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Matilde 02-19 - La scommessa di Valentina - 2


di Alex46
11.03.2019    |    6.835    |    0 9.0
"Debra e io arriviamo assieme a casa, l’una un minuto dopo l’altra..."
«- Sai, amore - disse a un certo punto Roberto con aria indifferente - prima che arrivassi avevamo fatto una scommessa, con i ragazzi, qui...
Marco e Paolo cercarono di fermarlo: - Roberto, non è il caso... dai!
- Finiscila, Maurizio!
- Ma davvero?! - esclamò Valentina rivolta alla tavolata mentre si versava qualcosa da bere - di che tipo?
Tutti sembrarono evitare il suo sguardo, chi fischiettò fingendo indifferenza, chi ridacchiò, chi indicò Roberto come unico colpevole.
Valentina si rivolse al marito con un sorriso: - Allora?
- Semplice - disse Roberto infilando una mano sotto la stoffa leggera della gonna e sfiorandole la pelle accaldata - ho scommesso che avresti riconosciuto il mio cazzo fra quello di tutti loro, prendendolo in bocca.
Valentina rimase un attimo di sasso, poi scoppiò a ridere.
- Non ci posso credere!! Ma stai dicendo sul serio?? - riuscì a domandargli.
La confusione che si era creata con quell'affermazione fra i loro ospiti aveva fortunatamente nascosto il leggero tremore nel suo tono. Nessuno se ne era accorto a parte Roberto.
- Certo che dico sul serio... scherzo mai io, quando scommetto? - le rispose lui serio.
Valentina percepì chiaramente l'onda dell'eccitazione travolgerla di nuovo. L'atmosfera si era fatta di nuovo incandescente. Era bastato poco.
- Chi diceva che non ce l'avrei fatta? - Chiese poi cercando di dimostrare una calma che non aveva.
Quasi tutte le mani si alzarono lentamente, tranne un paio.
- Come vedi amore, se ci riesci vinceremmo un bel po' di soldi! - esclamò il marito ridendo.
- Ma va!!
- Buffone!!
- Non dargli retta, Valentina! - esclamò Vincenzo seguito a ruota dagli altri - non abbiamo scommesso niente... era solo una battuta scema...!
Valentina finse di picchiare il marito.
- Disgraziato!! Potevi almeno scommettere una milionata, che ci pagavamo le vacanze!! -
Una nuova ondata di ilarità attraversò la stanza, ma la situazione rimaneva scottante.
Valentina poteva percepire l'eccitazione inumidirle la figa. Doveva essere un lago, là sotto. Prima che l'euforia del momento passasse disse: - Va bene, ci sto.
Tutto si fermò per un attimo. Le sue parole erano state come una sferzata. Tutti erano ammutoliti per l'ennesima volta nella serata.
Fu di nuovo Roberto a parlare. Il suo tono era dolce ma serio, adesso. Sapeva che sarebbe bastato poco per spezzare l'incantesimo.
- Sapevo che avresti accettato... Vieni qui, amore.
La prese per mano e la condusse sul divano.
- Siediti.
Lei lo guardò solo per un attimo. Giusto il tempo di leggergli la stessa sua voglia negli occhi, poi Roberto afferrò un foulard nero e la bendò, stringendo bene il nodo dietro alla nuca. Valentina si chiese da dove diavolo l'avesse tirato fuori, rendendosi però conto che non gliene importava nulla, in realtà... era contenta che fosse poggiato lì, e che lui non si fosse dovuto allontanare da lei, per prenderlo.
Era tesissima. Avvertiva nettamente la fibra un po' ruvida del divano sotto le gambe, i respiri dei ragazzi, i loro passi mentre si avvicinando cautamente, di nuovo increduli.
Sentiva la stoffa della gonna tendersi sulle cosce, e l'aria fresca lambire la pelle lasciata scoperta dallo spacco.
- Metti le mani dietro la schiena, amore.
La voce del marito la sorprese, in tutto quel silenzio, facendola sobbalzare. Lui le legò anche i polsi dietro la schiena.
- Sei sicura, tesoro? - disse la voce calda di Roberto. Lei annuì.
- Ci alterneremo davanti a te, allora, uno dopo l'altro. Ti sfioreremo la testa quando potrai cominciare. Sarai tu a decidere quando basta. Ok?
Valentina tentò di rispondere, ma la voce si rifiutava si uscire. Annuì con forza.
- Ah, Alfonso se ne è andato. Siamo sette, quindi. Va bene, amore?
Lei annuì di nuovo. Amava questo suo cercare di metterla a suo agio.
Poi lo sentì.
