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Gay & Bisex

Diritti d'Autore - 1


di adad
15.08.2020    |    7.220    |    6 8.7
"Ristretto sotto l’esile ombra di un alberello a lato della strada, aspettava senza sapere neanche lui chi o che cosa, e l’incertezza lo deprimeva un po’..."
PREMESSA

Francesco si guardò attorno: non si vedeva ancora nessuno in quell’assolato pomeriggio di agosto. Ristretto sotto l’esile ombra di un alberello a lato della strada, aspettava senza sapere neanche lui chi o che cosa, e l’incertezza lo deprimeva un po’. Nonostante si fosse vestito leggero, calzoncini corti, sandali e canotta sportiva, che stavano d’incanto sul suo fisico palestrato, Francesco sentiva il sudore inzuppargli le ascelle, per non parlare dell’inguine: doveva avere gli slip ormai fradici. Ma cosa gli era venuto in mente, a quelli lì, di scegliere proprio quel posto e quell’ora canicolare?
“Speriamo che mi facciano fare almeno una doccia, prima.”, si disse fra sé.
Odiava dover lavorare, quando non si sentiva del tutto pulito e a suo agio. Certo, alla pulizia intima aveva provveduto prima di uscire, per recarsi all’appuntamento, ma camminando sotto quel sole… Perché non aveva preso la macchina? Beh, anche se lo avesse fatto, non sarebbe cambiato granché, dovendo parcheggiare chissà dove e aspettare poi in quel posto, senza un minimo di alito di vento.
Qualcuno spuntò in fondo alla strada.
“Finalmente”, si disse Francesco e aguzzò la vista per avere un’anteprima di chi stava arrivando.
E quello che vide non lo deluse: dava l’idea di essere un giovane sui venticinque anni o giù di lì, biondastro e ben piantato… uno di quei falso magri che tanto gli piacevano, risultando così polposi quando restavano nudi, a disposizione della sua insaziabile avidità. Via via che si avvicinava, lo sconosciuto mostrava anche un bel malloppo al cavallo dei pantaloni, il che non guastava per niente, anzi!
“Meno male.”, si disse Francesco, tirando un respiro di sollievo.
Sì, con quei jeans attillati e la camicia aperta sul petto, si rivelava ad ogni passo un ragazzo davvero affascinante. Il tipo si fermò poco lontano e si guardò attorno con aria spaesata.
Fu Francesco a prendere l’iniziativa:
“Sei qui per l’appuntamento?”, gli chiese.
“Sì, - fece lo sconosciuto, avvicinandosi – l’Autore?”
“No. - rise Francesco – Penso di essere l’altro protagonista… o almeno credo. Comunque, sarà meglio che facciamo conoscenza. Mi chiamo Francesco.”, e gli tese la mano, sperando che non fosse troppo sudaticcia.
“Marco”, rispose l’altro e gliela strinse.
Una bella stretta solida e cordiale, che faceva ben sperare.
“Vieni più in qua, - gli disse, allora - altrimenti ti lessi al sole.”, e lo prese per un braccio, guidandolo sotto il poco d’ombra.
“Non che faccia molto, - replicò Marco con un sorriso – ma si respira un po’.”
Francesco, intanto, cercando di non farsi accorgere, lo scannerizzava dalla testa ai piedi, ricavandone un’impressione quanto mai positiva: nudo doveva essere uno schianto! E se il malloppo inguinale manteneva le aspettative…
“Mi sembri nervoso.”, fece, notando che l’altro continuava a guardarsi attorno, pestando sui piedi.
“Un po’ sì. - confessò Marco – Ti secca se fumo?”
“No, anzi.”
“Ne vuoi?”, fece, tendendogli il pacchetto con una sigaretta mezzo sfilata.
“No… ti ringrazio, non fumo.”
Marco se l’accese nervosamente con l’accendino.
“Immagino che dopo non sarà permesso.”, fece mostrando la sigaretta accesa.
“Non lo so. Ma non preoccuparti. È la prima volta?”
“Sì… non sai di che si tratta?”
“No, mi dispiace: non siamo noi a decidere.”
Marco tacque, continuando a guardarsi attorno.
“E’ da molto che fai questo lavoro?”, chiese, scrollando la cenere.
“Da qualche anno.”, rispose Francesco laconicamente.
“E… com’è?”
“Il lavoro? Non è male… cioè, dipende con chi capiti.”
Marco annuì, buttando la sigaretta ancora a metà.
“Scusa se te lo chiedo, - disse Francesco – ma tu sei gay?”
“Io? No che non sono gay! Che ti salta in mente? – scattò l’altro, alquanto allarmato - Perché me lo chiedi?”
Francesco lo osservò a lungo, stringendo le labbra.
“Perché, mi sa che tu e io… sì, insomma, dovremo fare qualcosa insieme.”
“Qualcosa di cosa?”
“Di sesso, naturalmente.”
“Io e te? Di sesso? Ma tu sei scemo! – si inalberò Marco – Non sono mica un culattone, io! Ma che cazzo ti sei messo in testa?”
“Calmati, calmati: non dipende mica da me. E’ l’Autore che decide.”
“E si può sapere chi è sto cazzo di Autore?”
“Beh, è un tipo in gamba… bravo anche, - rispose Francesco – solo che…”
“Solo che?... e parla, Cristo!”, scattò Marco, esasperato.
