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Sviluppi imprevisti - Barcellona (9)


di crigio
08.01.2014    |    5.985    |    2 9.5
"“Dovrai prendere tutti quelli che entrano, senza fare storie, ok?”..."
Quarto giorno a Barcellona. Anche oggi il programma prevede un giro per la città. E tra monumenti e shopping il tempo passa in fretta.
In serata, Enrico ha di nuovo un appuntamento col suo cliente facoltoso, per cui io e Pino usciremo a divertirci da soli. L’idea del biondino è di tornare nella sauna di ieri sera. Concordo, ma voglio aggiungere più pepe. Mi riservo di rivelargli i miei pensieri quando saremo lì.
Prendiamo i mezzi e raggiungiamo il locale. Negli spogliatoi ci liberiamo di tutto e ci avvolgiamo il telo intorno alla vita, inoltrandoci per i corridoi.
La fauna è variegata, ma al momento un po’ deludente: incontriamo soprattutto vecchi incartapecoriti e appesantiti, perciò decidiamo di chiuderci in una cabina ad aspettare un orario più congruo.
Il televisore trasmette un porno e Pino non resiste alla tentazione di toccarsi: si apre l’asciugamano e solleva le cosce. Si inumidisce un dito, succhiandolo come una troia, e poi lo conduce tra le sue chiappe. Si titilla rapidamente la rosellina e il suo respiro comincia a farsi pesante.
Approfittando del fatto di essere più vicino alla porta, tolgo il catenaccio e la schiudo leggermente, senza che il mio amichetto se ne accorga, ipnotizzato com’è dai due attori che scopano nella scena. Scrutando dalla fessura, noto che il movimento nel locale è aumentato. Anche i soggetti sembrano migliorati. Posso mettere in atto il mio piano.
“Vedo che ti stai scaldando!”, dico a Pino.
“MMMM, sìììì!!! Quei due sono veramente arrapanti!”, ribatte, senza staccare gli occhi dal monitor.
“Stai facendo eccitare anche me, toccandoti così, sai?”.
“MMMMM, davvero?”, risponde, e mi rivolge lo sguardo.
“Vieni qui!”. Mi alzo in piedi e tiro su anche lui, completamente nudo. Lo stringo a me e ci giriamo in modo che dia le spalle alla porta della cabina. Allungo un braccio e, sempre a sua insaputa, la apro un altro po’, cosicché chi passa nel corridoio possa vederci. Limoniamo, e intanto io lo palpo dappertutto, soffermandomi sulle sue chiappette bianche: le apro e le massaggio, mettendo in evidenza il suo buco rosa e umido della sua saliva.
Un ragazzino dinoccolato si arresta sull’uscio: sembra intimorito e non ha il coraggio di attraversarlo completamente. Allora, con un gesto della mano lo invito a unirsi a noi. Si fa coraggio e, con passi lenti, si avvicina a Pino. Levo una mano da una chiappa del biondino e il tipo capisce che deve sostituirla con la sua. Ci appoggia sopra il palmo e stringe. Il biondino fa per girarsi, ma lo tengo con gli occhi fissi su di me.
“Che c’è?”, gli chiedo.
“Che succede?”, mi fa, di rimando.
“Tranquillo! Che ne dici di fare una bella maratona di cazzi? Vediamo quanti riesci a prenderne, ti va?”.
“MMMMM, certo che mi va!”.
“Dovrai prendere tutti quelli che entrano, senza fare storie, ok?”.
“Ok! Che problema c’è!”. E a queste sue parole afferro il telo del ragazzino e lo tiro via. Il suo membro schizza per aria, già duro. Non è un granché, ma per cominciare può andar bene. Mi sputo su una mano e la passo ben bene tra le chiappe di Pino per lubrificarlo, facendo così capire allo sconosciuto che deve fotterlo. Questo sbava sul suo uccello e spalma la saliva. Quindi, punta il cazzo al culo del biondino e inizia a spingere.
Nonostante non sia un grosso calibro, la penetrazione provoca un brivido al corpicino del mio amico.
“Puta! Puta linda!”, biascica il ragazzino, mentre muove il bacino, prima lentamente, per prendere le misure, e poi sempre più velocemente. Il suo ventre schiaffeggia le chiappe di Pino, facendolo sobbalzare tra le mie braccia. Geme e reclina la testa. Tira fuori la lingua e si lecca le labbra. Pronuncia qualche altra parola in spagnolo, che però non capisco.
“Se sono tutti così, facciamo notte!”, protesta Pino.
“Abbi pazienza: questo è solo l’aperitivo!”, lo schernisco.
“Speriamo!”, sospira. D’un tratto, il tipo gli si incolla addosso e struscia l’inguine contro le sue chiappe. Il suo cazzo entra completamente in Pino, il quale comincia ad avere una certa reazione.
“Ah però! E io che l’avevo… uff!... sottovalutato… mmmmm!”, mugola il mio amichetto. Ma proprio quando sta per iniziare a godere, quello rantola di brutto e gli scarica dentro il suo seme. La faccia delusa di Pino mi strappa una risata, che lo sconosciuto non nota neanche. Anzi, esaurito l’orgasmo, riprende il telo e sparisce.
