Racconti Erotici > trans > LA PUTTANA DELLE MONTAGNE - Nel recinto
trans

LA PUTTANA DELLE MONTAGNE - Nel recinto


di Strapps
24.02.2025    |    14    |    0 6.0
"Avrei voluto darle un calcio a quella stronza, ma ero troppo contento dello scampato pericolo..."
(dalla serie La Puttana delle Montagne. Sugar la pappona transex e la sua ex-puttana fanno un viaggio dal Territorio Transex a Lesboland sul camper, durante il tragitto avranno una serie di piccole avventure)

Dopo il soggiorno al motel di Larissa appena fuori DonnaBestCity riprendemmo il camper e ci dirigemmo ad est nella piatta campagna di Lesboland. Sugar guidava ed io ero sdraiato al suo fianco, alternando la mia mano calda sul suo grosso pacco sotto la tunica, con l’altra tenevo il thermos col caffè bollente. Riscaldavo il suo scroto con la mano calda e gli tenevo compagnia, quando voleva parlare parlavo, quando voleva bere il caffè lo versavo nel tappo che fungeva anche da bicchiere del thermos, quando voleva un massaggio alle spalle lo facevo. Fuori dal camper scorreva un paesaggio anonimo fatto di campi e granai, case basse e piccoli borghi color rosa. Il traffico era molto modesto, qualche auto piccola, qualche roulotte, pattuglie di polizia e camion scoperti: dietro chiusi in pesanti grate di ferro erano ammassati in piedi uomini-servi delle donne di Lesboland trasportati da una parte all’altra del territorio. Erano brutti e sporchi, alcuni erano legati fra loro, altri erano legati alle grate di ferro. Ne superammo almeno quattro durante il viaggio. Era bello e romantico viaggiare a quel modo: sdraiato accanto alla mia mogliettina, una mano sul pacco, la testa appoggiata al suo grosso seno nero, sentivo il suo odore di transex, di pelle e di sudore. Ogni tanto mi dava qualche sculaccione o mi colpiva le gambe per alleviare la monotonia della guida e per ricordarmi che Lei era la boss. Ci fermammo in una piazzola attrezzata per il pranzo. Eravamo da soli, ma presto arrivarono due roulotte, a bordo coppie di donne, quando videro che noi eravamo un uomo e una transex si fermarono dalla parte opposta. Stavo pulendo il camper come mi aveva ordinato Sugar e intanto avevo messo a scaldare la carne in scatola con le patate dolci e la curcuma. La mia pappa era seduta su una poltroncina fuori con i piedi infilati in una bacinella di acqua fresca. Ad un tratto arrivò una pattuglia della lesbopolizia. Quando la vide Sugar fece un fischio e mi ordinò di prendere il collare e la catena. Lo feci e la raggiunsi, lei mi legò ed io mi inginocchiai al suo fianco mentre le due lesbopoliziotte ci raggiunsero. Erano due tracagnotte con i capelli ricci e neri e i peli sul mento e ciglia foltissime. Le divise erano cascanti e poco carine: tutto il contrario delle poliziotte transex che frequentavo come troia nel bordello di Mammie o per strada nel Territorio Transex.
“Salve Agenti, bella giornata no?”
“Salve Signora, lo sa che all’aperto gli uomini devono sempre stare legati? Possono essere pericolosi…” fece una delle due, quella con più peli sul mento e gli occhi piccoli e verdi.
“Oh, non si preoccupi agente...questo non è un uomo di Lesbolend ma il mio servo e maritino, abituato ad obbedire e a stare docile in disparte, non farebbe male a nessuno, garantisco!”
“Questo è da vedere...noi non ci fidiamo degli uomini da queste parti...non importa da dove vengono...o lo tieni dentro il camper chiuso oppure fuori deve stare legato a guinzaglio!”
“Ok agenti, ecco, è legato” e mi strattonò il collo tirando la catena per mostrare che era tutto in regola.
“Così va bene. I documenti per favore”
“Eccoli…” fece Sugar mostrando i miei e i suoi. Le agenti controllarono con calma, quindi dissero che era tutto a posto.
“Ok, dove siete diretti? Questa è una zona di sosta…”
“Andiamo a Shelake, ci siamo fermati solo per il pranzo e per dare sollievo ai miei piedini…” disse Sugar agitando i piedi neri nella bacinella d’acqua. Alcuni schizzi che si alzarono raggiunsero gli stivali delle lesbopoliziotte che la guardarono infastidita.
“Va bene. Torneremo fra un paio d’ore, non vogliamo ritrovarvi qui.”
