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Gay & Bisex

Passeggiata nel parco (1)


di crigio
14.09.2013    |    13.294    |    1 9.6
"Mentre ci avviciniamo, temo di capire cosa ha in mente..."
Quest’anno il caldo è iniziato presto. Siamo a maggio e la temperatura di giorno comincia ad essere abbastanza alta e la sera si sta bene anche fino a tardi. Venire a lavorare con quest’afa è una tortura!
Peraltro, stamattina il mio capo mi ha detto che domani, venerdì, dovrò andare in missione per conto dell’azienda. Quando mi dice la località mi viene in mente un’idea: essendo vicino a dove abita Pino, decido di chiamarlo per vederci. “Potrei anche restare fino a tardi, tanto sabato non lavoro!”, penso.
“Ehi ciao, puttanella! Come stai? È un po’ che non ci si sente!”.
“Ma ciao, troietta! Io bene, e tu?”.
“Bene, bene, grazie! Ascolta: domani sarò dalle tue parti per lavoro. Che ne dici se dopo ci vediamo. Beviamo qualcosa e ci raccontiamo questi mesi in cui non ci siamo visti”.
“Dunque, domani… vediamo un po’… io ho un impegno nel pomeriggio, ma poi in serata sarò libero, e comunque sabato non si lavora. Potremmo andare a divertirci!”.
“Bene, allora ci vediamo domani. Ti faccio uno squillo quando mi libero e mi dici a che punto sei, ok”.
“Ok, a domani allora!”.

Oggi, venerdì, la giornata si preannuncia ancora più calda. Sono in macchina con i finestrini completamente aperti per evitare di arrivare all’appuntamento di lavoro già inzuppato di sudore.
La mattinata scorre tranquilla. Vengo invitato a pranzo dai clienti e poi di nuovo da loro per definire gli ultimi dettagli.
Verso le 17 sono fuori. Vado a bere qualcosa in un bar e ne approfitto per chiamare Pino.
“Ehi, io ho finito. Tu a che punto sei?”.
“Ancora mezzoretta e poi vado a casa. Direi che ci possiamo vedere da me alle sei”.
“Bene, a dopo!”.
Finisco il mio drink e mi metto in macchina, dirigendomi lentamente verso casa di Pino. Parcheggio e aspetto che arrivi. Dopo dieci minuti lo vedo in lontananza, in macchina, che agita le braccia come un forsennato per richiamare la mia attenzione. Il solito folle!
Scendiamo e lui mi corre incontro e mi abbraccia: sembra una carrambata!
“Dai entriamo! Devi raccontarmi un sacco di cose!”. Prendo le mie cose dalla macchina e andiamo in casa.
Mi fa accomodare in soggiorno, mentre lui si mette comodo. Poi si siede di fronte a me e iniziamo a chiacchierare del più e del meno.
“Ascolta”, mi fa. “Stasera potremmo andare a menare il culo in discoteca, che ne dici?”.
“Sì, dai! Ma saremo solo noi due? E Knut?”.
“Knut è in Germania dai suoi. Suo padre non sta molto bene. Tornerà appena possibile, oppure, se la situazione peggiorerà, lo raggiungerò io”.
“Oh, mi dispiace. Portagli i miei saluti quando lo senti”.
“Bene. Andiamo a preparare qualcosa da mangiare, ché poi dobbiamo farci belli!”.
“Puttana!”, lo insulto scherzando.
Ceniamo e poi ci agghindiamo a dovere per una serata di divertimento. Io indosso dei jeans che mi fasciano perfettamente le gambe e il culo e una t-shirt attillata; anche Pino mette i jeans e, sopra, una camicia bianca a cui arrotola le maniche. La temperatura elevata ci permette di alleggerirci abbastanza.
Arriviamo alla disco e ci mettiamo in coda. Pino saluta un sacco di gente, perfino il buttafuori: “Sai”, mi fa. “E’ un collega di Knut. Sono nella stessa agenzia si sicurezza privata”. Naturalmente, anche quello è gran pezzo di marcantonio, come il ragazzo di Pino. Io lo squadro da capo a piedi e lui mi sorride. Poi entriamo.
