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Gay & Bisex

Il Presidente (Part 1)


di crigio
15.01.2022    |    10.633    |    7 9.8
"“Ieri ho ricevuto una telefonata da una persona importante”..."
“Ieri ho ricevuto una telefonata da una persona importante”.
Quando Enrico inizia un discorso con questo tono solenne mi preoccupo. Sollevo lo sguardo dalla tazza colma di latte e lo fisso ancora assonnato.
“Mi ha chiamato il presidente della mia società sportiva”, prosegue, inzuppando un biscotto. “Lui sa tutto di me… del fatto che sono anche un escort, intendo… e non mi ha mai fatto dei problemi. Anzi, qualche volta mi ha chiesto di procurargli qualche ragazzo per divertirsi insieme a qualche suo amico. Ultimamente pare gli sia giunta voce che avrei per le mani una troia (ha detto proprio così, troia!) da sballo! Sembra che qualche sua conoscenza gli abbia parlato di te e delle tue abilità amatorie”.
“Di me?”, gli chiedo perplesso. “Ma com’è possibile? Mi avevi detto che questa cosa non sarebbe mai venuta fuori!”.
“Lo so… lo so… Qualcuno dei nostri clienti deve avere la lingua troppo lunga. Eppure, si tratta di persone che hanno una famiglia, alle quali non piacerebbe che i loro vizi privati venissero messi in piazza. Non mi stupirei se chi ha riferito queste cose al mio presidente gli avesse chiesto di non dire niente e invece lui se lo sia lasciato sfuggire. Voglio dire, avrebbe potuto semplicemente chiedermi un altro ragazzo per divertirsi e magari io gli avrei anche proposto te: che bisogno c’era di dirmi che qualcun altro gli avrebbe riferito qualcosa?”.
“Forse perché vuole proprio me!”, provo a indovinare.
“Lo credo anch’io”.
“Spero che questa cosa non si diffonda troppo. Avevi stabilito tu delle regole proprio per evitare che mi sputtanassi!”.
“Ma no, tranquillo! Il presidente mi ha parlato in privato e anche lui ha una famiglia. Non gradirebbe uno scandalo”, mi garantisce il mio boy.
“Mah…!”, rimbrotto. “Comunque, tu che gli hai risposto?”.
“Che ci avrei pensato, nel senso che ne avrei parlato con te”. Mi lancia uno sguardo interrogativo.
Io, avendo capito che lui ha già deciso di offrirmi al suo capo, gli chiedo: “Che tipo è?”.
“E’ sulla cinquantina, ma si mantiene molto bene. È un ex sportivo – giocava anche lui a calcio e, da quando ha smesso, fa palestra con ottimi risultati per un uomo della sua età. Nel complesso direi che è giovanile. E poi è indubbiamente un bell’uomo: alto, castano, ben curato. Molto affascinante”.
Enrico descrive il suo presidente come un uomo davvero interessante e sembra sincero: non mi pare che voglia propinarmelo solo perché deve fargli un favore e ha paura di ripercussioni spiacevoli se dovesse rifiutarsi di darmi a lui.
“Inoltre, da quanto mi hanno detto gli altri ragazzi, è anche molto prestante sessualmente: dotato e instancabile”, continua.
“E c’è da fidarsi?”, chiedo, curioso.
“Beh, considera che uno è Seby…”.
“Ah! Quindi Seby s’è fatto montare dal tuo presidente?”.
“Sì sì, e non una volta sola! È sempre molto entusiasta di tornare da lui! E lui piace molto a Edo (così si chiama il presidente), e anche ai suoi amici!”.
“Forse Seby è entusiasta perché il presidente paga bene”, provo a supporre. “Ma in che senso ‘ai suoi amici’?”, salto su.
“Sì… Al presidente piace invitare degli amici alle sue orge. Si scopano tutti insieme la troietta di turno”, mi spiega.
“Ah…”.
“Allora: ti può interessare?”, mi chiede, un po’ sulle spine.
“Amore, ma lo sai che io di te mi fido. Secondo te posso mai pensare che mi vuoi rifilare una sòla?”.
“Non lo farei mai: certo, Edo paga molto bene e sarebbe da stupidi rinunciare ai suoi soldi. Poi sa che io sono un tipo molto riservato e che non mi permetterei mai di dire in giro quello che fa. Gli altri ragazzi che gli ho procurato non sanno chi è; nemmeno Seby lo sa”.
“Ok, quindi devo ricordarmi di tenere la bocca chiusa con lui…”.
“Sì, mi raccomando!”.
“E quando vorrebbe incontrarmi?”.
“Stasera…”, sibila Enrico.
