel lettore, stando ben attento a sceglierne uno etero.
Parte il film: due scemotte slavate si slinguazzano la figa distese su un letto, roba da rivoltare lo stomaco! Poi compare il manzo (il ragazzo di una delle due), che non fa in tempo a stupirsi di quanto vede, perché le due vampire gli si buttano addosso e lo scaraventano sul letto: una gli si mette a cavalcioni e gli spatonza la figa sulla bocca, l’altra gli apre i jeans rigonfissimi e tira fuori un cazzo da infarto che comincia subito a slinguare come una forsennata!
Io e Andrea ce ne stavamo seduti fianco a fianco sul divano: lui con lo sguardo incollato allo schermo, io con la coda dell’occhio a sbirciare lui, sperando in una qualche apertura; ma le mani che si teneva incrociate in grembo erano un brutto, quanto inequivocabile segnale: “divieto d’accesso”! Pazienza.
Con un fievole sospiro, riportai la mi attenzione sullo schermo, per godermi l’ormai prossima mega sborrata del manzo, quando del tutto inaspettatamente:
“Ti va se ci facciamo una sega?”, mi chiese timidamente Andrea.
Ebbi un tuffo al cuore: almeno avrei visto l’oggetto dei miei sogni!
“Certo”, feci e subito lui si alzò, si tolse del tutto pantaloni e mutande, e tornò a sedersi accanto a me, ancora più vicino di prima, con l’uccello duro e proteso che strinse nella destra e cominciò lentamente a segare.
Io ero del tutto basito e rimasi a guardarlo, mentre senza rendermene conto aspiravo a piene narici l’aroma inconfondibile di quel cazzo maturo.
“E tu non ti spogli?”, mi chiese lui vedendo che non mi ero mosso.
Allora, mi tolsi pure io pantaloni e mutande e, tornato a sedermi accanto a lui, presi a lisciarmi il nerchio, fingendo di guardare il film, ma in realtà con la mente del tutto obnubilata. Sentivo sul fianco il contatto rovente della sua pelle!
Ad un tratto, mi accorsi che Andrea si era fermato; mi girai a guardarlo: mi stava fissando con uno sguardo intento. Poi lasciò il suo cazzo e allungò la destra verso il mio:
“Posso toccarlo?”, mi chiese con un filo di voce.
“Certo”, feci io, non meno emozionato di lui, e tolsi la mano con cui lo tenevo.
L’uccello mi ricadde di traverso sulla pancia. Andrea mi sfiorò timidamente lo scroto con la punta delle dita, quindi risalì a sfiorarmi il gambo carnoso, lentamente, fino in cima, e inaspettatamente lo impugnò a tutta mano, tenendolo diritto.
“Che strano!”, mormorò.
”Sì, fa sempre questo effetto, quando lo tocchi per la prima volta.”, dissi piano.
Andrea non rispose. Sempre impugnandolo saldamente, mi fece scivolare giù la pelle, esponendo per intero il glande, poi la risollevò, ricoprendomelo e bagnandosi le dita con il mio spurgo copioso. Ripeté l’operazione alcune volte, con foga, facendomi quasi male, mentre un sorriso divertito gli si formava sulle labbra.
Infine, mi passò il braccio sinistro sopra le spalle, attirandomi a sé, e cominciò a muovere piano la mano su e giù. Gesù, mi stava facendo una sega! Mi abbandonai sullo schienale del divano e lasciai che continuasse. E lui continuò, come a voler sperimentare qualcosa di nuovo. Finché sentii che stava per succedere: allora cercai di fermarlo.
“Mi fai venire…”, mormorai.
Ma lui non si fermò.
“Voglio vedere...”, disse.
E pochi istanti dopo, vide! L’orgasmo mi colse con una violenza mai provata: con un gemito, quasi mi accartocciai su me stesso, mentre il cazzo mi si scatenava nella stretta di Andrea, eiettando ad ogni scatto un getto di siero biancastro, che lui mi diresse sul petto e sulla pancia, inzuppandomi fradicia la maglietta.
“Ti ho fatto venire!”, esclamò lui con un sorriso di incredulità.
“Sì”, ansimai io, poggiando la mano sulla sua bagnata, che ancora mi stringeva l’uccello.
Faceva tenerezza. Con un piede, raccolsi le mie mutande e gli pulii la mano, tamponandomi poi alla meglio la maglietta bagnata. Quindi mi girai verso di lui gli rivolsi un sorriso radioso. Allora Andrea mi prese la mano e se la portò all’inguine.
“Fammelo pure tu, vuoi?”, mi chiese timidamente.
“Non preferisci che te lo succhio?”
“No, fammi una sega… come ho fatto a te.”
Così, cambiai di posto, sedendomi alla sua destra per poter operare meglio, e mentre lui si abbandonava sul divano, la testa nell’incavo del braccio che gli avevo passato sulle spalle, io impugnai il suo meraviglioso sarchiapone e iniziai amorosamente a segarlo…
Quando lo sentii vibrare nelle contrazioni dell’orgasmo imminente, inconsciamente mi chinai sul suo volto e sfiorai con le mie le sue labbra socchiuse… respirando il suo flebile gemito… Andrea non ricambiò il bacio, ma nemmeno vi si sottrasse… Se ne accorse, però: me lo disse la luce grata che c’era nei suoi occhi, quando li riaprì, tornando in sé.

Adesso gestisco due relazioni nel caseggiato: una mandrillesca con il bel Dragan e l’altra romanticamente sensuale col fascinoso Andrea. Due relazioni ormai "complete", se capite cosa intendo, e appaganti per tutti.
Naturalmente, nessuno sa dell’altro, ci mancherebbe! A parte l’oggettiva delicatezza della materia, essendo entrambi sposati e con figli, con i maschi non si sa mai: pretendono sempre di essere gli unici!
Ma io ne ho in abbondanza per tutti e due e molto ancora me ne avanza… casomai ci fosse un terzo interessato.
E per la verità, un terzo ci sarebbe: un altro giovane marito all’ultimo piano… L’ho incrociato qualche volta, è un topastro niente male e sembra dotato pure lui di notevoli qualità… e non ha l’aria molto felice… Secondo me, un po’ di trasgressione non potrebbe che fargli un gran bene…
Devo cominciare a salutarlo con un po’ più di calore. Oltretutto, ho saputo che di lavoro fa l’idraulico!.. E a dire il vero, qualche problemino in bagno ce l’avrei…
Sono una baldracca, dite? Ma no: ho solo un appartamento un po’ malandato e tanto amore da donare!

FINE
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