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Lui & Lei

Matilde 02-04 - Al ristorante


di Alex46
18.02.2019    |    2.026    |    1 9.6
"- Se ne intende la ragazza di porcate..."
Una sera di un weekend di novembre siamo ad Alassio e camminiamo sul lungomare. C’è un venticello leggero, una brezza che mi sfiora le gambe inguainate nelle calze. Non fa ancora freddo. Con Michele vicino non riesco a non pensare che ho il sesso nudo, del tutto esposto. Perché sono senza mutandine, prima di uscire lui ha voluto così. Quella sensazione di fresco proprio là mi basta e avanza per eccitarmi.
La consapevolezza della mia nudità, pochi centimetri sopra l'orlo della gonna, mi inebria. So di essere una gran figa, con orgoglio camminiamo mano nella mano. Fino al parapetto, dove le onde più alte sembrano lambirci. Ci appoggiamo, guardando la luna riflettersi nel nero del mare. Il braccio di lui vicino al mio è l'unica fonte di calore.
- Ti piace?
- Sì, è bellissimo. Ed è bellissimo perché ci sei tu.
- Allora divarica un po' le gambe – mi ordina – appena appena, sai che con la mini se le apri sei ancora più figa...
Io lo faccio. Un'improvvisa ventata di freddo mi rende però di nuovo consapevole del mio handicap.
- Così, sei perfetta – mi dice allontanandosi un poco per osservarmi.
- Non mi si vedono le autoreggenti?
- No, non è che la gonna è risalita... e poi non me ne importa niente, tienile aperte, voglio che tu ti senta la figa.
- La sento, la sento, c’è un’arietta caro mio qui sotto...
- Ti senti abbastanza troia?
- Sì, mi sento troia. E con te ancora di più del solito.
- Adesso aprile ancora un po'... ci sono io dietro, non ti vede nessuno!
- Ma sembro ridicola! Che ci faccio con queste gambe così aperte...
Si è spostato dietro di me. Mi preme il membro duro contro il sedere. Mi abbraccia, ma è un abbraccio innocente solo da fuori.
- Lo senti?
- Certo... come potrei non sentirlo?
- Non ti fa venire voglia?
- Di che? – dico io, che comincio a perdere la testa.
- Voglia di averlo dentro.
- Certo che ne ho voglia, è tutto il giorno che ne ho voglia.
- Ma tu vuoi questo cazzo oppure ti accontenteresti di uno qualunque?
- Il tuo cazzo, stupidino, o... però, anche un qualsiasi altro cazzo... - continuo maliziosa, sapendo che questo lo fa eccitare. Per tutta risposta si stringe ancora di più contro di me.
- Chissà, forse stasera sarai accontentata...
- Fai presto a dire accontentata... lo sai che quando ho bisogno di cazzo devo scopare. Non so se mi accontento solo del tuo...
- Ti piace fare la troia, anche con una luna come questa!
- Scemo... lo sai che sono bagnatissima??
- Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto... ma ora andiamo via, andiamo al ristorante, ché ho fame. Tu non hai fame?
Passeggiamo lentamente, senza fretta. Al ristorante chiediamo un tavolo d'angolo, piuttosto appartato.
- Che bella tovaglia lunga... fa proprio al caso nostro - ridacchia.
- Che hai in mente?
Prende in mano una forchetta. È una di quelle col manico pesante, arrotondato. - Stasera sei bellissima... lo sai?
- Sì.
- Sarà che sei nuda... ti piace vero?
- Sì... ho solo l’orologio... mi fa sentire... bella, disinibita...
- E troia!
- Chiedimi qualsiasi cosa... stasera mi sento davvero senza freni!
- Voglio che ti accarezzi con questa... mi sussurra - dalla parte del manico, naturalmente...
Rimango senza fiato. In un flash ho la visione di Debra, chissà perché. Vorrei che fosse qui, invece lei è lontana.
