Prime Esperienze
Claire


23.04.2025 |
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"Claire gridò:
«Oh, merde… oh oui… encore!»
Le davo colpi netti e profondi, le prendevo il culo come se fosse il mio rifugio, come se fosse l’unico posto..."
Marsiglia.Il cielo si stendeva color indaco sopra il vecchio porto, e nell’aria c’era quell’odore salmastro che si mescola al vino, al pesce e al desiderio. Avevo lasciato l’Italia da tre giorni e mi ero fermato in una pensione poco distante dal centro, al terzo piano di un palazzo decadente con vista sul mare.
Lei si chiamava Claire.
L’avevo conosciuta in un negozio di antiquariato mentre cercavo un posacenere in ceramica per mio fratello. Capelli biondo cenere, occhi grigi, una scollatura generosa e una parlantina sciolta che sembrava voler giocare sin da subito. Ci eravamo scambiati solo sguardi e frasi apparentemente casuali, ma era chiaro che ci stavamo annusando.
Mi aveva invitato da lei. Un appartamento piccolo ma curato, con libri ovunque e tappeti nordafricani sparsi sul pavimento. Una bottiglia di vino rosso, due calici già pronti, una finestra socchiusa sul mare.
Eravamo finiti a letto dopo dieci minuti netti.
Ma ora, era l’alba del giorno dopo, e io la stavo scopando sul terrazzo, nudi sotto la brezza del Mediterraneo.
Claire era piegata in avanti, con le mani appoggiate al parapetto di ferro battuto, le gambe leggermente aperte e il culo rivolto verso di me. Il suo corpo snello, scolpito dal nuoto e da anni di danze orientali, era una calamita per il mio cazzo ancora duro.
Le infilai due dita tra le cosce, trovando la sua fica ancora fradicia della notte precedente. Lei si voltò, scompigliata, con un sorriso storto.
«Encore, Jules? Ma tu non dormi mai?»
«Mi piaci troppo per dormire» risposi, mentre la spingevo leggermente in avanti e le baciavo il collo sudato.
La mia verga scivolò di nuovo dentro di lei con facilità, affondando nella sua fessura ancora sensibile.
Lei gemette, il corpo scosso da un fremito improvviso.
«Putain… oui… così…» sussurrò, aggrappandosi al ferro.
La presi forte, le mani sulle sue anche ossute, la pelle salata sotto le dita. Il rumore del nostro sesso si mescolava alle onde e al cigolio lento del ferro arrugginito.
Claire si dimenava, il suo corpo elastico seguiva ogni colpo con precisione matematica.
Poi, senza dirle nulla, la presi per i fianchi e la sollevai. La portai dentro, sul tappeto della sala, e la buttai a terra con una fame che mi ardeva nel petto.
Le gambe spalancate, la fica gonfia, la bocca ancora umida della mia sborra della notte prima.
«A quatre pattes, ora.»
Lei eseguì come se fosse stata addestrata da sempre.
Le sputai sul buco del culo, ci giocai con un dito, e quando sentii che era abbastanza rilassata, lo infilai. Prima piano. Poi tutto.
Claire gridò:
«Oh, merde… oh oui… encore!»
Le davo colpi netti e profondi, le prendevo il culo come se fosse il mio rifugio, come se fosse l’unico posto dove volevo stare.
La scopai così per minuti interminabili, finché lei venne. Un orgasmo esplosivo che le fece tremare le ginocchia.
E io, stremato ma ancora duro, le rovesciai la sborra nel culo, poi gliela feci leccare via tutta.
Lei si sdraiò sul tappeto, esausta.
Il sole era ormai sorto, e Marsiglia brillava nel silenzio di quella domenica mattina.
«Tu sei un animale…» mormorò, ancora col fiatone.
Sorrisi.
«Sì. Ma sono il tuo animale.»
Poi le baciai il ventre.
E già pensavo al secondo round. In cucina.
Tra una baguette, il caffè… e il suo culo ancora aperto.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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