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Prime Esperienze

“Alidiana al Residence”Parte 2 il finale


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
22.04.2025    |    10    |    0 6.0
"«Non potrò sedermi per due giorni» disse con un filo di voce..."
Ore una e mezza di notte. Alidiana è di nuovo a terra, nuda, in ginocchio. Bendata. Le mani legate dietro la schiena con la mia cintura. Il respiro spezzato. Ha il corpo segnato dai miei morsi e il sorriso di chi vuole solo più cazzo, ovunque.

«Dimmi cosa vuoi» le sussurro all’orecchio, spingendole la punta del cazzo sulle labbra.

«Voglio tutto… figa, culo, bocca… voglio essere la tua troia fino all’alba.»

E l’alba è ancora lontana.

Il pompino comincia lento. Lei si muove con la testa come una professionista del peccato. Ogni affondo va più giù, più profondo. Le sbatto le palle sul mento, e lei geme. La faccio inginocchiare davanti allo specchio, le tolgo la benda, e le mostro quanto è sporca, quanto ama essere così.

Poi la sollevo e la spingo sul letto. Le gambe aperte, la figa lucida, pulsante. Ci affondo dentro tutto, la scopo come un animale, le afferro i seni, la prendo senza tregua. Ma Alidiana vuole di più.

«Il culo… ti prego… fammi male…»

Non la faccio attendere. Un po’ di lubrificante, e le divarico le chiappe lentamente. Lei si morde il cuscino mentre glielo infilo di nuovo. Ma stavolta non è dolcezza. Stavolta è brutalità. Le sbatto il cazzo nel culo con forza, mentre le dita tornano a tormentarle la figa, bagnata come non mai.

«Ti apro… ti spacco… sei mia, Alidiana.»

Lei urla, viene ancora, piange quasi, ma non si ferma. Ne vuole ancora.

Ogni ora cambio posizione. Le tolgo e le rimetto la benda, la lego in modi diversi, la scopo sul divano, sul pavimento, contro la finestra. Pompini lunghi, strozzati, fino alle lacrime. La sbatto sul tavolo e le fotto la figa davanti allo specchio, mentre le tengo il culo spalancato con una mano.

Alle sei del mattino, Alidiana è stesa sul letto, sfinita, le gambe aperte, il culo arrossato, pulsante, e un sorriso tremante sulle labbra.

«Non posso più muovermi» sussurra, «e non mi sono mai sentita così viva.»

La luce dell’alba filtra attraverso le tende leggere. Nella stanza regna il silenzio, rotto solo dal respiro lento di Alidiana, ancora stesa a pancia in giù sul letto. Il lenzuolo le copre appena la schiena, ma lascia in mostra tutto: le cosce leggermente divaricate, il culo rosso, segnato, e il liquido bianco che scivola lentamente lungo la piega profonda.

Il suo corpo è la prova viva della notte appena vissuta.

Mi avvicino piano, osservandola come un’opera d’arte: il suo buco anale ancora aperto, colmo della mia sborra, il calore ancora pulsante dentro di lei. Le sfioro la pelle e lei geme nel sonno, un gemito sottile, come se il suo corpo fosse ancora pronto a obbedire, anche senza coscienza.

Le passo un dito lentamente lungo il solco del culo, raccolgo quel misto caldo di liquido e desiderio, e glielo stendo sulle labbra. Lei si sveglia così: con il sapore della notte, con la lingua che si muove lentamente sulle dita, occhi socchiusi, un sorriso stanco ma maledettamente eccitato.

«Mi hai riempita come piace a me» mormora. «Dentro, ovunque…»

Si gira con fatica, le gambe molli, le cosce tremanti. Le sue dita si poggiano tra le gambe, sfiorano quella figa gonfia e ancora sporca, poi risalgono al culo, che pulsa a ogni movimento.

«Posso sentirti ancora dentro di me… e lo voglio di nuovo, anche così, anche distrutta.»

La giornata non è ancora cominciata, ma Alidiana ha già deciso: oggi, come stanotte, è solo tua.

Il sole era ormai alto, ma nella stanza c’era ancora l’odore della notte: sudore, piacere, pelle. Alidiana era distesa sul letto, a pancia in giù, le gambe rilassate, il culo ancora segnato, il buco rosso e colmo, sporco della mia voglia. Si muoveva appena, ma il suo corpo parlava per lei: aperto, offerto, mio.

