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SOTTO A PIOGGIA


di Alvertn
01.12.2014    |    10.913    |    5 9.0
"Poco dopo mi arriva marco che si presenta nudo “scusa ma non credevo fossi in doccia, ti dispiace se vengo anch’io che così non ho per nulla caldo” “dai..."
SOTTO A PIOGGIA

Il tempo è pessimo, sono giorni e giorni che piove.
I livelli dei fiumi, dei torrenti e dei rigagnoli sono ai limiti degli argini, Impressionanti da guardare abituati come siamo a vedere nei fiumi acque ma basse, nei torrenti poche ondate di breve entità, i rigagnoli solo quando pive appaiono, ma se piove veramente.
Ora anche le fosse delle campagne sono paurosamente gonfie, tutto può saltare da un momento all’altro, tutto è in uno stato di equilibrio precario che non sembra più reggere.
Siamo tutti in tensione e stiamo preparando le varie ronde che faranno la guardia tutta la notte ai vari posti a rischio.
E’ un sistema che si attiva solo nelle grandi emergenze, è il modo più sicuro per riuscire a dare un allarme, se si dovrà dare, in tempi reali e tempestivi. L’ordine è che quando l’acqua aumenta e si avvicina allo straripamento si chiama con il cellulare la stazione operativa che emette senza nessun’altra riflessione il segnale d’allarme con la sirena, in modo da avvisare tutti dell’incombente pericolo. Durante la giornata si sono realizzate paratie con pannelli in legno agli ingressi di case, laboratori, negozi.
L’altezza di quasi un metro, bloccate alle murature, e sacchi di sabbia a delimitare le bocche di lupo e le finestre degli scantinati. Un lavoro pesante a cui tutta la comunità ha partecipato operando a protezione della sua e delle altre proprietà, senza distinzione solo tenendo conto dell’età dei vari operatori.
I più anziani dirigendo il traffico e direzionando i carichi di sabbia e sacchetti, i giovani a riempire sacchi con le pale o le mani inguantate. Gli uomini e donne a sistemarli e a fare il passa mano degli stessi. I tecnici poi a verificare che il lavoro sia stato realizzato al meglio.
Una macchina di cooperazione reciproca che si muove senza che nessuno dia ordini ma con la consapevolezza di ogni uno dei suoi limiti di conoscenza e sapendo i livelli della stessa degli altri.
Le variazioni chieste dai tecnici vengono apportate e d eseguite senza tante discussioni, si cerca di ottimizzare tutto e soprattutto il tempo a disposizione, di cui non si sa la quantità che rimane a disposizione.
Il tutto sembra un gran formicaio che si muove veloce e in continuazione, con le persone che con il passare del tempo sanno esattamente quello che devono fare. Poi tutti dovranno stare via dei piani terra e interrati o garages, alloggiare almeno ai primi piani, da parenti amici conoscenti, con le scorte di acqua e viveri distribuiti dagli incaricati della comunità.
Nessuno deve essere in condizione di rischio. Il principio che ogni vita umana è sopra a tutte le cose. I mezzi di soccorso sia dei vigili del fuoco, le ambulanze, i mezzi d’pera quali pale escavatori trattori ecc sono stati localizzati in tre punti distanti a monte del paese e in vone pianeggianti e rialzate dal fondovalle. Le auto portate tutte nei parcheggi e prati nella grande piano a circa 20 minuti sopra il paese, zona tranquilla e sicura, con una canalizzazione delle acque a cielo aperto con una pendenza che permette il deflusso anche di grosse quantità.
Tutto si svolge nella giornata, con la luce e la pioggia incessante. Ora che la notte comincia a arrivare, le cose sono ormai completate e piano si comincia a rientrare verso le abitazioni. Viene comunicato che chi farà la guardia dovrà recarsi presso l’aula magna del comune alle 18.30, fra mezz’ora circa. Corro a mangiare qualcosa velocemente per poter essere puntuale.
Arrivato l’aula è già piena. Il sindaco e il comandante dei pompieri chiariscono che i turni saranno così distribuiti:
1° turno 18.00 - 24.00; 2° turno 0.00 – 6.00; 3° turno 6.00 – 12.00; 4° turno 12.00-18.00
Nei turni di notte non ci devono essere donne, per la sicurezza loro e perché impegnate già a gestire gli approvigionamenti e ristorazione. Segue un brusio e qualche ragazza che protesta, ma viene facilmente convinta che la necessità è troppo forte e i pericoli pure.
