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Gay & Bisex

MyFans - 1


di adad
23.04.2024    |    1.848    |    3 9.9
"Allora, che ne dici?” “Ma… e la tua compagna? Cosa direbbe?” “Siamo una coppia libera, facciamo scambismo… Non credo che avrebbe da ridire..."
Mi sono trasferito al secondo piano di questo condominio da circa cinque anni: un condominio tutto sommato tranquillo, abitato da anziani pensionati come me. E con questo ho detto tutto: non c’era da allungare l’occhio da nessuna parte, insomma, se non quando qualche nipote veniva in visita ai nonni o qualche operaio si presentava per un lavoro, sempre che riuscissi a intercettarli per le scale. Questo, finché alla fine dello scorso anno non vidi un certo movimento di operai nell’appartamento di fronte al mio, vuoto fino ad allora: chiaro segno che stava per essere occupato. E infatti qualche mese dopo venne ad abitarci una coppia giovane, almeno stando alle voci che circolavano e che raccoglievo qua e là in punta d’orecchie.
Subito mi allertai per controllare che tipi fossero, naturalmente, e dopo un paio di giorni di appostamento dietro lo spioncino della porta, vidi uscire una signora. L’immagine era alquanto deformata dalla lente, ma potei distinguere una bella donna, forse sui trenta e truccata in maniera un po’ troppo appariscente. Ad ogni modo, non era il mio tipo. Si diresse alle scale e prese a scenderle, battendo sonoramente i tacchi sui gradini.
Mi accorsi, però, che aveva lasciato socchiusa la porta: segno che sarebbe uscito pure il suo lui. E infatti, poco dopo vidi l’uscio aprirsi e una figura maschile comparire nell’ombra del vano.
Spinto da chissà quale impulso, girai la chiave della mia porta, aprii e uscii sul pianerottolo. Il rumore della chiave richiamò la sua attenzione e si volse a guardarmi. I nostri occhi si incrociarono.
Non boccheggiai, non era il classico bell’uomo, ma aveva un suo fascino: sui trenta/trentacinque, viso tondeggiante incorniciato da una corta barba, castana come i suoi corti capelli; fisico pienotto ma ben proporzionato… questo fu quello che riuscii a cogliere in quel brevissimo lasso di tempo, mentre accennavo un leggero sorriso e:
“Buongiorno”, gli dicevo, dirigendomi all’ascensore.
“Buongiorno”, mormorò lui di rimando, avviandosi alle scale.
Io finsi di chiamare l’ascensore, poi, appena i suoi passi si spensero sulle scale, tornai silenziosamente in casa.
Certo, non era una gran bellezza, almeno secondo i canoni classici della bellezza virile, ma come ho detto emanava un certo suo fascino, dava l’idea di essere quel tipo di persona che può lasciarti indifferente al primo incontro, ma di cui già al secondo ti senti scorrere un brivido sotto la pelle e… sotto le palle. Per il momento, diciamo che avevo materiale su cui riflettere.
Oh, intendiamoci: personalmente, non avevo nessuna mira su quel tipo. E non lo dico tanto per dire: sono anziano e l’uccello non mi tira più da un pezzo. Certo, sento gli stimoli della carne, e come non potrei? ma quando metto su un video, devo fare i salti mortali perché mi venga duro abbastanza da potermi masturbare. Direte: “Ma ci sono mille altri sistemi per soddisfare i desideri della carne.”, sono perfettamente d’accordo e da parte mia sono disponibilissimo a mettermi in gioco per quello che ancora posso: purtroppo, è da parte degli altri che manca la disponibilità. Diciamo che gli estimatori di questo settore dell’antiquariato sono pochi e non tutti appetibili da parte mia. Mettiamola così.
Ma torniamo al mio dirimpettaio. Dalla targhetta sul citofono, avevo scoperto che si chiamava Fulvio Anselmi. Fulvio… un nome che si addiceva ad un tipo come lui. C’era anche il nome della moglie, ovvio: Katia qualcosa, ma essa è del tutto secondaria nell’economia della nostra storia.
