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Gay & Bisex

Provini (2)


di crigio
01.02.2015    |    9.915    |    1 9.5
"Come hai potuto?”, lo aggredisco..."
Mi alzo in piedi e mi guardo intorno alla ricerca del mio stallone, ma nella stanza siamo solo in tre. Afferro un telo da una credenzina e mi cingo la vita. Esco e mi dirigo al bancone per prendere qualcosa da bere. Andrea è ancora seduto sullo sgabello a sovrintendere ai lavori di preparazione del materiale per i provini. Continua a sorridermi. “Posso bere qualcosa?”, gli chiedo.
“Certo!”, mi risponde, ed i suoi occhi mi scrutano con insistenza. Mi volto e mi piego per prendere una bibita dal frigo, mentre la sua voce alle mie spalle mi sussurra: “Hai sempre il più bel culo del mondo!”. Mi si gela il sangue nelle vene e mi sorge un sospetto. Mi giro. Lo guardo. Ha ancora lo stesso ghigno. D’improvviso mi viene la nausea. Il bicchiere mi cade dalla mano e si frantuma sul pavimento. Lui si toglie il sigaro dalla bocca, si lecca le labbra come assaporasse qualcosa ed esplode in una risata sguaiata che richiama l’attenzione di tutti gli operatori presenti.
“Tu!”, inveisco. “Eri tu? Che schifo!”. Lui non risponde ma continua a ridere. Mi sento sporco: il pensiero di aver avuto questo insulso ometto dentro di me, e soprattutto di avere ancora il suo seme nelle mie viscere, mi fa venire voglia di vomitare. Avrei voglia di spaccargli la faccia, ma forse avrei voglia di spaccarla di più a quel traditore di Knut. Lui deve sicuramente essere complice di tutta questa situazione. È stato lui ad invitarmi qui! È lui il protagonista di questa realtà parallela che crede essere un continuo film. Sono inorridito!
“Che schifo??!!”, si sorprende Andrea. “Non mi sembrava che fossi schifato mentre il mio cazzo ti faceva raggiungere l’orgasmo!”. Quindi, il peso che sentivo sopra di me non era quello dei muscoli gonfi dello stallone del film, ma quello del grasso di questo insulso soggetto che ora ho di fronte!
Indignato per le sue ultime parole, sbatto la bottiglia sul bancone e torno nella stanza sul retro. Non c’è più nessuno. Allora prendo il corridoio che va verso i camerini. In fondo c’è una luce. Corro e spalanco la porta. Knut è seduto davanti allo specchio.
“Ehi! Sei andato via! Allora: ti è piaciuto?”, mi chiede voltandosi.
“Tu!... TU!... Come hai potuto?”, lo aggredisco.
“Ma che stai dicendo? Di che parli?”, finge di essere sorpreso.
“Tu mi hai fatto scopare da quel… troglodita!”.
Lui sgrana ancora gli occhi e poi fa: “Non sarà stata certo la prima volta!”, e si volta e torna a sedersi davanti allo specchio.
“Ma chi sei tu? Non certo la stessa persona che diceva di amarmi fino a poco tempo fa!”.
“No, non più”, risponde laconico, e torce il collo e i suoi occhi mi trapassano da parte a parte.
“Ma che ti è successo? Non sarai diventato l’ennesimo schiavetto di quello là?”.
“Io non sono lo schiavetto di nessuno, chiaro!”, mi urla contro balzando in piedi e raccogliendo gli ultimi frammenti di orgoglio che gli sono rimasti.
“Ah, davvero? E allora come spieghi il fatto di avergli permesso di fottermi? Adesso mi odi a tal punto?”.
Digrigna i denti. Non trova una risposta. I suoi occhi si riempiono di lacrime. Mi si avventa contro. Mi strappa il telo dalla vita e mi fa girare spingendomi contro il muro. Mi sfiata sul collo. “Io non sono lo schiavetto di nessuno, capito!”. Poi, la sua voce si fa più dolce e aggiunge: “E soprattutto non ti odio”. Il suo ventre si accosta alle mie chiappe. Il suo cazzo si ingrossa ad una velocità incredibile. Alza la testa e mi preme contro la rosellina. Senza che debba indirizzarlo con la mano, mi entra dentro e, approfittando della lubrificazione fattami dallo sperma di Andrea, risale il mio sfintere in men che non si dica. “Lo senti quanto non ti odio, eh?”. Non riesco a muovermi: mi costringe contro la parete e inizia a muoversi dentro di me. Io, d’altronde, non mi oppongo: non la prendo come una violenza. Sento che la sua è passione e non rabbia, ed è come se i nostri corpi a contatto si trasmettessero tutto il desiderio di cui sono capaci.
