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Il Gioco del Dottore: Fantasie in Riviera


di Membro VIP di Annunci69.it giorgal73
21.04.2025    |    6.529    |    1 9.6
"“Forse dovresti restare sotto osservazione per un po’..."
Mi chiamo Luisa, e sono sposata con Alberto da ventinove anni. Abbiamo una figlia ventenne, Veronica. Sono bionda, con capelli lunghi e lisci, magra ma con forme che attirano l’attenzione, e ho un carattere solare. Quattro anni fa, io e Alberto abbiamo iniziato a esplorare il mondo dello scambismo, spinti dalla curiosità.

Quell’estate, affittammo un monolocale a Cogoleto, in provincia di Genova, per il mese di luglio. In spiaggia incontrammo Mario, un medico in pensione sulla sessantina, alto, brizzolato e con un sorriso gentile. Veniva dalla provincia di Alessandria ed era in vacanza da solo. Dopo qualche chiacchiera sotto l’ombrellone, diventammo amici.

Una sera, Mario ci invitò al suo monolocale. Veronica era uscita con le amiche, così io e Alberto accettammo. Il suo appartamento era piccolo ma accogliente, con un balconcino sul mare.

Mario ci accolse con una bottiglia di prosecco, e in poco tempo l'atmosfera divenne leggera e rilassata. Parlammo per ore, tra risate e confidenze. Era un uomo di spirito, Mario, capace di raccontare storie con la vivacità di un ragazzino. Raccontò della sua vita, delle sue passioni, dei suoi viaggi a Cuba dove, diceva, il tempo sembrava sospendersi. Ci sentivamo a nostro agio con lui, come se lo conoscessimo da sempre.

“Avete mai visto il sole sorgere sul mare? “ ci chiese a un certo punto. Erano passate ormai le due di notte.

”Non in Liguria“ risposi, divertita dall’idea.

Alberto mi prese la mano. Un gesto che faceva raramente di quei tempi.

“Restate qui stanotte” propose Mario. “Sarebbe bello viverci insieme quest’alba.”

Ci guardammo negli occhi, intuitivamente certi che condividessimo lo stesso pensiero. La stanza era avvolta nel profumo delle onde e del vino, e sotto quella luce soffusa anche il mondo sembrava chiamarci verso qualcosa di nuovo.

Dopo un po’ di conversazione leggera, Mario propose con un sorriso malizioso: “Anche se sono in pensione, ogni tanto faccio visite a domicilio. Che ne dite se controllo Luisa? Solo per gioco.”

Guardai Alberto, che annuì con un sorriso: “Va bene, potrebbe essere divertente.”

Mario prese una borsa medica e mi chiese di sdraiarmi sul divano.

“Hai qualche sintomo?” chiese, con un tono professionale ma provocatorio.

“Solo un po’ di malessere,” risposi, entrando nel gioco.

Mario mi guardò con occhi lucidi e si sedette accanto a me. Mi fece stendere sul divano, il volto serio ma gli angoli della bocca in movimento, facendo intuire il gioco.

“Dovrei controllare il polso,” disse, sollevandomi delicatamente un braccio e posando due dita sopra il mio polso.

“Lo senti come corre?” chiesi ridendo.

“In effetti,” rispose. “Direi che è accelerato.”

Alberto si avvicinò con un bicchiere di prosecco ancora pieno e si sedette di fronte a noi. Lo spazio intorno a noi sembrava restringersi in un’alcova intima e sicura.

“Non vorrei disturbarti mentre lavori,” disse Alberto. “Però ti devo avvertire che la mia mogliettina è una paziente difficile.”

Mario sorrise senza interrompere il piccolo rituale. Mi guardò dritto negli occhi, senza pudore né fretta. “Forse dovresti restare sotto osservazione per un po’.”

Spalancò la borsa medica e tirò fuori uno stetoscopio. L’avvicinò al mio petto e in quel momento sentii l’atmosfera cambiare. Il fruscio delle onde sembrava avvolgere ogni rumore, come se tutti i suoni del mondo fossero gradazioni di silenzio.

“Mmm,” disse Mario, fingendo concentrazione mentre poggiava lo strumento sul mio corpo. “Ci sono segni di miglioramento. Forse il trattamento sta funzionando.” Il Freddo stetoscopio, sul mio seno causò l’immediato rigonfiamento dei capezzoli. Il freddo metallo, percorse una strada che non era solo clinica. Alberto mi guardava ora con occhi diversi, quasi sorpresi. Stava accadendo qualcosa che andava oltre la nostra immaginazione iniziale e che risvegliava ogni nervo assopito.
Mario avvicinò la bocca al capezzolo destro.

