Racconti Erotici > Prime Esperienze > La ragazza dal mini vestitino rosa
Prime Esperienze

La ragazza dal mini vestitino rosa


di Membro VIP di Annunci69.it Angel1965
27.04.2025    |    10    |    0 6.0
"Poi si voltò, inginocchiata sul letto, offrendomi il suo splendido ano..."
Non era la prima volta che passavo di lì, al Bar di Montù, ma quella sera l’aria aveva qualcosa di diverso.
La musica usciva dalle casse a volume moderato, mescolandosi al brusio di voci, ai bicchieri che tintinnavano, al fumo delle sigarette che si alzava pigro verso il soffitto.

La vidi appena entrai.
Mini vestitino rosa, cortissimo, aderente sulle curve come una seconda pelle. Era seduta su uno sgabello alto, le gambe accavallate, una mano che girava lentamente la cannuccia nel cocktail.
Il vestito si sollevava appena ad ogni suo movimento, lasciando intravedere la pelle liscia delle cosce, l’attaccatura delle gambe, il confine sottile tra la provocazione e l’invito.

Non guardava nessuno. O almeno, faceva finta. Gli occhi, nascosti dietro ciglia lunghe e pesanti, ogni tanto lanciavano rapide occhiate intorno, come se stesse aspettando qualcosa… o qualcuno.

Mi avvicinai al bancone, fingendo disinteresse. Ordinai da bere, cercando di carpire un minimo di attenzione. E la ottenni: uno sguardo rapido, tagliente, accompagnato da un accenno di sorriso, uno di quelli che ti entrano sotto pelle.

Fu lei a parlare per prima.

«Sei sempre così timido?»
La sua voce era morbida, bassa, con un accento sporco, di quelli che ti fanno venire voglia di avvicinarti ancora.

Scossi la testa, sorridendo.
«Solo quando ne vale la pena.»

Rise piano, una risata che sapeva già di promessa. Poi si sporse verso di me, avvicinando le labbra al mio orecchio, il vestitino che si tendeva ancora di più, rivelando per un attimo che sotto non portava nulla.

«Allora vieni a scoprire se ne vale davvero la pena…»
Sussurrò, lasciandomi addosso il profumo dolce della sua pelle e una tensione che bruciava.

Le sue dita sfiorarono il bordo del mio bicchiere, poi la mia mano. E in quel contatto leggero c’era tutto: l’invito, il gioco, la certezza che quella sera, al Bar di Montù, nulla sarebbe stato come prima.

Non ci fu bisogno di altre parole. La seguii fuori dal bar, il mini vestitino rosa che ondeggiava sui suoi fianchi ad ogni passo, leggero come un richiamo.

L’aria della sera era tiepida, profumata di terra umida e gelsomino.
Camminava davanti a me, senza voltarsi, sapendo che l’avrei seguita comunque.
Raggiungemmo l’angolo buio del parcheggio, dove le luci del bar non arrivavano, e lì si fermò, appoggiandosi con la schiena al muro.

Mi fissò con un mezzo sorriso, poi, senza esitare, prese la mia mano e la guidò direttamente sulla curva morbida della sua coscia nuda.
La pelle era calda, liscia. Salii lentamente, fino a sentire l’orlo sottile del vestito che si arricciava sotto le dita.

Senza mai staccare gli occhi dai miei, sollevò il ginocchio e lo fece scivolare lungo la mia gamba, aprendosi appena, come un invito.

Era senza slip.
Il calore che sprigionava era tangibile. Sfiorai il bordo dell’intimità con le dita, trovandola già bagnata, già pronta.

Lei trattenne il respiro, mordendosi il labbro inferiore. Poi, con un gesto deciso, afferrò la mia cintura e la tirò verso di sé, schiacciandomi contro il suo corpo snello.

Sentivo il battito del suo cuore attraverso il tessuto leggero, la sua eccitazione cruda, impaziente. Le mie mani salirono sui suoi fianchi, poi sui seni piccoli e sodi, stringendo appena attraverso il vestito.

Lei chiuse gli occhi un attimo, poi li riaprì, carichi di una voglia senza pudore. Si sollevò sulla punta dei piedi e mi baciò. Un bacio profondo, languido, sporco di desiderio.

Le mani scivolarono di nuovo sotto il vestitino, esplorando senza più timidezze, mentre lei si muoveva contro di me, guidandomi.

Le dita trovarono il suo punto più sensibile e iniziarono a giocare con lei, a stuzzicarla, a tormentarla dolcemente. Gemette piano contro la mia bocca, il corpo che si inarcava, assetato di più.

Era tutto crudo. Reale.

Entrai in lei in un unico movimento lento, profondo, che la fece ansimare forte, aggrappata alle mie spalle.
Il suo corpo tremava, caldo, stretto attorno al mio.

Si muoveva contro di me senza freni, il vestitino rosa che sfregava tra noi, l’odore del sesso che impregnava l’aria, la consapevolezza che eravamo lì, a pochi passi dal bar, nascosti solo dall’oscurità.