Andiamo subito al bar e prendiamo da bere. Poi cerchiamo un tavolo e ci sediamo per guardare e giudicare la fauna che popola il posto. Pino comincia a indicare tutti quelli che si è fatto, e ovviamente sono tanti. “Se vuoi, te ne passo qualcuno”, mi dice.
“Beh, se hanno dei cazzi come quelli che piacciono a te, allora presentameli pure!”, rispondo.
“Molti sì. Poi ci penso io!”.
Due bei ragazzi neri si avvicinano al nostro tavolo e ci chiedono di poter prendere le due sedie libere. “Fate pure”, dice loro Pino, lanciandogli un’occhiata vorace che loro colgono a pieno, dato che andando via parlottano tra loro guardandosi indietro e sorridendo.
“Sei sempre più vacca!”, lo apostrofo io.
“Dai, andiamo a sbatterci un po’!”, dice lui, cambiando discorso. Mentre balliamo, Pino si struscia con chiunque: qualcuno lo conosce e ci scambia anche qualche parola; a qualcun altro, invece, fa gli occhi dolci cercando di eccitarli. Chiaramente, è una serata gay friendly, per questo può permettersi di osare tanto.
Poi lo vedo chiacchierare con i due ragazzi neri e quelli sembrano molto disponibili. Non ho alcun dubbio che se li farà!
Quindi viene da me e mi dice che si è rotto le palle. Torniamo al bar a bere qualcosa, perché il caldo comincia a sentirsi anche lì dentro e poi usciamo.
Mentre siamo vicini all’ingresso della discoteca, mi chiede: “Ti va di divertirci sul serio? Conosco un posto qua vicino”. Capisco perfettamente cosa intende e la cosa non mi dispiace. “E’ una specie di parco dove si fanno incontri occasionali. Puoi stare tranquillo: non è mai successo niente di pericoloso. Pensa che è frequentato anche da poliziotti che naturalmente non hanno nessun interesse a che si faccia casino. E chi ci va sa della possibile presenza di sbirri, per cui evita di creare situazioni spiacevoli”.
“Ok. Andiamo!”.
Effettivamente è un vero e proprio parco, anche abbastanza grande, con un sentiero che lo attraversa. Scendiamo dalla macchina e ci addentriamo. È un po’ buio: i lampioni sono molto distanziati. Ogni tanto ci sono delle panchine.
Ad un tratto su una di quelle scorgiamo la presenza di un ragazzo che con tutta evidenza si sta masturbando. “Quello lo facciamo impazzire. Seguimi!”.
Mentre ci avviciniamo, temo di capire cosa ha in mente. Giunti di fronte al tipo, ci rendiamo conto che è molto giovane: avrà al massimo vent’anni. Appena ci vede si inibisce un po’ e fa per coprirsi. Non ci riesce e il suo cazzo comincia anche a rimpicciolirsi per la sorpresa.
“Ciao, carino!”, gli fa Pino. “Vuoi una mano?”.
Balbettando, il ragazzino risponde: “O… o… ok…”. Pino mi lancia uno sguardo di intesa e ci inginocchiamo tra la gambe di quello, avvicinando i nostri visi al suo membro. Il ragazzo sembra eccitarsi di nuovo, perché il cazzo riprende ad allungarsi velocemente e a pulsare. “Che reazione!”, commenta Pino, e tira fuori la lingua e va a leccargli le palle.
Il ragazzino salta su come se avesse preso la scossa e la sua verga si impenna d’un colpo. È proprio vero che a quell’età gli ormoni sono a mille! Non lo ricordavo più!
Con un’occhiata Pino mi indica di farmi sotto e io mi concentro sulla cappella. Gli lappiamo delicatamente lo scroto e il glande facendolo impazzire di desiderio: lo percepiamo dai suoi gemiti incontrollati e probabilmente non reggerà a lungo.
Mentre lecchiamo, il cazzo diventa una vera mazza. Ah però, il ragazzino! Così magrolino e così dotato!