I gruppi saranno forati da 4 unità. I punti di controllo vicini al paese saranno presidiati da anziani con giovanotti, i più lontani da uomini in perfetta forma fisica.
In caso di pericolo imminente si deve avvisare la stazione con il cellulare e nel contempo 2 della squadra rientrano per portare informazioni. In questo modo se le linee telefoniche saltassero il sistema resta operativo. Se il pericolo aumenta anche gli altri due lanciando un bengala in cielo si ritirano velocemente verso il paese.
Si richiede tassativamente di non compiere atti eroici o stupidi.
Si formano le squadre, e con me trovo Luciano, e Alberto amici di vecchissima data, dalle elementari, e Marco amico loro che conosco ma non bene.
Siano a presidiare l’incrocio fra due rogge, fra le più grandi attorno al paese, punto ritenuto strategico per la notte.
Andiamo a piedi ovviamente a prendere posizione, con stivali mantella cappellone ombrello. Circa mezz’oretta ci impieghiamo.
Con le pile verifichiamo i livelli, poi tenendoci legati in sicurezza piantiamo dei legnetti al limite dell’acqua per poter avere certezza dell’aumento dei livelli. Fatto montiamo un telo di naylon legandolo a quattro alberi in modo da creare una tettoia. Portiamo sotto delle casse in plastica per la raccolta delle mele e ci sediamo. Fissiamo la sveglia ogni 15 minuti e puntiamo due troce sui paletti piantati.
Ora dobbiamo solo attendere. Osservare e attendere gli eventi. Luciano spara una idea, “che dite se per passare il tempo ci raccontiamo delle storie, vissute o inventate non ha importanza. Come mille e una notte, ricordate. Passavano la notte davanti al fuoco a raccontarsi storie erotiche che non si sapeva se vere o immaginarie. Alcune lo si capiva dall’eccesso di avvenimenti, altre con il dubbio. Massima durata del racconto 15 minuti.”
Tutti approvammo l’idea.

Marco “comincio io dai, bene:
Ecco ero in giro con un caro amico, stavamo facendo alcuni giorni di ferie insieme, non ricordo dove esattamente ma era una zona montuosa. Avevamo trovato una bella pensioncina caratteristica, tipica della zona, e li ci eravamo organizzati per farne la nostra base dei giri a piedi, con il rientro alla sera visto che avevamo contrattato per la mezza pensione.
Eravamo lungo un percorso in alta quota, si snodava sui 2000 metri passando per prati e ampie zone rocciose o attraversando ghiaioni. Improvvisamente ci sorprese un inatteso temporale, tuoni e fulmini che non ci lasciavano con l’animo tranquillo. Mantellina come oggi e accelerando alla ricerca della malga che doveva essere poco distante da noi. Girato lo sperone eccola laggiù che ci guarda. Contenti acceleriamo ulteriormente e ci arriviamo in brevissimo tempo.
La costruzione non era abitata, ma rifornita di legna e una bella stufa economica era li pronta a poterci riscaldare ed asciugare. Giriamo a vedere se troviamo della carta e con essa anche fiammiferi. Una bella palla di giornale posizionata sulla bocca del camino, un'altra al centro della fornella su cui mettiamo legna finissima fine e un po grossa. Accendiamo e per un attimo un fumo esce dai cerchi, ma appena si sente la palla sulla bocca del camino che si accende sentiamo immediatamente tirare e assorbire anche il poco fumo uscito.
Aspettiamo e poi mettiamo legna grossa. Il tepore iniziale diventa calore e decidiamo di mettere le nostre cose ad asciugare. Rimaniamo in mutande con tutto appeso o posizionato attorno alla fonte di calore. Il mio amico esordisce a questo punto dicendo che era un pezzo che attendeva di vedermi “biotto” (nudo) e che quanto si era immaginato su di me corrispondeva al 90%. Gli chiesi curioso cosa ere questa differenza. Risposta diretta anzi tagliente è che non ero nudo avevo le mutande e quindi non era completa la visione. Scherzando dissi vuoi che le tolga e lui disse un si imperioso e imperativo. Un attimo di smarrimento a cuoi lui non diede tempo, si avvicina e mi abbassa l’ultimo velo di immaginazione. Ecco che sei proprio come immaginavo. E nello stesso momento senza ce capissi che succedeva il mio cazzo si muoveva, si alzava, si induriva, si ergeva, una erezione dura.
