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Gay & Bisex

Pensieri nascosti (3)


di crigio
18.02.2014    |    6.308    |    1 9.9
"“Già! Non ti dirò che mi dispiace, perché sarei un ipocrita, ma, dato che ti fa stare così male, posso prometterti che non succederà mai più”..."
Il giorno successivo Pino ed Enrico devono giocare una partita di campionato e mi invitano ad assistere. Entrato nel palazzetto mi accomodo in un posto non troppo alto, in tribuna.
I calciatori entrano in campo e l’arbitro dà il fischio di inizio. Da subito mi accorgo che il mio ragazzone è molto aggressivo: più volte viene richiamato dal direttore di gara, che aspetta un po’ prima di ammonirlo. Purtroppo, la sanzione arriva presto, e, dopo un po’, anche l’espulsione: Enrico ha fatto una brutta entrata su un avversario e l’arbitro non ha potuto evitare di buttarlo fuori.
Lo vedo sparire sotto gli spalti, mentre bestemmia e si agita. Mi alzo e lo raggiungo negli spogliatoi. È seduto su una panca con la testa tra le mani.
“Ehi, amore! Ma che hai combinato?”, gli chiedo. Non risponde. Poi, si leva in piedi, di scatto, e mi dà le spalle.
“Secondo te, mi merito questo io…”, mi fa, senza dare un tono particolare alle sue parole.
“Ma dai! È solo un’espulsione! Non sarà mica la fine del mondo!”.
“Non mi riferisco alla partita, cazzo!”, mi risponde alzando la voce e girandosi verso di me. È paonazzo, e non per la fatica di poco fa. Digrigna i denti e stringe i pugni e temo che voglia picchiarmi. “Avevi il suo profumo addosso, ieri sera! Che credi? Che io sia un coglione? Che non sappia quello che fai?”.
“Di… che… parli…?”.
“Non trattarmi come uno stupido. Posso sembrare un bambolottone, ma tu sai che non lo sono…”.
“Hai ragione…”, ribatto rassegnato. “Sì, è vero. Ieri sera sono stato con lui. È venuto a prendermi in ufficio e poi mi ha portato al fortino. Non conoscevo le sue intenzioni. Ha fermato la macchina e ha cominciato a toccarmi e a baciarmi…”.
“… e tu non hai resistito…”.
“Già! Non ti dirò che mi dispiace, perché sarei un ipocrita, ma, dato che ti fa stare così male, posso prometterti che non succederà mai più”.
“Non so se crederti. Ti avevo già chiesto di non rimanere più da solo con lui, eppure…”.
“Stavolta mi impegnerò sul serio, te lo giuro!”, lo imploro, avvicinandomi a lui. Ma Enrico si allontana e mi dà nuovamente le spalle. Un tuffo al cuore mi fa temere che stia per succedere l’irreparabile. Che mi voglia lasciare. D’altronde, l’ho fatta davvero grossa: non posso certo biasimarlo se non vuole più avere a che fare con me.
Allungo una mano verso di lui per toccargli una spalla, ma lui improvvisamente si volta e mi stringe forte il polso. Mi attira a sé, mi stringe e mi affonda la lingua in gola. La sua mano corre dentro i miei jeans e raggiunge rapidamente il mio solco. Un dito si infila in mezzo e mi penetra. Sussulto.
“Puttana!”, mi sussurra, e, appoggiandomi entrambe le mani sulla testa, mi spinge verso il basso, costringendomi ad inginocchiarmi. Si cala i pantaloncini ed estrae il cazzo. Mi tura il naso e mi soffoca con la nerchia. “Succhia, puttana!”, continua ad insultarmi, iniziando e fottermi la bocca. Sento l’odore acre del suo sudore venire fuori dal suo inguine: mi eccita. Con la coda dell’occhio punto la porta per paura che possa entrare qualcuno. A quanto pare a lui non interessa: il suo sguardo è su di me che pompo avidamente la sua minchia. “E’ questo che vuoi, non è vero?”, mi fa tra il rabbioso e il disperato.
Velocemente, l’asta si allunga e si ingrossa e non riesco più a contenerla tra le fauci. Tossisco e sbavo e questo fa impazzire il mio ragazzone, che aumenta la frequenza dell’andirivieni. Poi, tira fuori il cazzo e me lo sbatte sulle guance, Quindi, me lo pianta nuovamente in gola, provocandomi un conato. Stringo lo stomaco e trattengo il respiro per limitare i miei spasmi, ma mi riesci difficile. Alla fine, si stacca e mi fa alzare in piedi. Mi spoglia, gettando lontano i miei vestiti e mi spinge su una panca. Mi apre le cosce e vi si inginocchia in mezzo. Vi immerge la faccia e comincia a lavorarmi la rosellina. Individua immediatamente un punto che lui conosce bene: l’attaccatura alta del buco, che lui sa essere la mia zona erogena più sensibile.
Ci incolla le labbra e succhia. Poi, la sua lingua si fa strada nella mia mucosa e mi stimola freneticamente. Questa doppia sollecitazione mi manda in estasi in pochi secondi. Il mio respiro si accorcia e la mia temperatura aumenta. Le gambe vibrano e mi contorco sull’asse di legno.
“Che troia!”, sbotta Enrico, lasciando solo per un istante la mia rosellina. Poi, ci si avventa di nuovo sopra e riprende a torturarmela più di prima. La sua lingua compie un movimento circolare e lecca tutt’intorno l’interno del mio buchino. Quindi, si ferma ancora nella parte superiore e con le labbra aspira forte.
