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Un gran figlio di puttana 2


di geniodirazza
27.10.2024    |    7.667    |    4 9.3
"Doveva, cioè, farsi madre surrogata di mio figlio come io sarei stato padre surrogato di suo figlio, senza muovere nessun assetto e cercando di convivere in..."
Una volta stabilita la linea di condotta, non ci restò che dare la stura alla nostra passione e andammo nella camera degli ospiti per fare l’amore, in qualche modo divertendoci ad irridere Tatiana che, credendo di fare cornuto il marito prima ancora di sposarlo, si prendeva già le corna che lui le faceva con sua madre; mi sentii in dovere di chiarire a Luisa che, per la massima parte, la mia decisione di accettare quell’ipotesi nasceva dal desiderio di vivere a lungo il suo amore, pur non restandole fedele.
Concordò con me che era la scelta più opportuna; mi disse che dall’indomani avremmo lavorato insieme e preparato le basi per diventare imprenditore autonomo; ma, soprattutto, mi pregò caldamente di chiarire con mia madre l’equivoco che ci aveva allontanati; se le cose stavano come pensava lei e io accettavo un matrimonio farsa, il meno che potessi fare era di spiegarmi con la donna che certamente mi amava come nessun’altra avrebbe mai potuto.
Le fui profondamente grato per la sensibilità che dimostrava e mi preparai a vivere con lei la più bella notte d’amore mai vissuta; la notte precedente ci eravamo solo incontrati e conosciuti; sapevamo che c’era ‘chimica’ tra di noi; ma avevamo lasciato sospeso il capitolo dell’amore fisico e delle possibili varianti che due amanti si concedono; quella sera sarebbe stata decisiva per penetrarci profondente, amarci alla morte e conoscere il sesso vero.
La spogliai come staccassi i petali di un fiore; per ogni capo che le sfilavo, una serie di baci e di carezze partivano per tutto il corpo, specialmente nella parte che si scopriva al cadere del corrispondente capo; cominciai quindi dal viso decisamente bello e lo adorai in tutti gli spigoli, in ogni tratto; carezzai, baciai e leccai la fronte, gli occhi, le orecchie e la bocca meravigliosa che perlustrai a lungo con la lingua impazzita.
Quando caddero la camicetta e il reggiseno, mi scatenai a succhiare i capezzoli, accarezzare, palpare e martoriare i seni pieni e stupendi; sentivo che godeva soprattutto quando ciucciavo i capezzoli come fossi un lattante; forse il richiamo a mia madre stimolava non solo me che me ne impossessavo per recuperare un’infanzia di desiderio, ma anche lei che mescolava amore materno e passione libidinosa in un mix straordinario.
Prima che le sfilassi la gonna e la brasiliana, mi bloccò in piedi accanto al letto e mi spogliò lei, restituendomi pari pari le dolcezze, le carezze e le leccate su tutto il viso, fino a soffocarmi con un bacio ad alta tensione di voluttà; sul torace e, soprattutto, sui capezzoli, scatenò la sua libidine e, mentre li succhiava, si infilò una mano fra le gambe e si masturbò con gusto; quando scese sul pantalone per aprirlo, fui io a bloccarla e a pretendere il diritto di prelazione.
La spinsi, ancora seduta, supina sul letto e mi abbassai a cercare con la bocca il sesso; mi aiutò a sfilare la gonna e la brasiliana e mi offrì la vulva scosciandosi quasi oscenamente per facilitarmi l’approdo al clitoride; mi scatenai letteralmente a leccare, dal retro delle ginocchia alle grandi labbra, prima da una pare poi dall’altra; cercai con la punta della lingua le piccole labbra e il clitoride; tormentai il piccolo sesso con passione e la sentii gemere sempre di più finché soffocò nella mano un urlo.
La portai al centro del letto; si riprese dall’orgasmo e mi spinse supino; si fiondò sul mio sesso ritto a cielo e cominciò a lambirlo con voluttuosa passione, dai testicoli gonfi attraverso l’asta fino alla cappella viola per la tensione; quando appoggiò le labbra socchiuse sul meato, fui travolto da un brivido; le presi il volto tra le mani e mi resi conto che l’amavo più di quanto fosse lecito.
