Gay & Bisex
Gallina vecchia - 2
di adad
15.08.2021 |
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"”
“Allora, facciamo che vengo a casa tua stasera?”, ha detto, infilandomi due dita nel culo..."
Ok, ci sono andato. Consideratemi pure una porca spudorata, ma lo ammetto: ci sono andato. Del resto, dopo il trattamento di ieri sera, avevo troppa voglia di gustare nuovamente il cotechino del mio macellaio di fiducia. Del resto, me lo aveva detto lui: “Ti aspetto in macelleria”. E cosa può significare una tale affermazione, se non che voleva “rivedermi” con le virgolette?Come diceva sempre la mia bisnonna: “Il ferro va battuto finché è caldo” e il cazzo va menato finché è duro, aggiungo io.
Oggi sono andato in macelleria. La motivazione ufficiale: mi serviva della carne macinata per fare il ragù. Ho aspettato che fosse tardi per non trovare la solita ressa di clienti, maschi e femmine; era quasi mezzogiorno e infatti lo trovo che stava servendo un’anziana signora, che però doveva star pensando a ben altre bistecche, vista la verve che aveva nello sguardo, mentre ne seguiva i movimenti dietro il bancone. Della serie: se ti metto le mani addosso, ti faccio secco!
“Signor Paolo! – mi ha salutato il macellaio appena sono entrato – Come andiamo?”
“Benissimo, grazie.”, ho riposto.
“Finisco di servire la signora e sono subito da lei.”
“Certo”, faccio, rivolgendo un cenno di saluto alla signora, che si era girata a guardarmi ingrugnita.
Ha finito di incartare le bistecche della signora, poi, mentre quella andava alla cassa.
“Allora, signor Paolo, cosa le servo?”
“Ho bisogno di un po’ di carne macinata… - sono riuscito a dire, che ero già tutto un bollore – mi sono messo in testa di fare il ragù.”
“Bene… carne macinata speciale per il nostro signor Paolo. – ha detto, quasi con l’aria di prendermi in giro – Grazie, signora, buongiorno a lei.”, ha salutato l’altra cliente, che usciva.
“Facciamo un misto, giusto?”, mi ha chiesto, mentre prendeva un paio di manciate di carne macinata da due ciotole già pronte – Ah, Mariella, vai pure a casa. – ha detto alla ragazza alla cassa – Ci penso io al signore. Buon pranzo.”
Finalmente soli!
“Ti consiglio di metterci anche della salsiccia.”, disse, dopo aver finito di incartare la carne macinata.
“Perché mi hai dato del lei, prima?”, gli ho chiesto.
“Meglio mantenere rapporti professionali davanti agli altri, non trovi?”
“Vuoi dire che da soli possiamo avere rapporti non professionali?”
È scoppiato a ridere.
“Salsicce fresche, ottima carne di porco ruspante.”, ha detto, tagliandone un paio, che ha aggiunto all’altra carne.
“Non ne dubito. – ho detto con tono allusivo - Le tue salsicce sono un vera specialità.”
“Mi fa piacere sentirtelo dire…”
Lo so che può sembrare un dialogo pieno di doppi sensi, ma giuro che il nostro era un parlare schietto… almeno da parte mia. Certo, ero disponibile, sparavo feromoni da tutti i pori, come lui sparava quel testosterone che mi faceva impazzire, ma mai più mi sarei permesso di… insomma, era lui il maschio e a limite toccava a lui prendere l’iniziativa, mettermi le mani addosso! Le mani addosso? Ma che cazzo sto dicendo? È proprio vero che certi uomini ci fanno perdere la testa.
“Onore al merito.”, ho sorriso.
“Vieni, ti faccio vedere una cosa.”, ha detto, allora, andando verso una porta dietro il bancone, che conduceva al retro bottega.
Mi tremavano le gambe, quando l’ho seguito. Non può essere… non come ho immaginato nei miei wildest spippatorii. Mi ha tenuto aperto, per farmi entrare nel locale sul retro. Un locale refrigerato, piastrellato di bianco sulle pareti e con gli immancabili ganci, da cui però non pendevano quarti di bue o mezzi maiali: quelli si trovano solo nei video porno o nei film di mafia. Oltre che nei miei wildest dreams, ovviamente.
Appoggiato ad una parete, c’era un tavolo col piano metallico e sopra una grossa macchina tritacarne. Un neon, al centro del soffitto, inondava il locale di una luce che le piastrelle riflettevano ancora più gelida. E poi una rastrelliera con coltelli, asce e tutti gli altri strumenti del mestiere.