Il cazzo percorre tutto il mio budello e arriva in fondo; poi, Knut si ritrae fino a tenermi dentro solo la cappella. Quindi, risale nuovamente, stavolta con più impeto. Un colpo alla prostata mi fa sobbalzare e il tedesco sospira profondamente.
“Non…”, sibila, e mi dà un altro colpo, “… sono…”, e un altro colpo, “… lo schiavetto…”, e un colpo ancora, “… di nessuno… AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH!!!”, rantola dopo l’ennesimo affondo, quando la rabbia gli fa perdere il controllo e mi schizza in corpo il frutto dei suoi lombi. Con una mano sulla pancia mi trattiene contro il suo ventre, finché i suoi coglioni non si svuotano completamente. Poi, rimane fermo, respirando a fatica: la sua verga si ritira lentamente e scivola fuori dai miei intestini. Sento la sborra colarmi giù per le cosce, mentre Knut si stacca da me.
Istintivamente, senza voltarmi, raccolgo il telo da terra, me lo avvolgo attorno alla vita alla bell’e meglio, e corro fuori dal camerino, in direzione della stanza sul retro. Ho solo voglia di recuperare i miei vestiti e di scappare via da questo posto di perdizione.
Tuttavia, arrivato quasi sulla soglia, sento un vociare convulso: alzo gli occhi, umidi di lacrime non ancora sgorgate, e vedo un ragazzino pallido seduto sul bordo del divano posto a ridosso dell’ingresso. Mi asciugo il viso, mi blocco e mi accosto all’uscio, rimanendo nell’ombra. Il ragazzino è intento a lubrificarsi la rosellina con fare nervoso: si infila la mano in bocca, la insaliva ben bene e poi la porta al solco e spalma la bava sul buco. Si penetra con due dita e poi ripete l’operazione. Un ciuffo liscio gli copre del tutto l’occhio destro; l’altro, invece, si chiude in un’espressione intensa quando con le falangi si dilata l’anellino.
Dopo la terza volta, riapre gli occhi e guarda davanti a sé: la sua bocca si spalanca lentamente e dal suo viso traspare enorme stupore. Di fronte a lui compare Rico, statuario come sempre e col cazzo che punta dritto alle sue labbra rosse. La lingua le percorre in circolo e una goccia di bava luccica su un angolo della bocca. L’imberbe allunga il collo e inghiotte il glande: le sue guance si incavano e si inizia a sentire il rumore del risucchio. Il corpicino bianco avanza ancora e mezza mazza finisce tra le fauci del provinando. Con due dita continua a rimestarsi il culo e il movimento si fa sempre più agitato man mano che ciuccia la minchia di Rico.
D’un tratto, l’altra mano del ragazzino afferra la verga alla base e la sua testa comincia a muoversi avanti e indietro a velocità impressionante. Rico si irrigidisce e inspira a denti stretti. “Ah! Ti piace proprio il cazzo, eh?”. Il ragazzino annuisce senza rallentare. O è a corto di minchia da troppo tempo, oppure, come ha detto il negrone, adora il cazzo a tal punto da divorarlo letteralmente. È impressionante vedere la sua bocca aprirsi così tanto per ricevere quell’esemplare così raro di pene: non sembrerebbe possibile una tale dilatazione, eppure la troietta non fa una piega. Non avrà più di vent’anni, ma di esperienza ne ha sicuramente da vendere.
