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Gay & Bisex

Sborra a colazione - 3


di adad
01.01.2021    |    8.734    |    8 9.2
"– rispose Francesco - E non è tutto… - aggiunse e con un guizzo si sfilò del tutto gli slip, sollevando il bacino e rovesciandosi le gambe sul petto – ho..."
La convivenza fra i due sembrò funzionare fin da subito. Certo i primi giorni ci fu qualche incertezza, Raffaele e sopratutto Francesco sembrarono muoversi con cautela, come studiandosi per non invadere l’uno gli spazi dell’altro; ma già dopo una settimana le cose cominciarono a procedere con maggiore speditezza e maggiore disinvoltura.
Raffaele, che rientrava prima dal lavoro, preparava la cena per l’amico, che poi pensava a rassettare, dopo di che finivano a chiacchierare, centellinando un brandy o una tazza di tè, o guardandosi l’ultimo episodio di American Horror Story, di cui entrambi erano appassionati.
Una piatta convivenza pressoché coniugale, dirà qualcuno, magari con una punta di invidioso malanimo, per alcuni versi sì, ma il bello veniva dopo, allorché raggiungevano il famigerato letto matrimoniale: allora la convivenza diventava tutt’altro che piatta. Quando Raffaele tornava dal bagno, ché ci andava sempre per ultimo, trovava immancabilmente Francesco sdraiato sul letto, con i suoi slip sformati, dopo essere stati indossati un’intera giornata, e l’uccello il più delle volte già in erezione. L’altro lo accoglieva con un sorriso carico di aspettative e lui gli si allungava fra le cosce divaricate, inalava profondamente il caldo profumo che traspirava dal pacco umidiccio, poi ci poggiava sopra le labbra, baciando e mordicchiando, finché lo tirava fuori dalla tana e iniziava il suo lavoro fino all’inebriante conclusione. Era il pompino della buonanotte per conciliare il sonno. Soprattutto per Raffaele, per il quale lo sperma dell’amico era una vera golosità.
Ma il pompino più gustoso per l’uno e godurioso per l’altro era quello della mattina, spesso fatto in fretta, perché entrambi dovevano correre al lavoro. Ma svegliarsi col cazzo turgido, percorso da brividi di aspettativa, e sentirselo poi affondare nella calda mucosa orale di Raffaele, era uno sballo che si rinnovava ogni mattina e a cui Francesco sentiva di non poter più rinunciare.
“Da quando vivi qui, - gli disse una sera Raffaele – non sono più uscito a cercare…”
Francesco lo fissò con affetto:
“Per forza, - rispose – hai a tua disposizione il meglio del meglio!”
Un’altra volta, Francesco lo chiamò dal bagno, dove stava facendo la doccia.
“Scusa, Lele, - gli disse, facendo scorrere la porta del box – mi allunghi l’accappatoio, per favore.”
Raffaele rimase a fissare un momento, come imbambolato, il suo magnifico corpo, grondante d’acqua, i pettorali ben disegnati, il ventre piatto, le cosce tornite, il sesso penzolante… Il tutto sprigionava un’aura di forza e di erotismo da lasciare senza fiato. Non ricordò mai come aveva preso l’accappatoio e lo aveva aiutato a indossarlo. Ricordò bene, però, il momento in cui Francesco uscì dal box e:
“Grazie”, gli disse con un sorriso, prima di dargli un bacio sulla guancia, che lo confuse ancora di più.

“Stasera non aspettarmi, - disse una mattina Francesco, uscendo per andare in ufficio – vado a cena con una amica.”
“Ok”, fece Raffaele, sentendosi stranamente mordere da una punta di qualcosa che malignamente potremmo definire gelosia.
“Ti secca?”, chiese Francesco, notando l’espressione che aveva fatto.
“No. – mentì Raffaele – Non siamo mica sposati: abbiamo le nostre vite… magari esco pure io…”
“”Bene… così ti prendi qualche distrazione. Non aspettarmi alzato, - aggiunse - è probabile che farò tardi.”, e uscì, facendogli l’occhiolino.
Fu una giornata strana per Raffaele, roso da un’incomprensibile, quanto strana inquietudine. Tornato a casa, si preparò mezzo panino, che smangiucchiò di malavoglia; poi decise di uscire: aveva proprio voglia di prendersi una distrazione, magari di rimediare un cazzo ai cessi dell’autogrill. Era molto che non ci andava: chissà cosa avevano pensato gli altri, che un tempo lo avevano visto lì tutte le sere. Si preparò, prese le chiavi della macchina, scese in garage, ma al momento di mettere in moto, si rese conto che stava facendo una cazzata, che in realtà non ne aveva nessuna voglia, e tornò indietro ancora più scoglionato.
Si era appena infilato la tuta e spaparanzato sul divano, quando sentì aprirsi la porta d’ingresso e subito dopo Francesco apparve in soggiorno.
Raffaele si sentì investire da un’ondata di caldo sollievo.
“Ma non dovevi uscire?”, gli chiese Francesco.
“Mi è passata la voglia. – gli rispose con un largo sorriso – E tu? Hai detto che andavi a cena con un’amica.”
Francesco fece spallucce.
“E’ passata la voglia pure a me. Mi sono inventato una scusa e sono tornato a casa… tanto, credo di sapere dove volesse arrivare.”
“Cioè?”
“Prova a indovinare, sciocco!”
“Quello, dici?”, scoppiò a ridere Raffaele.
“Giusto quello…”, confermò funereo Francesco.
“Non te la prendere, dai… è il problema di voi belli.”
“E’ il problema di voi belli… - gli fece il verso Francesco, scoppiando poi a ridere pure lui e sedendogli accanto sul divano – crepa, cretino! Piuttosto, hai preparato qualcosa per cena?”
“Non ti aspettavo...”
“E allora rivestiti. Andiamo a cena fuori. Offro io.”
“Festeggiamo qualcosa?”
“Sì, festeggiamo noi due, non basta?”

