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Matilde 01-18 - L'errore


di Alex46
31.01.2019    |    4.377    |    1 8.7
"Così ci vado di prepotenza, avventandomi sulla sua bocca, credendo di dover lottare, ma di nuovo lei mi stupisce, avvolgendomi remissiva il collo con le..."
18) L’errore
Vado a sdraiarmi sul divano, Debra in questo modo non può vedermi, per farlo dovrebbe voltarsi.
- Vieni qui e baciami, adesso – ordino a Michele.
Lui si avventa su di me: non è ancora venuto, e un pompino a metà riduce notevolmente le capacità di connettere di un uomo. Però quello che è troppo è troppo anche per me, e così, sdraiati uno sull’altro ci baciamo con grande passione. Mi piace Michele, mi è piaciuto fin dal primo momento che l’ho visto. Ogni volta che lo bacio lo faccio con trasporto, credo che si capisca che non sia solo sesso. Ora però c’è una differenza, questa volta voglio far del male alla povera Debra. Faccio in modo che i nostri baci si sentano, faccio in modo che i risucchi siano sottolineati. Gemo spesso, appositamente per lei, e la mia voce si mischia con quella di Michele che sembra impazzito e mi riempie di complimenti. Questo deve farla imbestialire, ne sono sicura. Però se ne sta buona, senza neppure tentare di voltarsi. Mi fa un pochino di pena.
- Vieni qua, adesso - le ordino.
Si gira lentamente, e posso vedere il suo sguardo un po' perso mettere a fuoco i nostri corpi intrecciati, la mia mano che impugna il cazzo di Michele, le mani di lui sul mio sedere.
Si alza, ma rimane in piedi accanto alla sedia. È splendida, con quella sottoveste sotto la quale nasconde un corpo selvaggio.
- Vieni... Inginocchiati per terra, e leccami la figa.
Scosto un po’ le gambe da sotto a Michele, allargo quella esterna, per farle spazio. Lei si dispone molto vicina ai nostri sessi, credo che stia impazzendo, con la mia figa davanti e il cazzo di Michele, lì, a portata di bocca.
Debra comincia a leccarmela, prima dolcemente poi con foga sempre crescente, specie quando io per provocarla comincio a sfregarle il cazzo di Michele sul viso. Qualche goccia del cazzo le si sparge sul viso e nei capelli. Ogni tanto si muove volesse in bocca suo marito, ma io glielo nego. Voglio che mi lecchi e basta.
Dopo un po’ di questo godimento, decido che non è ancora il momento di sborrarle in faccia, perciò capricciosamente ordino a tutti e due di alzarsi, quindi faccio sdraiare lei a pancia in giù sul divano. Prima le sciolgo i polsi, però. M’inginocchio accanto a lei e per un po’ le mordicchio le natiche, massaggiandogliele. Alterno morbide leccate a piccoli morsi. Da come si muove il trattamento le piace. Forse crede che ci saremmo di nuovo dedicati a lei, come al solito, ma si sbaglia.
Continuando a morderla mi bagno il dito con abbondante saliva, poi la appoggio al buchino.
Le sue mani artigliano il divano. Mi avvicino con la bocca e le riempio il buco di saliva, leccandolo a fondo.
M’interrompo per guardare Michele, che nel frattempo ha assistito alle mie manovre e si sta massaggiando lentamente il cazzo: gli faccio capire che deve inginocchiarsi dietro di me.
Quando è pronto inarco un po' il sedere, così da esporre la figa umida e aperta. Sembra capire al volo.
- Oh dio, oh dio, questo volevo...
In un attimo mi penetra con la punta. Il mio gemito fa sobbalzare Debra, che solo ora comincia a rendersi conto di cosa sta succedendo. Non è facile per lei, lasciare che tutto questo avvenga a mio piacimento. Senza neanche poter assistere, poi.
Lentamente infilo due centimetri di dito nel suo culetto rosa. La saliva rende l'ambiente scivoloso, non le farò male. Ora è pronta: mi adagio su di lei, quindi anche sulla mia mano, e lascio che la prima spinta di Michele le faccia penetrare il mio dito dentro. Un gemito prolungato esce da entrambe le nostre bocche. Sento infatti immediato quel riempimento favoloso, quella sensazione di paradiso interno: e a tutto ciò si aggiunge il piacere di poterlo trasmettere con il mio dito, come se quello fosse una specie di miserabile prolunga. Sento la figa di Debra spingere verso il mio dito con pressione continua, in attesa del prossimo colpo.
Michele alterna piccoli spostamenti a lunghi affondi dentro di me, e io ho cura di sollevarmi leggermente ogni volta.
Poi è Michele a fare tutto, il suo Michele: ma attraverso di me.
- Sei un po’ perversa, Matilde... Senti che cazzo che ti prendi... Debra, lo senti un po’ anche tu?