“Non ci saremo, signora agente, può scommetterci”
Le due andarono via. Io tornai a preparare il pranzo. Quando fu pronto Sugar volle consumarlo in uno dei tavoli della piazzola vicino ad una coppia di donne che pranzavano. Le servii il pasto e mi inginocchiai ai suoi piedi mentre mangiava, le donne ci guardarono con un certo disgusto specie me, anche se ero col collare e Sugar aveva infilato una mano dentro il cappio della catena. Dopo un po’ se ne andarono. Sugar si divertiva molto a vedere la reazione di quelle donne. Dopo il pranzo tornammo al camper e Sugar mi ordinò di pulirle le braccia, di farle un massaggio con l’olio prima di ripartire. Si sedette dentro e si tolse la tunica, presi a massaggiare bene le spalle e spingere con le mani nei punti che lei mi indicava, ero dietro di lei e fissavo la sua pelata lucida e sudata mentre mi concentravo nel mio compito. Lei si rilassò e apprezzò il mi lavoro, tanto che quando mi disse di fermarmi e si alzò aveva il grosso cazzone nero bello dritto. Lo guardai: “Che spettacolo di cazzo Signora!” “Ah, il tuo massaggio mi ha rilassato ed eccitato puttanella, sei diventata sempre più brava!”
“Grazie Signora, il suo benessere è il mio massimo scopo e un bravo maritino-servo deve saper rilassare la sua mogliettina…”
“Brava troietta. Adesso ripartiamo...ma prima…
Mi afferrò rapida il collo con una delle sue morse prepotenti e dominanti, mi fece girare e mi spinse contro il piccolo banco di lavoro del cucinotto. Scatolette e piatti di carta caddero per terra, mi ritrovai con la testa contro un oblò del camper con lei che stava per abusare di me dietro. Ero eccitato e non vedevo loro. Mi prese le braccia e mi bloccò le mani con una delle sue. Quindi mi ficcò due dita in bocca ordinandomi di succhiare bene. Lo feci sempre più eccitato e desideroso del suo cazzo nel culo. Poi mi ficcò le dita piene della mia saliva nel culo e lo preparò al suo affare nero bello duro e voglioso, mi divaricò bene le gambe, con la mano libera mi spinse contro l’oblo e poi sentii il suo cazzone duro farsi strada nel mio ano. Con un paio di affondi fu tutto dentro. Urlai di dolore ed estremo piacere assieme. Caldo, grosso, duro, il cazzo padronale della mia mogliettina, la mia boss, la mia pappa nel culo era il massimo. Voleva una cosa violenta, rapida e il cervello si riempì di aspetti di piacere e lussuria. Mi prese con forza, martellandomi subito il culo e spingendomi contro il mobilio del camper. Il suo cazzone nero mi scopò con rabbia, con precipitazione, forza, violenza. Bello e soddisfacente farsi abusare dalla propria pappa a quel modo: forzato, in balia dei suoi istinti, delle sue passioni, della sua forza e dominanza. Mi scopò con rabbia, con ardore, sbattendomi come una cagna nel camper, la testa mi sbatteva contro l’oblò, sentivo dolore, ma niente in confronto al piacere del grosso cazzo nel mio culo che spingeva, caldo, duro, forte. Venne quasi subito come in una violenza rapida da strada. Sentii il suo sperma caldo, abbondante riempirmi dentro, anche quello con violenza, con rabbia. Ma non era uno stupro quello, lei era la mia mogliettina, la mia boss, si prendeva quello che era suo, il mio culo, come voleva quando voleva e a me piaceva da impazzire. Quando ebbe finito di svuotare le palle dentro il mio culo, si staccò da esso, mi liberò dalla presa, io rapidamente mi inginocchiai davanti a lei e ripulii il cazzone dalle tracce di sperma e poi lei si rimise la tunica, io detti una sistemata e ripartimmo col camper in direzione di Shelake nel tardo pomeriggio.