Il rumore delle cinture che venivano slacciate: prima una, quella di Roberto, immaginò, poi, timidamente, una seconda. Infine le altre, quasi contemporaneamente, come se i ragazzi si fossero dati coraggio l'un con l'altro.
Sette cinture. Il rumore di ferro delle cinghie e del cuoio che scorreva e schioccava. Un suono che conosceva bene, e che amava produrre lei stessa quando sbottonava il marito. Così amplificato però, la scosse con forza, dandole finalmente la percezione di quello che stava per succedere. Ormai era ben oltre il punto di non ritorno. Si ritrovò a godere di quel suono, e si morse il labbro.
Subito dopo sentì il fruscio della stoffa. Un'altra sferzata.
Sette paia di pantaloni che venivano abbassati. Cercò di capire fino a dove. Poco sotto il sedere, decise Valentina. Il rumore non era durato molto. Qualche risatina sommessa, qualcuno che sussurrava concitatamente - No, dai... non possiamo - poi il rumore inconfondibile delle mani che scorrevano sui cazzi.
Pelle su pelle.
Valentina credette di impazzire. Le piaceva essere legata e bendata. Ma ora era in presenza di altri uomini, sconosciuti praticamente. In più era seduta, in posizione di inferiorità. E quegli uomini avevano tutti il cazzo in mano, pronti a metterglielo in bocca. Una situazione pazzesca. Si sentiva tesa come una corda di violino, concentrata al massimo per sentire il suono di quelle sette mani che scorrevano sulla pelle.
Riusciva a immaginarli, i ragazzi. Ognuno che si menava il cazzo lentamente. Ripercorse i loro volti nella memoria, cercando di abbinare a quel ricordo quello che le suggeriva l'immaginazione. Si sentì le labbra improvvisamente secche, e le umettò con la lingua.
Fu come un segnale.
Subito percepì i passi di qualcuno molto vicini a lei, e una mano leggera le sfiorò la testa. Era il momento. Si bagnò di nuovo le labbra, poi si sporse leggermente in avanti, la lingua di fuori, cercando il primo cazzo.
Lo incontrò subito. Un odore forte la assalì. Non era quello di Roberto. Era molto più dolce, quasi vanigliato. Avrebbe potuto già dire che non era lui, e passare al successivo, ma quell'odore la incuriosiva. Bagnò con la lingua il glande che aveva di fronte, poi sporse le labbra in fuori e lentamente lo avvolse. Voleva essere bella, mentre lo faceva. Tornò indietro per bagnarsi di nuovo le labbra, poi lo affondò in gola. Era molto grande. Più largo di quello di Roberto, sicuramente. E non era arrivata alla base, ne era sicura. Cercò di prenderlo tutto in bocca, ma le dimensioni glielo impedirono. La cosa la fece uscire di testa. Un gemito si alzò da qualche parte della stanza.
La figa eccitata le doleva. Infine dovette riconoscerlo con se stessa. Aveva voglia di fare un pompino a questo cazzo grande e profumato. Ne aveva una voglia terribile. Lo succhiò un'ultima volta poi si staccò, a forza.
- Mmm... - fu tutto quello che riuscì a dire, e le uscì come un sussurro roco. Gli uomini davanti a lei si mossero, cambiando posizione.
Poteva sentire solo i loro passi e il rumore della loro masturbazione, forse la cosa che la eccitava di più.
Avanzò con il busto per cercare il secondo. Lo esplorò con la lingua, bagnandolo di saliva. Sentì di nuovo la testa girarle per l'eccitazione, ma si sforzò di essere lucida. Analizzò la consistenza. Era simile a quello di Roberto come dimensioni. Lo prese in bocca completamente, lo estrasse quasi del tutto, poi se lo rimise in bocca. Aveva la cappella piccola, poco pronunciata: non era lui. Quella di Roberto la faceva impazzire per come si staccava dall'asta, in modo netto.
Quello successivo si fece attendere qualche istante di più. Valentina sentiva il rumore di qualcuno che si masturbava velocemente molto vicino a lei, a pochi centimetri dal suo viso. Doveva avere qualche problema con l'erezione, intuì. Alla fine una mano tremante, con un forte odore di profumo, le sfiorò la testa. Nonostante avesse già capito che non era il marito, avanzò con la bocca aperta. Il cazzo che le entrò dentro era piccolo, neanche molto duro. Evidentemente non era quello del marito. Lo succhiò alcune volte, senza che diventasse comunque duro, poi nel modo più gentile possibile, si staccò.