Mi succhiò a lungo, mentre si masturbava; mi fece godere i piaceri possibili e impossibili della bocca che ingoiava il sesso fino alla radice; la presi per i fianchi e la costrinsi a stendersi a contrasto su di me; lo spettacolo della vulva rasata e grondante; del sedere rotondo come quello delle statue neoclassiche, praticamente perfetto; dell’ano non maltrattato ma quasi vergine e della vagina che, con gli umori che colavano, sembrava reclamare una penetrazione immediata, mi bruciarono i sensi; la volevo.
Frenai la fellazione a cui si era dedicata e la costrinsi a salirmi addosso, a sedersi sul mio ventre e a penetrarsi dall’alto, alla cavallerizza; non potevo essere io a montarla, in quella posizione, e dovette tirare fuori tutta la sua libidine per dare sfogo alla voglia di sesso e d’amore; la vidi estasiata ed esaltata muoversi su di me con energia; mi sentii trasportato in paradiso; l’avvertii che non avrei retto a lungo; urlò il suo orgasmo mentre il mio le esplodeva nell’utero.
Si distese su di me senza far uscire il membro dalla vagina e mi baciò dolcemente; ricambiai il gesto d’amore, completamente preso da lei; fu solo la prima delle copule di quella sera; prima di andare via, quasi alle tre di notte, si fece possedere tre volte in vagina e due analmente; riuscii a limitare a tre i miei orgasmi, per resistere valido fino al mattino; mi salutò col desiderio di fermarsi all’infinito; mi raccomandò di essere pronto, la mattina seguente, a prendere sul serio il lavoro con lei.
Andai in direzione, per il mio primo giorno di lavoro nell’impresa di Ettore, insieme a Luisa che, dopo la notte d’amore, era più che decisa a costruire con me una prospettiva di vita che ci facesse galleggiare nella nuvola di un amore surreale senza mai perdere di vista le occasioni che la vita ci offriva per crescere anche a spese di chi snobbava me o lei, senza tener conto di quanto i ‘buoni’ potessero diventare scaltri e cattivi fino ad usare la bontà per fare assai male.
Mentre Ettore, più di tutti, fibrillava per i preparativi del matrimonio fissato a breve, sulla spinta di Luisa che non smetteva di ricordarmelo tra una copula e l’altra, telefonai a mia madre per chiederle di incontrarci e parlare; piangeva, la poveretta, e stentava a credere che davvero le avessi telefonato per parlarle; quando mi ebbe davanti, dopo un primo riserbo, quando io l’abbracciai e la baciai sulle guance, si lasciò andare al pianto, alle carezze dolci ed ai baci affettuosi sul viso.
Passati finalmente a parlare serenamente, le chiesi conto degli ultimi suoi anni di matrimonio con mio padre; esattamente come la mia amante aveva visto, mi disse che negli ultimi anni della sua vita mio padre aveva perso molte facoltà, tra cui soprattutto la funzione sessuale; lei lo aveva rassicurato che non sentiva particolari esigenze e avrebbe anche rinunciato; ma lui era troppo sensibile e intelligente per non rendersi conto della realtà.
Per non condannare all’astinenza una donna giovane, bella e calda come lui l’aveva vissuta per anni, le disse senza infingimenti che se lei avesse trovato qualcuno da cui prendersi il sesso che a lui era precluso, non avrebbe trovato la cosa strana o assurda; se poi questo qualcuno fosse stato anche oggetto di un amore vero, considerato che aveva una breve aspettativa di vita, poteva con lui preparare una successione che sarebbe stata vitale per ambedue, ma soprattutto per lei.
Il suo attuale compagno era un caro amico di mio padre e suo; era certamente innamorato di lei, ma non aveva fatto mai niente per non turbare l’equilibrio del loro matrimonio; quando mio padre aveva accusato i primi sintomi del male che l’avrebbe stroncato, lui era lì, vicino a loro, amico consolatore; era stato mio padre, avvertito dell’impotenza, a suggerirle di dare sfogo all’amore che avevano trasformato in amicizia; non era stato facile, ma l’amore era esploso inarrestabile.