Visto che Pino gli sta ciucciando le palle, allora io mi ingoio l’asta. Il ragazzino sussulta e rabbrividisce. “Oh sì, succhiate troie!”, ci insulta lui. Abbandonando per un momento il suo scroto, Pino lo schernisce: “Troie a chi? Ti meriti una bella lezione, poppante!”. Allora, mi strappa il cazzo di bocca afferrandolo con una mano e se lo inghiotte. Il ragazzino rantola e trema, ma resiste. Pino lo succhia voracemente mentre risale lungo l’asta, finché se la sfila con un schiocco. Quindi me la offre ed io replico il suo affondo conficcandomelo fino in gola.
“Oddio!”, esclama il tipetto, non perché stia per sborrare, ma per l’eccitazione che gli stiamo procurando. Infatti aggiunge: “Siete bravissimi!”. Noi alziamo lo sguardo e gli sorridiamo. Poi gli masturbiamo il cazzo con le nostre labbra: io da un lato e Pino dall’altro, saliamo e scendiamo coprendo e scoprendo la cappella. Del liquido prespermatico si affaccia dal buchino in cima al glande e poi cola lungo l’asta. Pino corre a raccoglierlo e succhia rumorosamente, mentre io mi ingoio di nuovo la verga cominciando a pomparla. Le gambe del ragazzino si sollevano e vibrano: ci siamo!
Guardo Pino e gli faccio capire che sta per venire. Lui spalanca la bocca e tira fuori la lingua. Non appena sento la prima pulsazione, mi estraggo il cazzo e anch’io apro la bocca. Il primo fiotto schizza in alto e ricade sul naso e sulle labbra di Pino. Io corro a baciarlo per assaporare il succo del ragazzino. Subito un secondo fiotto di sperma ricade sulla mia guancia: stavolta è Pino a correre a leccare e ripulire tutto. Poi, si avventa sull’asta e la ingoia per prevenire il terzo schizzo. Vedo il suo gozzo risalire in gola e capisco che sta ingoiando del seme. Quindi, lo leva dalla sua bocca e lo infila nella mia, dove il ragazzino spruzza un quarto schizzo che ingoio con molto gusto.
Continuiamo così finché le sue palle non si svuotano completamente. Poi, non appena si rasserena, accorgendosi di essere quasi nudo, raccoglie le sue cose e scappa via. Io e Pino, eccitati dal sapore dello sperma, ancora in ginocchio continuiamo a limonare e a scambiarci le nostre salive farcite di sborra.
D’improvviso sentiamo dei passi, ma non smettiamo di contorcerci. Poi una voce sbotta: “Abbiamo visto che vi piace ciucciare cazzi!”. Io e Pino ci voltiamo e due figuri, appena illuminati dal lampione accanto alla panchina, ci sovrastano.
“Mmmmm, sìììì, moooolto!”, ammicca Pino, leccandosi le labbra come se cercasse dei residui di sperma.
“Bene, perché ne abbiamo qui giusto un paio pronti per voi!”, prosegue lo stesso tipo, e con un movimento rapido si sbottonano le patte e tirano fuori due mazze nere. Rialziamo lo sguardo e, osservandoli meglio, ci rendiamo conto che sono i due ragazzi che abbiamo conosciuto in discoteca. Ci avranno seguito!
Pino non si scompone e agguanta il cazzo di fronte al suo naso, inghiottendolo voracemente. Io non voglio essere da meno e inizio a leccare l’altro con voluttà.
“Oh sì, che brave puttane”, fa l’altro tipo e, afferrando la testa di Pino, gli scopa la bocca facendolo tossire per i colpi che gli arrivano in gola.
Il cazzo che mi sto lavorando comincia a prendere vigore: mentre lo lappo per tutta la sua lunghezza, quello alza piano piano la testa e punta alla mia bocca. Allora, apro le labbra per assaporare la cappella e la succhio mugolando. Il tipo si china in avanti, eccitato dalle stimolazioni delle mie fauci, poi si riprende, si rialza e comincia a fottermi fino in gola.