“Provo con un metodo alternativo,” disse, e lo prese tra le labbra. Chiusi gli occhi per un momento; sentii il senso di libertà espandersi nelle sue mani leggere, quasi un’onda calda sotto pelle.

“Come va?” chiese Alberto in tono scherzoso, ma sapevo che anche lui stava sperimentando qualcosa di nuovo.

“Molto meglio,” dissi piano, rifiatando mentre Mario continuava il suo trattamento non convenzionale sulla mia pelle. Sentivo la stoffa del divano sotto il corpo perdere consistenza; sembrava di galleggiare in una dimensione parallela.

Da giovane, avevo sempre pensato al futuro come una proiezione chiara, dove tutto era pianificato e i sentimenti erano perfettamente ordinati nei confini delle aspettative comuni. Poi la vita mi aveva insegnato che ci sono cose che sfumano i contorni di ogni previsione, e quella notte rappresentava l’essenza stessa di quei momenti imprevedibili.
Mario si spostò sul collo e subito dopo tornò a fissarmi negli occhi, un mare tranquillo di implicazioni.

“Dovremmo fare una foto ricordo.”

Tirai su la testa sorpresa, con il respiro ancora irregolare.
Mario allungò un braccio verso un tavolino basso accanto al divano e afferrò una vecchia Polaroid, il tipo che sparisce in una nuvola verde per poi riapparire dopo minuti di attesa sospesa.
Scattò una foto e l’ambiente fu attraversato da un lampo di luce. L’istantanea fuoriesce dalla macchina lasciando una scia vellutata nell’aria. Alberto la prese con mani insolitamente trepidanti e la posò sul tavolo a sviluppare. Gli occhi ci brillavano in modo diverso ora, come se oltre alla leggerezza del caso avessimo scoperto una nuova specie di vicinanza.
Mario si rivolse a mio marito chiedendogli se poteva osare di più e ovviamente il porco gli diede carta bianca.

Appoggiò lo stetoscopio direttamente sui capezzoli e usò il filo per tenerli in tensione mentre con la bocca si occupava della parte più profonda tra le cosce. Quando infilò una mano sotto il tanga, tutto si confuse. Una sfumatura. Un fremito. Alberto sorrideva ormai disarmato e incredulo, il suo sguardo imbevuto di desiderio pieno e aperto, quasi ingenuo.
Mi spogliarono lentamente senza mai smettere di guardarmi negli occhi, eccitati come ragazzini che scoprono il corpo nudo per la prima volta. I vestiti che scivolavano sul pavimento erano barriere in meno, il divano sembrava sciogliersi in una spiaggia infinita di opportunità.
Mi sdraiarono e ciascuno prese a esplorare su percorsi incrociati le forme che nessun altro aveva mai toccato insieme prima d’ora. Semi-svestito nel furto dell’intimità reciproca, Mario assaporava ogni lembo di pelle mentre Alberto si destreggiava tra l’osservare e partecipare, con una smania appassionata e nuova.
Sentivo ogni confine dissolversi intorno a me, un fuoco liquido e quieto alimentato da due fiati caldi sul corpo. Le mani giocavano a rincorrersi e io persa nel loro incontrarsi mi accorsi che l’alba già ammorbidiva i contorni del mare. Mario si abbassò, apri le mie gambe e tuffò la sua lingua tra le dolci e gonfie labbra della mia figa.

Mi morsi un labbro e mi lasciai andare a un mugolio soffocato, una piega inaspettata e dolcissima di sensazioni che esplodevano nel corpo. Mario sembrava assaggiarmi con la cura di chi sa rendere eterno ogni attimo, mentre Alberto mi teneva ferma, più mio di quanto non fosse mai stato. Era come essere improvvisamente trasparenti, il desiderio ci attraversava in tutta la sua purezza e violenza.

La bocca calda di Mario amplificava l’intensità, con movimenti precisi ma imprevedibili che accendevano ogni fibra della mia pazienza. Alberto si portò sopra di me facendomi sentire il suo peso leggero, come una promessa sospesa. Mi baciò mentre Mario mi faceva vibrare sotto. Sentivo il mio cuore esplodere allo stesso ritmo delle onde sugli scogli.
Quando la lingua lenta e sapiente del mio amante anziano divenne insostenibile, lo attirai su di me con le gambe senza interrompere l’abbraccio incandescente di Alberto.

“Non so se sopravviverò” dissi in un rantolo estatico.

Mario rise piano, un suono profondo colmo di meraviglia. “Proviamo a vedere” disse spingendo dentro di me il suo cazzo turgido e caldo. L’urlo mi rimase incastrato in gola mentre Alberto mi stringeva forte, colpendomi più svelto col bacino e scolpendo una voglia che non riusciva a contenere. Il panorama della notte si riempì di un turbine di fremiti e sospiri, in un crescendo di ritmi che non seguivano più nessuno spartito se non quello del respiro intrecciato.