“Come stasera!?”, esclamo. E me lo dici così, su due piedi?”.
“Lo so, amore! Ma sai, gli uomini sposati devono approfittare del momento buono”.
“Uff! E va bene!”, acconsento alla fine.
Enrico mi fa uno dei suoi sorrisi disarmanti, si alza da tavola e lascia la tazza nel lavandino. “Vado agli allenamenti. Più tardi ti mando i dettagli. Tu comunque tieniti pronto per le dieci stasera, ok?”.
“Ok”, rispondo, e si china per darmi un bacio a stampo.
Devo ammettere che Enrico mi ha messo addosso una certa curiosità e il buchetto comincia a sfrigolarmi. La giornata passa col pensiero fisso di quello che mi aspetterà. Quando poi nel pomeriggio il mio gigantone mi scrive che il presidente porterà anche un suo amico, anche i capezzoli si inturgidiscono, soprattutto perché mi gira una foto dello stallone. Un manzo da paura: pare sia un istruttore della palestra che frequenta il presidente. Ovviamente, insieme alla foto integrale ce n’è una del suo cazzo: una stanga dura e curva con del precum in punta che non aspetta altro che di essere succhiata.
Alle 18 chiudo tutto e torno a casa a prepararmi. Enrico non c’è: sarà ancora agli allenamenti. L’incontro avverrà in un albergo dove il presidente alloggia per qualche giorno. Faccio una bella doccia anale e mi svuoto. Indosso un jockstrap e un jeans, e sopra una semplice t-shirt. Esco verso le nove e mezza e mi avvio verso il luogo dell’appuntamento.
L’hotel è di lusso: mi presento alla reception e l’addetto mi indica la camera con reverenza. È all’ultimo piano. È una suite ed è l’unica camera, quindi ben isolata dalle altre.
Busso. La porta si apre con uno scatto. “Entra pure!”, mi invita una voce maschile. Richiudo la porta alle mie spalle e percorro il breve corridoio che termina in un soggiorno. Seduto su un divano c’è il ragazzo della foto che mi ha mandato Enrico nel pomeriggio, completamente nudo, a cosce aperte e con l’uccello adagiato da un lato. Alle mie spalle appare un altro uomo che mi cinge con le sue braccia. Mi sovrasta: sarà alto almeno un metro e novanta. Le sue mani mi accarezzano e massaggiano il petto e poi una scivola verso il mio culo. Lo strizza e lo soppesa.
“Molto interessante!”, mormora l’uomo. Poi si presenta, sussurrandomi all’orecchio: “Io sono il presidente. E lui è il mio amico Ramon”. A differenza di Ramon, Edo è ancora vestito e, da quello che percepisco, indossa un completo con cravatta. “Ti piace Ramon, vero?”, mi chiede, sempre sibilandomi all’orecchio. “Perché non giocate un po’ mentre io mi preparo?”, e mi dà una sculacciata per spingermi verso il divano.
Mentre avanzo verso di lui, lo stallone sdraiato divarica ancora di più le cosce e la sua verga sussulta. Devo ammettere che, anche a riposo, quel cazzo fa venire l’acquolina in bocca. Mi inginocchio tra le gambe di Ramon e gli accarezzo le cosce, avvicinandomi al suo inguine. Il solletico lo fa sospirare e la nerchia salta su di nuovo. Mi chino e inspiro avidamente il suo odore, dallo scroto fino alla cappella. L’uccello comincia ad allungarsi.
Torno giù e stavolta faccio lo stesso percorso estraendo la lingua: lo stallone trema e geme. Appoggia le mani sulla seduta e contrae le dita. Giunto al glande, titillo il frenulo con la punta della lingua. Ramon sfiata. Sollevo lo sguardo e lo fisso lascivo. Protendo le labbra e avvolgo la sua grossa ciliegia. La succhio con voracità e poi la sputo. Quindi torno a lappargli tutta l’asta velocemente e, arrivato in cima, stavolta ingoio l’intero cazzo ormai barzotto.
Colto di sorpresa, lo stallone stacca la schiena dal divano con uno strattone e si contrae tutto. Poi mi mette una mano sulla nuca e mi preme la testa contro il suo pube. Il cazzo mi cresce in bocca con una rapidità incredibile, fino a raggiungere la mia gola. La oltrepassa e sembra quasi che lo stia ingoiando. Mi soffoca: tossisco e solo allora Ramon mi lascia andare.