I due neri estraggono le loro verghe dalle nostre bocche quasi contemporaneamente ed io e Pino restiamo basiti: non sono molto grosse, ma la loro lunghezza è incalcolabile. Ecco perché non sentivo sbattere il ventre del tipo contro il mio naso, anche se il suo glande mi arrivava alle tonsille! Quei due esemplari di cazzo rendono pienamente giustizia alla loro origine!
Il nostro stupore viene interrotto da nuovi affondi dei due stalloni nelle nostre bocche. Poi si scambiano di posto e ricominciano a violarci. “Dai, succhiate, succhiate! Che vacche spaziali!”, sbotta uno. “Sì, proprio stellari!”, aggiunge l’altro.
Di colpo si allontanano un po’ da noi e ci ordinano di spogliarci. Noi ci alziamo e ci leviamo tutti i vestiti.
“Fateci vedere quanto siete troie! Lesbicate, dai!”. Pino si volta verso di me, mi afferra la testa tra le mani e inizia a baciarmi le labbra dolcemente e a leccarmele con la lingua molto delicatamente. Io mi apro un po’ e lui entra aumentando la passione del contatto.
“Fratello, queste sono delle professioniste”, dice uno all’altro, mentre entrambi si masturbano. Poi, sopraffatti dalla libidine, ci afferrano per un braccio e ci scaraventano sulla panchina, sulla quale cadiamo dando loro le spalle. Si sputano su una mano e ci spalmano la saliva tra le chiappe. Quindi infilano le loro mazze nei nostri solchi e spingono per entrare.
Entrambi urliamo non appena i cazzi si fanno strada in noi, peraltro con estrema facilità. Tuttavia, non riescono ad introdurli completamente: “Dai, prendilo tutto, vacca!”, impreca uno. “Anche la mia non lo ingoia per intero!”, sbotta l’altro.
“Abbiate pazienza!”, sibila Pino, e mi lancia uno sguardo d’intesa: vuole che li facciamo morire. Infatti si avvicina a me con la scusa di continuare a lesbicare e mi sussurra: “Dobbiamo farli sbavare di lussuria, questi stronzi!”. Io gli sorrido complice e cominciamo a prendere l’iniziativa.
Ci sfiliamo le proboscidi dal culo e ci alziamo. Loro protestano, ma Pino li zittisce: “Fateci lavorare! Vi promettiamo che non rimarrete delusi”. I due si guardano e si calmano, continuando a smanettarsi. “Adesso sedetevi sulla panchina”, continua Pino. Loro si accomodano, noi saliamo in piedi sulla seduta dando loro le spalle e gli sbattiamo in faccia le nostre terga. I due neri affondano le bocche tra le nostre chiappe e cominciano a leccare. Io e Pino, però, ci sfiliamo subito, lasciandoli con un palmo di naso e, con un movimento repentino, afferriamo le loro verghe con una mano, pieghiamo le ginocchia e ci impaliamo con loro enorme sorpresa. Infatti, le loro gambe si irrigidiscono, le loro mani stringono le doghe della panchina e le loro teste si reclinano: “Oh cazzo!”, esclamano all’unisono.
Io e Pino facciamo su è giù per un po’ e poi ci alziamo di scatto, estraendoci le loro mazze, che dondolano tutte lucide dei nostri umori. Di nuovo i loro corpi sobbalzano e noi, senza dare loro il tempo di riprendersi, ci riaffondiamo i loro cazzi nelle viscere.
“Merda, fratello!”, dice uno. “Non credo che resisterò a lungo!”.
Pino, strizzandogli le palle, gli urla: “Non pensarci neanche, stronzo! Prima dobbiamo godere noi, chiaro!”, e continuiamo a sbatterci i loro cazzi in culo. Ad ogni affondo sembra che quelli penetrino sempre più in noi, finché sento che le mie chiappe colpiscono il ventre del mio stallone.
“Amore, è tutto dentroooo!!!!”, dico a Pino, gemendo.
“Sììììì, anche il mio, tesoro!!!!”, mi risponde lui. “Possiamo passare alla fase due”.