Eravamo lontanissimi da tutto il resto del mondo, nel varco segreto e spregiudicato del presente assoluto. Mario rallentava e accelerava con maestria, tracce di piacere lungo mille traiettorie impalpabili. Le mie gambe lo avvolgevano in una triplice stretta; il corpo non era mai stato così mio e loro allo stesso tempo.
Alberto sembrava un uomo che scopre una dimensione ignota dietro la porta di casa, l’incredulità liquida dei suoi baci mi portava fino al confine. Sapevo che ogni barriera era ormai sciolta quando iniziai a tremare incontrollabile sotto quei due amanti che mi stringevano come nulla mai prima. I baci si interruppero, ma pochi istanti dopo, la mia bocca incontrò il cazzo di mio marito.
Lo presi tra le labbra mentre l’ondata che sentivo crescere mi afferrò finalmente, trascinandoci tutti e tre alla deriva di un piacere che non chiedeva più permesso. Il caos di quella notte riempiva le nostre grida, limpido e acuto come un lampo in cielo. Il sapore era diverso, più esotico. La cappella gonfia sembrava esplodere. I due uomini si sincronizzarono perfettamente, entravano ed uscivano dal mio corpo come se fossero i pistoni di un motore.

Mentre sentivo la loro voracità caricarmi di energia, Alberto si inarcò con un gemito. La sua sborra mi inondò la bocca e Mario riempì la mia figa con un impeto furioso e ridondante. Il nostro disordine si fondeva in rivoli disegnati sul seno, sul ventre, sulle lenzuola che sembravano già sospinte dalla prima luce. Rimanemmo fermi, ansimanti, stupiti da quell’uragano improvviso di audacia.
Fu il tempo a riprendere lentamente forma attorno a noi, come l’istantanea rimasta sul tavolino. I volti che emergevano nell’inquadratura erano sfocati e freschi, un insolito e imprevisto autoritratto di famiglia. Nessuno di noi disse nulla per un istante lunghissimo; ci bastavano gli occhi e il fremito placato dei corpi.
Alla fine fu Alberto a rompere il silenzio con una risata incredula e giovane, quasi non fosse più lo stesso uomo della sera prima.

“La mia mogliettina è ancora viva,” esclamò tra il serio e il faceto.

Mario mi sfiorò con la mano, i suoi polpastrelli appena tremanti. “Ma dovremmo tenerla sotto osservazione.”

Annuii complice, soddisfatta del pericolo apparente e del naufragio desiderato. “Credo proprio di sì.”

Le loro bocche tornarono sui miei capezzoli. Sentii un fremito inedito. Stordita, divertita e insieme affamata, abbracciai il senso di immediatezza che stava nascendo sotto le loro mani. Avevamo detto a Veronica che saremmo rimasti fuori, e il pensiero della sua innocenza mi attraversò per un istante come una corrente elettrica. Le lingue calde mi massaggiarono i seni e 2 coppie di dita profanarono la mia intimità ancora devastata del precedente orgasmo.

In pochi secondi, il mio corpo si trovò immerso in un contorno di piacere sospinto da quelle mani voraci e irriverenti. I colpi riempirono ogni pausa, i movimenti seguivano una coreografia spontanea e incalzante. Le dita dentro di me, inarcate mi fecero impazzire. Giocavano, perforavano e perlustravano ogni centimetro voglioso e bagnato dell' universo che si trovava tra le me gambe. Sentii un grido pieno affiorare dalla bocca e colmare la stanza fino a dissiparsi sulla linea sbiadita dell’alba. Le gambe si stringevano, si aprivano e tremavano. Come se avessero vita propria, staccate dal mio cervello, anelavano ogni tipo di attenzione e concedevano ai miei amanti tutto quello che potevano offrire: ovvero la mia calda e bagnata figa.
Ad ogni entrata, il mio nettare schizzava ovunque. Con gli occhi socchiusi mi accorgevo di ogni singola goccia che colpiva i volti dei miei profanatori. Il loro sguardo perso nella lussuria mi accese come una miccia. Un fuoco improvviso si accese. Mario alzò lo sguardo su di me .

“Piccola vieni nella mia bocca, devo assaggiarti per capire se la cura sta avendo effetto.”

Mi morsi un labbro con la furia che saliva. "Sì, sì, sì."
Gli afferrai la testa e premetti con forza sul mio sesso febbricitante. Lui mi divorò come si divora il frutto proibito, assaporando ogni stilla di quel piacere sfrenato che in breve percosse il mio corpo fino a trascinarmi oltre ogni confine. Le forme della vita come le avevo conosciute tremavano in un caos anarchico; mi lasciai sommergere da quella tempesta ripetuta con un grido, e il mondo intero scomparve aldilà dell’oblio dolcissimo e carnale.

