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Prime Esperienze

In ufficio con Giorgia 1 parte


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
22.04.2025    |    17    |    0 6.0
"“Ora torniamo dentro, ma non finisce qui…” Diego tornò alla sua scrivania con le gambe ancora molli, il sapore di Giorgia sulla pelle, il suo profumo che..."
Racconti di pura fantasia
Giorgia, 40 anni, era una donna che lasciava il segno. Alta un metro e sessantacinque, 58 kg di desiderio scolpito, portava con sé un’aria di eleganza sensuale che si fondeva con la fame inconfessabile che si leggeva nei suoi occhi verdi. Portava una quinta abbondante, un seno che sembrava sfidare la legge di gravità, e un culo perfetto, alto, pieno, che faceva girare la testa anche alle donne. Le sue gambe erano una poesia: muscolose, affusolate, rivestite spesso da calze nere che lasciavano poco spazio all’immaginazione. I capelli rossi, sempre profumati di vaniglia e gelsomino, le cadevano sulle spalle, mossi e ribelli.

Era martedì dopo Pasquetta, e Giorgia era tornata in ufficio, uno studio di consulenza in centro a Verona, ancora intrisa del sesso furioso con il marito durante il weekend. Ma non le bastava. Aveva voglia di altro. Di nuovo.

Quel mattino si era vestita con cura: tacco medio, calze autoreggenti con balza in pizzo, una gonna nera attillata che si fermava a metà coscia, una camicetta di seta color crema che lasciava intravedere il reggiseno rosso acceso. Il rossetto era dello stesso colore: una dichiarazione di guerra.

Da tre settimane era arrivato un ragazzo nuovo, Diego. Ventisei anni, occhi scuri, spalle larghe, timido ma con quel fuoco sotto la cenere che Giorgia sapeva riconoscere.

“Diego, scusami un attimo,” gli disse con voce morbida. “Ti dispiace aiutarmi con le cartelle in archivio? Sono piuttosto pesanti.”

“Certo, Giorgia,” rispose lui, già rosso in viso.

Appena entrarono nell’archivio, lei chiuse la porta con un clic deciso. Lo sguardo cambiò. Non c’era più la segretaria gentile: c’era la lupa affamata.

Gli si avvicinò. “Mi piaci, Diego. E so che anche io ti piaccio.” Gli sfiorò il petto, poi la mano scese decisa sul pacco, che già reagiva. Lui era rigido, incerto, ma non si tirò indietro. Lei lo baciò con forza, la lingua che gli invase la bocca, mentre la mano gli apriva la zip, tirando fuori il cazzo.

Era grosso. Giovane, caldo, vivo.

Giorgia si inginocchiò davanti a lui. “Stai fermo e lasciati fare…” E lo ingoiò. Lentamente, profondamente. Le labbra rosse che scivolavano lungo il tronco del cazzo, la gola che si apriva, un conato che tratteneva con esperienza. Il suono era sporco, bagnato. Gli occhi di lui si rovesciavano, il respiro si spezzava.

Le mani di Giorgia gli accarezzavano le palle, mentre la bocca si muoveva più veloce, più profonda. Quando lo sentì tremare, strinse le labbra, pronta a riceverlo. Diego venne con un gemito animalesco, la sborra calda che le riempì la bocca, e lei ingoiò tutto senza staccarsi da lui, guardandolo negli occhi.

“Bravo ragazzo,” sussurrò, leccandosi le labbra. “Ora torniamo dentro, ma non finisce qui…”
Diego tornò alla sua scrivania con le gambe ancora molli, il sapore di Giorgia sulla pelle, il suo profumo che gli era rimasto impregnato addosso. Ma non durò molto. Alle 11:15 in punto, ricevette una notifica sul telefono: “Sala riunioni al terzo piano. Porta con te il fascicolo blu. Subito.”

Non c’era nessuna riunione in programma, e lui lo sapeva. Il cuore iniziò a battere più forte.

Salì. La porta era già socchiusa. Entrò. Dentro, solo Giorgia, in piedi davanti al tavolo ovale, le tapparelle semi abbassate, la luce che filtrava a righe, creando un’atmosfera da film proibito.

Lei si voltò lentamente, e si era tolta la camicetta. Indossava solo il reggiseno rosso e la gonna attillata. I capelli sciolti, il rossetto ritoccato, gli occhi che lo divoravano. “Chiudi la porta a chiave.”

Diego obbedì, senza fiatare.

“Vieni qui,” ordinò, la voce roca. Gli slacciò la cintura, abbassò i pantaloni, e lo spinse a sedere sulla sedia. Si inginocchiò a cavalcioni su di lui, e con un solo gesto, si strappò via le mutandine. La sua figa era completamente rasata, lucida, bagnata come se fosse in preda a una tempesta.

“Mi vuoi dentro?” le chiese lui, tremando.

“Voglio tutto di te,” sibilò lei, e si calò sul suo cazzo, lentamente, sentendo ogni centimetro che le apriva le viscere, un gemito che le uscì dalle labbra come un’esplosione. Iniziò a muoversi, prima piano, poi più veloce, la fica che schiaffeggiava le sue cosce, un suono umido, viscerale, ogni affondo un colpo di pistone.

La testa di Diego ciondolava all’indietro, mentre lei cavalcava come una furia. Il seno le rimbalzava fuori dal reggiseno, e lui lo afferrò, succhiandolo con foga. Lei lo schiaffeggiò. “No, adesso comando io.”

Si alzò da lui, lo spinse con forza sul tavolo, lo fece girare e si piegò a novanta, il culo perfetto in aria, le labbra della figa che pulsavano. “Scopami. Ma in culo, adesso.”

Diego tremava, ma lo fece. Sputò sul buco stretto, lo aprì con le dita, e spinse il cazzo dentro, lentamente, sentendo la resistenza che cedeva, il calore che lo inghiottiva. Lei gemette, poi urlò, “Sì! Così! Vienimi dentro, fammi sentire tutto, riempimi!”

La sedia sbatteva contro il muro, il tavolo cigolava, i suoi capelli rossi che le cadevano sul viso mentre si stringeva il bordo con forza, le dita che affondavano nel legno.

Diego sentì la fine arrivare: “Sto venendo…”

“Dentro, dentro, dentro!” gridò lei, e venne insieme a lui, un urlo strozzato, uno squirt violento che bagnò il tavolo, e lui che svuotò tutto nel suo culo, spingendo fino in fondo, tremando.

Rimasero lì, ansimanti, sudati, grondanti di sesso.

Poi lei si voltò, gli baciò la bocca sporca di tutto. “Sei mio adesso. Domani, archivio alle 9. E porta una bottiglia d’acqua. Ti voglio idratato.
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