“Cos’è la fase due?”, mi domando, ma lui si è già sfilato il cazzo del suo tipo dallo sfintere e, sceso dalla panchina, gli ordina di alzarsi. “Giò, sdraiati sul tuo stronzo e apri le cosce! E tu”, aggiunge rivolgendosi al tipo in piedi, “va’ a scopare il mio amico!”.
Il nero non riesce a credere alle sue orecchie e si precipita tra le mie chiappe, puntando la cappella e iniziando a spingere. “Aspetta, stronzo!”, gli dice Pino e mi sputa sul culo. “Prova ora!”.
Il cazzo punta di nuovo al mio buco e il glande entra. Sospiro. L’asta continua ad entrare, il mio sfintere si dilata e le mie viscere iniziano ad accaldarsi. I due neri si muovono dentro di me meglio che possono, vista la posizione non proprio comoda.
“Ti piace, tesoro?”, mi chiede Pino.
“Oh sì, amore!”, gli rispondo. “Mi piace tanto! Credo che tra poco arriverà!”.
“Bene! Mi raccomando: goditelo tutto!”, e, posizionandosi dietro la panchina, inizia a strizzarmi i capezzoli. “Oh, amore, così mi farai impazzire”, mugolo come una troia in calore.
Il nero che mi sta sopra ha la bocca semiaperta e sbava sulla mia pancia. Poi guarda Pino e urla: “Leva quelle cazzo di mani, puttana!” e, non appena Pino mi lascia, lui si avventa su un capezzolo, azzannandolo violentemente. La mia schiena si inarca e il mio petto si offre maggiormente alla bocca dello stallone, che dopo avermi masticato un’aureola, passa all’altra lavorandomela con la stessa energia.
Intanto i due cazzoni mi stantuffano il culo e, anche se non riescono a penetrarmi per tutta la loro lunghezza, l’effetto lo sento ugualmente.
Improvvisamente, una convulsione mi scuote il corpo: “Oddio, eccolo!”, rantolo. Con la forza dell’eccitazione agguanto i due cazzi per la parte che non è dentro di me e detto loro il ritmo della penetrazione, mentre pianto le unghie dell’altra mano in un gluteo del nero che mi sta sopra. Lo fisso infoiato e urlo: “Oh sììììì, scopatemi! Fottetemi! Datemi sti cazzo di cazzi! Li voglio tutti! TUTTIIIIIIIIIIII!!!!!!”.
Un’altra convulsione e il mio sfintere si spalanca. Le verghe sprofondano in me.
“Merda, fratello! La puttana mi sta facendo sborrare!”, urla il tipo sotto di me.
“Sì”, gemo io. “Riempimi di sborra! Tutta, la voglio! Tuttaaaaa!”, e mi sento inondare le viscere.
Quando il mio sfintere si ricontrae, anche l’altro nero comincia a tremare e dire: “Oh sì, vengo anch’io! Toh, puttana, toh!”, e, mentre schizza in me, mi sbatte con inaudita violenza e il mio corpo viene sconvolto dagli spasmi.
Ma lo stallone non è ancora soddisfatto e, dopo essersi svuotato, estrae il cazzo strattonandomi e lacerandomi dentro, salta sulla panchina e affonda nella mia gola approfittando della mia bocca spalancata per la libidine che mi scuote il corpo.
“Adesso puliscilo bene, troia!”, mi ordina, e dopo aver dato qualche colpo, si sfila, salta giù e comincia a raccogliere i suoi vestiti e quelli del suo amico. Il nero che mi sta sotto, invece, mi spinge di lato, si alza e va dietro al primo.
“Pino… Pino…”, chiamo io lamentoso.
“Sono qui, amore. Sei stato fantastico!”.
“Sì, sì, ma tu…?”.
“Oh, non preoccuparti! La notte è ancora giovane…”, mi sussurra lui. Aprendo leggermente gli occhi vedo che guarda dritto davanti a sé. Io giro la testa in quella direzione e vedo una sagoma gigantesca in piedi accanto ad un albero.
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