Mario bevve tutta la mia essenza, ma non contento chiese a mio marito di terminare la sua opera. Così mi ritrovai con altre labbra avide sulla mia carne ancora invasa da spasmi incontrollabili. Era un desiderio senza fondo che si rigenerava con furia primordiale, come se la fame altrui moltiplicasse la mia. Vibrante e avvolta da tutte le loro traiettorie impazzite, non potevo che contorcermi ed arrendermi. Sembrava non ci fosse più alcun limite al godimento, e il piacere deflagrò una volta ancora con la violenza del primo lampo in cielo.

“Allora dottore, pensa che mia moglie sia guarita e possa assistere all’alba insieme a noi?”

“Credo proprio di sì. Ma forse dovrei ricontrollare che i sintomi non si ripresentino.”

Mario rise piano, la voce colma di desiderio. I suoi occhi brillavano alla nuova luce come due piccole fiamme persistenti. Ero ancora avvolta in quei respiri, con il corpo stordito e vivo, e per un momento ebbi la sensazione che l’urgenza non ci avrebbe mai lasciati davvero.

Mi abbandonai a loro altre due volte prima che le prime ombre dei bagnanti si allungassero sulla sabbia e cogliessero il riflesso lontano del nostro piccolo angolo ritrovato. Rimanemmo poi distesi sul balcone, con la brezza del mare a dissipare voglie e sudore. Completamente nudi e con le mani che accarezzavano ogni centimetro del mio corpo. La linea dell’orizzonte era la cornice perfetta per quell’istantanea carnale che crescevamo dentro e attorno a noi.
Non parlavamo. Non ce n’era bisogno. Tre sigarette passavano di mano in mano mentre l’indolenza morbida del giorno rischiarava anche il turchese salino delle aspettative sommerse.

Alberto chiuse gli occhi e con un sorriso languido si addormentò su una sdraio, come se il suo stesso corpo fosse diventato un prolungamento sereno del mondo. Io rimasi tra le braccia di Mario, senza alzare altri confini attorno alla mia pelle nuda, provando una confidenza imprevista nel sentir battere un altro polso così vicino alla mia carne.

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Un 'altra coppia mi ha contattato, dopo aver letto il racconto precedente basato sul gioco del dottore. Mi ha confessato che loro, in passato hanno fatto un gioco simile, ma con un dottore vero. Io incuriosito gli ho chiesto tutti i dettagli, che minuziosamente mi hanno trasferito. Lentamente la trama del film ha preso vita nella mia testolina perversa e ho iniziato a scrivere. Mi è sembrato carino dare voce al Luisa, la protagonista dell' avventura e ho cercato, con ovvia difficoltà, a immedesimarmi nella sua anima. Purtroppo, essendo un uomo , non posso comprendere a pieno le sensazioni, i desideri e le voglie di una donna, ma le posso immaginare.
I miei amici: coppiamareGe, saranno felici di ricevere commenti sulla loro avventura, da quello che mi hanno raccontato è una storia vera , quindi ancora più erotica ed intrigante.


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Eccoci qua: tocca a voi decidere se sono un genio incompreso o solo un tizio che si illude di saper scrivere. Dai, un votino non me lo potete negare, non siate tirchi! E se vi va, buttate lì un commento: anche uno di quelli che strappa una risata, che male non fa.

Scrivo queste storie perché mi piace farvi viaggiare con la fantasia, ma, lo ammetto, anche per mettermi un po’ in vetrina. Sono tipo un venditore di sogni proibiti, di quelli che piazzano la bancarella all’angolo della strada. E sì, ho un debole per le donne, non lo nego, ma non ho un “tipo” fisso. Mi piace variare, sperimentare, buttarmi nel caos delle possibilità.

Se vi va di entrare nel mio club di fan (o meglio, di complici), fatevi avanti. Chissà, magari insieme possiamo inventare , o vivere, ancora meglio, una storia ancora più folle. Io sono un maestro della pubblicità subliminale, mi vendo tra le righe, ma il modo migliore per capirmi è conoscermi di persona. Poi si vedrà dove ci porta la corrente!

Potete contattarmi qui su A69 o su Te. le. gr. am, stesso nick: giorgal73. Proposte, idee, commenti, o magari un invito a una serata o un club per scrivere insieme il prossimo capitolo: sono tutto orecchi.

P.S.: se preferite la vecchia cara email, parte con giorgal73, poi la chiocciolina, e chiude con gmail.com. Facile, no?


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