“Oh sì, lì, proprio lì!”, lo incito, e le mie mani spingono la sua testa tra le mie natiche.
“Zitta, puttana!”, mi insulta, e mi tappa la bocca con un palmo.
“MMMMMMMMMM!!!”, mugolo, non potendo più proferire parola. La stimolazione di quel punto è talmente insistente che non riesco a contenere un effluvio di umori. Il mio sfintere li sputa fuori ed Enrico lo succhia voracemente. Poi si alza: ha il viso sconvolto e il muso impiastricciato di saliva e delle mie secrezioni. Si leva velocemente i pantaloncini e la maglietta, gira intorno alla panca e, piegando le ginocchia, mi riempie la bocca con la sua nerchia. Si piega sulla panca e inizia a fottermi le fauci.
“Sì, spompinami, zoccola! È questo che vuoi, no? E allora ciucciami il cazzo!”, continua a borbottare, mentre mi sbatte il ventre contro la faccia.
Dopo un po’, si sdraia sul mio corpo e mi apre le chiappe con le mani. Tira fuori la lingua e riprende a lavorarmi il buco, mentre, contemporaneamente, mi scopa la gola. Mi sputa sulla rosellina e con un dito la sfrega. Mi strizza quel famoso punto erogeno tra pollice e indice e il mio bacino schizza per aria. Mi penetra con il medio e mi fa un ditalino veloce. Ci aggiunge un'altra falange e mi ravana in lungo e in largo, con la lingua che insieme non smette di regalarmi piacere.
Tira fuori le dita, le succhia, assaporando i miei aromi, e poi me le ripianta in corpo, perquisendomi lo sfintere come cercasse qualcosa. D’improvviso, si alza e gira di nuovo intorno alla panca. Mi afferra per le cosce e, con un colpo secco del bacino, mi incula a fondo.
“AAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHH!!!”, urlo di dolore.
“Che c’è? Non ti piace?”, mi chiede, provocatorio, mentre comincia a scoparmi di gran lena. “A te piace sempre il cazzo nel culo. Lo so. Perciò, sta’ zitta e fatti sbattere, troia!”.
Ha ragione: il fastidio dura solo pochi secondi. Poi, la sua mazza che mi martella la prostata mi scatena il godimento. Smetto di gridare e inizio ad ansimare.
“Sì, lo sapevo!”, si compiace lui, ghignando di soddisfazione. Sento il suono del suo ventre contro le mie chiappe: non si risparmia per nulla e gronda di sudore. Sta sfogando tutta la sua rabbia su di me, incurante delle conseguenza, sia per lui che per me. Non gliene frega niente di godere, né di farmi godere. Vuole solo punirmi.
“Ora te lo faccio sentire bene!”, mi dice d’un tratto, e, piegandosi su di me, passa le mani sotto le mie scapole e mi solleva. Si gira e mi spinge contro gli armadietti. Con le mie gambe sulle sue spalle e le mie braccia intorno al collo fa dei movimenti lunghi dal basso verso l’alto e la sua minchia mi si infila in culo completamente. All’inizio si muove lentamente, ma presto accelera, fino a fottermi come un forsennato. Negli spogliatoi rimbomba il suono delle ante degli armadietti percossi dalla mia schiena, insieme con i miei gemiti e il suo rantolo.
Uno spasmo mi fa allargare le braccia e, per non cadere, le tiro subito su e mi appendo dalla cima dell’arredo. Il mio petto si offre così alla vista di Enrico, che non perde l’occasione di tuffarsi su un capezzolo. Lo lappa e poi lo stringe tra i denti, e un altro spasmo mi fa sussultare costringendomi ad incollarmi a lui e ad ingoiare tutta la sua asta nelle mie viscere. Allora, la sua cappella colpisce la mia prostata e parte l’orgasmo anale.
Enrico se ne accorge e riprende a scoparmi. La prima reazione è l’ennesimo spasmo. A seguire, ondate di calore salgono e scendono lungo il mio corpo. Quindi, una convulsione mi fa irrigidire e vibrare e dopo iniziano le contrazioni dello sfintere. Non riesco più a reggermi dall’alto: mi sgancio e mi appendo di nuovo al suo collo. Lo fisso con gli occhi semichiusi, preso come sono dal crescente godimento. Anche il rantolo di Enrico diventa più forte e le sue guance si gonfiano: sta per sborrare, ma comunque non rallenta il ritmo della penetrazione. Anzi, mi dilania gli intestini, proprio quando comincia a svuotarsi i coglioni. Il suo sperma, misto ai miei umori, schizza fuori dal mio buco: sulla sua pancia e sulla mia. Il mio ragazzone, però, non accenna a rallentare: mi sta distruggendo. La sua eccitazione è alimentata dalla sua rabbia e, finché non si consuma quella, non cesserà di fottermi.
“Fermati! Fermati, ti prego!”, lo supplico, ma il suo volto paonazzo mi fa capire che non ne ha la minima intenzione. Di colpo, però, gli si spezza il fiato e allora è costretto a interrompere la monta. Mi lascia andare e, scivolando lungo gli armadietti, cado a terra. Dall’alto della sua statura, mi fissa respirando a fatica, mentre io mi massaggio la rosellina martoriata. So che vorrebbe abbracciarmi e baciarmi, ma si trattiene. Deve sbollire.
Si volta e, dandomi le spalle, mi ordina: “Rivestiti, ché è finito il primo tempo e i ragazzi stanno rientrando!”.
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