Notte di fuoco

L’aria della sera sapeva di sale e gelsomino.
Beatrice camminava scalza sul pavimento freddo della casa al mare, le finestre aperte, il vestitino corto che sfiorava le sue cosce nude come un soffio. Sentiva ancora l’eco dello sguardo di Amilcare su di lei, quel pomeriggio in spiaggia. Il modo in cui l’aveva guardata, mentre sorseggiava un bicchiere di vino bianco e le dita giocavano pigramente col bordo del tavolo.

Ora era lì. Alla porta. Silenzioso, intenso. Gli occhi che dicevano molto più di qualsiasi parola.

Beatrice non disse nulla. Lo guardò, si voltò e tornò verso la camera. Una provocazione silenziosa.
Lui la seguì.

La stanza era illuminata solo da una lampada bassa. Il lenzuolo chiaro, mosso dal vento, sembrava un invito. Beatrice si fermò davanti al letto, poi si voltò lentamente. Si tolse il vestito senza dire una parola. Nessun gesto timido. Era nuda sotto, e si mostrava a lui con un coraggio che non sapeva nemmeno di avere.

Amilcare chiuse la porta alle sue spalle. Il suo sguardo si fece più scuro, più affamato.
Non parlò. Le mani si posarono sui fianchi di lei, calde, forti. La sollevò e la stese piano sul letto, come qualcosa di prezioso ma bramato. Poi cominciò a esplorarla. Con la bocca, con le mani, con il corpo.

Ogni centimetro della sua pelle era percorso da scosse elettriche. Le labbra di lui scorrevano sul collo, tra i seni, sull’addome teso. Lei si arrese al fuoco che saliva, le gambe che si muovevano istintivamente per cercarlo, per stringerlo. Lui si prese tutto il tempo. Le dita che tracciavano percorsi lenti, la bocca che le faceva perdere il controllo, il respiro rotto che le usciva in piccoli gemiti.

Quando finalmente la prese, Beatrice affondò le dita nella schiena di lui.
Si muovevano insieme, un ritmo che cresceva, si accelerava, si inseguiva. Il corpo di lui che la stringeva, la guidava, la spingeva sempre più dentro al piacere. Ogni spinta era un’onda, e lei si lasciava travolgere. Il cuore martellava. Il corpo bruciava. Il mondo, fuori, non esisteva più.

Il piacere la colpì improvviso, violento, come un’onda calda e liquida che la fece tremare. Non c’erano parole. Solo respiri. Pelle bagnata. Sguardi che dicevano tutto.

Dopo, nel silenzio del letto sfatto, Beatrice sorrise.
Non era più una ragazza.
Quella notte, era diventata fuoco. L’alba filtrava piano attraverso le tende leggere, sfiorando la pelle nuda di Beatrice. I lenzuoli erano aggrovigliati intorno ai loro corpi, ancora caldi, ancora vicini. Amilcare dormiva accanto a lei, un braccio lungo la sua vita, il respiro profondo e regolare.

Lei lo osservava in silenzio, il petto che si sollevava con lentezza, il profilo forte e rilassato. Non sapeva cosa avrebbe significato quella notte, se fosse stata l’inizio di qualcosa o solo un istante fuori dal tempo. Ma non importava.

Si sentiva diversa. Accesa. Viva.

Si alzò piano, raccolse il vestito e andò verso la finestra. Il mare era calmo, la spiaggia ancora deserta. Il cuore le batteva ancora forte, ma in modo nuovo. Non più per il dubbio, non per l’insicurezza, ma per la consapevolezza di sé.
Aveva scelto. Aveva vissuto. E in quella scelta c’era una forza che prima non conosceva.

Alle sue spalle, la voce roca di Amilcare ruppe il silenzio:
«Dove vai?»

Beatrice si voltò appena, un sorriso sulle labbra.
«A guardare il mare. Ma torno da te.»

E mentre tornava verso il letto, lui la prese per la mano e la tirò dolcemente contro di sé. Le lenzuola scivolarono di nuovo tra le gambe. I loro corpi si cercarono, ancora una volta.
Non era solo una notte. Era un ricordo che avrebbe portato con sé per sempre.