tradimenti
Fermata obbligatoria


29.04.2025 |
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"Due degli altri si avvicinarono..."
Quel pomeriggio bollente sull’autostrada sembrava destinato a scivolare via come tanti altri, ma bastò un mio vestito – corto, rosso fuoco, appena una carezza sulle cosce nude – a incendiare tutto.Seduta accanto a Carlos, sentivo gli occhi dei camionisti che mi scrutavano, sbavando dal loro abitacolo ogni volta che li sorpassavamo. Mi accorgevo di tutto: del loro stupore, delle loro bocche semiaperte, dei gesti scomposti. E godevo. Mi bagnavo ogni volta che uno di loro si girava a guardarmi. Carlos stringeva il volante più forte ad ogni mio sorriso malizioso lanciato fuori dal finestrino. Lo sentivo eccitarsi, respirava più pesante, guidava più veloce.
Poi arrivarono loro.
Quattro uomini dentro un SUV nero, vetri semiabbassati, sguardi affamati. Iniziarono a seguirci, a giocare. Ci sorpassavano lentamente, rallentavano apposta per lasciarsi superare. Mi salutavano, mi leccavano con gli occhi. Io rispondevo con sorrisi, occhiolini, gambe accavallate con lentezza crudele. Carlos non diceva nulla, ma lo conoscevo bene: stava andando fuori di testa.
Quando fece la freccia e uscì per una sosta all’autogrill, notai che il SUV ci seguiva. Parcheggiarono a poca distanza, e i quattro scesero con passo da predatori. Carlos, tranquillo, disse che voleva solo un caffè. Entrammo. Lui andò in bagno. Io restai tra gli scaffali, e in quel momento lo sentii.
Un corpo maschile, ruvido, aderente al mio. Il suo bacino contro il mio sedere, in modo esplicito, deciso. Mi girai di scatto. Mi sorrise, si scusò. Ma quando mi voltai di nuovo, la sua mano si chiuse sulla mia chiappa con forza. Non stava affatto scherzando.
Due degli altri si avvicinarono. Con una scusa mi portarono in un angolo più isolato del bar. Lì, senza troppi giri di parole, mi chiesero: “Ci hai stuzzicati per chilometri… solo per scherzo?” Non feci in tempo a rispondere che uno infilò la mano tra le mie cosce nude. La mia biancheria era solo un ricordo. Le sue dita trovarono subito il calore umido della mia eccitazione.
Quando Carlos tornò, si accorse subito dell’atmosfera tesa. Cercò di allontanarmi, ma non bastò. I quattro ci seguirono fino all’auto. Nicola, il più grosso, prese Carlos per le spalle e con voce ferma ma ironica disse: “Tranquillo, non c’è da aver paura. Tua moglie ha solo voglia di divertirsi. E noi anche.”
Carlos tentennò. Poi non disse più nulla. Fu come se il suo ruolo si fosse spento.
Mi fecero salire dietro con Nicola, mentre Gianni si mise davanti accanto a Carlos. I due del SUV ci seguirono. Durante il tragitto, Nicola cominciò a toccarmi le cosce, poi a salire più su, sotto il vestitino. Non mi lasciava scelta, né tempo. Provai a respingere le sue dita, ma le sue mani erano troppo forti e troppo esperte. Carlos implorava piano, ma veniva ignorato.
Arrivammo in un motel. Entrammo. Il portiere mi guardò come si guarda una professionista. In effetti, sembrava proprio quello. Una troia di lusso tra le mani di camionisti affamati.
Carlos fu fatto sedere su una poltrona. Io, invece, restai in piedi davanti a loro. Mi osservavano, scomposti, eccitati. Mi circondarono come un branco su una preda. Nicola mi sfilò il vestito con un gesto solo, e le loro mani si fecero subito audaci. Le loro dita mi esploravano ovunque, tra le cosce, sui seni, dentro la bocca.
“Stai tremando, troietta,” mi sussurrò Massimo leccandomi l’orecchio. “Ma sei già bagnata come una puttana in offerta.”
Mi misero a quattro zampe. Mi mungono le tette, fortissimo. Mi facevano gemere di dolore e piacere, costringendomi a gridare che ero la loro vacca da monta. Mi umiliavano, mi spingevano oltre ogni limite. E io… godevo.
Nicola si tirò giù i pantaloni. Era enorme. Quando me lo infilò in figa, sentii subito l’impatto pieno e profondo. Carlos guardava, impotente, mentre mi prendeva. Massimo gli ordinò di sdraiarsi sotto di me e leccarmi mentre mi scopavano. E così fece. Lo sentivo tremare, mentre la mia fica colava calda sul suo viso.
Quando Nicola venne, mi spinse giù a leccare la sborra da terra, poi a ripulirgli il cazzo con la lingua. A turno, ognuno si prese il suo: in bocca, tra le tette, sulla faccia. Mi ingozzavano fino alle lacrime. Io ansimavo, gocciolante, ma non smettevo di succhiare, leccare, accogliere.
L’ultima parte fu ancora più selvaggia.
Mi misero a pecora. Nicola mi sfondò il culo, lentamente all’inizio, poi con una violenza che mi fece urlare. Massimo mi riempiva la bocca, Lorenzo mi sculacciava, e a ogni colpo dovevo gridare: “Godo con un cazzo nel culo!”
Mi vennero ovunque. Dentro, fuori, addosso. Carlos fu costretto a leccarmi via tutto, anche dall’ano. Aveva un guinzaglio intorno al collo, e ogni volta che sbagliava, Lorenzo gli tirava il laccio stretto sui testicoli.
Alla fine, mi trascinarono in bagno, mi spinsero sotto la doccia.
“Lavati, maiala. Sei piena della nostra sborra,” disse Nicola, ridendo.
Prima di uscire, diedero una pacca a Carlos.
“Hai una gran troia per moglie,” disse uno di loro. “Tienila calda. La prossima volta, la vogliamo tutta la notte.”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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