Ogni spinta era un colpo di piacere puro, sporco e bellissimo. Lei gemette il mio nome all’orecchio mentre raggiungeva l’apice, stringendosi forte contro di me.
La seguii pochi istanti dopo, perdendomi nel suo calore, nell’odore dolce della sua pelle, in quella notte che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.

Le nostre bocche si staccarono solo per un attimo.
Lei rimase appoggiata a me, il respiro ancora irregolare, il vestitino rosa scivolato di lato, lasciandola semicoperta.

Mi guardò con quegli occhi profondi, ancora appannati di piacere, e sorrise.

«Mi chiamo Eva,» sussurrò, la voce roca.

Le accarezzai il fianco nudo con le dita, sorridendo anch’io.

«Angel,» risposi. «Piacere, Eva.»

Rise piano, dolce e sporca allo stesso tempo.

«Un angelo che mi fa peccare…»
Mi guardò, maliziosa.
«Forse sei peggio di me.»

Non risposi. La baciai ancora, stringendola contro di me.

E lei, sussurrandomi contro le labbra, disse:

«Fammi volare ancora.»

Non aspettò una risposta. Mi prese per mano e mi trascinò fino alla sua macchina, una vecchia utilitaria parcheggiata poco lontano.
Aprì lo sportello posteriore, si buttò sui sedili, il vestitino rosa arrotolato attorno ai fianchi, le gambe nude spalancate.

«Voglio che mi scopi come se fosse l’ultima notte della tua vita.»

Non aspettai altro.
La raggiunsi, mi gettai su di lei.

La baciai ovunque: collo, seni, ventre, l’interno delle cosce bagnate. Lei gemeva, si agitava, mi tirava i capelli.

Mi inginocchiai davanti a lei e la presi con la bocca, assaporandola fino a sentirla contorcersi e venire forte, urlando il mio nome.

Quando la penetrai di nuovo, fu violento. Furioso.

Eva cavalcava su di me come se volesse consumarmi. Mi stringeva dentro di sé, mi mordeva il collo, mi graffiava la schiena.

«Più forte, Angel! Scopami come un animale!»

Non mi risparmiai. La girai sui sedili, la presi da dietro, la tenni per i fianchi mentre la scopavo senza pietà. Le urla soffocate contro il finestrino appannato, il suono dei nostri corpi che sbattevano, l’odore di sesso che impregnava la macchina.

Lei venne ancora, e ancora. Io la seguii poco dopo, venendo dentro di lei con una violenza che mi lasciò tremante.

Rimanemmo lì, abbracciati, sudati, distrutti.

Eva rise piano contro il mio petto.

«Se è stato un sogno… non voglio svegliarmi mai.»

La strinsi ancora più forte.



Epilogo – Il weekend selvaggio

Il mattino dopo, ancora mezzi nudi sulla sua macchina, Eva mi guardò con un sorriso furbo.

«Ho trovato un agriturismo isolato. Camere private, nessuno che rompe il cazzo. Vieni con me?»

Non ci pensai nemmeno un secondo.

Mezz’ora dopo eravamo lì, una casa di campagna circondata dai vigneti. La camera era semplice, ma perfetta: un letto grande, lenzuola bianche, finestre spalancate sull’odore dolce dell’erba e del sole.

Appena chiusa la porta, Eva mi saltò addosso.

Mi spogliò, ridendo, mordendomi il collo, la schiena, il petto. Io la presi, la sollevai di peso e la buttai sul letto, strappandole via il vestitino rosa.

Era nuda. Bella da togliere il fiato.

Mi gettai su di lei, baciandola con violenza. Le gambe si aprirono subito, accogliendomi.

Entrai in lei senza neanche rallentare, ancora carico di tutta la voglia accumulata.

Il letto scricchiolava sotto i nostri colpi.
Eva gemeva senza freni, senza pudore.

Non ci fermammo quasi mai.
Ogni ora era un nuovo round: a letto, sotto la doccia, contro il muro, perfino fuori, sotto la pergola.

Veniva mille volte, bagnando le lenzuola, graffiandomi, mordendomi, chiedendomi sempre di più.

Il secondo giorno, mentre il sole scendeva, Eva si svegliò nuda su di me, il corpo esausto.

«Angel…» mormorò. «Quando mi scoperai di nuovo?»

Le baciai la fronte, ridendo piano.

«Appena respiriamo, Eva.»

Lei rise contro il mio petto. Poi, senza preavviso, si abbassò, prendendomi in bocca.

Mi pompava senza pietà, succhiandomi fino a farmi gemere, fino a venire.
Ingoiò tutto, senza perdere nemmeno una goccia.

Poi si voltò, inginocchiata sul letto, offrendomi il suo splendido ano.

Non seppi resistere.

La leccai, la preparai con calma, poi la presi anche lì, sentendo il suo corpo tremare, stringersi intorno a me.

La scopai fino a svuotarmi di nuovo dentro di lei, nel suo piccolo buco stretto e perfetto.

Quando crollammo uno sull’altra, Eva rise piano.

«Con te… non voglio mai smettere di scopare.»

E io, mentre le accarezzavo il fianco pieno di lividi, pensai che nemmeno io volevo farlo.

Mai.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 6.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per La ragazza dal mini vestitino rosa :

Altri Racconti Erotici in Prime Esperienze:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni