Prime Esperienze
– La Stewart dello stadio


27.04.2025 |
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"La canotta volò via con uno strappo, liberando i seni pieni e sodi, subito inghiottiti dalla mia bocca affamata..."
Quel pomeriggio lo stadio Senigallia ribolliva. Un caldo assassino, sudore, birra, adrenalina nell’aria densa.Appoggiato alla balaustra, la vidi.
Lei.
La Stewart bionda.
Alta, corpo da paura, vita stretta, fianchi larghi, due gambe lunghe infilate in jeans strettissimi che le segnavano il culo come un guanto.
Il giubbottino arancione aperto lasciava intravedere la canotta bianca, sottile, che le scolpiva i seni tesi. Capezzoli duri, ben visibili sotto il tessuto.
Aveva l’aria di chi sapeva esattamente quanto era irresistibile.
E io, già duro sotto i jeans, non ci pensai nemmeno un secondo.
Mi avvicinai sfiorandole il fianco.
Lei mi guardò da sopra gli occhiali scuri, un sorriso storto, lurido sulle labbra.
Con un cenno della testa mi indicò di seguirla.
Ci infilammo in un corridoio secondario, poi in uno spogliatoio abbandonato: pareti scrostate, odore di polvere, silenzio denso.
Si voltò.
Buttò il giubbottino per terra, spalancò le gambe e si appoggiò al muro.
«Fammi vedere quanto sai scopare, stronzetto.»
Le fui addosso come una bestia.
La canotta volò via con uno strappo, liberando i seni pieni e sodi, subito inghiottiti dalla mia bocca affamata.
Lei gemeva sporco, stringendomi la testa, graffiandomi la schiena.
Le mani scesero sui jeans, li strappai quasi.
Niente mutandine.
Era nuda sotto. Bagnata, calda, pulsante.
Senza perdere tempo, la sollevai di peso, facendole avvolgere le gambe attorno ai miei fianchi.
Tirai fuori il cazzo, gonfio e lucido di voglia, e glielo strusciai sulle labbra della figa, madida.
Lei gemette, strofinandosi isterica.
Poi glielo infilai tutto dentro, brutale, fino in fondo.
Lei urlò forte, mordendomi il collo.
La scopai come un animale, i colpi violenti, senza tregua, schiantandola contro il muro.
Il suono delle carni bagnate, i gemiti rotti, il rumore sordo delle spinte.
Le mani le afferravano i fianchi, la bocca ingoiava i suoi gemiti, i denti affondavano nella sua pelle sudata.
La scaraventai poi su una vecchia panca di legno.
Le spalancai le cosce, le sputai sulla figa lucida e di nuovo dentro, senza pietà.
Ogni colpo la faceva urlare, il viso schiacciato sul legno, il culo che spingeva contro il mio bacino.
Le presi i capelli, glieli tirai indietro, facendole alzare il viso mentre la sfondatevo.
«Più forte… più forte… scopami tutta!» ansimava, il corpo che tremava ad ogni affondo.
Le infilai due dita sulla fica mentre la penetravo, massaggiandole il clitoride gonfio con movimenti sporchi e veloci.
Il suo orgasmo esplose, devastandola: venne gridando, sporcando tutta la panca e le mie cosce con il suo liquido caldo.
Non mi fermai.
La ribaltai, la inchiodai di schiena sulla panca, le gambe larghe e tremanti.
Senza quasi darle respiro, rientrai brutalmente, affondando fino all’osso.
Il mio cazzo scivolava nelle sue viscere piene dei nostri liquidi.
Il suo ventre si contrasse intorno a me.
Schiaffeggiavo le sue tette che rimbalzavano sotto i miei colpi violenti.
«Apriti tutta, puttanella…» sibilai, e lei obbedì, spalancandosi completamente, offrendomi la figa devastata.
Sentii il piacere salire feroce.
Spinsi ancora, ancora, poi sbarrai i denti e venni con uno schianto, sprofondato fino in fondo.
Il mio sperma esplose dentro di lei, caldo, denso, sporcandole le viscere.
Rimasi lì, piantato dentro, a tremare, mentre lei ansimava, ancora sorridendo sporca e sazia.
Ma non era finita.
Senza dire una parola, scivolò giù dalla panca.
Mi guardò da sotto in su, il viso ancora stravolto dal piacere.
Senza staccare gli occhi dai miei, mi prese il cazzo ancora sporco di sperma e succhi.
Se lo portò alle labbra e se lo inghiottì tutto, fino a farsi sbattere il naso contro il mio ventre.
Cominciò a succhiarmelo con lentezza oscena, ripulendomi tutto, centimetro dopo centimetro, mentre la lingua raccoglieva ogni goccia dei nostri umori mescolati.
Lo tirava fuori, leccava la cappella come una schiava, poi se lo infilava di nuovo in gola fino a soffocare.
Mi guardava, bocca piena, occhi lucidi, godendo di ogni singolo centimetro.
Non smise finché non fui completamente pulito.
Solo allora si staccò, passandosi la lingua sulle labbra sporche, guardandomi ancora con quel sorriso diabolico.
«Tutto in un pomeriggio,» disse piano, tirandosi su i jeans strappati senza nemmeno coprirsi i seni nudi, «e non hai ancora visto tutto quello che so fare…»
Poi si voltò e sparì nel corridoio, lasciandomi lì, ancora duro, ancora assetato di lei.
Con il sapore del suo corpo e del suo piacere incollato addosso.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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