Gay & Bisex
Quattro tori per due vacche (2)
di crigio
25.10.2014 |
8.786 |
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"Il poliziotto, tutto intento a scoparmi la bocca, non sembra badare a quelle parole..."
Rientro a casa con ancora addosso la voglia del “premio” che Claudio mi ha promesso.“Cazzo! E ora come faccio!”, penso, con il buco del culo che non chiede altro che di essere riempito. Mentre sono davanti alla porta che cerco la serratura della porta nella semioscurità del vano scala, sento richiudersi l’ascensore alle mie spalle.
Mi volto e distrattamente dico: “Sera!”, pensando si tratti di un mio vicino. In realtà, guardo meglio e il tipo che ho appena salutato è un poliziotto. Indossa la divisa d’ordinanza e porta un paio di Ray Ban sul naso.
Mi si avvicina senza dire nulla. Solo quando è quasi incollato a me mi sussurra: “Ti porto i saluti di Claudio! Ha detto che mi hai proprio meritato!”.
Mi si gela il sangue: subito non capisco che vuole dire. Poi, ci rifletto: non sarà mica lui il premio di cui parlava il mio capo?
Una sua mano che si appoggia pesante su una mia chiappa mi leva ogni dubbio. “Dai! Apri questa cazzo di porta, ché ti sventro!”, mi fa, ancora accostato al mio orecchio. Allora, vengo percorso da un brivido e le chiavi mi cadono a terra. Mi chino per raccoglierle e urto col culo il ventre del poliziotto. Percepisco la sua possente virilità e mi sento tutto in fregola.
Recupero velocemente le chiavi e apro la porta, un po’ per la curiosità di vedere che cosa lo sconosciuto nasconde sotto i pantaloni, un po’ per sottrarmi agli eventuali sguardi curiosi dei vicini che, sentendo del trambusto sul pianerottolo, potrebbero osservare quel che accade dagli spioncini.
Entro e il tipo mi segue a ruota, iniziando subito a palparmi dappertutto. Lascio cadere la ventiquattrore, chiudo la porta e mi volto verso di lui. La sua lingua mi si infila subito fino in gola e mi fruga tutte le fauci, mentre una sua mano mi tasta impudentemente le chiappe e l’altra il petto. Quest’ultima mi sbottona la camicia e si intrufola dentro per raggiungere un capezzolo. Lo trova e lo strizza forte, strappandomi un gemito.
Lui si stacca un momento e sorride soddisfatto di avermi procurato piacere. “Claudio mi ha detto che sei molto troia e che ti piace godere. Per questo ha pensato a me”, sibila con aria smargiassa. Poi riprende a limonarmi profondamente, quindi lascia la mia bocca e, leccando con tutta la lingua, corre lungo la mia guancia e arriva ad un orecchio. Lo lappa ben bene e poi lo mordicchia. Scende sul collo e succhia regalandomi un altro brivido.
Nel frattempo mi slaccia completamente la camicia e continua ad andare giù finché le sue labbra sfiorano una mia aureola. Lui la fissa per un momento e poi ci si avventa contro, succhiandola e mordendola con violenza. Allora la mia schiena si piega indietro, quasi il mio corpo volesse sottrarsi al dolore, ma lui mi tiene stretto e mi lavora il capezzolo con maestria.
Dopo un po’ il piacere mi pervade tutto: le gambe cominciano a cedermi e devo reggermi dalle sue spalle. Lo sconosciuto, nel frattempo, mi slaccia la cintura e mi abbassa i calzoni e gli slip. Le sue mani grandi mi agguantano le natiche e me le aprono, mentre un suo dito si intrufola in mezzo solleticando la mia rosellina.
D’improvviso, senza neanche inumidirlo, me lo spinge su per lo sfintere: devo essere talmente aperto e bagnato che la falange mi scivola in corpo con facilità.
“Cazzo! È proprio vero che sei una troia!”, commenta lui, avvertendo il mio stato. Allora unisce un dito dell’altra mano al primo e mi infila dentro anche quello, che non fa fatica a farsi strada. Inizia a stantuffarmi alternatamente e con estrema lentezza, facendo crescere piano piano il mio godimento. Sento il mio respiro farsi sempre più pesante e il cuore pulsarmi in testa.
Continuando a torturarmi il capezzolo e il culo, il poliziotto mi spinge indietro ed entriamo in soggiorno. Arriviamo al divano e mi ci lascia cadere sopra. Mi ribalta e mi sfila i pantaloni, tenendomi le gambe alzate e aperte. Poi, si inginocchia e si tuffa impaziente con la faccia nel mio solco. Comincia a grufolare come un porco nel trogolo, lappandomi il buco a lingua completamente aperta, che poi chiude a punta per penetrarmi. Mentre mi ravana dentro, le sue labbra si attaccano alla parte alta della mia rosellina e succhiano avidamente.
Con sguardo appannato per la libidine, vedo che si porta una mano al cinturone ed estrae lo sfollagente. È lungo, nero e sembra anche molto duro. Che intenzioni avrà?
Lo scopro subito: mi porta l’estremità alle labbra e me lo fa succhiare. “Bagnalo per bene!”, mi ordina. Io obbedisco e lo insalivo più che posso. Poi, se lo riprende, allontana la faccia dal mio culo e mi struscia il bastone tra le chiappe, sfoggiando un sorrisetto sfacciato. D’un tratto, la punta dell’attrezzo spinge contro il mio buco: mi rilasso e mi apro. Lo sfollagente mi entra in corpo e scorre su per il mio budello senza incontrare alcuna resistenza.