Mi inginocchiai dietro di lei. Le mani le aprirono le chiappe piano, e vidi tutto. Il suo buco dilatato, pulsante, e quella traccia bianca e calda che scendeva lenta. Senza una parola, mi chinai.

La lingua si posò su di lei, lenta, profonda. Pulivo ogni goccia, ogni segno del nostro godimento. Le labbra, il solco, il centro. Le leccavo il buco del culo come un rito sacro, come se fosse il centro del mio mondo. E lei… tremava.

«Sei… folle» sussurrò tra i denti, ma si spingeva contro la mia faccia, voleva sentirmi lì, dentro. «Continua… fammi sentire tua… anche così…»

Le leccate divennero più lente, più profonde. Le baciavo il buco, lo succhiavo, mentre le dita le accarezzavano la figa calda. Era un massaggio, un’adorazione, una confessione di lussuria e appartenenza.

E mentre lei gemeva e si scioglieva ancora una volta, io bevevo ogni residuo del nostro piacere.

Le sue chiappe erano calde sotto le mie mani. Le tenevo ben aperte mentre la mia lingua scivolava lenta lungo il suo solco, leccando, succhiando, adorando. Ogni movimento del mio viso contro il suo buco era un colpo di piacere che le attraversava il ventre come una scossa.

La sua voce si faceva più alta, più ansiosa. I gemiti diventavano lamenti.

«Non smettere… ti prego… sto esplodendo…»

La mia lingua si fece più veloce, più affondata. Il mio respiro caldo contro la sua pelle tremante, il sapore del nostro godimento ancora lì, intenso, vivo. E proprio mentre le succhiavo l’ultimo cerchio del suo piacere, la sentii tremare tutta.

Con un urlo spezzato, Alidiana squirtò.

Un getto violento le esplose dalla figa mentre io ero ancora lì dietro a leccarle il culo. Sentii il liquido caldo inondarmi le cosce, il letto, tutto. Ma lei non smetteva di muoversi, non smetteva di godere. Si contorceva come in preda a un’estasi sacra, le mani strette sulle lenzuola, il viso premuto contro il materasso.

Le mie mani la tenevano ferma. La lingua continuava a tormentarla anche dopo, anche mentre lei gemeva distrutta:

«Mi hai svuotata… mi hai portata via…»

Mi alzai e la guardai. Bagnata, tremante, con il culo ancora aperto e la figa che gocciolava. Una visione perfetta.

Eppure, nel suo sguardo c’era solo una cosa: voglia di ricominciare.

La stanza era un campo di battaglia del desiderio. Lenzuola strappate, pavimento bagnato, odore di pelle e sborra ovunque. Alidiana giaceva supina, le gambe aperte, il corpo tremante in ogni muscolo. La figa arrossata, pulsante, ancora gocciolante. Il culo gonfio, segnato, riempito più volte. La bocca semiaperta, sporca del mio sapore.

Le avevo preso tutto. Ogni angolo. Ogni goccia. Ogni urlo.

Mi sdraiai accanto a lei, una mano sulla sua pancia che ancora si sollevava con fatica. I suoi occhi mi guardavano da dietro le palpebre socchiuse, lucidi, persi.

«Mi hai rotta…» sussurrò, ma sorrideva.

Non era distrutta. Era rinata.

Le accarezzai i capelli, sporchi, bagnati di sudore. Le baciai la fronte e poi il petto, come se stessi rendendo grazie al tempio in cui avevo vissuto per ore.

Lei si girò di lato, a fatica. Ogni movimento era un lamento, una memoria viva della notte.

«Non potrò sedermi per due giorni» disse con un filo di voce.
«Camminare sarà come avere ancora il tuo cazzo dentro.»

Sorrisi. E lei sorrise con me.

Poi il silenzio.

La notte era finita.

Il sole ormai era alto. Le tende lasciavano filtrare una luce dorata e stanca. Il letto sfatto, la stanza segnata, il nostro odore ovunque. Io ero in piedi, nudo, con un bicchiere d’acqua in mano, ancora con la bocca segnata dai suoi umori.

Alidiana era stesa sul fianco, le labbra socchiuse, i capelli sparsi sul cuscino.

Uscita dal residence…
E dopo quella notte, mi restò solo un ricordo.
Ma Alidiana non la vedi più.
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