Negli ultimi due anni di calvario, lui aveva vissuto le stesse pene di lei ed era stato pilastro insostituibile, innamorato come pochi ma anche amico affettuoso e infermiere volontario della pena di mio padre; dopo la morte, comunicare il loro amore era parso quasi un omaggio alla memoria, come a raccontare al defunto, ancora presente nello spirito, che lei non era rimasta sola e che l’amico era diventato il compagno che se ne prendeva cura.
Poiché stavamo parlando col cuore in mano, mi precisò che lo scatto violento alle mie avances sessuali era nato dalla sua cultura radicata che vedeva l’incesto come peccato improponibile, specialmente perché mio padre era ancora ben vivo e lei aveva già il doppio regime amoroso che insieme avevano deciso; si era pentita della sberla rifilatami, ma avrebbe fatto la stessissima cosa in ogni momento perché si sentiva madre amorosa e innamorata, ma non disponibile al sesso.
Mi sentii in dovere di chiarirle che avevo finalmente visto i termini dell’equivoco e che avevo capito l’errore commesso; le parlai anche della mia situazione sentimentale, promesso sposo di una donna che non amavo e che non sarebbe stata mai mia, ma aggiunsi che l’amore fisico a mia madre lo avevo comunque realizzato per transfert ad una donna che le somigliava molto ma che aveva anche lei un grosso problema di impotenza del marito; io amavo lei e mia moglie sarebbe stata solo una figura legale.
Mi espresse tutto il suo disappunto, ma non poté che riconoscere logica e di buonsenso la mia scelta; mi chiese di esonerarla dalle cerimonie formali di presentazione e mi abbracciò con molto affetto; le promisi che mi sarei ancora fatto vivo e che avrei anche incontrato volentieri il compagno, in una qualche occasione; dopo anni di gelo, per la prima volta finalmente ci lasciammo con la coscienza che il nostro amore, filiale e materno, restava inalterato.
Quella notte, mentre facevamo l’amore come era ormai nostro solito, ne parlai a Luisa che fu sinceramente e profondamente felice perché avevo risolto uno degli enigmi della mia vita; fece qualche accenno ironico all’altro, quello della mia relazione con Elena che incontravo di tanto in tanto; la rassicurai perché non mi amava e non voleva essere amata; ma, soprattutto, difendeva la sua libertà di single indisponibile a qualunque legame; la incontravo talvolta ma solo per fare sesso.
Per l’ennesima volta le ripetei con convinzione che lei rappresentava il mio mondo sentimentale e che gli altri ruotavano intorno senza incidere, a cominciare dalla ‘promessa sposa’ che non vedevo per settimane; ero preso dagli impegni di lavoro, al punto che dovevo portarmelo anche a casa; allo scopo, era stata aperta una porta di comunicazione tra lo studio, dove tenevo anche un archivio, e la camera dove vivevo e facevamo l’amore; in pratica, avevo casa e lavoro in poco spazio.
Luisa rappresentava il mio riferimento imprescindibile in tutto; sul lavoro, in poche settimane mi aveva messo in condizione di muovermi tra impegni, progetti e valutazioni con somma soddisfazione di Ettore e grandi vantaggi per me, che stavo già brigando per costituire un fondo personale in una banca svizzera, fuori da ogni controllo; meditavo, alla prima occasione, di costituire una mia società; ma questo non l’avrei fatto senza la mia amata.
Lei sembrava essere rinata, da quando stavamo insieme dall’alba fino a notte fonda, in ufficio per gran parte della giornata, compreso il pranzo consumato insieme in una trattoria dove in breve ero di casa con la mia suocera - amante - dirigente; in moltissime serate ci vedevano protagonisti insieme; che si trattasse di una prima a teatro, di un concerto, di una conferenza o della presentazione di un libro, la coppia più ammirata era la nostra; ma soprattutto a letto fin quasi all’alba.
Ettore era felicissimo di questa nostra solidarietà, che favoriva i suoi progetti; sapeva dei nostri incontri amorosi ma glissava perché gli stava a cuore la felicità della moglie; l’unica fuori dal menage era Tatiana persa dietro al sesso ‘leggero’ ed al libertinaggio che le consentiva la ricchezza del padre; imparammo presto a non preoccuparcene perché, quando Luisa usciva dalla nostra camera dopo una copula stellare e andava a letto col marito, lei ancora non era rientrata.