Dopo un lungo e intenso pompino, lascia andare l’attrezzo per riprendere fiato. Si asciuga il muso sporco di saliva con il dorso della mano ed è subito pronto a ricominciare. Tuttavia, Rico si sottrae facendosi indietro; poi, gli si avventa contro e, con una mossa da maestro, lo prende di peso e lo fa girare mettendolo a pecorina sul divano. Rapido, affonda la faccia nel suo solco ed inizia a grufolare. Lecca e mangia la rosellina del ragazzino, anche lui come se fosse digiuno da giorni. Il tipetto si contorce e agita il capo: il ciuffo sbatte su e giù e le sue membra vibrano di piacere. La grossa lingua dell’energumeno sollecita la mucosa dell’anellino, tanto che la troietta spinge in fuori e si apre completamente. Così facendo permette a Rico di introdurre la punta del suo organo nel buco e, muovendosi avanti e indietro, il negrone scopa la sua vittima facendola urlare di godimento.
“Sì! Sì, cosìììììììììììì!!!”, strilla il maialino, e, mentre la lingua gli sprofonda tutta dentro, le sue unghie affondano nell’imbottitura del divano. D’improvviso, Rico stacca la faccia dal culo del ragazzino, balza in piedi e accosta il ventre al solco. Punta al buco e preme. La rosellina cede in un attimo e subito vedo la mazza nera scomparire tra quelle chiappette bianche come il latte. La troietta flette il busto verso l’alto e cinge il collo del suo stallone con le braccia. Si volta e cerca le labbra di Rico. Le trova e gli fa un lingua-in-bocca da urlo, mentre le dita dell’energumeno titillano i capezzoli rosei della puttanella. Le natiche nerborute del negrone si contraggono e si rilassano ad intervalli regolari, mentre il suo bacino avanza e indietreggia nell’atto di pistonare il budello stretto (ma forse neanche tanto) del ragazzino.
A sinistra dei due protagonisti della scena compare un cameraman, intento a riprendere il tutto e a stringere in particolare sul cazzo di Rico che entra ed esce dal culo della troietta.
“E’ bravo, non è vero?”, mi chiede, d’un tratto, Knut alle mie spalle.
Mi giro di scatto, spaventato. Poi rispondo quasi indifferente: “Sì, sembra di sì”.
“Senti… io…”, prova ad aggiungere, ma io lo zittisco con un “ssssccccc!!!”, per non disturbare le riprese. Lui rimane accanto a me e assiste alla scena senza più fiatare. Sono troppo preso dall’amlesso che si sta consumando nella saletta: al tedesco penserò più tardi.
Il movimento di Rico diventa via via più veloce e adesso si sente anche il suono del suo ventre che sbatte contro le chiappette pallide del ragazzino. Le dita dei piedi della troietta si accartocciano e si tendono, mentre il suo culetto va incontro allo stallone seguendo il ritmo dello stantuffo. Riesce a prendere quel bendidio senza fare una piega: è ammirevole!
Poi, lo stallone estrae di colpo il cazzo dalle viscere della puttanella, la quale si abbandona sullo schienale del divano, ansimando in modo evidente. Rico le prende una caviglia e la ribalta. Quella divarica le gambe e aspetta che il negrone la trapassi da parte a parte.
E infatti, l’energumeno si appoggia sul divano e, con un gesto secco e preciso, infilza il ragazzino. Il corpicino dell’imberbe ha un sussulto e rimane teso qualche secondo, prima di rilassarsi nuovamente e farsi scopare da un Rico infoiato più che mai.
“AH! AAAAAAAHHHHHHH! AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHH!!!”, rantola lo stallone. “Cazzo! Sta troia mi fa sborraaaaaaaaaaaaaareeeeeeeeeeeeeee!!!”, urla infine, e la sua minchia sguscia dallo sfintere. Con una mano strattona il ragazzino per i capelli, tirandolo su, e gli infila la mazza in gola. Il gozzo della puttanella comincia a salire e scendere nella gola, mentre Rico impreca non si sa in quale lingua e scarica tutto il nettare che gli appesantiva le palle. Poi si tira indietro e la troia rimane a bocca aperta, mostrando lo sperma che ha ricevuto da quel potente idrante. Un po’ lo lascia colare giù per il mento, il resto lo ingoia con gran gusto. Si lecca le labbra e si rivolge alla telecamera, sorridendo e assumendo uno sguardo innocente.
“Stop!”, ordina il regista. Io ne approfitto per entrare nella stanza, raccogliere i miei vestiti e andare via.
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