“Beh, gli piacciono i ragazzi e scrive solo di incontri e robe del genere.”
“Incontri? Incontri… vuoi dire che si inchiappettano?”
“Eh, per lo più…”
“A chi!... – ruggì Marco, facendosi paonazzo per la rabbia – ma io mi inchiappetto a lui, altro che!
Francesco scoppiò a ridere.
“A vederti, - fece – non credo che gli dispiacerebbe.”
“Ma non se ne parla!”, continuò a inveire Marco, ormai fuori di sé.
“Scusa, - intervenne Francesco – ma quando ti sei iscritto all’Agenzia, non ti hanno avvertito che poteva capitare di essere scritturato da chiunque? E non ti hanno fatto firmare una liberatoria in cui ti impegnavi ad accettare qualsiasi ruolo ti fosse assegnato?”
“Sì, ma uno pensa che gli capiti uno scrittore di successo, uno che lo faccia diventare famoso… Chi cazzo va a pensare che gli capiti uno scrittore frocio, che se lo vuole portare a letto?”
“Tutt’al più, a letto ti ci porto io…”, scherzò Francesco.
“Vaffanculo! Io rinuncio, me ne vado.”, e si voltò per andarsene.
“Fa pure, se credi. Ma non ti conviene.”
Marco si voltò.
“Perché non mi conviene?” fece con rabbia.
“Perché bisogna leggere con attenzione i contratti: in fondo a qualche pagina c’è sempre una clausoletta che ti frega.”
“E sarebbe?”
“Sarebbe che se rinunci ad una scrittura, ottieni una nota di demerito e rischi di essere licenziato dall’Agenzia, il che significa che questo lavoro te lo scordi, perché nessun’altra sarà disposta ad iscriverti.”
Marco rimase lì a testa bassa, mordendosi il labbro in preda all’incertezza.
“Ascolta, Marco, - gli disse Francesco conciliante – in fondo non è così male: potresti vivere una piacevole avventura… E poi non sei tu che ti sputtani, che ti giochi la reputazione: è il personaggio che l’Autore ti fa interpretare. Noi siamo come gli attori di un film: se uno interpreta un personaggio gay, mica è frocio davvero!”
“Sì, ma quelli fanno solo finta, a noi il culo ce lo fanno per davvero!”
“Al personaggio, non a te.”
Per quanto fosse poco convinto, Marco tornò indietro.
“Dici bene tu … - mugugnò con aria cupa – e magari frocio lo sei davvero.”
Francesco cominciava ad essere un po’ seccato da quell’atteggiamento, tuttavia si impose di calmarsi: era inutile rovinare l’atmosfera, prima ancora di iniziare. E poi l’idea di lavorare con quel tipo cominciava ad attizzarlo non poco.
“Ascolta, Marco, - disse, cercando di essere pacato – hai ragione, frocio lo sono davvero, e finora ho avuto la fortuna di interpretare solo personaggi gay…”
“Già, e se ti chiamassero per fare un etero scopa femmine?”, lo interruppe ironico l’altro.
“Probabilmente, protesterei come te, ma alla fine mi rassegnerei a fare quello che vuole l’Autore: è lui che comanda.”
“Lo vedi?”
“Non ho mai detto che hai torto, amico mio: dico solo che dal momento in cui siamo scritturati, noi apparteniamo all’Autore e lui ha il diritto di farci fare quello che vuole.”
“E ti sembra giusto?”
“Giusto o no, noi viviamo solo per dare corpo alle sue fantasie. Ad ogni modo, non preoccuparti: poteva capitarti peggio. Hai idea cosa sarebbe significato finire in un romanzo di Stephen King? Senti, io conosco questo Autore, ho già lavorato diverse volte con lui e posso assicurarti che è una persona a posto. Anche se ti farà fare delle cose contrarie… al tuo modo di… di concepire il sesso, diciamo, lo farà sempre in modo che alla fine tu ne uscirai soddisfatto. Sarai contento, vedrai.”
“Sarà… - fece Marco, poco convinto – Pensi che ci farà scopare insieme, tu e io?”
“Me lo auguro… - esclamò d’impulso Francesco - sei un bel manzo, sai?”
Marco diventò rosso in volto.
“Smettila!”, fece imbarazzato.
Restarono a rimuginare in silenzio per un po’.
“Il maschio lo faccio io, però!”, sbottò Marco d’un tratto.
“Non chiederei di meglio, - rispose Francesco – considerando quel biscotto che devi portarti nelle mutande… Ma non dipende da me, purtroppo…”
“Ci parlo io con l’Autore… - fece Marco con scherzoso tono insinuante – magari il biscotto lo do pure a lui…”
“Mi fa piacere che ti sei calmato”, disse Francesco, allungando la mano a carezzargli il malloppo.
“Ehi, sta calmo!”, protestò l’altro, tirandosi indietro.
Francesco fece spallucce.
“Tanto prima o dopo dovrai tirarlo fuori, - disse con un lampo di cupidigia nello sguardo – e spero proprio di essere io a papparmelo.”
“Ti piacerebbe!...”
In quel momento, il trillo di un telefonino li distolse dal loro battibecco. Francesco lo tirò fuori dalla tasca e rispose.
“Pronto?” e ascoltò le poche parole del messaggio
Annuì.
“E’ ora di andare. - disse – Si comincia.” e si avviò sotto il sole canicolare assieme al compagno.

(continua)
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