Di nuovo il rumore dei passi sostituì il silenzio irreale che la circondava, e prima ancora che il successivo le sfiorasse la testa, avvertì uno sgradevole odore di urina. Si sporse un po', e quando incontrò il cazzo che le stava davanti lo leccò appena. Non le andava proprio di prenderlo in bocca. Si ritrasse, scuotendo la testa e facendo capire di passare al successivo. Qualche risata sommessa si alzò nella stanza, un rumore di passi che si allontanavano in fretta. Non le importava, che si offendesse pure. Non era mica una puttana, lei...
Forse lo era, invece. Si osservò dal di fuori. Legata, bendata, con la bocca aperta in attesa del prossimo cazzo, il respiro tanto affannoso da sembrare un gemito.
Era una puttana, oh, sì, se lo era... Il suono di quella parola le fece girare la testa.
I sospiri nella stanza aumentavano sempre di più. Valentina immaginò che qualcuno poteva essere sull'orlo di venire. Immagini di donne ricoperte dalla sborra di più uomini le si affacciarono alla mente. Desiderò per un attimo ricevere lo stesso trattamento. Ansimò violentemente. Chissà se qualcuno immaginava cosa le passava per la testa... chissà come sarebbe andata a finire questa serata. La prospettiva di essere penetrata da tutti e in tutti i buchi in questo momento le sembrava l'unica accettabile.
Prese in bocca il cazzo che aveva di fronte come una furia. Un'eccitazione del tutto primordiale si era impadronita di lei. Era un bel cazzo, molto simile a quello del marito. Sagomato, come piaceva a lei, abbastanza grosso, ma non troppo. Riusciva a sentire i peli dell'inguine solleticarle il volto quando arrivava fino in fondo. Ma aveva una leggera curva verso destra che quello di suo marito non aveva. Lo succhiò avidamente, ancora presa dalle immagini che le avevano riempito il cervello poco prima. Fu l'uomo alla fine che si allontanò. Lo sentì staccarsi quasi con violenza dalla sua bocca, ansimando. Forse aveva esagerato.
Il rumore delle mani sui cazzi era più frenetico, ora. I respiri più pesanti. Il suo era ormai un rombo sordo che le riempiva le orecchie.
Finalmente ebbe in bocca il cazzo di Roberto. Lo riconobbe subito. Anche l'odore era famigliare. Ritrovò con facilità i movimenti che le piacevano di più, ma lo succhiò senza troppo entusiasmo, non voleva dargli questa soddisfazione. Si ritrasse poco dopo per ricevere l'ultimo. Le gambe le dolevano terribilmente per la tensione, così come le mani legate dietro la schiena, ma non pensò neanche per un attimo di alzarsi.
Allungò la lingua fuori, meno timidamente, ormai, per cercare l'ultimo cazzo. La stupì subito la grandezza della cappella. Il piccolo foro dell'uretra era enormemente dilatato. Non resistette alla tentazione e vi insinuò la punta della lingua, che entrò con facilità. Il cazzo venne spinto in avanti, premendo per entrare fra le sue labbra. Nascondendo un sorriso si lasciò penetrare. Lo accolse tutto, rimanendo qualche secondo immobile, poi lo succhiò, senza arretrare. Quando il respiro cominciò a mancarle, si staccò, ansimando.
Un leggero filo di saliva le colò a lato della bocca. Lasciò che scendesse e le segnasse il viso. Si sentì terribilmente troia. Muovendosi cercò il bagnato degli slip, ricavandone altro piacere. In lontananza, da qualche parte, i ragazzi stavano riabbottonandosi, sentiva vagamente il rumore della stoffa che strusciava sulla pelle.
- Era l'ultimo? - chiese con una voce che non si riconobbe.
- Sì tesoro - rispose il marito sedendole accanto e sciogliendole le bende.
Valentina attese qualche secondo prima di aprire gli occhi. Quando lo fece la luce non la accecò, poiché solo un lume lontano era stato lasciato acceso. Senza girarsi e senza guardare nessuno, si avviò con le gambe ancora tremanti verso la porta della camera da letto. Sentiva un fuoco fra le gambe. Aveva bisogno di scopare, o di masturbarsi.
Attese qualche secondo poggiata allo stipite, dando loro la schiena, poi si girò a guardarli, finalmente. I ragazzi sedevano sui divani con aria chi imbarazzata, chi soddisfatta. Qualcuno si premeva fra le gambe, cercando di non farsi notare, nel tentativo di alleviare l'eccitazione.
Valentina li guardò tutti con un sorriso malizioso. Federico, Marco, Enzo, Paolo, lo Schiavo, che poi era Vincenzo, e suo marito.