“Cazzo! Che troia succhiacazzi!”, mi insulta, lasciandosi andare di nuovo sul divano. Adesso il suo uccello si staglia imponente in tutta la sua grandezza: una verga grossa e uniforme dalla radice alla punta, con la cappella leggermente più ampia dell’asta. Il frenulo si tende all’inverosimile e sembra chiedermi di essere solleticato. Nonostante la tensione, i coglioni pendono pesanti e lasciano presagire un’abbondante sborrata.
“E’ un bell’arnese, non è vero?”, mi chiede una voce alle mie spalle. Edo è tornato in soggiorno: si è spogliato e si è accomodato su un pouf dietro di me, per godersi la mia pompa al suo amico. “Continua pure! Solo, spogliati!”.
Obbedisco, lasciandomi addosso solo il jockstrap, che mi esalta le rotondità del culo. Un mugugno del presidente mi fa capire che apprezza molto. Inarco la schiena e gli offro la visione delle mie belle terga, mentre torno a dedicarmi con passione alla nerchia di Ramon.
La lecco di nuovo dalla base alla punta, ma stavolta con la lingua completamente aperta e con un atteggiamento da gran puttana, accompagnandomi con un movimento sinuoso del corpo che piace contemporaneamente a lui e a Edo.
“Ramon, che zoccoletta vorace che ci ha procurato stavolta quello stronzo di Enrico, eh?”.
“Già… porc…!”. Lo stallone non fa in tempo a rispondere al presidente che ho già ingurgitato più di metà della sua asta, facendolo contrarre nuovamente. Lui mi stringe la testa tra le sue mani e mi impone la frequenza del pompino. Il mio capo si muove su e giù e dalla mia bocca esce una sgradevole pernacchia e un suono gutturale. Sbavo sulla verga e di tanto in tanto schiudo le labbra per prendere aria, ma lo stallone non smette di usarmi come un fleshlight.
La saliva sta aumentando e non riesco più a contenerla: la vomito sul pube villoso di Ramon e il presidente commenta: “Ma guarda come si bagna tutta la boccuccia di sta troia!”. Io gemo e stringo tra le dita la seduta del divano: resisto ma sono al limite. Tossisco e rigurgito altra bava. Stranamente la cosa inizia ad eccitarmi e la mia schiena si inarca ancora di più. Sento le mie chiappe schiudersi e la rosellina spingere in fuori.
“Wow! Che bel fiorellino!”, si complimenta Edo. Poi, d’improvviso lo stallone mi lascia andare. Io mi stacco dal suo arnese e ansimo con le lacrime agli occhi. Lui mi riprende la testa tra le mani e si china a baciarmi. La sua lingua scava nella mia bocca e quasi raggiunge la gola. Le sue labbra avvolgono le mie e sembra vogliano divorarmi. Questo stallone è tanto, in tutti i sensi. È così affamato e così eccitante da fare andare giù di testa chiunque.
Quando si stacca da me mi spinge di nuovo verso il suo bacino e mi ordina di ripulirglielo dalla mia bava. Allora io succhio le mie secrezioni viscide con avidità e asciugo ben bene le sue pudenda. Allora lui si alza in piedi, mi afferra per i capelli e mi sbatte in gola la minchia. Io tossisco: un principio di conato mi fa strabuzzare gli occhi. Con uno strattone mi libera il cavo orale giusto il tempo di farmi riprendere aria, e poi torna a riempirmelo. Stavolta però sono pronto: stringo lo stomaco e rilasso la gola, per evitare di vomitare. L’uccello oltrepassa la glottide senza trovare resistenza. Ramon sembra accorgersene, perché stavolta rimane più tempo a scoparmi le fauci.
“Così! Brava la troia! Hai capito finalmente che cosa devi fare! Sì… sei brava, cazzo!”. Sembra in estasi mentre, con una mano dietro la mia nuca, rallenta un po’ il ritmo del bacino ma sempre affondando per bene. Gode talmente tanto che il cazzo aumenta ancora di volume. Mi dilata le guance.
Edo se ne rende conto ed esclama: “Oh, sì! Vai così, Ramon! Slàbbrala tutta, sta puttana!”. Io mi aggrappo ai suoi glutei, stavolta non perché stia soffocando, ma perché ne voglio sempre di più. Ormai la mia gola è spalancata e potrebbe entrarci un treno merci. “Cazzo, ma sei sfondata!”, sbraita di nuovo il presidente.
Poi, Ramon arretra e mi priva della sua virilità. Io, ormai su di giri, mi lecco le labbra e mi ripulisco il mento con una mano, portandomi la bava alla bocca e succhiandomi voracemente le dita. Quindi mi porto le dita bagnate al petto e mi inumidisco i capezzoli, lanciando delle occhiate languide ai due stalloni. Mi metto carponi e mi dimeno in preda a spasmi di piacere. Ramon mi gira intorno e, una volta alle mie spalle, mi sputa un’abbondante quantità di saliva nel solco. La spalma ben bene con la mano e poi mi infila in mezzo alle chiappe la sua verga, facendosi una spagnola.