Lui sorrise, vedi che immaginavo bene, proprio come pensavo. Hai voglia di sesso diverso e la tua fantasia è stimolante. Poi mi impugna le palle e ci gioca avvicinandosi al mio volto, fisandomi negli occhi, cercando forse di capire che cosa sentissi, era un tumulto dentro di me, il cuore rullava, sentivo il pulsare in ogni mia parte del corpo, non staccai lo sguardo dal suo, le sue labbra si posero sulle mie, la sua lingua scivola sopra e poi prova a entrare e subito apro a questo nuovo desiderio che mi prende e che non capisco, ma mi lascio portare dall’istinto ormai sovraeccitato.
Un bacio lungo che mi stordisce, scende sui capezzoli succhiandoli e successivamente stringendoli far le sue dita , si piega e scende tenendomi le palle in mano mi lecca la cappella, l’asta e ritorna e lo prende tutto dentro di se. Quel calore, quella lingua che ispeziona tutto, quel movimento, quella scopata di bocca, un pompino da sogno, mi fa sbandare ulteriormente, con un siiiii profondo che esce dalle mie viscere godo di questo momento inatteso, inaspettato, inimmaginabile.
Non duro molto, sono troppo eccitato e poco dopo sborro come una fontana, lo avviso ma non si stacca, ed io non riesco a resistere e vengo quasi urlando, tanto nessuno e in zona e per ora piove ancora.
Quando finalmente la mia respirazione è tornata normale allora si stacca, mi masturba e si lecca quanto ancora esce dalla cappella. Buonissima, un vero piacere. A questo punto penso io che posso rilassarmi e recuperare … ma invece no! Prendendomi per i fianchi mi forza a ruotare, e mi ferma con il culo davanti a lui. Piegati in avanti, mi chiede con tono di comando. Io sono cotto per tutte queste novità e senza riflettere eseguo appoggiando le mani sulla tavola. Lui prende una sedia e si siede dietro di me. Cosa vuoi fare non capisco. Impugna il mi cazzo e lo tira indietro. Non è durissimo ma neppure a riposo, quindi mi obbliga ad inarcarmi per potergli dare il movimento che fa co il mio membro. Penso che se vuole leccarmi ancora o segarmi sarà dura… un momento di riposo ne necessito.
Invece scopro che tenendomi per il cazzo, inizia a leccarmi il culo, soffermandosi sul buchetto allora vergine, leccandolo e cercando di aprilo forzandolo. Adesso sento che lascia saliva, mi abbandona il cazzo e con il pollice prova ad entrare, bagnando con la saliva depositata sul buchetto.
Alcuni tentativi, poi la resistenza cede improvvisamente e lo sento dentro. Non è che mi piaccia ma provo a ascoltare quanto recepisco anche da questa situazione. Mi scopa lentamente con il pollice, girandolo dentro, poi dentro e fuori. Altra saliva che sento su di me, che sparge ino a dentro l’antro scuro. Sento che si alza, sento che appoggia qualcosa di duro e caldo, cerco di capire che cosa fa, non mi sembra un dito, ma cosa è. Inizia la spinta e piano forza l’ingresso, tenendomi bloccato verso di lui per i fianchi. Si ora ho capito cazzo, è il cazzo che mi apre, mi penetra mi sfonda, cazzo no, cazzo. Non si puo cosi senza parlarne, non si puo così senza che io abbia, e si che è ormai tutto dentro, tutto sino in fondo, tutto con le sue palle sulle mie, le sento distintamente ed ora a seguire dopo in fastidio doloroso iniziale ora, ora si che mi piace, e lui lo deve aver capito e mi sta scopando con intensità forza, voglia, con velocita in aumento e mentre io sono ormai fuori e non capisco più nulla se sono nella realtà o nel sogno lui mi dice che sta per riempirmi e un attimo dopo viene godendo di me, in me soffiando ed urlando dal piacere, ed io sento le sue pulsazioni del cazzo, i suoi getti di sborra , le sue contrazioni in me, la sua voglia di impalarmi violentemente impuntando in cazzo il più profondo possibile e anche oltre.