Mentre ero disteso accanto a Sugar che guidava, la mia mano che sorreggeva il suo scroto caldo con sopra il pesante cazzone nero che solo pochi minuti prima mi aveva dato gran piacere, mi accorsi che il caffè nel thermos stava terminando e la confezione di solubile si stava esaurendo, dovevo dirlo a Lei, ma non volevo prendermi un paio di schiaffi per non aver segnalato la cosa per tempo e soprattutto volevo ancora godermi quel senso di rilassatezza e appagamento di quel momento: i nervi rilassati per la scopata violenta e soddisfacente di poco prima, il corpo caldo della mia ex-pappa accanto, il suo profumo di transex e il piacere del contatto della mia mano sul cazzo padronale la sotto. Così cercai un po’ di musica nuova sulla radio, di quel funky che piaceva tanto a Sugar, ma in Lesboland abbondavano tutte quelle musiche che passavano dal mieloso al super-ballabile, roba che appena ne ascoltavi una ne avevi ascoltate 100. Provai anche a mettere su qualche conversazione, ma Sugar non era vogliosa di troppe parole, si parlava solo quando andava a lei fra di noi. Dopo un’ora di cammino lei mi chiese del caffè da bere, lo servii e lei bevve tutto d’un fiato. “Si sta freddando...preparane dell’altro!” umm era giunto il momento di confessare: “Subito Sugar!” dovetti tirarmi su e andare dietro a preparare una nuova razione calda. Mentre aspettavo che l’acqua si scaldasse la buttai lì sperando che lei fosse tranquilla. “...scusa Baby...dobbiamo comprare altro caffè, la scorta sta finendo...me ne sono accorto solo adesso...mi spiace...scusami…” “Stupido! Quante volte ti ho ripetuto che il caffè non può mancare, appena si arriva a metà devi ricomprarlo, idiota!” “Scusa babe..perdonami...colpa mia...sono uno stupido...non mi sono accorto…” “Certo che è colpa tua, e di chi? Mia? Dobbiamo fermarci da qualche parte a comprarlo adesso e in questo cazzo di posto pare il deserto….sei un vero idiota!” in effetti lungo la strada a parte case rosa e basse e qualche fattoria non trovavamo niente.
Trafficai col caffè perdendo un po’ di tempo, ma poi dovetti tornare da lei per servirle il caffè, sperai non fosse troppo arrabbiata. Appena mi sedetti di nuovo accanto a lei, le baciai una spalla e ripetei più volte SCUSA SCUSA SCUSA, lei no disse niente e sperai che mi avesse perdonato, ma appena mi zittii, lei mi mollò un paio di schiaffi in pieno volto di quelli sua: pesanti, precisi, fortissimi, mi vennero le lacrime agli occhi dal dolore e dall’umiliazione. Mi ritrassi da una parte in silenzio a versare il caffè con mani tremanti. “Adesso non parli più idiota? Quante volte ti ho detto del caffè?” “Perdonami Sugar, perdonami...sono uno stupido...non ti ho avvertito...colpa mia...sono veramente...io...ecco...è…” “Basta! Silenzio!” mi allungo una sua mano e gli baciai gli anelli, così assieme alla faccia rossa per gli schiaffi mi ricordava chi comandava e chi aveva il potere.
Gli servii da bere.
“Cazzzzooooo!!” urlò mentre mi sputò il caffè caldo in faccia.
“E’ bollente scemo!! allora vuoi che ti riempia di schiaffi oggi?!”
il caffè mi colò sulla faccia, per fortuna non era bollente come sosteneva. Mi fece ripulire, mentre urlandomi male parole e tirandomi i capelli, uscì dalla strada principale per entrare nella periferia di una cittadina di Lesboland. Era un posto anonimo, simile a tanti altri che avevamo visto prima nel nostro viaggio nello Stato confinante col Territorio Transex: case ad un piano rosa, giardinetti curati e tanti fiori, scuole, stazioni della polizia con il carcere per uomini, piccoli negozi. Dopo aver fatto una piccola deviazione trovammo un mall di medie dimensioni e Sugar parcheggiò il camper. Scendemmo per entrare. “Manca altro? Idiota?”
“Forse della paprika, un paio di candele, le pesche sciroppate” dissi in fretta.
“Ah ecco, vedi che quando vuoi sei capace di ricordare cosa manca?” e mi presi un calcio nel sedere. “Scusa Sugar” ripetei ancora un paio di volte. Davanti al mall c’erano dei cartelli: LUI NON PUO’ ENTRARE!!!! e una freccia che indicava un uomo. LASCIA IL TUO SERVO NEL RECINTO e una freccia che indicava verso destra. RECINTO PER UOMINI, 1 ora gratis, dopo 5 crediti per ogni ORA.