Di tutti questi uomini aveva appena preso in bocca il cazzo. E non si sentiva imbarazzata, solo maledettamente eccitata, con un desiderio enorme di essere penetrata da qualcosa. Avrebbe risolto presto questo problema, si disse, ma prima la scommessa.
Si schiarì leggermente la voce, perché non era sicura che le sarebbe uscita.
- Quello di Roberto era.... - e lasciò passare qualche secondo - ... il sesto! - disse infine sorridendo maliziosa.
Poi entrò in camera chiudendo la porta dietro di sé.
Era stata una gran bella uscita, pensò complimentandosi con se stessa e insieme dandosi della bambina. Si appoggiò alla porta con un sorriso scemo sulle labbra.
Non accese la luce. Si buttò a pancia in sotto sul letto, abbassandosi in fretta le mutande a metà coscia, dove le piaceva sentirle. Aveva assolutamente bisogno di qualcosa dentro. Frugò con la mano nel cassetto vicino e tirò fuori il vibratore. Si penetrò furiosamente. L'altra mano si mosse veloce sul clitoride, finché il piacere arrivò, immediato e potente.
Le carezze di Roberto la svegliarono, poco dopo. Si stiracchiò fra le sue braccia, rendendosi conto di avere ancora il vibratore in mano.
- Sono andati via? - chiese con voce impastata dal sonno mentre si accoccolava fra le sue braccia.
- Sì, quasi tutti...
- Perché quasi?
- Due sono rimasti, gli ho chiesto io di stare ancora un po'...
- Ah...
- Mi sembravi particolarmente eccitata, stasera... che ne dici, ti va?
Valentina si ritrovò improvvisamente sveglia, ma si abbandonò alle sensazioni che ancora l'avvolgevano.
- L'idea mi attira, sì.
Roberto le sfiorò una coscia morbida.
- Chi hai tenuto? - chiese Valentina che non riusciva a pensare a molto altro che alla mano del marito che risaliva leggera verso il suo sesso.
- Quelli che ti sono piaciuti di più... - disse Roberto carezzandole la figa ancora turgida e umida di piacere.
- Mmm.... sembri sicuro di te.
- Lo sono, infatti.
- E... se non fossero loro? - chiese Valentina mettendogli una mano sulla patta dei pantaloni.
Roberto la guardò negli occhi con un sorriso che aveva solo in certe occasioni.
- Scommettiamo?».

Le ultime righe le ho lette con la mano di nascosto tra le gambe, cercando sollievo. Il pensiero di Valentina che si masturba con il vibratore mentre gli uomini se ne vanno è grande, grande. E poi il marito che l’accarezza piano e le suggerisce l’idea di farsi sbattere dai migliori della serata, assieme a lui naturalmente. E il racconto che si tronca, lasciando immaginare quello che segue, l’orgia di cazzi che Valentina si prenderà uno dopo l’altro o anche insieme per una nottata di follia con il marito.
Ricevere queste e-mail sul lavoro è quanto di più bello possa esserci. Quasi mi viene voglia di farlo anch’io, di cercare pure io qualcosa che possa eccitare Michele. Ma per lui è facile, in pochi minuti trova i racconti e li scarica.... io ci metterei un pomeriggio.
Mi viene l’idea che Debra mi lecchi mentre sono al lavoro, magari al telefono. Non so cosa c’entri, ma tutto questo è talmente eccitante che anche oggi andrò a sditalinarmi da sola. Poi lo comunicherò a Debra e Michele (che mi risponderanno di averlo già fatto...): intanto mi dirigo al bagno.
Come al solito non perdo tempo per la mia sveltina solitaria. Due colpi di dita, poi l’eccitazione e la giornata di quasi astinenza fanno il resto. Vengo veloce, efficiente.
Quando mi risiedo alla scrivania gli scrivo una breve e-mail in cui dico che non posso pensare che dopo averci mandato un racconto del genere lui non vada in bagno a tirarsi una sega come quasi sempre facciamo noi ragazze. Lui lo sa, perché noi amiamo dirglielo con tutti i particolari. E sapendolo non può che aumentare il suo desiderio. Così glielo scrivo, una breve missiva in cui lo incito alla masturbazione, perché è così che vorrei che facesse per poi questa sera potercelo raccontare.
Dopo una decina di minuti mi arriva un messaggio (per conoscenza anche a Debra): “Cara Matilde, è vero, ho fatto come hai detto. Sono andato in bagno e ho sborrato nel lavandino pensando a quella gran troia di Valentina. Vorrei che anche voi faceste uguale, così questa sera sarete pronte per i nostri giochi. E ho in mente certe idee da farvi dimenticare di poter mai stare da sole...”.