“Gesù, mette i brividi…”, ho mormorato, guardandomi attorno.
“Sembra di stare in un film dell’orrore, non trovi? - ha ridacchiato Alessio – Col macellaio pazzo che sbuca fuori con un coltellaccio e vuole farti a pezzi.”
Mi sono venuti i brividi.
“E’ questo che vuoi fare?”, ho chiesto e confesso che mi tremava un po’ la voce.
Deve aver capito il mio disagio, perché mi ha stretto le mani fra le sue:
“Tranquillo, - ha detto – voglio solo realizzare il tuo sogno.”
“Il mio sogno?”
“Non eri tu che sognavi di essere violentato appeso ad un gancio da macellaio?”
“Ma dicevo per dire…”, ho mentito, sentendomi addosso un brivido e non proprio di paura.
“Lui non capisce certe sottigliezze.”, ha detto Alessio fissandomi negli occhi e portandomi le mani al suo inguine, dove ho tastato il suo pisellone gloriosamente eretto.
Mi sono sentito prendere da una vampata di libidine e ho preso a palparglielo in tutta la sua enorme lunghezza. Stavo per sbottonargli la patta, quando lui:
“Eh, no: - mi ha fermato – adesso comando io.”
E con mossa rapida, ha preso un pezzo di corda, mi ha legato i polsi, mi ha girato e mi ha appeso ad uno dei ganci con la faccia rivolta verso la parete. Per fortuna, erano fissati ad altezza d’uomo, per cui riuscivo a stare in piedi senza stirarmi le braccia.
“Cosa fai?”, ho chiesto stupidamente.
“Adesso stai zitto. – mi ha detto, guardandomi fisso negli occhi – da questo momento, parlo solo io!”
Mi sono azzittito, ma per un istante ho temuto che la cosa mi sfuggisse di mano. Certo, era questo che avevo sognato, ma un conto è immaginarselo nella foga di una sega e un altro trovarcisi… legato e appeso ad un gancio come un salame… Che intenzioni aveva? Ho cominciato a sentirmi addosso una certa tremarella, che neanche l’eccitazione riusciva a placare.
“Tirami giù, per favore…”, l’ho pregato, allora.
Lui mi è venuto dietro e mi ha passato attorno le braccia:
“Tirarti giù? – ridacchiato – non ci penso neanche. Sei tu che hai risvegliato la bestia e adesso sono cazzi tuoi… eh… eh… eh…”, e ha cominciato a strusciarsi con l’inguine sul mio culo.
Sentivo distintamente il suo cazzone turgido, nonostante i molteplici strati di tessuto che ci separavano. A questo punto, sempre da dietro, mi ha sganciato la cintura, ha sbottonato la patta e ha strattonato giù i pantaloni, che mi si sono afflosciati alle caviglie. Sono rimasto solo con le mutande scomposte e mai confesso di essermi sentito così vulnerabile, mentre lui mi palpava con foga, grugnendo e mordicchiando come un cinghiale in calore.
Poi mi ha strappato le mutande… me le ha strappate nel vero senso della parola: ci ha ficcato le unghie sul retro e ha dato uno strappo, che mi ha lasciato il culo tutto scoperto. Non so fino a che punto potesse essere uno spettacolo eccitante, questa vecchia gallina appesa ad un gancio, con i pantaloni afflosciati alle caviglie e il culo scoperto, da cui pendevano le mutande a brandelli; ma lui ne è sembrato tutto ringalluzzito:
“Guarda che bella culatta… - ha detto, dandomici un paio di energiche sprimacciate – e poi dice che uno ti violenta!”
Ha preso, allora, ad accanircisi con palpate, morsi e schiaffetti, quando:
“C’è nessuno?”, si è sentito venire affievolito dal negozio.
“Cazzo, mi sono dimenticato di chiudere! – ha esclamato Alessio – Tu sta zitto e non muoverti! – mi ha intimato, come se avessi potuto andare da qualche parte – Lo sistemo e torno.”
È uscito, chiudendosi la porta alle spalle. Ho provato a staccarmi, ma non c’è stato verso: neanche saltando sono riuscito a liberare dal gancio la fune che mi teneva i polsi legati. Non mi rimaneva che rassegnarmi e rimanere in attesa. Un’attesa che si è prolungata parecchio. Nessun rumore, nessun suono mi veniva dall’esterno, dal negozio.
“Ci manca solo che mi molla qui, fino a quando riapre!”, ho pensato.