Debra sotto di me geme e si contorce, mentre io sono ormai prossima all'orgasmo. So che smania per avere qualcosa nella figa, o una stimolazione diretta del clitoride, ma ho tutte le intenzioni di godermi questa scopata alla pecorina. E godo a sentire la sua frustrazione. Impazzisco nel penetrarle il culo, a fondo: vorrei avere un dito più grosso e più lungo. E mi piace farlo mentre il suo uomo mi fotte, sì, mi fotte. La vedo agitarsi sotto di me e mi eccito sempre più. Forse le faccio anche un po' male, ma la cosa non può che piacermi, a questo punto.
Poco dopo vengo urlando, sbraitando frasi volgari e insulti, tipo “eccoti servita, troia”, oppure ”adesso tuo marito mi sborra dentro”. Per un istante temo di aver superato un limite, ma lei sembra goderne.
Allungo l'altra mano sotto di lei, cercandole il clitoride, mentre Michele ancora spinge dentro di me. Non faccio a tempo a sfiorarlo che Debra viene come una troia in calore. Aveva da tempo superato il punto di non ritorno, la sola stimolazione anale non solo non bastava, ma le prolungava solo uno stato di eccitazione fortissima.
- Come mai non sei venuto? – chiedo a Michele, del tutto rilassata, mentre lui rallenta i colpi. L'orgasmo mi ha calmata per il momento, ma mi sforzo già di pensare a qualcosa.
- Mi sono tirato una sega prima che tu arrivassi – confessa lui – ero già eccitato come una bestia dopo averla legata: non volevo venire subito, volevo che il gioco durasse un bel po’...
Ecco, così posso dargli anche il culo. Ecco l’idea. Niente di sofisticato né di nuovo, ma so che lei ne soffrirà.
La vedo sotto di me, con la testa messa di lato, pensierosa, nonostante ancora ansimante per il secondo orgasmo. Il primo ottenuto con i due vibratori, il secondo con il mio dito spinto più che dalla mia mano dal mio pube. Sta cercando di decidere se quello che è accaduto sia stato terribile oppure fantastico. Combatte fra l'eccitazione dei sensi e la forma di gelosia che le ho abilmente innestato.
- Girati verso di me, Debra - le chiedo col tono più dolce che posso. Non mi basta ancora, infatti. Voglio che si senta tradita come amica.
Ci ritroviamo seno su seno, figa su figa.
Mi sfrego un po' su di lei, la bacio con passione, poi mi sollevo a gattoni. Michele non ha bisogno di suggerimenti, ha capito perfettamente, infatti prima slingua per bene il buchino, poi mi spalma una cremina, già preparata assieme ai vibratori, poi mi appoggia il cazzo nel punto giusto: e comincia a spingere.
- Adesso te lo sfondo, signorina.
Se Debra volesse fermarci basterebbe un gesto, ma non lo fa. Mi sta guardando, e vede dolore e piacere. Il dolore iniziale è sempre forte e non si può nascondere, anche se Michele fa il delicato.
Non trattengo alcun gemito, nessuna smorfia, fino a che è dentro.
- Cazzo, cazzo, che culo fantastico...
- Fottimi - ordino, e lui non se lo fa ripetere due volte.
Dopo pochi movimenti circospetti, le pareti dilatate non mi danno più fastidio. Godo, adesso. Godo dalla figa, godo nel culo. Comincio a gemere sempre più forte, a urlare davvero, e quando riapro gli occhi, trovo quelli di Debra, serissimi, fissi nei miei, leggermente lucidi. Sta trattenendo il pianto, si vede.
Michele ora spinge così forte da farmi perdere l’equilibrio sulle mani e cadere su Debra.
Riappoggio i gomiti sul divano, per non pesarle troppo addosso. Ho la sua bocca davanti, però, e non posso resistere. Mentre Michele continua a spingere, le infilo dentro la lingua. Mi sembra di vivere un capolavoro del sesso, questa sera stiamo facendo qualcosa di davvero pericoloso e speciale. Non mi interessa se non vuole, non so se è arrabbiata con me. Voglio baciarla, trasmetterle tutta la mia cattiveria travestita da orgasmo, dar sfogo anche in quel modo alla lussuria depravata che mi sta divorando.
Così ci vado di prepotenza, avventandomi sulla sua bocca, credendo di dover lottare, ma di nuovo lei mi stupisce, avvolgendomi remissiva il collo con le braccia, stringendosi a me, e ricambiandomi il bacio con diversa passione ma uguale intensità.
Baciata da Debra con amore dopo che per tutta la sera l’ho trattata come una merda, mentre Michele m’incula. Cerco di immaginarmi da fuori, e quello che vedo è pazzesco.
Il bacio con Debra ci esaspera, lei si è completamente aggrappata a me.
Le ultime spinte di Michele mi fanno godere, ma è complice anche lo sfregamento del clitoride contro il pube di Debra. Vengo mentre lei mi bacia, mentre Michele m’innaffia l’interno del culo a fiotti. Cerco di staccarmi per respirare, ma lei non me lo permette. Continua ad affondarmi la lingua in bocca con violenza.
