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Prime Esperienze

La tua Elena Tentatrice -1- L'attesa


di Membro VIP di Annunci69.it giorgal73
22.01.2024    |    16.444    |    0 5.6
"Mille domande tutte concentrate sulla voglia di essere quasi impercettibilmente provocante con te, senza lasciarti neanche una piccola via di fuga..."
Quello che state per leggere è un racconto di fantasia o quasi; quindi, diverso rispetto a quelli che vi ho abituato a leggere. Confessioni, pensieri e desideri della mia compagna di allora e di oggi.
Questo racconto lo pubblicai nel 2012 con lo pseudonimo Mary J. Il libro, come ogni opera auto pubblicata venne praticamente letto da amici e conoscenti, che comunque lo apprezzarono; tuttavia, la mia carriera da scrittore lasciò libera strada ad un altro lavoro.
La cosa più difficile per un uomo è immedesimarsi in una donna, nei suoi desideri e nei suoi pensieri, nel suo modo di essere femmina. In quegli anni WhatsApp non era ancora molto diffuso e usato, pertanto gli Sms erano il miglior modo di comunicare e secondo me anche il quello più sensuale.
Mi piacerebbe ricevere dei commenti femminili sul racconto per capire se sono riuscito a trasformare bene le emozioni della mia compagna in righe, per lei sono stato "Bravissimo".

********

Ti preferivo così, lontano dalle esigenze quotidiane, staccato dal tuo mondo per catapultarti in quello che io creavo per te. In quello strano mondo, io scherzavo sulla nostra differenza di età. Mi dicevo più vecchia di te, attendendo sempre che tu piacevolmente mi smentissi.
Ti dicevo che presto o tardi mi avresti abbandonata al mio destino, correndo dietro alla bella di turno ben più giovane, con un sederino più sodo del mio e con il seno più alto, acerbo ma fresco e inesperto, a tal punto da suscitarti nuove voglie.
La sola idea che qualcuno potesse portarti via da me mi portava alla follia.
Folle e in preda alla più sconcertante ricerca di un modo per tenerti legato. Escogitavo stranezze, spensierati angoli di noi da ricreare per il nostro diletto, il nostro ebbro piacere che mai si perdeva nella banalità, nelle abitudini che ognuno di noi pure aveva.
Mi piaceva immaginarti come il mio Paride, mentre io, la tua Elena tentatrice, sempre pronta a soddisfare il mio desiderio che si fondeva e univa al tuo.

Vivevo come in una dolce attesa le nostre serate insieme, come se di sera la voglia di te si amplificasse, nonostante la fatica e la pesantezza dei giorni che seguivano i giorni. Paradossalmente era proprio a causa di quella fatica che la voglia aumentava, come se nel nostro ricongiungerci fosse depositato il segreto per recuperare ogni energia.
Come se i nostri giochi alimentassero il nostro respiro.

Non mi piaceva telefonarti spesso, pertanto erano gli sms a creare quel lento e repentino contatto con te durante la giornata. La tua voce al telefono era una scarica elettrica quando riuscivamo a sentirci. Sensuale, mai banale, avvolgente come le forti braccia che nei nostri incontri mi bloccavano fra la parete ed il corpo solido e fermo cui appartenevano. Quella voce riportava, subitanee alla mia mente, le immagini di noi due immersi nel nostro corroborante piacere.

“Sono sotto la doccia. Mancano solo le tue mani a mescolarsi con l'acqua, dentro e fuori del mio corpo”

oppure, durante il trascorrere della giornata, immaginandoti stanco fisicamente, mi piaceva poterti stuzzicare a distanza, magari sbagliando momento, a volte temendo che tu potessi sbuffare o che io potessi annoiarti con il mio volerti star sempre vicino. Presa dal desiderio di te, in quei momenti ne mandavo un altro:

“Ho voglia di esser là con te, mentre non sei solo. Raggiungerti a lavoro, cambiarmi, indossare quel vestito un po' troppo aderente e osservare il tuo sguardo su di me mentre magari lavoriamo insieme”.