“Cazzo baby, mi sa che non posso entrare…” “Fanculo andiamo!” e mi condusse verso il recinto per uomini. Ne avevamo visti molti altri a Lesboland ed erano inquietanti. Questo era mezzo vuoto: tre vecchi servi dai vestiti logori, la faccia brutta e sdentata poltrivano da una parte, facendo un gioco con le mani, una versione di carta-forbice-sasso che avevo visto altre volte durante il viaggio per ammazzare il tempo mentre le loro padrone facevano la spesa. Sugar aprì il cancelletto e mi spinse dentro. “Faccio in un attimo…” “Sì, Sugar fai svelta...non mi piace qui…” mi tirò uno scapaccione. “Se mi avessi avvertito prima non saremo qui!” e se ne andò. Mi spostai più lontano possibile dai tre che si erano voltati a guardarci. Il recinto non era più largo di 4 metri ma si sentiva la loro puzza. Mi appoggiai alle sbarre di ferro che erano piuttosto basse e mi misi le mani nelle tasche della felpa rosa che indossavo, portavo anche degli pantaloncini corti bianchi che mostravano le mie gambe chiare e depilatissime. I tre smisero di giocare e iniziarono a fissarmi. Io li ignoravo, sfregando le gambe sul terreno duro e privo di erba del recinto, sperando che Sugar si spicciasse, forse dovevo rimanere nel camper, non ci avevo pensato a dirlo a Sugar, troppo intimorito dall’errore del caffè. Sperai che non venissero da me, mi misi il cappuccio della felpa in testa e guardai dall’altra parte. Ma, come temevo, quelli un boccocino come, un uomo, pulito, profumato, ben vestito non lo vedevano da tempo e così si alzarono e vennero vicino a me. All’inizio provai ad ignorarli, ma era impossibile. Due grugnirono qualcosa, uno fece con una voce rotta e gutturale: “Dove sei tu?”
lo ignorai, calcandomi il cappuccio in testa, cazzo Sugar spicciati pregai.
Ancora mugugni, una risata forte.
“Ehi tu! Dovei sei tu?” ripetè quello di prima.
Feci ancora finta di niente, come se non fossero lì, ma sentivo il loro odore di uomo sporco, di piscio, di selvatico, guardai verso la vetrina del mall sperando che uscisse Sugar.
Altri grugniti, altre parole in un linguaggio stentato. Poi uno allungò una mano sulla mia coscia ridendo. “FERMO NON TOCCARMI!!” urlai. Ma quello mi sfiorò ancora e anche l’altro mi toccò la felpa, FERMI BRUTTI SELVAGGI!!! urlai più forte. Uno prese a ripetere: liscia...lisciapelle...lisciapelle con il volto deformato dalla sorpresa e allungando le mani sporche sulle mie gambe. Fui preso dal terrore. FERMI FERMI!!! urlai sperando che mi sentisse qualcuno, indietreggiai ma ero già contro le sbarre di ferro del recinto, le mani si allungarono sulle mie cosce, sentii le unghie lunghe e sporche, uno mi tolse il cappuccio, uno mi toccò il culo. Ero in trappola e schifato. Urlai ancora. “Carinoèèè..carinoèèè...lisciapelle...èèè...èèè” ripetevano mentre le loro mani mi sfioravano, mi sentivo le dita sul culo, uno mi toccò i capelli. Urali fortissimo con quanto fiato avevo in gola, ma quelli mi stavano accerchiando, cercavo di schivare le loro manacce, spingendole via, ma erano troppe, sei mani protese contro le mie due mia soltanto. Urlavo pieno di paura. Mi sentii afferrare i fianchi e temetti il peggio, uno era dietro di me, lo scalciai e poi caricai a testa bassa facendone cadere uno a terra urlando sempre più forte, provai a raggiungere il cancello per uscire, ma fui afferrato con forza per un braccio e finii a terra. Scalciando ne beccai uno in faccia, ma non riuscii ad alzarmi perché uno mi tenne giù con le sue forti braccia, mentre un altro prese a tirarmi giù i pantaloncini, urlai ancora più forte, ma una mano mi tappò la bocca, scalciai e colpii qualcuno dei tre, ma presto mi ritrovai con le gambe immobilizzate. Sudavo ed ero nel panico, adesso, pensai, questi mi stuprano là dentro il recinto. Cercavo di scacciarli, morsi la mano che mi tappava la bocca e quello la tolse, gridai fortissimo AIUTOOOOOOOO AIUTOOOOO un paio di volte a pieni polmoni, mentre sentivo che i pantaloncini erano strappati via e uno dei tre mi aveva afferrato le braccia e cercava di voltarmi. Cazzo era finita, mi avrebbe violentato in quel cazzo di posto di merda. Ma per fortuna sentii aprire il cancello e la voce di Sugar: BRUTTI PORCI SCHIFOSI FERMI FERMI!!!! VIA VIA VIA!!!! i tre mi