“Merda, che meraviglia!”, mugola. “Sono così grandi ma anche così morbide e burrose! Perfette per una sega!”.
“Già!”, conferma Edo. “Me lo avevano detto che eri una troia super! Vali quanto ti pago!”. Intanto, Ramon mi lubrifica con altra saliva e punta la cappella contro la mia rosellina. Mi fa girare in modo che la mia apertura risulti proprio di fronte alla faccia del presidente, affinché possa vedere perfettamente quando quell’uccello del paradiso mi trapasserà.
Mi rilasso: il glande mi viola. Sospiro. Poi l’asta inizia a scivolarmi dentro. “Lo vedi bene, presidente?”, chiede Ramon a Edo.
“Oh, sì! Mi eccita un casino vedere una minchia che entra in un culo. Se poi sono una minchia e un culo come questi…!”, risponde il presidente, soddisfatto. Quando la nerchia è tutta dentro, Edo aggiunge: “Adesso sfondala, sta troia del cazzo!”, e lo stallone comincia a stantuffarmi lo sfintere. L’asta è talmente dura che mi rimesta le viscere: si sente il suono di uno sciabordio dei miei umori misti alla saliva di Ramon. Mi sento colare qualcosa di viscido tra le cosce: sono fradicio di piacere.
Lo stallone mantiene un ritmo cadenzato, senza spingere con troppa violenza. Credo lo faccia per farmi adattare al calibro del suo uccello: non sa che non ne ho bisogno. O forse lo sa, perché dopo pochi secondi capisce che sono ben aperto e parte con la monta del secolo. Si china di più e mi abbraccia: quindi, con la sola potenza dei suoi glutei e quadricipiti, comincia a darci dentro di brutto. Si sentono i nostri gemiti riempire la stanza: mi volto indietro e scorgo il presidente a cosce aperte. Dal suo ventre si innalza una minchia di proporzioni ragguardevoli, molto simile a quella di Ramon, ma più lunga. Quella visione mi crea uno sturbo e dal mio stomaco parte uno spasmo che mi fa dilatare maggiormente lo sfintere. Ramon sembra avere uno sbandamento: inaspettatamente mi precipita in corpo.
“Ma che cazzo…!”, esclama. “Sei senza fondo!”.
“Che succede?”, chiede Edo.
“Si è aperta ancora, sta puttana!”.
“Bene! Così riuscirà a prendere anche questo!”, commenta il presidente, riferendosi al suo attrezzo. Intanto, i colpi di Ramon stanno sortendo degli effetti: le mie membra sono ormai fiacche e comincio a rilasciare umori dal culo. Il godimento prende il sopravvento e mi infiammo tutto.
“Io godo…”, sussurro con un fil di voce. “Godo… go…do… mer…da… IO GOOOOOODOOOOOOOO!!!”, sbraito alla fine. Uno spasmo più potente del precedente genera una spinta esagerata al mio sfintere, tale che il cazzo di Ramon viene sputato fuori. La mia rosellina rimane vergognosamente spalancata per diversi secondi e inizio a tremare da capo a piedi. Poi il culo si serra forte. Ansimo vistosamente e, mentre Ramon mi massaggia una chiappa, sorpreso da quello che mi sta capitando, il presidente, più esperto, si complimenta con me.
“Ah, però! Una troia che gode davvero! È la prima volta che mi capita. Di solito fingono tutte!”. E, a queste sue parole mi viene in mente Seby: possibile che anche lui abbia finto il piacere con Edo? La cosa mi meraviglia molto. Con un cazzo come quello, possibile che non abbia raggiunto l’orgasmo? Mah!
Una volta esaurito il godimento, Ramon armeggia delicatamente per tornarmi dentro. A dispetto di quello che sembrava inizialmente, è un amante attento. Forse la sua irruenza era dovuta alla necessità di dare piacere al presidente. Forse anche lui viene pagato da Edo! Chissà!
“No, aspetta!”, lo interrompe il mio ospite. “Basta pecorina! La voglio sopra di te, la troia!”. Allora Ramon si siede sul divano e mi dice di montargli sopra. “Levati sta mutanda del cazzo!”, mi ordina il presidente. “Voglio vedere le chiappe che ballano!”. In effetti, il jockstrap sostiene, ma lascia poco movimento alle natiche, e capisco che un culo come il mio è bello da vedere mentre si scuote sotto i colpi di uno stallone.