Piano si appoggia alla mia schiena, sempre soffiando e sono quando si è calmato ritorna eretto. Due colpi violenti dentro che mi fanno capire che è felice e contento, che mi dicono che sono suo, un dolce pacca su una chiappa e si toglie da li, tenendomi pero per le chiappe aperto il buco. Ci guarda dentro, e dice, ecco che vedo comincia a ritornare la sborra, la mia sborra. Ancora un attimo che comincia ad uscire, si ecco raddrizzati ma non del tutto e spingi fuori, forza e mentre eseguo lui con fazzoletti di carta mi pulisce e asciuga.
Finita l’operazione fissandomi negli occhi, mi sussurra, so che ti è piaciuto un casino, lo so e vedrai che altre cose si possono fare assieme.
Intanto la pioggia ha spesso, spegniamo il fuoco e ci rivestiamo. Il tempo però è passato e si deve ritornare alla pensione. Un itinerario faticoso per la pioggia che continua a farti scivolare sui sasso resi scivolosi. Una discesa a rotta di collo e siamo arrivati, pronti per una bella doccia ”

(Il racconto è da me ridotto ed essenzializzato, per mantenere i fatti raccontati eliminando le sfumature e le inquadrature paesaggistiche fatte).
Appena fini di raccontare io esplosi non riuscendo a trattenermi il commento: ”mamma che racconto… E’ il primo che sento che interessa maschi, non ne avevo ne sentiti ne letti. Sei stato straordinario, mi hai emozionato, stimolato e se devo essere sincero mi si è indurito ben bene. Se non mi fosse successo non ci avrei creduto. Ma quello che mi lascia il dubbio è se è reale o inventato, non per costringerti a dirlo ma perché mi è entrata una curiosità che ora è anche morbosa. Non so, ha mosso qualcosa di inaspettato.”

E’ Luciano che riporta i piedi a terra. “forza è ora del controllo, Io vado con Alberto lungo il torrente e risalgo per circa 200 metri, tu e Marco lo stesso sulla roggia.
Poi qui che scendiamo e verifichiamo anche a valle come è la situazione. Ok?”
Io volevo dire che ero curioso se Marco aveva fatto sesso con il maschio, che ero curioso di capire forse anche di provare questo nuovo piacere, questo nuovo sesso che a voce mi aveva sbaragliato di emozioni e voglia.
Il va bene di tutti subito dato smorza la mia curiosità e ricerca di conoscenza.
Le pile che illuminano i punti di livello restano ferme, ogni uno con una sua pila, in coppia si avvia a verificare. I due rami di acqua si biforcano prendendo due direzioni quasi ortogonali fra loro e confluiscono sulla punta in direzione della bisetrice dell’angolo.
Risaliamo con attenzione con una luce fissa sull’acqua e una su dove si mettono i piedi. Pur piovendo copiosamente per ora nessun rialzamento dei livelli e tutto alto ma non ci sono variazioni.
Fatto il percorso stabilito, mandando segnali lampeggianti a Luciano avvisiamo che rientriamo, e Luciano conferma che rientrano anche loro. Arrivati alla base dove il ponticello permette di passare da una all’altra sponda, noi scendiamo sulla sponda sinistra, Luciano e Alberto lungo la destra. Arrivati al punto estremo di controllo ci urliamo di rientrare e torniamo sui nostri passi. Luciano e Alberto attraversano il ponticello e ritorniamo al telone.
Guardo l’orologio, sono già le 20, il buio è pressochè totale e in lontananza solo l’illuminazione del paese si distingue e ci lascia intravedere le sagome di alcuni edifici, quelli che ovviamente riusciamo a riconoscere e che conosciamo meglio.
Sotto il telone con il ticchettio della pioggia che si scontra, nell’umidità e nel buoi così profondo ci siamo noi, solo noi perché non vediamo nessun altro, quasi che la solitudine entrasse e mi avvinghiasse, ed io mi sento di dover stare vicino agli altri per non lasciarmi catturare, per ricevere il loro calore, i loro sguardi, le loro emozioni e i loro racconti.