Fantasticavamo spesso in proposito, sarebbe stato impossibile lavorare insieme. Avremmo litigato continuamente, le nostre idee erano agli antipodi, tu troppo sicuro di te, la tua indole non ti permetteva di ascoltare facilmente pareri e consigli. Il tuo ruolo non ti concedeva un tale approccio con chi lavorava con te. Io, invece, le mie pedanti riflessioni, quel mio cercare sempre e comunque una mediazione in ogni problema, mal ti si adattava. Ma quegli apparenti scontri fra noi erano la maschera dietro cui la nostra voglia trovava conforto durante le ore lontane.
Una giustificazione in attesa di poter trovare un po' di pace, il corpo dell'una nella forza dell'altro. Così la tua risposta a quell'sms non dovetti attenderla troppo:

“Non lo indosseresti a lungo, quel vestito. Per quanta gente intorno possa esserci”.

Era il nostro gioco. Eravamo così lontani ed immersi nella nostra quotidianità da rimanere stravolti e spossati quasi come dopo l'amore, quando ci accorgevamo di quanto poco servisse per accendere fra noi ciò che banalmente viene chiamato ‘fuoco’.

Quel mattino, quello strano sms, inizialmente non avevo neppure avuto davvero intenzione di inviartelo. Troppo strano anche per noi, per le nostre abitudini quasi malsane.

“Stasera, raggiungimi a casa mia, dirigiti in camera da letto”. Dieci minuti, quindici. E poi ancora venti. Nessun sms di risposta.

Avrei potuto mandartene un ulteriore, cercare di capire se avessi ricevuto il primo e se avessi capito. Ma avrei perduto l'effetto sperato. Lasciarti con la mia voglia addosso già dal mattino, fino a che a sera non ci fossimo visti.
Avrei resistito.
Dovevo resistere e non cercarti durante tutto il giorno, a meno che non fossi tu a desiderarlo. Ed io ti avrei appena risposto, un accenno di risposta, se tu per primo avessi ceduto. Tuttavia, per tutto il giorno, tu non avevi ceduto.
Non capivo.
Per tutto il giorno non ti eri fatto sentire …

Mi preparavo a quella serata un po' anomala insieme a te, e non ero neppure del tutto certa mi avresti raggiunto. Con calma avevo bagnato la mia pelle in un lungo e delizioso bagno, durante il quale mi ero lasciata prendere dall'immaginazione, creando immagini delle tue mani intorno al mio corpo bagnato.
Avevo mescolato profumi fragranti in quell'acqua finché la mia pelle non ne aveva assorbito una buona quantità... Avrei voluto che quel profumo, il mio profumo, ti portasse da me quella sera. Ma era ora, dovevo uscire dalla vasca e iniziare a prepararmi, per non rischiare di fare troppo tardi.
Un attimo ancora, mi stavo concedendo un attimo chiudendo gli occhi e cercando di immaginare cosa stessi facendo, tu cosa stessi pensando e da quante, mille cose eri preso prima di poterti concentrare su di me.
Ero gelosa, gelosa persino delle tue attività quotidiane, consapevole di quanto fossi sciocca, pur non riuscendo a rimanere razionale, temendo potessero rubarti a me, avendone paura.

Avrebbero potuto distrarti, allontanare la tua mente da me, dal tuo desiderio di me. Il mio corpo ormai asciutto aveva un odore particolare : la mescolanza della mia voglia di te, lo sprigionarsi di quell'inconfondibile odore del puro desiderio, unito al profumo del cedro e della mirra del mio bagnoschiuma, nel quale mi ero concessa una immersione ben più lunga del dovuto. Il risultato, ora, sembrava irreale.
Non avrei potuto affermare con certezza ti sarebbe piaciuto ma di sicuro, in quelle stanze impregnate di me non avresti potuto non notarlo. E ti avrebbe condotto a me. Lasciavo nudo il mio corpo mentre il suo riflesso nello specchio mi trasmetteva quell'odio e amore nei confronti del mio stesso essere. Una smorfia sulle mie labbra.
Troppo grassa, fianchi troppo larghi, seno troppo prosperoso, sedere troppo ...

Tutto in me era troppo. Come la mia voglia di te. Troppa. Se avessi immerso anche solo il mio dito mignolo nella mia voglia di te, ora, non avrei potuto fermarmi : sarebbe affogato, risucchiato senza sapermi fermare. Ma non volevo. Era troppo, ancora troppo presto senza di te. Ti avrei voluto là ora, con me, a guardarmi, mentre mi odiavo sapendo come fosse l'unica parte di me, quella sera, con cui avrei potuto tentarti, legarti a me, avvinghiarti lasciandoti senza fiato e con l'impressione che io fossi tutto il tuo mondo.