- La tovaglia è abbastanza lunga, non dovrebbe vederti nessuno... e poi, anche se ti vedono, che c’importa? Penseranno che sei una di quelle che danno scandalo. E in fondo t’invidieranno.
- Tu sei matto...
- Fallo. Adesso.
Gettando un’occhiata intorno, mi metto quella forchetta in grembo, sotto la gonna. Poi, muovendomi piano, mi sfioro una coscia, risalendo piano verso il sesso. Lo guardo fisso negli occhi.
- Allora? L'hai fatto?
- Ci sto arrivando... ecco. Mi sto accarezzando.
- Ti piace?
- Da matti... - la voce mi si è fatta roca.
Siamo protesi uno verso l'altro, quasi a sfiorarci. La nostra voce è bassa, appena sufficiente per sentirci.
- È fredda... ghiacciata, anzi.
- Raccontami.
- Sto salendo e scendendo piano piano... ora risalgo...
- Brava... adesso mettila dentro.
- Dove?!
- Nella figa. Infilala piano nella figa. Forza! Dimmi che lo stai facendo e che ti piace.
- Lo sto facendo. È bellissimo – inavvertitamente mi muovo più di prima.
- Non agitarti, fallo piano!
Arriva la cameriera. Ordina lui per entrambi. Io arrossisco di vergogna, ma non smetto neppure un attimo di masturbarmi con la forchetta.
- Fammela vedere, adesso – mi ordina quando la cameriera si è allontanata – hai visto, è carina!
- Ti piace una insulsa così?
- Beh, ha un bel culo e un paio di tette!
- Sicuramente magari scopa anche bene, vero?
- Allora, me la fai vedere o no?
La estraggo piano, e un po’ mi spiace. Poi, dopo una veloce occhiata intorno, la poso sul tavolo, sulla tovaglia rosa. Il manico è lucido, ricoperto di un sottilissimo velo di liquido trasparente.
Ci passa il dito sopra, poi se lo mette in bocca.
- Mmm... ottimo. Brava, adesso mangiamo. Normalmente, se ci riesci – mi dice sornione. Mangiamo quasi normalmente. Ci scambiamo occhiate infuocate e frasi a volte dolci, a volte oscene.
Poi ci viene servito un piatto di frutta assortita. Lui sbuccia una mela e la taglia in quattro.
- Ne vuoi un po'?
- Sì, grazie - rispondo ignara.
- Mettila dentro - mi dice porgendomela.
- Cosa??! Ma ti sei ammattito stasera? – sussurro io, cercando di non ridere.
- E dai, mettila dentro e non discutere, fallo per me.
Allora prendo lo spicchio. Lo succhio leggermente per lubrificarlo, poi faccio finta di mettere le mani in grembo, e lo appoggio alla figa. Entra senza fatica.
- Adesso metti dentro anche questo.
Faccio anche questa seconda oscenità. Mi sento languida e sensuale, matta e incosciente, porca e bellissima.
- Adesso accavalla le gambe.
- Oooh...
- Piacevole?
- Sì... non l'avrei mai detto.
- Questo me l’ha insegnato Debra.
- Se ne intende la ragazza di porcate...
- Adesso alzati, e vai al bagno. Spingili bene in fondo, perché non devono caderti, mentre cammini. Tienili, perché io dopo voglio mangiarmeli quegli spicchi...
Il piacere che sto provando è straordinario. Deve essere simile a quello delle famose palline cinesi, un giochino che non ho mai provato. Cammino lentamente, per paura che mi cadano. Sarebbe un disastro, non voglio neppure pensarci!
E giunta in bagno mi tocco appena e mi lascio venire. Vengo lì, in piedi, una mano sul seno e l’altra tra le gambe. Gli spicchi sono ancora dentro.
Michele s’immagina di certo cosa sto facendo e godo al pensiero di lui che mi sta pensando, come se tutto il mio esistere fosse l’essere una figa alla frutta.
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