Dopo quel primo, fugacissimo incontro, era praticamente scomparso dal mio orizzonte, non lo avevo più visto né sentito. Diciamo, però, che soddisfatta la curiosità del primo momento, non avevo più perso tempo a fargli le poste dietro lo spioncino.
Era passata qualche settimana, quando ebbi modo di reincontrarlo. Era da solo; io uscivo dall’ascensore e lui armeggiava con le chiavi per entrare in casa. Al suono dell’ascensore che si apriva, lui si voltò, mi fece un sorriso e mi venne incontro con la mano tesa.
“A quanto pare, siamo dirimpettai. – disse con la sua voce morbida, profonda – mi chiamo Fulvio, Fulvio Anselmi.”
Stavo per dirgli ‘Lo so’, ma mi fermai: avrei dovuto troppe cose. Gli strinsi la mano:
“Molto lieto. – risposi, e lo ero veramente – Tony Avanzi.”, e gli strinsi la mano.
Vorrei poter dire che sentii una scarica elettrica, che mi risaliva il braccio, ma non fu così. Sentii invece che aveva la mano morbida e asciutta. La sua stretta fu forte, decisa, indice di una persona sicura di sé, il che mi piacque molto.
“Mi perdoni, se l’altra volta non mi sono fermato a salutarla, - riprese – ma ero di fretta: la mia compagna mi aspettava in macchina,”
La sua compagna… buono a sapersi.
“Nessun problema. - risposi – Come ha detto lei, siamo dirimpettai: una volta o l’altra sarebbe successo ancora di incontrarci.”
Vederlo da vicino, non cambiò la mia prima impressione: non era bello, ma aveva un richiamo… un fascino carnale… sensuale da morire. Un fascino accentuato dal suo profumo, un profumo fresco, ma virile nello stesso tempo, che faceva venire voglia di annusarlo direttamente dalle sue ascelle… o dalle sue mutande.
“Dobbiamo vederci per un caffè.”, disse ancora, allungandomi la mano.
“Suoni pure quando vuole, sono quasi sempre in casa.”
Chiusami la porta alle spalle, ripensai alla breve conversazione che avevamo avuto: probabilmente, era stato tanto per dire, ma quel “Dobbiamo vederci per un caffè” mi sembrava così pregno di aspettative.
Cercai di non investirci più di tanto, ma non potei evitare, i giorni successivi, di stare con l’orecchio teso alla porta, casomai suonasse il campanello. Ma il passare dei giorni senza che nulla succedesse, valse a riportarmi con i piedi sulla nuda terra. Siamo seri: cosa avrebbe dovuto aspettarsi da un giovane etero una vecchia checca come me… anzi, una checca vecchia come me? E che interesse avrebbe potuto nutrire lui nei miei confronti, se non magari il desiderio di instaurare rapporti di buon vicinato?
Quando avrei smesso di costruire castelli sulle nuvole?... per fortuna, mai!
E per ulteriore fortuna, mi sbagliavo, sul fatto che avrebbe mantenuto la
promessa di un caffè.
Un paio di pomeriggi dopo, infatti, sentii suonare alla porta e, quando aprii, me lo trovai davanti sorridente, con una moka gorgogliante in mano.
“La disturbo? – fece con un sorriso – Mi aveva detto lei di suonare quando volevo.”
“Certo, ma non era necessario che portasse anche il caffè. Si accomodi.”
“Beh, l’idea era partita da me. A lei chiedo di metterci le tazzine e lo zucchero.”
“Dia pure a me, - feci, prendendo la caffettiera bollente dalle sue mani – lei si accomodi pure in soggiorno, che arrivo subito.”, e andai in cucina.
Tornai subito dopo reggendo un vassoio con due tazzine fumanti, una zuccheriera e una coppa di pasticcini mignon. Lo poggiai sul tavolinetto e gli feci cenno di accomodarsi. Si sedette sul divano, si servì dello zucchero e prese a sorseggiare il caffè, mentre si guardava attorno.