Ma nonostante tutto, quella situazione ha cominciato a intrigarmi… ho cominciato a sentire un certo formicolio alle parti basse: cazzo, era la mia wildest fantasia che stava diventando realtà… E poi, cosa mai poteva capitarmi, che mi tagliasse a pezzi e mi tritasse con la carne di maiale per fare i cotechini? Non credo che le sue fantasie, per quanto trucide, potessero spingersi a tanto.
Alla fine mi avrebbe scopato: non era forse quello che volevo?
Dopo un lasso di tempo abbastanza considerevole, ho sentito riaprirsi la porta e, pur senza volerlo, ho mandato un sospiro di sollievo. Aveva voglia di divertirsi anche lui, non mi avrebbe lasciato appeso qui chissà fino a quando.
L’ho sentito armeggiare alle mie spalle, poi si è avvicinato e ha ripreso a palparmi in lungo e in largo, ansimando come in preda ad una passione ormai incontenibile; ho sentito l’afrore del suo corpo sudato… si era spogliato? Non riuscendo a girarmi, non avevo modo di accertarmene, però il pensiero mi ha fatto fremere, finché mi ha abbrancato da dietro, premendomi forte sul culo con il bacino: allora ho avvertito il calore del suo cazzo, che mi scivolava solido e bavoso in mezzo alle gambe, fino a strusciarmi sulle chiappe nude i peli crespi del suo pube. Cazzo! si era spogliato nel frattempo… tutto come nelle mie fantasie!
Dopo essermisi sfregato addosso per un po’, si è allontanato, tornando subito dopo con qualcosa che ha poggiato su uno sgabello, tirato lì vicino: con la coda dell’occhio ho potuto vedere che era un grosso barattolo di vetro, pieno di roba bianca. Ne ha preso una manata.
“Cos’è quella roba?”, ho chiesto, cercando di metterci il giusto grado di ansietà.
“E’ strutto. – ha risposto – Puro strutto di maiale, lo facciamo noi. Molto meglio della saliva per entrarti nel culo. E oggi voglio entrarci nel tuo culo… altroché, se ci voglio entrare. È tutta la notte che ci penso, bella sorcona.”
Cosa diavolo aveva intenzione di fare? Ho avuto un fremito di paura, quando l’ho visto avvicinarsi con quella manata di strutto, ma nel contempo l’eccitazione ha cominciato a travolgermi, specialmente, quando lui ha spinto la mano nello spacco del culo e ha cominciato a spalmarmi con quella poltiglia, insistendo specialmente attorno e dentro al buco, dove si spingeva con due, con tre, con tutte e quattro le dita.
Non so se qualcuno lo ha mai usato, ma posso assicurarvi che lo strutto si scioglie subito ed è fa-vo-lo-sa-men-te scivoloso! E infatti, non mi sono accorto che mi stava infilzando con la mano, se non quando mi sono ritrovato con mezzo palmo dentro!
“Cazzo, se mi piace entrarti con le dita nel culo!”, ha detto.
“Ma ci stai ficcando tutta la mano…”, ho esclamato.
“Cazzo, non ci avevo pensato… - ha mormorato lui – che idea fantastica…”
E ha ripiegato il pollice, infilandolo nel varco e dando un deciso colpo all’insù.
“Ah!”, è stato il mio grido strozzato, mentre con un lampo accecante di dolore l’intera mano mi scivolava nel retto fino al polso!
“Ah!.. Ah!...”, ho continuato a gemere, mentre mi dimenavo, ma più che altro per fare scena, perché in realtà il dolore era più che sopportabile-
Dopo un po’, però, gli spasimi e i contorci, menti non sono più stati una scena: il piacere che ha preso a darmi quella mano piantata nel retto era vero e inequivocabile. Ho sentito le sue dita che guizzavano frenetiche e nervose dentro il budello e l’eccitazione ha preso a galoppare, perfino l’uccello mi si è drizzato, come non faceva da chissà quanto tempo. Lui se n’è accorto ed è scoppiato a ridere.
“Ti piace, bella sorcona – ha detto con voce arrochita dalla libidine – ti piace, non dire di no.”
E ha cominciato a menarmelo con l’altra mano straunta di strutto, spalmandomi quell’untume sui coglioni e sulla pancia.
E mentre io spasimavo e mi contorcevo come un’anguilla impalata, in preda agli spasimi di un piacere selvaggio, lui ha tirato fuori la mano, lentamente, mi ha passato la punta delle dita lungo il buco slabbrato e poi l’ha rificcata dentro, di nuovo, fino al polso.
“Lo sai perché mi piacciono le vecchie scrofe?”, mi ha bisbigliato d’un tratto all’orecchio, mentre si mi spingeva ancora più a fondo.
