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“Dannati di Carne: La mia storia con Nicole”


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
28.04.2025    |    13    |    0 6.0
"Nicole gemeva piano, cercava il mio sguardo mentre la scopavo in pubblico, il viso arrossato, il sorriso sporco di piacere..."
Non avevo mai pensato che sarebbe successo davvero.
Che avrei mandato tutto all’aria per una ragazza più giovane, bellissima, famelica di sesso, che mi guardava come se fossi l’unica cosa che contasse.

Nicole era mia nipote acquisita.
Brasiliana, sfrontata, fatta di curve e di sorrisi che ti entravano sotto la pelle come veleno lento.
All’inizio erano solo sguardi, battutine, carezze che duravano un attimo in più.
Ma dentro di me sentivo che stava nascendo qualcosa di enorme, di incontrollabile.

Un giorno, mentre eravamo soli in casa, fu lei a spingere oltre.
Mi venne addosso, il suo corpo contro il mio, il respiro corto, gli occhi che mi imploravano di prenderla.
E io non resistetti.

La prima volta fu pura fame.
Le strappai i vestiti di dosso, la sollevai contro il muro, la presi senza pensare.
Nicole gemeva piano, con la bocca sul mio collo, le gambe strette intorno alla mia vita.
Era già bagnata, calda, pronta, come se non aspettasse altro da mesi.

Quando venni dentro di lei, Nicole mi baciò sulle labbra e sussurrò:
«Adesso sei mio.»

E così fu.

Da quel momento non ci fermammo più.
Ogni occasione era buona per infilarci in un bagno, in un’auto, in una stanza vuota.
Mi leccava sotto il tavolo, si inginocchiava davanti a me mentre fingevamo di guardare un film, mi provocava con messaggi osceni mentre ero con mia moglie.

Non era solo sesso.
Era ossessione.

Fino al giorno in cui Carlos, suo marito, trovò i nostri scambi.
Non ci fu pietà: la cacciò di casa, urlando che era una troia, una puttana senza vergogna.

Pochi giorni dopo toccò a me.
Alidiana scoprì tutto: i video, le foto, i messaggi.
La sua rabbia fu glaciale.
Mi guardò con disprezzo e mi disse solo:
«Sparisci.»

Mi ritrovai da solo.
Ma non per molto.

Quella sera stessa Nicole venne da me.
Niente bagagli, niente scuse.
Solo un vestitino corto, niente intimo, e una fame negli occhi che mi spezzò il fiato.

Non parlammo.
Ci buttammo addosso l’uno all’altra come bestie ferite, affamate.
La spinsi contro il muro, le sollevai il vestito, glielo strappai via.
Lei rideva, gemeva, si offriva.

La leccai finché non tremò e mi supplicò di prenderla.
Mi infilai dentro di lei con un colpo solo, forte, brutale.
Nicole mi graffiava la schiena, si muoveva contro di me, urlava il mio nome senza freni.

Non ci fermammo per ore.
Scopammo sul divano, sul pavimento, contro la porta d’ingresso.
Ovunque.

Non c’era più casa.
Non c’era più mondo.
Solo il suo corpo e il mio.

Le sue mani mi guidavano dentro di lei, la sua voce mi chiedeva di riempirla, di sporcarla, di usarla.
Mi voleva nella fica, nella bocca, nel culo.
Voleva tutto di me, senza vergogna.

Una volta mi portò in un parco.
Si piegò davanti a me, alzando il vestito, mostrando il culo nudo.
Mi guardò e mi disse solo:
«Prendimi qui.»

La presi da dietro, senza paura, mentre qualcuno passava in lontananza.
Nicole gemeva piano, cercava il mio sguardo mentre la scopavo in pubblico, il viso arrossato, il sorriso sporco di piacere.

Non ci bastava mai.

A casa, il sesso era ancora più sporco.
Mi svegliava leccandomi sotto le lenzuola.
Mi provocava mentre facevo colazione, piegandosi senza mutandine davanti al frigorifero.
Mi si infilava addosso mentre facevamo la doccia, spalancandosi contro il vetro appannato.

Ogni volta che venivo dentro di lei, la sentivo tremare, sentivo il suo piacere che scorreva sulle mie mani, sui miei fianchi, sulla mia anima.

Vivevamo solo di questo.
Sesso, sudore, gemiti, risate sporche.
Nessun futuro.
Nessun rimorso.

Solo carne.
Solo fame.
Solo noi.

Dannati.
Sporchi.
Liberi.

E non avrei mai voluto niente di diverso.
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