Io mi sedetti di fronte a lui, in modo da potermelo slumare per bene, senza possibilmente farmi accorgere. Eh, sì, si stava rivelando un manzo davvero appetitoso.
“Mi piace come si è sistemato. – disse – E’ molto che abita qui?”
“All’incirca cinque anni.”, risposi e proseguimmo a parlare del condominio del posto ecc.
Ma avevo la sensazione che tutti e due stessimo menando il classico cane per l’aia, girando intorno a qualcosa che non trovavamo modo di affrontare. Dopo un po’ lo pregai di darmi del tu. Accettò di buon grado.
“Vivi da solo?”, mi chiese.
“Come vedi.”
“Sposato? Divorziato? O…”
“No, solo zitello.”
Tacque, non sapendo cosa aggiungere. Guardò verso l’angolo, dove avevo sistemato la postazione con il computer, la stampante ecc.
“Mi piace il tuo angolo di lavoro.”, disse.
“In effetti, ci passo molto tempo.”
“Ah, sì? E cosa fai?”
“Beh, leggo le notizie, scrivo…”
“Chatti...”
“No, non mi piace. Sempre le stesse chiacchiere a vuoto. Quanti anni hai, come sei, come ce l’hai…”
Scoppiò a ridere.
“Ah, ah, ah, sì, hai ragione. Allora scrivi?”
“Allora scrivo.”
“E cosa, se posso chiederlo…”
Decisi che ero un po’ stufo e andai dritto al punto.
“Scrivo racconti per adulti.”
Spalancò gli occhi, alzando entrambe le sopracciglia:
“Racconti per adulti? Ma sei una vera sorpresa! E li pubblichi?”
“Su qualche sito porno.”
“Roba scottante, allora! Devi darmi il link, così li vado a leggere.”
“E tu di cosa ti occupi, invece?”, chiesi più che altro per sviare il discorso.
“Conosci MyFans?”
“Lo conosco di nome, però, non di fatto: bisogna abbonarsi per entrare. Ma cosa hai a che fare tu con MyFans?”
“Io e la mia compagna ci esibiamo… - rispose, arrossendo leggermente – facciamo video e li pubblichiamo.”
Stavolta, fui io a spalancare gli occhi, alzando entrambe le sopracciglia.
“Accidenti… cioè, fate sesso e…”
“Uhuh”
“E guadagnate in base agli abbonamenti, ho sentito.”
“Esatto.”
“Quello che si dice: unire l’utile al dilettevole.”, commentai, ridendo.
Rise pure lui, sprimacciandosi involontariamente il pacco, cui i jeans, purtroppo non davano il giusto rilievo.
“Beh, vuol dire che farò l’abbonamento pure io…”, dissi in tono allusivo.
“Non serve, - fece lui, tirando fuori lo smart dalla tasca – ti do un assaggino.”, e cominciò a smanettare.
Andai a sedermi accanto a lui, lasciandomi avvolgere dal suo profumo. Apparvero delle immaginette sul display.
“Guarda”, disse lui, spostando il cellulare verso di me.
Mi chinai per osservare più da vicino.
“Così è uno strazio, però…”, osservai.
“Hai ragione. Hai un cavo…”, disse, uscendosene con una sigla che per me era arabo assoluto.
“Aspetta”
Andai a prendere una scatola da scarpe pieno di cavi e cavetti di ogni tipo. Lui rovistò a lungo, finché ne trovò uno.
“Questo dovrebbe andare bene.”, fece.
Ne inserì un’estremità nel telefono e l’altra in un’uscita USB del televisore. Lo accese, armeggiò per arrivare al canale giusto ed ecco che sul maxischermo comparve una donna, la sua compagna, seduta nuda su una poltroncina, e un uomo inginocchiato davanti a lei, quindi di spalle alla videocamera, con la testa affondata in mezzo alle sue cosce. Era vestito, ma si riconosceva chiaramente che era lui. Dagli squittii e dalle espressioni estatiche sul volto della donna, si capiva benissimo, cosa stava succedendo.