Tornando, a Raffaele girava un po’ la testa e forse non era soltanto per il vino bevuto. Ma diciamo che nel complesso erano entrambi più allegri ed euforici del solito.
Quando entrò in camera, dopo essere stato in bagno, Raffaele trovò l’amico che lo aspettava, come al solito, sdraiato sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera. Appena comparve sulla porta, Francesco gli fece l’occhiolino e gli sorrise in chiaro segno di invito. Con la maglietta bianca e gli slip sformati sarebbe apparso seducente anche a una lumaca, possiamo immaginare a Raffaele, che rimase un istante a fissarlo, poi lentamente si avvicinò ai piedi del letto e gli scivolò fra le cosce divaricate. Con un sospiro bramoso, affondò il volto nel grembo dell’amico, respirandone il profumo caldo e avvolgente, mentre gli allargava le braccia attorno alla vita, stringendolo a sé.
Adorava quei momenti preliminari, in cui pregustava nella mente quanto avrebbe fatto tra poco. Quello che non sapeva era quanto anche Francesco adorasse quei momenti preliminari, in cui si vedeva al centro dell’interesse, oggetto di un così grande, profondo desiderio.
Raffaele coccolò con le labbra il membro che andava rapidamente acquistando vigore sotto il tessuto degli slip, poi, destramente estrasse di lato le palle e iniziò a slinguarle con ingordigia. Ma aveva appena dato un paio di leccate, quando qualcosa lo colpì:
“Ma… ti sei rasato…”, esclamò.
“Ti sei lamentato che i peli ti davano fastidio… Ho fatto male?”
“Noooooo…”, sguaiolò Raffaele, cucchiaiandosi un ovulo in bocca e avvolgendolo con la lingua.
“Ohhhh…”, gemette Francesco, godendosi la sensazione del tutto nuova che gli procurava il velo di saliva sulla pelle rasata dei coglioni.
“Magnifico… - mugolò Raffaele leccando tutt’attorno lo scroto – ma perché non me l’hai detto?
“Volevo farti una sorpresa. – rispose Francesco - E non è tutto… - aggiunse e con un guizzo si sfilò del tutto gli slip, sollevando il bacino e rovesciandosi le gambe sul petto – ho rasato anche lì.”
La vista del solco completamente liscio lasciò Raffaele senza fiato; ma fu il bottoncino incredibilmente roseo a catturare la sua attenzione e a sconvolgerlo: lo fissò, affascinato dalle minuscole grinze, che si irradiavano come una raggiera, e dalle sue leggere, involontarie contrazioni. Poi come in risposta ad un richiamo ancestrale, avvicinò le labbra e lo baciò. Lo baciò senza esitazione, con trasporto, e poi lo lambì tutt’attorno con la punta della lingua. Non sapeva neanche lui cosa stesse facendo e perché, sentiva solo che voleva farlo e che farlo lo riempiva di emozione e di gioia. E di pari emozione fremeva, dal canto suo, Francesco ancora non capacitandosi che l’omaggio appassionato di una persona potesse spingersi fino a tanto. Gli stava baciando il buco del culo… era dunque così importante per lui?
D’istinto, allora, Francesco si raddrizzò, afferrò con entrambe le mani il volto di Raffaele e lo baciò sulle labbra.
“Ehi, io non bacio…”, protestò Raffaele.
“Tu no, - fece l’altro – ma io sì.”, e tornò a baciarlo.
Stavolta, la resistenza di Raffaele fu più debole, affievolendosi a poco a poco, finché dischiuse finalmente la labbra e lasciò che la lingua di Francesco scivolasse sulla sua, gustandone tutto il nettare. Dopo qualche tempo, erano distesi sul letto, avvinghiati l’uno all’altro, le bocche incollate in un bacio interminabile.
“Però nel culo non lo prendo…”, protestò Raffaele fra un bacio e l’altro, mentre i cazzi tesi guizzavano viscidi, schiacciati fra i loro corpi.
“Diamo tempo al tempo… - bisbigliò Francesco – Una cosa alla volta… chissà che un giorno non saremo amanti, io e te.”
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