Tolto lo slip, salgo sul divano e mi accovaccio sul ventre dello stallone. Il cazzo mi entra ormai come un coltello nel burro e quando sono completamente seduto sulle sue cosce, sulle labbra di Ramon leggo “sei fantastico!”. Non avrà voluto farsi sentire dal presidente, né vedere, dal momento che è coperto da me. Gli devo piacere davvero molto. Che caro ragazzo!
Sì, proprio un caro ragazzo, ma anche un toro da paura! Ben assestato sull’arnese, mi chino in avanti e comincio a twerkare in direzione di Edo, il quale, piegato con i gomiti sulle sue gambe, scruta ogni singolo sussulto delle mie chiappe, proprio come aveva chiesto. “Merda, Dio mio! Che culo, ragazzi!”. Intanto, Ramon si attacca a un mio capezzolo e lo succhia avidamente. Mi fa gemere e al contempo inizia a fottermi con colpi dal basso verso l’alto. Poi passa all’altra areola, titillandola con la punta della lingua: io mi sciolgo e inarco ancora la schiena. Sbrodolo dal culo e il presidente fa uno dei suoi soliti commenti: “Sì, bagnati tutta, puttana! Devi essere bella fradicia per prendere il mio cazzone! Godi, dai! Godi bene e apriti, ché adesso ti svango tutta!”.
Continuiamo in questa posizione per qualche minuto, ma, all’improvviso, Edo sembra non resistere più all’eccitazione e si alza di scatto dal pouf e si precipita su di me. Mi fa rotolare di lato, liberandomi del cazzo di Ramon e mi mette sdraiato sul divano a cosce larghe. Si sputa sulla mano e si spalma la saliva sulla possente asta. Con un colpo netto, affonda nelle mie viscere provocandomi uno shock. La mia schiena si piega all’inverosimile: la nerchia è arrivata alla bocca dello stomaco e l’ha pure oltrepassata. Ramon si inginocchia accanto a me e mi mette una mano sulla pancia per farmi tornare giù, mentre il presidente continua a rimanere in fondo a me completamente. Ha gli occhi fiammeggianti di lussuria: “Così si fotte una puttana! Così!”, sbraita, e comincia a sbattermi come un tappeto. Per il momento sento solo dolore, ma so che tra un po’ arriverà il piacere. Per velocizzare le cose, Ramon mi offre il suo uccello da succhiare ed io lo accolgo tra le labbra ruotando il capo verso sinistra.
“Sì, un cazzo in culo e un cazzo in bocca, come le puttane!”, rantola Edo, in preda alla follia, mentre continua a percuotermi il fondo dello sfintere col suo obelisco di carne.
Finalmente il piacere si fa strada in me. La mia schiena si rilassa e torna completamente giù. Lo sguardo di Ramon mi conforta, mentre, per contratto, mi spinge il suo nerchione tra le fauci, soffocandomi. Il grosso pistone di Edo non si stanca di rimestarmi le viscere e, a forza di scoparmi, comincio a godere. Ansimo e gemo insieme. Sputo il cazzo di Ramon e mi dedico completamente al presidente.
“Sì, così… Fottimi duro, dai! Oh, signor presidente, sei così maschio! Che bel cazzone che hai!”.
Lo adulo, e lui si infoia ancora di più, aumentando l’intensità dei colpi e la velocità della monta. Come diceva Enrico, è davvero un uomo prestante, perché non dà segni di stanchezza. D’improvviso, un affondo più preciso di altri mi scatena una convulsione. “Oh, merda!”, esclamo, e tutto il mio corpo inizia a vibrare. Le pupille esorbitano e schiudo la bocca. Schiumo dalle labbra e vado in apnea. Uno spasmo potente mi proietta verso Edo e mi aggrappo al suo collo. Le pupille tornano a farmi vedere il viso del presidente sfigurato dalla lussuria. Mi fischiano le orecchie e il suono del mio “GOOOOODOOOOOOO!!!” mi ritorna ovattato, così some quello del suo “Sì, GODI, PUTTANA!”. Tremo talmente forte che devo abbracciarlo per non cadere da una parte o dall’altra e per trattenere la verga in culo.
Mentre l’orgasmo si sviluppa, Edo ha quantomeno la compiacenza di ridurre i colpi e di rallentarli. Mi lecca il viso madido di sudore e, sorprendentemente, mi coccola. “Godi, puttana!”, mi sussurra ancora all’orecchio, e lo ripete incessantemente finché non mi calmo e mi lascio andare sul divano, liberandolo dalla mia morsa.
Ansimo e mi strizzo le tette per smorzare il piacere. “Cazzo, che scopata!”, chiosa Edo.
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