“No…”
“Perché avete il culo sfondato da tutti i cazzi che avete preso!”
“Mi manca ancora il tuo.”, ho mormorato, più morto che vivo… per modo di dire, ovvio: in realtà, passato il primo sconcerto, avevo capito il suo gioco e me la stavo godendo un mondo.
Anche il suo linguaggio sboccato, quelle oscenità rivoltemi con un leggero, quanto indefinibile, accento dialettale, mi stavano mandando in corto il cervello.
“Lo hai già avuto, bella sorcona…”
“Lo voglio ancora…”
“Ti sto scopando con la mano.”
“Non mi basta… voglio il tuo cazzo… voglio sentirmelo dentro che sborra…”
“Sei una puttana mangiacazzi.”
“La tua puttana mangiacazzi…”
E finalmente Alessio ha tirato fuori la mano, dopo di che ho sentito il suo cazzo bollente farmi capolino attraverso lo sfintere e scivolare dentro, praticamente indisturbato, fino alle palle. Che ci sarebbero entrate pure loro, con mio grande piacere. se lui avesse avuto l’idea di ficcarcele.
Mi ha infilato la grossa mazza fino ai peli del pube e solo dopo un po’ ne ho sentito la consistenza, quando, richiudendosi piano piano, lo sfintere ci si è avvolto attorno, aderendo al suo spessore. Temendo che potesse scivolarmi fuori, io cercavo disperatamente di stringere il muscolo anale, ma senza riuscirci, e lui dava colpetti brevi e rapidi, mentre mi stava abbrancato con le braccia attorno al petto. Non sentivo molto del suo cazzo che scorreva dentro e fuori, avvertivo solo i colpi del bacino, quando cozzava. Ma dopo un po’, lo sfintere si è ristretto abbastanza e allora ho avvertito anche lo scorrere dentro e fuori dell’enorme nerbo. E ho sentito anche quando alla fine è venuto con un grugnito di gola: le pulsazioni del suo cazzo contro la prostata mi hanno provocato il consueto languoroso piacere, diffuso in tutto il basso ventre, e un’abbondante colata di siero dal cazzo moscio.
Mi è rimasto stretto per un pezzo, ansimante e stremato; finché, gli i è smollato pure a lui ed è scivolato fuori, portandosi dietro un’enorme quantità di sperma e di strutto fuso, che mi è fuoriuscita dal buco sfranto e mi è colata lungo lungo entrambe le gambe, fino ai piedi.
A quel punto, l’ho sentito prendere dello Scottex e pulirsi alla meglio l’uccello floscio e la zona inguinale.
“Hai intenzione di tenermi ancora appeso qui?”, gli ho chiesto.
“Oh, scusa, - ha fatto finta, ridacchiando, di accorgersi di me solo in quel momento – me ne stavo dimenticando.”
Ha preso dello Scottex e lui stesso mi ha ripulito alla meglio il culo, le cosce, l’inguine. Poi, mi ha liberato dal gancio e mi sciolto le mani.
“Vuoi fare una doccia? – mi ha chiesto premuroso – C’è un bagnetto di là. Ti accompagno.”
“Meglio di no. – gli ho risposto, osservando il suo corpo massiccio e il grosso pendolo in mezzo alle gambe – chissà che idee potrebbero venirmi in mente.”
“Dici?”,
“Altroché.”
“Allora, facciamo che vengo a casa tua stasera?”, ha detto, infilandomi due dita nel culo.
“Potresti venire a cena, così ti faccio assaggiare il mio ragù.”
“Perché no? – ha detto lui – Devo portare qualcosa?”
“Porta questo…”, gli ho sussurrato, dandogli una strizzata al cosiddetto, tutt’altro che molle.
“Cazzo, signor Paolo, - ha detto lui, prendendomi e spingendomi contro la parete – mi fai venire di quelle voglie…”
L’ho guardato con aria scanzonata:
“Mai come quelle che mi fai venire tu a me, te l’assicuro.”
Stavamo per ricominciare da capo, ma si è sentito l’orologio del campanile che suonava le due.
“Cazzo, è tardi. – ha sospirato, allora – Fra un po’ arriva la Mariella…”
“E io devo correre a casa a fare il ragù. Dai ci vediamo stasera.”
Mentre mi rivestivo, Alessio è corso a prendere il pacchetto con la carne.
“Mi raccomando la salsiccia.”, ha detto.
“E chi se la scorda?”, ho detto, dandogli un’ultima lisciata al glorioso pendaglio.
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