“Che pivello!”, lo apostrofa Pino.
“Sì, però ti ha lubrificato bene”, gli dico tastandolo tra le cosce. “Il prossimo dovrebbe entrare più facilmente”.
E il prossimo non tarda ad arrivare: un uomo di mezza età, ma ben conservato, si affaccia sulla porta. È in abbigliamento leather: cappello, harness pettorale, slip in latex con cerniera anteriore e stivali. È molto sexy e il rigonfiamento all’inguine fa immaginare qualcosa di più del suo predecessore.
Entra e inizia a palpare la troietta. “MMMMMMMMMMM!!! Questo ci sa fare!”, commenta Pino. Poi la testa dell’uomo scompare verso il basso: si è inginocchiato alle spalle della troietta e un sussulto del suo corpo mi fa capire che gli sta facendo un intenso anilingus.
“Oh, che lingua! Che lingua!”, sbotta il biondino, contorcendosi e strofinandosi contro di me. Poi, sento due mani sulle mie gambe: il tipo ha afferrato il mio asciugamano e lo sta tirando giù. Il mio cazzo spunta fuori e si inserisce tra le cosce di Pino. La lingua dell’uomo passa prima sulla mia cappella e poi sul buco del mio amichetto. Lappate piene ed abbondanti regalano piacere sia a me che a lui. Due labbroni morbidi e umidicci stringono il mio glande e lo succhiano voracemente. Quando lo abbandonano, il corpo di Pino si fa molle: l’uomo deve essere tornato a torturagli la rosellina.
“Cazzo! Io così godo!”, mi sussurra il mio amico. Si sta accaldando e a tratti trema. Poi, la testa dello sconosciuto riappare dietro di lui. Si sente il rumore di una lampo. Gli occhi della troietta si sgranano e la sua bocca si spalanca.
“Minchia! Questo è… AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!!... GROOOOOOOOSSOOOOOOOOOO!!!”, urla, mentre l’uomo gli pianta la mazza in corpo. Gli mette le mani ai fianchi e comincia a fotterlo come un forsennato. Per non cadere devo appoggiarmi alla parete retrostante. Le braccia di Pino mi stringono forte e lui lancia degli urletti ogni volta che il cazzo gli affonda dentro. Contemporaneamente, lo sconosciuto si china sulla sua schiena e lo lecca e lo morde: grufola contro la sua pelle e lo percuote incessantemente. Porto le mie mani alle chiappe di Pino e le apro: adesso il palo lo riempie tutto e non si regge più in piedi. Siamo io e l’uomo a tenerlo, mentre viene sballottato dai colpi che riceve alle terga e dagli spasmi che cominciano a scuoterlo.
“Che porcellina che sei!”, lo insulto. “E questo è solo il secondo! Mi sa che non andiamo molto lontano!”.
“Che… stronzo… oooooooooohhhhhh!!! Posso… prendere… AH!... tutti… i… MMMMMMMMMM!!!... cazzi… che… OOOODDIIIIIOOOOOOO!!!... che voglio! CHIARO!”, mi urla in faccia, in preda ad un principio di orgasmo anale.
“Lo so che puoi!”, gli sibilo, avvicinandomi al suo orecchio. “Ma per ora goditi questo! Senti come ti scorre nelle viscere…”.
“Sì…!”.
“… e come ti massaggia lo sfintere…”.
“… s… sì…”.
“… e come ti colpisce la prostata…”.
“… cazzooooo, sìììììììììì!!!”.
“Sei una vacca montata dal suo toro!”.
“Oh sì! E che tooooooorooooooooooo!!!”. Poi, le sue chiappette si fanno dure. “Ecco… arriva… arriiiiiiiiivaaaaaaaaaa!!!”. Il suo culo si stringe. Sul viso dell’uomo si dipinge un’espressione di sgomento: sta diventando paonazzo ed è tutto contratto nel tentativo di trattenersi.
Non ci riesce. “MIERDA!!! ME CORROOOOOOOOOOO!!!”, grida appiccicando il ventre alle natiche della troietta, il cui corpicino sussulta ritmicamente, forse in coincidenza di ogni fiotto che lo sconosciuto gli spara dentro. Questo trema e rantola. Poi, abbandona il capo sulla spalla di Pino e respira affannosamente.
“Espectacular!... Espectacular!”, biascica, mentre riprende il controllo del suo corpo e sguscia fuori dal biondino. Arretra un po’ e, col pisello ancora grondante, si ferma a guardare la sua puttana, col petto che gli si gonfia per la fatica. Si passa una mano sul viso per asciugarsi il sudore, fa un ultimo lungo sospiro e si volta per andare via.
Solo allora mi accorgo che, fuori dalla porta della cabina, c’è una coda di maschioni infoiati.
“Piccolo: mi sa che la notte sarà lunga!”, sussurro al mio amichetto ancora ansimante.
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