mollarono, scivolai rapido verso Sugar che aveva in mano un grosso bastone, colpì uno di loro sulle gambe e un altro sulla schiena, quelli scapparono via. MALEDETTI SCHIFOSI SCIòòòò SciòòòòVIA VIA VIA !!!” urlò Sugar. Intanto io mi tirai su i pantaloncini e mi misi dietro le sue grosse spalle, al riparo. Lei fece vorticare un paio di volte il bastone, ma quelli avevano già capito che non era più aria. Si ritirarono in fondo al recinto. Arrivarono le loro padrone e ci furono attimi di concitazione con Sugar che gridava incazzata per quanto accaduto, io che l’abbracciavo e la baciavo per avermi salvato, le donne che urlavano a noi e ai servi, una tirò fuori una frusta e prese a colpirli, quelli si riparavano a terra, ma i colpi di frusta li investirono e mi fece piacere sentirli gridare di paura e dolore. C’era una gran confusione, ma Sugar mi trascinò fuori e ci dirigemmo al parcheggio dove era il camper. Delle donne ci seguivano tutte urlavano qualcosa fra scuse e accuse, Sugar urlava più di loro, li sovrastava ed era arrabbiata, una ripeteva che io non potevo stare a giro senza guinzaglio. Avrei voluto darle un calcio a quella stronza, ma ero troppo contento dello scampato pericolo. Alla fine Sugar mi fece salire dentro il camper e rimase a parlare con le donne. Mi controllai: a parte un paio di graffi e i pantaloncini sciupati me l’ero cavata con poco, ma avevo rischiato grosso. Piangevo e tremavo dalla paura. Dopo un po’ rientrò anche Sugar, le saltai al collo coprendola di baci: GRAZIE GRAZIE GRAZIE MI HAI SALVATO dissi piangendo. “Fai vedere..tutto ok? Che ti hanno fatto?”
“Oh niente alla fine, ma perché sei arrivata in tempo...mi hai salvata, mi avrebbero violentato quegli schifosi...non devi più lasciarmi in un recinto per uomini Sugar...o la prossima volta…”
“Vieni qua..è tutto finito” e mi abbracciò nel suo caldo e profumato abbraccio. Ero al sicura lì fra le sue braccia. La mia boss. La mia pappa che mi proteggeva. Smisi di piangere e le baciai i piedi quando mi mollò ringraziandola ancora. Lei allora mi disse che potevo riposarmi nel letto del camper mentre riprendevamo il viaggio.
Era oramai notte quando giungemmo a Shelake, parcheggiamo in un posto attrezzato e deserto a parte una roulotte di donne dall’altra parte. Preparai la cena per Sugar e poi lei si mise a fumare e bere fissando il lago. Io ero ancora scosso e del posto non mi importava affatto. Rimasi nel camper uscendo solo quando lei mi faceva segno che il bicchiere era vuoto, allora io lo riempivo e poi tornavo alla tv. Verso le undici Sugar tornò dentro. Era ubriaca e si mise a letto, mi fece segno che potevo stare nel letto con lei. Mi infilai sotto le coperte accanto al suo corpo sudato, caldo e profumato di transex, la testa lucida e rasata, i grossi orecchini dorati, la bocca carnosa che sapeva di sigaro e di rossetto. Quanto mi piaceva Sugar e quanto mi sentivo al sicuro con lei. “Te la sei vista brutta oggi…”
“Sì Sugar...che paura...ero terrorizzato...quelli mi avrebbero violentato senza il tuo intervento...che paura…” e mi si riempirono gli occhi di lacrime al solo pensiero di quegli attimi nel recinto.
“Oh...poverino...ok….dai serviti il tuo rancio stanotte….già lo hai preso per oggi, ma voglio farti un regalino per lo scampato pericolo…” e indicò il suo cazzone sotto le coperte. Contentissimo mi infilai sotto e presi in mano il suo grosso pene nero. Iniziai a baciarlo con cura e poi a succhiarlo prendendo bene in bocca la cappella, baciandolo, leccandola, adorandola e poi presi a farle un pompino come piaceva a lei, come una brava mogliettina come me doveva fare alla sua regina, alla sua pappa, al suo maritino. Leccai e succhiai, spompinai e succhiai, il suo cazzone nero dentro la mia gola, spompinai di gusto e mi presi la mia razione di sborra calda in bocca quando venne. Mandai giù tutto famelico e contento. Ripulii bene il cazzo padronale e poi ci addormentammo nel camper parcheggiato di fronte a Shelake da qualche parte a Lesboland.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 6.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per LA PUTTANA DELLE MONTAGNE - Nel recinto:

Altri Racconti Erotici in trans:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni