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senzazioni, l'addio


di Alvertn
29.07.2013    |    8.198    |    0 9.4
"Gli venni in bocca e sicuramente in abbondanza..."
Si devo dire che rasentavo il ridicolo o forse anche oltre.
Ma l’esperienza e la conoscenza delle cose arriva piano piano e poi restano in te.
Devo dire a mia difesa che, ritornato in spiaggia e disteso al sole, ripensando a tutto quanto mi stava avvolgendo e frastornando la mente e corpo, riflettendo sulla piaggia, andando per logica di esclusione, non poteva essere pioggia eravamo in tenda, non poteva essere acqua non aveva in mano bottiglie, non poteva essere pipi non sarebbe ricaduta così , quindi per esclusione doveva essere George che veniva. Si ma era tanta , forse troppa , ma si è vero che ha anche un cazzo grosso e grande e palle proporzionate alla bestia, e potrebbe essere così. Ma si è così.
Avevo capito la soluzione del problema.

I ricordi di quel palo stretto far le cosce, quella sensazione di movimento, quel vibrare e ripercuotere su di me, il pulsare, i corpi in contatto, il suo respiro mescolato al mio, il fiato caldo reciproco, i peli suoi, il calore che si emana, mi sono ancora presenti come fosse ieri.
La giornata poi prosegui con gli amici a giocare.
Devo ammettere che tutte quelle cose, la scoperta del corpo e dei piacere ad esso legati, mi stimolava molto ma mi turbava nel contempo.
Quanto George faceva era splendido, mi piaceva moltissimo, godevo di sensazioni non conosciute e non sapevo cosa volesse dire godere. Mi apriva una porta alla conoscenza, alla dolcezza, alla delicatezza. Nei momenti in cui rimanevo solo, di questo riflettevo e lo facevo ripercorrendo tutti quei momenti, attimo dopo attimo, piacere dopo piacere, coccola con coccole.
A volte mi mancava, a volte avrei voluto correre da lui e stare con lui, dissetarlo e godere della mia sorgente che lo soddisfava appieno (credevo).
Ma ovviamente la discrezione e la complicità non potevano essere messe in discussione, e il mantenere il nostro segreto era vitale. Io allora avevo paura che, se scoparti, avrebbe giocato con altri e non con me, quindi il mio riserbo era totale.
La sera giocavo un po con gli amici per non destare sospetti, ma poi sparivo da solo verso la spiaggia, in direzione opposta, per entrare nel bosco a distanza non vista e ritornare sino alla tenda dove George ormai mi stava aspettando.
Si, lo starno per me è che quando vedevo la tenda, improvvisamente mi andava in tiro e si ingrossava.
La tenda era con le cerniere aperte e io entravo senza fermarmi all’esterno, difficilmente visto da occhi indiscreti.
Appena dentro George mi stringeva a se, mi accarezzava i capelli e dolcemente le gote.
Poi scendeva e piantava le mani nei glutei, sollevandomi e portandomi a se, e stringendomi al suo corpo e al palo che distintamente sentivo addosso al mio sproporzionato.
Mi toglieva tutto in un attimo e subito dopo lui come me.
Mi disse che per lui sarebbe stata l’ultima notte li e che finiva le ferie. Doveva rientrare. La sorpresa fu totale, nella mia giovinezza non pensavo che quegli incontri potessero avere una fini una data di scadenza uno stop.
L’amarezza di perdere tutto in un attimo mi assalì e la tristezza copri tutto, lacrimoni silenziosi uscirono dagli occhi puntati a terra per non essere visti, che lui con voce dolcissima li fece salire a guardare i suoi e mi tolse le lacrime passando la lingua a raccoglierle.
Mi promise che sarebbe venuto a trovarmi l’inverno, che ci saremmo scritti. Io rincuorato sorrisi.
George mi chiese se ero curioso di sentire il suo uccello. Posi la mano ma non copriva che poco più di metà circonferenza. Lo strinsi e lo toccai con curiosità. Era duro come marmo, grosse vene sporgevano dalla pelle, la cappella leggermente scoperta, rossa e umida. Mi accompagno la mano fino alla cappella, toccai l’umido e lo sentii fremere, mi riprese la mano e con la sua che faceva la maestra, e la mia che lo toccava, gli scappellai il cazzo. E guardai quella cappella grande , rossa bagnata, che iniziava a vibrare e a muoversi con voglia evidente.
Lo lascio così e mi chiese di montarci sopra. Salii sul mio cavallino, la cappella così era molto più sentita dal mio sedere rispetto alla soluzione precedente e l’umido era reale.
Sapevo che era l’ultima volta che giocavo con lui. La prossima chissà se ci sarebbe stata. Vivevamo lontani quindi non facile reincontrarsi.