Allora mi rialzo per andare in bagno, a grandi passi copro la distanza che me ne separa. Devo avere un’espressione davvero fuori del normale. Sorrido a Marco, il collega che mi guarda sempre con ammirazione, pensando a come potrebbe fare per attaccare un qualche discorso promettente, poi entro e mi chiudo a chiave. La sveltina di prima non mi è bastata. Istantaneamente immagino di essere Valentina, con la bocca ancora piena di quei sapori. Dice a suo marito di farli entrare, quelli poco dopo sono lì accanto al loro letto. Sì, sono loro. Sono quelli che le sono piaciuti di più, Maurizio come sempre ci ha azzeccato, la conosce proprio bene. E adesso, forza... cominciamo con il primo.
E mentre chiudo gli occhi e penso alla scena della donna che si fa trombare a turno, eccitata a morte da una serata davvero erotica e porca, io mi spingo l’indice nella figa e vado su e giù per due minuti fino a che vengo con un leggero tremore alle gambe che mi costringe ad appoggiarmi con una mano per terra, quella libera. Con l’altra mi godo i sussulti della figa, che non accennano ad attenuarsi.
Mi lavo le mani, mi riassetto poi allo specchio ed esco con un leggero sorriso. A cosa penso? A Michele e Debra, nient’altro che a loro. E a questa sera, con in aria quell’elettricità di sesso speciale. Ci godremo la serenità del nostro stare assieme, poi domani sarà come le altre sere, una valanga di sesso.
Debra e io arriviamo assieme a casa, l’una un minuto dopo l’altra. Sappiamo che Michele arriverà solo domani sera. Ci prepariamo veloci uno spuntino (quando non c’è Michele ci teniamo di più, le cene sono senz’altro più misere...), poi parliamo un po’ al telefono con il nostro uomo che puntuale ci telefona alle 21 per confermarci il suo ritorno domani. Non ci chiede nulla, ma sa che siamo eccitate, sa che abbiamo letto il suo dono scritto... È sempre così, riesce a farsi amare sempre, anche ora che non c’è e ci manca molto, anche se sono solo due giorni che non lo vediamo.
Debra si è portata una stampata del raccontino, le due puntate in una sola. L’abbiamo trovato molto erotico, perché non scritto in maniera piatta. È arrapante la situazione, e poi c’è sempre la vecchia questione dell’amore di gruppo, lì appena accennato, che ci affascina e ci spaventa.
Lei si è masturbata in bagno nel pomeriggio e me lo dice subito dopo cena, come a dare il segnale del momento erotico tra di noi. È eccitata come una bambina, questo momento di intimità lo sentiamo forte.
- Come l’hai fatto, amore?
- Non ho resistito, e stavolta l’ho fatto seriamente con il vibratore che spesso mi porto dietro. Mi ha eccitato un casino questa storia di Valentina. Così sono andata in bagno e mi sono stantuffata per un bel cinque minuti la figa. Alla fine sono venuta e ho dovuto trattenere le urla che mi venivano dal profondo.
- Hai pensato a me, amore?
- Sì, ti ho pensata. Però non ti ho coinvolta il quel casino di cazzi e di fighe. Quello rimaneva nel mio cervello ed era cibo per noi due. Mentre godevo pensavo a te come il mio amore con cui godo, perché anche tu ti eri eccitata delle stesse fantasie.
- Io invece non ho potuto. E adesso ne ho una voglia pazza – dico. E mentre lo dico, mi alzo e accenno a trascinarla in camera da letto.
- Aspetta, prima ci prepariamo, poi rileggiamo tutto il pezzo, poi...
- Poi cosa?
- Poi ti faccio vedere...
E così ci avviamo in bagno, ci laviamo, facciamo la pipì, poi ci rilaviamo. Indossiamo una tunichetta leggera senza null’altro e ci dirigiamo spedite a letto. Lì rileggiamo la storia, toccandoci la figa l’una con l’altra per tutto il racconto, accentuando il movimento nei pezzi più hard. Alla fine con il mio cellulare mandiamo un messaggino a Michele così composto: “caro Michele, stiamo per leccarci la figa come quasi tutte le sere; dopo i tuoi racconti, in particolare, vorremmo che tu fossi qui a sbatterci. Invece sei lontano, ma sai che possiamo fare a meno di te, almeno per qualche sera riusciamo a consolarci da sole...”.
La mattina dopo ci alziamo e dopo una breve colazione andiamo ancora a lavorare. Unica consolazione nel nostro rincoglionimento (ci eravamo addormentate alle 2, dopo che avevamo sborrato assieme almeno una mezza dozzina di volte) era che nel corso della giornata forse avremmo ricevuto un’altra e-mail. Ma questo non avviene.
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