Ed i racconti riprendono.
E’ Luciano, che senza disposizione comanda il nostro presidio, che è accettato tacitamente come capo, che prende la parola:
“Dai sediamoci, che la notte è lunga e stiamo almeno comodi. Ora racconto io.
Voglio raccontarvi dell’estate scorsa, lo so che Alberto e Marco sanno già tutto, ma non è così. Io voglio raccontare gli eventi da come li ho visti io, capiti interpretati, sentiti e goduti. Si dirò anche come penso che gli altri abbiano sentito, sempre secondo me. Così da definire un quadro completo di tutto e di tutti.
L’estate scorsa siamo andati al mare costiera romagnola. Abbiamo affittato un appartamento per poter gestire al meglio tutte le situazioni, alcune sicure altre prevedibili. Arrivati l’agenzia ci accompagna e ci apre l’appartamento, ampio soggiorno, cucina vivibile, terrazzo verso sud con sedie sdraio e ombrelloni, bagno zona giorno con lavandino tazza, bidet e doccia e lavatrice, ripostiglio, 3 camere di cui una matrimoniale e bagno zona notte con lavandino tazza, bidet, vasca idromassaggio e doccia. Tutto ok e ci accordiamo con l’agente per le varie necessità.
Fatto questo arriva la scelta delle camere. La mia è la matrimoniale. Marco e Alberto si giocano le altre due. Ogni uno la sua per poter fare quello che si vuole, se si rimorchia, senza dover chiedere permesso agli altri.
L’accordo, che era ormai di rito dopo tante ferie fatte assieme, era che ogniuno sarebbe stato libero di esprimersi come meglio credeva e che poteva essere anche un insieme di unioni.
Forse questo era stato recepito in modo diverso fra di noi ma sta di fatto che poi è stato realizzato forzando l’intesa ma senza che nessuno poi abbia voluto protestare, anzi direi che non vi era nessuna contrarietà.
Sistemate le proprie cose nelle camere, si va a fare la doccia per cacciare la stanchezza del viaggio. Io sono ilprimo e mi sposto in bagno girando in mutande, entro e tolte, attendo che l’acqua diventi calda poi sotto il getto insaponandomi. Poco dopo mi arriva marco che si presenta nudo “scusa ma non credevo fossi in doccia, ti dispiace se vengo anch’io che così non ho per nulla caldo”
“dai vieni che sono quasi alla fine.”
Entra dentro e si mette sotto il getto caldo venendomi addosso e poggiando i suoi glutei sul mio pube, strofinandosi e piegandosi in avanti. Un movimento che ha suscitato senzazioni calde in me, pulsazioni accelerate e senza volerlo un inizio di erezione. Penso che sentendolo in crescita marco smetta di fare il cretino, ma mi sbagliavo di grosso, anzi grosso era divenuto il mio cazzo. Ormai verticale sopra il mio pube, duro e pulsante, attende che qualcosa succeda, e i glutei si appoggiano con insistenza e forza, iniziano un leggero movimento sulla verticale in su e giù, Lento e tranquillo prosegue con la sua provocazione ed io mi chiedo quale sarà il limite che si è posto.
Si piega in avanti, premendo sul cazzo, con la mano passa fra le sue gambe e lo impugna, lo posiziona con circostanza sul suo ano, lo tiene in posizione e arretra senza cambiare posizione. La cappella trova resistenza, non so se succederà ma non cede, cazzo che voglia mi ha fatto venire, sono eccitatissimo, voglio entrare e lui non vuole rinunciare, ed eccomi che inizio a spingere in avanti mentre lui arretra, e di colpo si apre il paradiso, con un a nuova spinta ecco che scivola dentro inarrestabile, scivola ed entra bene, ed arrivo in fondo, e non posso entrare di più, ed inizio a scoparmelo con voglia, ritmo, desiderio, amore, dolcezza, forza.