Aprendo il cassetto continuavo a domandarmi, senza decidermi, quale fosse la cosa giusta da indossare, per te quella sera. Mille domande tutte concentrate sulla voglia di essere quasi impercettibilmente provocante con te, senza lasciarti neanche una piccola via di fuga.
Dandoti l'impressione che fossi tu a volermi e che io non c'entrassi nulla con l'averti stuzzicato. Ecco, stuzzicarti, avevo questo in mente mentre mi immaginavo fasciata in qualcosa di languidamente seducente, senza scampo. Avevo scelto quel bustino con cura, tempo prima. Di un colore avorio che non rientrava fra le mie normali preferenze di seduzione, richiamava alla mente una dolcezza, quasi pacatezza che non mi si addiceva.
Non mi conoscevi così.
Con te avevo sempre osato. Anche se osare non ha senso per chi si dona all’altro senza limiti. Invece, quella sera, parevo compiere con te un passo indietro, sembravo darti la me stessa che non conoscevi abbastanza, quell’essenza quasi virginale che non mi apparteneva più, almeno in apparenza ma che nella pratica spesso mi ritrovavo ad ammettere di possedere ancora, a tratti.

Quell’ indumento mi costringeva appena i fianchi, risaliva lungo il mio busto a fasciare i seni già eccitati e pieni al pensiero di averti. I molti laccetti sulla schiena, legati con tanta pazienza prima del tuo arrivo, mi lasciavano pregustare l’attimo in cui saresti stato tu a slacciarli, uno per volta.
Con un accenno di sorriso mi piaceva meditare su come lo avresti fatto : con impaziente desiderio o con una calcolata lentezza che avrebbe estenuantemente esasperato il tutto.
Indovinavo il tocco dei tuoi polpastrelli sulla pelle sensibile nel momento dell’eccitazione, fino a sentirmi abbandonata a quell’attacco cui non volevo sottrarmi.
Respiravo, un respiro, e poi ancora un altro. Respiri affannosi mentre già ti desideravo e ancora non ti avevo per me. E poi il perizoma, piccolo, appena decente a coprirmi la pelle glabra dove a forza evitavo di immaginare le tue labbra, i tuoi baci, solo per potermi mantenere lucida al tuo arrivo e non renderti troppo evidente una voglia mal celata. E le calze. Un paio di autoreggenti color panna, ricamate con balza bassa.
Si fermavano poco sopra le ginocchia e guardandomi nello specchio mi sembravo sempre più diversa, fuori posto, forse.

Una donna ragazzina nel tentativo di sedurti e non la donna seduttrice che più di una volta ti aveva tentato con successo. Non riuscivo ad immaginare cosa avresti potuto pensare. Completavano l’immagine un paio di scarpe in tinta con tacco altissimo.
Ecco cosa sembravo, una sposa anomala. Una sposa nel giorno del suo non-matrimonio.
L’idea mi piaceva.
Mi stuzzicava.
Mi sentivo come una sposa eccitata all’idea della sua prima notte d’amore. I capelli lasciati correre liberi lungo le spalle nude e sul davanti appena a coprire ciò che il bustino accarezzava con forza ed il trucco delicato, appena evidente, finalmente mi fecero sentire quasi pronta ad accoglierti. I tuoi passi, il tuo respiro, potevo sentirli mentre ti incamminavi lungo il corridoio dirigendoti esattamente dove io ti avevo chiesto. Avevi voluto torturarmi, nel non rispondermi per tutto il giorno. Quel gioco con cui avevo voluto mantenere vivo il mio desiderio in te per tutto il giorno era diventato la mia lenta tortura.
Non avevo fatto altro che pensarti, continuamente.
Fino a quel momento.
Indossavo una veste da camera appena un po’ scollata, a coprire quanto ti avevo riservato, e sedevo sul bordo del letto attendendo che tu entrassi in camera. E far iniziare quello spettacolo, organizzato solo per te, per la tua vista.
La stanza cominciava a riempirsi della tua presenza. Colmavi sempre i miei pensieri anche quando non c’eri. Ma il tuo essere là ora dava senso a tutto.

“Ben arrivato, boss.”. Avevi l’aspetto stanco ma eri troppo bello per lasciarti andare anche solo a fare una doccia, in quel momento. C’era tempo. Avrei provveduto a farti riposare ma dopo. Il tuo gessato grigio ti rendeva anche più eccitante, se possibile.

Continua.....
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