È lungo e sembra non finire mai. Si ferma solo quando raggiunge la mia prostata, scatenandomi l’ennesimo brivido, che mi fa reclinare il capo all’indietro e inarcare la schiena. Il poliziotto se ne accorge e ride di nuovo soddisfatto. Quindi, comincia a pistonarmi colpendomi la prostata a ripetizione. Io non posso nascondere il mio piacere e sento il buco aprirsi ancora di più. Nel ventre avverto come uno spasmo e poi del liquido vischioso colarmi tra le chiappe.
“Merda! Stai sbrodolando!”, sbotta lui. “E guarda come fa questo cazzo di culo!”, esclama ancora, notando che il mio anellino pompa l’attrezzo, che lui non smette di muovere avanti e indietro. Tanto che, forse eccitato da quello che ha appena visto, comincia a stantuffarmi con maggior vigore, portandomi inevitabilmente verso l’orgasmo anale.
E infatti, il mio corpo via via si irrigidisce, finché, premendo con i palmi sulla seduta, lo sollevo e spingo forte la testa contro lo schienale. Il lampadario di cristallo che mi pende sul capo sparisce dalla mia visuale, che diventa tutta bianca. Vado in apnea per qualche secondo: mi scuote una violenta contrazione dello sfintere che si chiude stretto attorno al palo che lo trafigge. Il poliziotto non riesce più a farlo scorrere, nonostante continui a spingermelo dentro. Mi contorco sul divano e sento i capezzoli farsi sempre più duri. Li guardo e li vedo tutti raggrinziti. Mi fanno male, tanto si sono inturgiditi.
Nell’estasi in cui mi trovo mi accorgo a malapena dell’arrivo nel soggiorno di Enrico seguito immediatamente da Gino e da un altro ragazzo alto e moro. Il mio ragazzone non dice nulla, ma, rendendosi conto che sono sull’orlo dell’orgasmo, sfodera uno dei suoi sorrisi disarmanti e lascia che io mi sfoghi completamente. Il poliziotto, invece, tutto concentrato su di me, non sembra aver notato il loro arrivo, e continua a lavorarmi il culo e a farmi godere.
“Porca puttana!”, mormora, però, il ragazzo venuto insieme ad Enrico, e il poliziotto sussulta e si volta.
“Cazzo! Claudio mi aveva detto che vivi da solo!”, esclama spaventato.
“Tranquillo!”, lo rassicura il mio boy. “Continua pure. Noi andiamo in camera da letto”, e il poliziotto li guarda un po’ perplesso. Tuttavia, prosegue la sua pratica dilatatoria del mio sfintere, seppur fissandoli finché non spariscono dietro l’uscio.
Intanto, una sua mano si appoggia sul mio perineo e me lo massaggia allo stesso ritmo della penetrazione. In questo modo i miei muscoli interni si rilassano di nuovo e lo sfollagente può riprendere a scorrermi dentro. “Bravo, così!”, sussurra. “Devi aprirti bene, altrimenti poi ti faccio male!”.
Queste sue parole mi fanno pensare che deve avere un cazzo mostruoso e che ha paura di lacerarmi il buco se non mi dilato a sufficienza. Il palo che raggiunge ancora la mia prostata mi scatena per la seconda volta il piacere e il mio bacino inizia a sbattere sulla seduta, dapprima a piccoli intervalli, poi sempre più velocemente.
Un singulto si unisce ad ogni percossa che il mio culo dà al cuscino del divano, fino a quando una spinta potente che parte dal mio ventre sputa fuori lo sfollagente e mi fa aprire la rosellina a dismisura. Il poliziotto aspetta che mi sfoghi un po’ e poi mi penetra nuovamente col bastone. “Devi tenerlo dentro, ok?”, mi ordina e mi prende una mano perché lo tenga io stesso. Lui, invece, si alza e si spoglia rivelando un fisico muscoloso al punto giusto. Quando si leva i boxer capisco finalmente che cosa intendeva poco fa.
Infatti, una verga grossa come non ne ho mai viste, anche se non molto lunga salta su oltre l’elastico delle mutande e punta contro di me. Lui sale in ginocchio sul divano, mi scavalca montandomi sul petto e mi dà il suo cazzo da succhiare. La mia bocca si apre tanto che mi sembra che la mascella si sloghi, soprattutto quando lui spinge a fondo, facendomi ingoiare tutta la mazza.
Sono così su di giri che, quasi inconsapevolmente, mi fotto il culo con lo sfollagente tenendolo con entrambe le mani. “Sì, scopati, puttana!”, mi esorta lo stallone, pompandomi nelle fauci.
Intanto, dalla camera da letto arrivano i primi gemiti dell’amplesso che si sta consumando tra Enrico, Gino e il terzo ragazzo. “MMMMMMMM!!! Che bei cazzoni!”, esclama la voce di Gino, probabilmente dopo aver scartato tutti e due i pacchi dei suoi maschioni. A seguire si odono i rumori di un risucchio: la troietta sta praticando un pompino alle due minchie.
“Porca vacca!”, sbotta una voce che non conosco (forse quella del nuovo ragazzo). “Era proprio vero, allora!”. Nella mia condizione di semi-incoscienza immagino che si riferisca alla fica di Gino. Forse Enrico gli ha detto che quel ragazzetto è un trans, ma lui non ci avrà creduto finché non l’ha visto con i suoi stessi occhi.
Il poliziotto, tutto intento a scoparmi la bocca, non sembra badare a quelle parole. Invece, incita me a darci dentro col suo attrezzo: vuole che mi allarghi il culo il più possibile, in modo da poter ricevere senza problemi il suo enorme batacchio.
“Ok… ok…!”, ansima quando la mia ciucciata si fa troppo insistente. “Penso che tu sia pronto!”, e scende dal mio petto e si porta davanti al mio culo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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