Marco si radrizza e i nostri corpi si stringono, si toccano si sfiorano e si compenetrano, o meglio lo penetro io con decisione, gli palpo le tette e poi scendo ad impugnargli il cazzo. Un bel cazzo ora duro. Quasi come il mio nelle dimensioni e nella forma. Lo meno, lo sego, lo stimolo, gli mordicchio i lobi delle orecchie e sento che ormai il momento si è avvicinato, che fra poco lo innonderò e riempirò tutto. Accelero il ritmo della sega, vorrei venire con lui, forse ci riesco, lo sento ansimare, sotto il getto caldo dell’acqua ecco che lo sento pulsare come io pulso in lui e con un urlo trattenuto da entrambi sborriamo assieme, sborriamo copiosamente io in lui, lui sul vetro della doccia bagnato, e la colata biancastra che scende sospinta dall’acqua. Finisco di riempirlo, godendo come una troia, o almeno come penso possa godere una troia, che si apre la porta e entra Alberto.
Ci trova con io che ho ancora il cazzo dentro, e il suo cazzo in mano. Divento rosso e quasi sprofondo dalla vergogna, mentre Marco indifferente mi spiazza “sai che è stupendamente bravo, mi ha scopato come un amente, ha goduto di me ed io di lui, cazzo visto che avevo ragione io”
“che stai a dire? Che vuoi dire?” chiesi turbato.
Alberto mi interrompe “bene allora adesso entro anch’io, A tre sarà tutta un’altra cosa”
Si spoglia velocemente mentre io lo osservo e non ho estratto ancora il membro che si stà indurendo nuovamente ne culo di Marco, forse per quell’inattesa presenza o quello spogliarello che mostra un amico nudo ma soprattutto con un cazzo di belle dimensioni.
Appena nudo entra anche lui, la doccia non è grandissima e quindi siamo stretti. Alberto si piazza dietro a me, mi stringe le natiche, palpandole e soppesandole, “che bel culo che hai” poi passa la mano fra le mie cosce e mi stringe i coglioni, sente la mia asta infilata, mi stimola a scopare spingendomi dentro e fuori. Prende il sapone liquido con cui ci stavamo lavando all’inizio, e lo sparge fra le mie chiappe, lo porta in me con il medio che sforzando leggermente entra e scivola sul sapone che lo copre e nel mio ano. Scopo con un ritmo rallentato ora, Albert mi posiziona la cappella lungo le chiappe, la fa scivolare per insaponarsi bene. Mi blocca il movimento prendendomi per i fianchi, resto immobile ed attendo mentre marco si scopa muovendosi lui lungo la mia asta dura. Sento la pressione sul buchetto, sento che il cazzo che sta cercando di penetrarmi è grosso, inizio a dilatarmi e il sapone mi aiuta molto ma è davvero grosso per le mie abitudini o capacità. Avanza lentissimo , ma avanza tirandomi le pareti, forzando il buco, credo che scoppierà da un momento all’altro, ma inesorabilmente avanza in me e pur sentendo fastidio e male inizio a godere di quanto sta succedendo, concentrato sulla inculata ho quasi perso le senzazioni con Marco che continua a scoparsi.
Con un rumore strano il culo riceve il cazzo di Alberto che ora scivola dentro di me sino in fondo. Mi sento un palo conficcato dietro e lo sento tutto dentro quasi allo stomaco. Non saprei se fastidio o piacere, forse entrambi ma quando comincia a sbattermi, perché mi sbatte con forza ritmo velocità violenza, allora ecco che il piacere mi pervade e voglio raggiungere il suo ritmo che contrasto e nel contempo scopo Marco.
Alberto doveva avere una voglia fottuta, io me lo sono goduto bene e quando sento che sta per venire, il cazzo che si ingrossa ulteriormente e pulsa sulle pareti facendomi sentire ogni battito, ogni pulsazione, ogni variazione ecco che mi viene sborrandomi dentro con forza e godendo ed io altrettanto perche torno a riempire Marco che menandosi il cazzo sborra ancora sul vetro.
Marco si sfila da solo e si lava con cura il culo e il dentro il buco, Gioca a lavarmi il cazzo ancora duro. Alberto sbattendomi lentamente sino a uscire da me, Con una bella pacca sulla chiappa che mi lascia lo stampo delle dita “cazzo che bel culo che mi son fatto, e non sarà solo questo momento. Vedrai che ….”