Mi liberai di tutti i pensieri, brutti e belli e mi lascia libero alle sensazioni e ai desideri, miei o di George non so dirlo.
Questa cavalcata era diversa, e sue mani sui fianchi mi davano il ritmo a scivolare avanti ed indietro, si era cavalcare anche questo, ma in questo modo sentivo il suo uccello affondarsi fra i glutei e la cappella umidificarli abbondantemente per scorrere meglio.
Lui faceva un leggero movimento dando pendenza al suo corpo in una o l’altra direzione con il mio movimento. Poi accelerò chiedendomi di seguirlo nella cavalcata, ed io lo seguii. Sotto di me bagnato e vibrante mi scuoteva. Improvviso George, senza smettere mi disse di guardarmi il pisello e non togliere lo sguardo da li.
Obbedii e nel movimento vedevo la punta dell’uccello di George apparire e scomparire sotto di me. Bello e piacevole visione, mi piaceva sentire quel vibrante coso sotto. Un comando secco di guardare e senza smettere il vertiginoso ritmo un sospiro profondo e esplosivo, vidi uscire e getti lunghi che arrivavano ai suoi seni di liquido biancastro, ed a ogni getto sobbalzavo e godevo anche io di quel massaggio involontario che mi stava facendo al culo.
Mi piaceva vedere quei getti densi fuoriuscire da sotto di me, mi eccitava e godevo con lui, ed anche io emozionatissimo inizia a sborrare senza che lui facesse qualcosa. I miei erano più corti ma andavano a mescolarsi con il suo. Durò un piacere immenso questa situazione. Poi George posò un dito sul petto nel liquido, mescolò e lo porto alla bocca e succhio come il dito fosse il mio cazzo.
Ripetè l’operazione e il dito si posò sulle mie labbra, dolcemente scorre su di esse colando, ci guardammo intensamente e nello sguardo aprii la bocca e il dito giocò con la mia lingua.
Mi leccai le labbra come sporche di gelato. Disse se mi piaceva che potevo prenderla.
Dissi di no, lui allora ne raccolse in abbondanza con indice e medio, cercando di non perderne nel tragitto, la pose davanti alle mie labbra. Lo guardai con occhi cattivi, lui sorrise, appoggio, attese, spinse delicatamente, attese ed io cedetti. Entro con le due dita e le succhiai con voracità.
Poi stop. Scesi da cavallo e mi distesi al suo fianco.
George si ripuli di tutto e mi venne a succhiare l’uccello, si leccò la poca sbora rimasta e o fece ritornare su in un baleno.
Un pompino lungo e piacevolissimo. Dolce e passionale. Gli venni in bocca e sicuramente in abbondanza. Stranamente si stacco, si avvicino al mio viso, mi indicò le guancie, le osservai, erano gonfie. A gesti mi fece capire che erano per me, ma cosa. Voleva soffiarmi un faccia? Non capivo che cosa volesse dirmi ma alla fine dissi si con la testa e lui si avvicino pericolosamente a me, mettendomi in imbarazzo, naso contro naso, poi labbra contro labbra, labbra che spingono, labbra che resistono, lingua che forza la resistenza, labbra che cedono lasciando un pertugio in cui la lingua si fa strada e apre e dietro a lei lo sperma che arriva ed entra, sobbalzo ma lui ha viso contro viso e non riesco a scappare. Le lingue lottano ma poi cedo e sono alla sua mercè.
Non è un bacio vero ma un passaggio di sperma condiviso e degluttito assieme.
Finita mi chiede se la sorpresa mi è piaciuta. Rispondo di no, ma nel contempo mi lecco a recuperare quanto fuoriuscito.
Sorride e si complimenta per aver accettato la sorpresa e di averla condivisa.
Ormai credo fosse certo di me, sicuro si se mi propone di leccargli il suo. Al mio no deciso mi ricorda che poi non ci sarà, e lo leggo in me come un ricatto. Lo devi fare perché poi non ci si vede più penso, ma non mi va, non mi attira non mi stimola l’idea.
Cedo a quel ricatto ma solo in piccola parte, e passo la lingua da una parte all’altra della cappella, veloce, a sufficienza per raccogliere il suo sapore.
Ride, ma dice che ci sono riuscito e che avrebbe scommesso che non lo avrei fatto…..Che era sicuro in un no definitivo.
Sorpreso e disorientato da quanto mi dice, impugno forte il suo cazzo. Marmoreo e grande.
Poi…. Poi ci salutiamo, lascio il recapito telefonica di casa e l’indirizzo.

Un forte abbraccio e un ciao
Uscii salutandolo e mentre rientravo una lacrimuccia ricordo che è uscita
L'addio, il distacco, la consapevolezza interiore che è finita, che quanto provato non si ripeteva, e semmai ci si rivedesse,tutto sarebbe diverso, La complicità si affievolisce se non ci si frequenta.
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