“Le stai leccando la figa?”, chiesi stupidamente, non sapendo cos’altro dire. È indubbio che avrei preferito l’opposto: lui nudo con l’uccello nella bocca di lei.
“Uhuh”, fece lui con aria raggiante.
Contento lui!
La scena andava avanti per qualche minuto, poi ecco qualcosa di più appetibile: lei era accovacciata sul divano e lui era in maglietta e boxer, un paio di boxer larghi, di tela; era di profilo, in piedi, con un ginocchio poggiato sulla seduta del divano: lei allunga le mani, gliele infila nella patta dei boxer ed estrai un bigolone carnoso, ancora mezzo molle, ma già di notevole stazza: lo scappella, slingua alcune volte il glande e poi lo prende in bocca.
“Wow!”, feci, mentre ero percorso da un brivido di pura libidine.
“Brava, vero?”, fece lui, equivocando.
“Veramente, mi riferivo a quello che tiene in bocca.”, mi scappò, senza rendermene conto.
Fulvio si girò, fisandomi con aria sorpresa:
“Ti piace l’omo?”, chiese, alzando il sopracciglio.
“Diciamo che non mi dispiace… - risposi, cercando riparare come potevo – Sei scandalizzato?”
“Figurati! È… è che non me l’aspettavo, non hai…”
“L’aspetto di una checca? Me lo dicono tutti.”
“Scusami… non volevo,,,”
“Lascia perdere. Fammi vedere quando vieni, invece.”
Ma lui stoppò il video e si volse verso di me.
“Ascolta. Io e la mia compagna pensavamo di ampliare la nostra offerta… diciamo così, con altri partecipanti… magari incontri a tre,,, Tu sembri aperto, potresti…”
Scoppiai a ridere:
“Ti ringrazio dell’apprezzamento, ma confesso di essere allergico alla figa.”
Lui rimase un po’ a fissarmi, senza scomporsi.
“E con me da solo?”, fece, poi.
“Con te? Ma, scusa, non sei etero?”
Fulvio fece spallucce.
“Gli affari sono affari. Ci pensavo già da un po’… solo che lo vedevo in un contesto diverso, in tre con la mia compagna e lui magari mi faceva un pompino assieme a lei… Però, confesso che mi intriga anche l’idea di farlo in due… S’intende che il maschio sarei io.”
“Questo è ovvio!”, commentai.
“Allora, che ne dici?”
Esitai a lungo. Per un verso la prospettiva mi attirava, sarebbe stata un’occasione d’oro; ma per un altro…
“Ascolta, Fulvio: - risposi esitante - l’idea mi piace…”
“Ma”
“Ma guardami, sono vecchio, non mi tira più neanche l’uccello…”
“Che non ti tiri più, non interessa, tanto non ti servirebbe; quanto al vecchio… sei ancora in buona forma… E poi, l’anziano va molto ultimamente nel mercato del porno. Fidati, te la caverai benissimo… e pensa a quanti creperanno di invidia, vedendo un vecchio che si fa un fusto come me! Spesso è proprio il contrasto che risulta eccitante. Allora, che ne dici?”
“Ma… e la tua compagna? Cosa direbbe?”
“Siamo una coppia libera, facciamo scambismo… Non credo che avrebbe da ridire. E poi, è solo per lavoro. È un sì?
“Ok, proviamo, - dissi – da parte mia ho tutto da guadagnarci.”, e lo fissai in maniera che più allusiva non si può.
Fulvio scoppiò a ridere:
“Beh, se sei bravo a fare pompini, qualcosa ci avrò guadagnato pure io.”
Feci spallucce:
“Mai nessuno si è lamentato. – lo rassicurai – Ma adesso, mi fai vedere quando vieni?”
“Sarà una sorpresa.”, disse lui con aria maliziosa e scollegò lo smart, mettendolo via.
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