Mi giro verso di lui, voglio vedere quel cazzo che mi ha aperto tutto, ma mi blocca con un bacio inaspettato. Lingua che entra e non riesco a non usare anch’io la mia.
Poi mi spinge in giù. Chiaro immagino… Inginocchiato mi trovo quella trave davanti. Mi chiedo ora come possa essere potuta entrare in me, nel mio culo non troppo abituato a queste cose. Ma mi perdo subito quando dopo averlo lavato lo porto in bocca e lo succhio.
Mentre succhio
Marco infila alcune dita nel mio buco allargato, finge di scoparmi, “cazzo 3 dita dentro ci passano senza problemi, bravo Alberto, culo sfondato bene”
Sento ma continuo la pompa. Il gioco va avanti sino a che si svuota nuovamente e mi tiene bloccato, cerco di far uscire lo sperma lateralmente dalla bocca ma “ingoia tutto, dai che poi ti piacerà, non perdere nulla.” E ingoio. Sapore strano quantità abbondante liquido denso senzazione piacevole. Riempito proprio bene davanti e dietro.
Il proseguo a dopo….
È ora di tornare a controllare”

Eravamo rimasti tutti a bocca aperta, io perché scoprivo che dai racconti i miei amici erano bisessuali, cosa che non avevo neanche preso in considerazione, mai pensato o immaginato, Alberto e Marco probabilmente sia per essere snudati di questa loro particolarità davanti a me, o per il racconto che esprime una visione diversa da quella che probabilmente loro avevano o credevano fosse. Io ero eccitato e nel contempo non sapevo se liberarmi di tutti i miei quesiti chiedendo direttamente a loro, sbilanciandomi e cercando di capire e di essere coinvolto anche io in questo nuovo mondo che mi si apre davanti e di cui non so nulla, ma dai racconti percepisco di piacere e corrispondenza, di amicizia ed affetto, di gioie e condivisione.
Ma non ho il tempo, non mi viene lasciato e quindi si passa al controllo.

Il richiamo agli impegni, che interrompeva di fatto il racconto, anche se completo in questa prima fase, ci aveva infastidito ma eravamo coscienti delle necessità e quindi ci preparammo e riformando le coppie ritornammo sui nostri passi per controllare nuovamente il tratto di rivi a noi affidato. Il livello si era leggermente alzato, e tornando al telone osservammo i legni piantati, si l’impressione era esatta. Il livello era aumentato di quasi 5centimetri e invadeva rispetto al paletto una quindicina di centimetri in più. Decidemmo di piantare su ambo le sponde nuovi paletti segnaletici della posizione attuale dell’acqua, senza togliere i precedenti, così da avere un avanzamento dell’acqua completo e certificato.
Luciano chiamò la base operativa e comunicò quanto rilevato. A ritorno della comunicazione nostra ci fu l’avviso che a monte stavo piovendo forte e che l’attenzione doveva essere molto vigile. Ci venne impartito anche l’ordine, che se il livello si avvicinava all’esondazione cioè che il livello arrivasse a circa 20 centimetri dall’argine, cosi ci dissero, di rientrare immediatamente in paese senza nessuna titubanza. Il rischio per la vita diventa ora reale.

In quattro tutti sulla sponda a controllare quanto spazio di sicurezza ancora avevamo. Con Alberto posizioniamo un paletto per sponda dove secondo un empirica rilevazione, mettendo un legno in linea ottica orizzontale e un altro verticale con una indicazione all’altezza di una spanna, (che si aggira dai 20 a 22 centimetri circa), e in quella posizione piantiamo i due pali. Verifichiamo ad occhio che mancano circa 50 centimetri per arrivare alla soglia rischio dei 20 segnata.
Queste operazioni portarono via un bel po di tempo, sia nel cercare altri paletti che nel eseguire il tutto in sicurezza tenendoci legati con le mani chiuse nelle cinture dei pantaloni, nella fase di impianto.
Il ruscello/roggia aveva una corrente forte e non volevamo rischiare di cadervi dentro.
La piaggia continuava a cadere e con maggior insistenza.
Di nuovo tutti sotto il telone, tolte le mantelle e sbattute per scaricarle dall’acqua, seduti di nuovo sulle cassette.

Alberto mi anticipò “ ora tocca a me.”
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