È ormai un bacio furioso, quasi triste, mai avuto da lei una cosa del genere. Devo averle smosso il profondo.
Voglio godermelo, anche se non lo capisco bene: e così l’orgasmo cui arrivo è un picco senza alcun confine. Solo quando vede che mi sono un po’ calmata mi libera appena dalla sua stretta: finalmente posso guardarla negli occhi.
- Ti amo - mi dice sottovoce.
Rimango a bocca aperta, quasi indecisa se ho capito bene. Anche lei, si vede, si stupisce di quelle parole.
Mentre Michele, che non ha sentito, esce lentamente da me e dopo averci baciate leggermente sulle labbra entrambe si va a lavare, io rimango lì, incapace di muovermi. Siamo serissime. L'atmosfera giocosa, i finti strapazzamenti, la mia performance da padrona, il piacere provato: tutto sparito.
Cancellato come da un cancellino sulla lavagna da due sole parole. Due parole dette troppo seriamente per essere dimenticate.
- Scusa, non so perché l’ho detto, ma è vero.
Lo dice con un tremito nella voce, come di pianto imminente.
- Non ti devi scusare - le dico scostandole i capelli dal viso - Non devi.
- Ho paura, Matilde... se ti amo così come eri... ma se ti amo per come sei stata stasera...
- Io ti amo sempre, Debra.
- Forse ora è meglio che vai a fare un giro...
- Sicura?
- Scusami, ho bisogno di rimanere un po' sola.
- Certo, non ti preoccupare, capisco. Ma non ne vuoi parlare un po'?
- No, non adesso. Ti sposteresti, per favore?
Imbarazzata mi rendo conto di essere ancora sdraiata su di lei. I nostri umori che si raffreddano lentamente lasciano una scia fresca e appiccicosa.
Mi alzo e mi rivesto in fretta. Ha il viso coperto dalle mani ma non piange, forse cerca di calmarsi. Chiudo la porta, siedo sul letto e inspiro a fondo.
Forse riesco a capire come si sente. Noi ci amiamo, ma ciò che ho fatto questa sera ha reso tutto difficile. Quando ci si ama, il sesso lo si gestisce facilmente, spesso con precisione. Ma sempre se si rimane tra pari.
Quando il gioco trascende, e trascende se qualcuno è in minoranza, allora c’è qualcosa che non va. Non puoi più giocare, se sei innamorata nel senso classico della parola, rischi di soffrire troppo.
E di certo Debra questa sera ha sofferto, al contrario di me che invece mi sono divertita. Un evidente squilibrio che non può convivere con vero amore. Ecco cosa le ha fatto paura.
Mi sento sporca, non sono neanche andata in bagno.
È tutto molto strano, ma la calma aiuta a spiegare molte cose accadute nella serata.
È stata gelosa sì, ma di me. Non di Michele. Quelle lacrime erano per me, forse mi conosceva diversa. Quello sguardo sconvolto dalle sue stesse parole... quel bacio disperato e dolcissimo in cui aveva riversato tutta la sua frustrazione, tutto il suo amore, forse, per una persona che la faceva godere sì ma non più da amare.
Mah! Amore, sì, e non più per un Michele che era bello compiacere assieme, ma proprio per me in prima persona. Non so che pensare, ma per ora i giochetti sono finiti.
Michele esce dal bagno con un sorriso radioso che si spegne subito non appena vede me vestita e Debra singhiozzante.
- Che fai! Te ne vai?
- È meglio così. Ci sentiamo presto, ok?
- Aspetta! Sei arrabbiata? Debra, perché piangi?
- Credo che Debra abbia bisogno di non vedermi per un po'.
- Cazzo! Che è successo?? Andava tutto così bene! Cosa cazzo avete?
- Ok, lasciale il suo tempo – mi congedo io - Va bene? Ha bisogno solo di tempo.
- Non capisco...
- Ci sentiamo per telefono, ok?
Esco di fretta, l'atmosfera è diventata opprimente. Mi secca lasciare la scena del danno provocato unicamente da me.
Metto in moto la macchina pensando a casa mia e cercando di convincermi che non può essere, che forse è solo un capriccio del momento. A insistere peggiorerei solo la situazione, così mi dico.
E subito dopo, mentre cerco una canzone decente in questa schifezza di una radio, mi sorprendo d’essere intimamente orgogliosa di aver fatto finalmente innamorare anche una donna di me.
- Sei una bella stronza pervertita! – mi dico.
Non l'avrei rivista tanto presto, Debra, cazzo! Forse devo anch’io imparare ad amare, forse dovrò invertire le parti.
Finalmente! Un pezzo decente, i Depeche Mode... ora sì che si ragiona.
Medito qualche secondo, lasciandomi cullare dalla dolcezza di quelle note, poi prendo il cellulare e digito un messaggio a Michele: “Se ti va di parlarne, vieni domani sera a casa mia. Baci.”
Sento di doverlo aiutare a capire, ma non ho alcuna intenzione di rinunciare a lui.
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