La data del matrimonio arrivò presto; la cerimonia fu molto raccolta, con pochissimi invitati; fu in quell’occasione che Luisa incontrò mia madre; si piacquero immediatamente; la sera, mentre celebravo con lei la ‘luna di miele’ che Tatiana mi aveva negato, mi disse che era fin troppo chiaro che mia madre era innamoratissima di me, come uomo oltre che come figlio, e aveva capito perfettamente i veri rapporti che vigevano nella nostra ‘famiglia’.
Alla prima telefonata, mia madre non ebbe remore a confermarmi tutto, anche l’amore che le era vietato dalla coscienza; e la felicità perché avevo incontrato una donna che le somigliava, che mi amava davvero e con la quale avevo un’intesa vicina alla perfezione; espresse anche il suo rammarico per Tatiana e per la certezza che non avrei potuto avere da lei il figlio che l’avrebbe fatta felice; le suggerii di non disperare e di attendere invece grosse novità.
Difatti, Elena, in una delle grandi copule che facevamo, mi aveva detto che voleva un figlio da me, che mi avrebbe consentito di riconoscerlo come mio, ma che non si sarebbe mai legata formalmente a me per restare libera e padrona di se stessa e di nostro figlio; non avevo motivo di obiettare e ci accordammo nel senso che avrei svolto le mie funzioni di padre senza convivenza o altri legacci; per pudore, non ne parlai con Luisa fino a che il bambino nacque e il DNA attestò la mia paternità.
Fu in quell’occasione che decidemmo di dare vita al nostro progetto di una società che gestisse un’impresa edilizia; Luisa ne fu nominata comproprietaria in società con mio figlio, sotto la potestà della madre; preferii non comparire per evitare conflitti di interessi; manovrando con una straordinaria abilità, Luisa fece assegnare all’impresa la realizzazione di un complesso abitativo, per il quale dirottò macchinari dell’impresa di Ettore che giacevano inutilizzati perché obsoleti.
Cominciò da lì un’autentica scalata che in meno di un anno ci portò ad essere concorrenti delle imprese più forti sul territorio; superata la fase di avvio, in cui avevamo giocato sui capitali off shore e sul parco macchine dell’impresa di Ettore, fummo presto in grado di procedere da soli, di ripianare i ‘prestiti’ che, senza avvertire nessuno, avevamo prelevato dai conti segreti di suo marito, oltre che da quelli costituiti per i nostri scopi.
Luisa si rivelò una straordinaria manager e fece entrare la nostra società in concorsi internazionali; quando suo marito si rese conto della nuova realtà emergente, usò tutto il suo potere per conoscere la verità; seduti tutti e tre al tavolo di cucina, aspettavamo una sfuriata; ci fu invece l’abbraccio alla moglie di un marito che prendeva coscienza dello sforzo fatto da lei per stargli al fianco sacrificando il suo vero talento; decisamente la chiarezza fece bene a tutti, anche a lui.
Quando chiese notizie sul socio, dovemmo restare sul vago e chiedergli di pazientare fino a momenti più favorevoli ad altre verità; trascorsero i mesi che diventarono anni; Arturo, mio figlio, aveva festeggiato il suo terzo compleanno, quando Tatiana fece scoppiare nella solita cucina la bomba imprevedibile; era incinta; Ettore esultò; Luisa sbiancò; io mi limitai a dire alla mia moglie legale che non avrei mai riconosciuto un bastardo.
Fu la sera più brutta delle nostre vite; Tatiana non era in grado di sapere chi fosse il padre naturale e aveva deciso di dichiararlo nato da padre sconosciuto in un rapporto extramatrimoniale; Luisa se ne andò a piangere in bagno; Ettore dovette ricorrere ai medicinali per le emergenze, per arginare un colpo che poteva risultargli fatale; quando ci fummo rasserenati, fu necessario chiedere conto all’incosciente del grave errore commesso.
Semplicemente, aveva interrotto la pillola, come abitualmente faceva ogni anno, per un ciclo; ma non se ne era ricordata nel fumo dell’alcool e aveva copulato senza protezione con più di un partner; a distanza di settimane, non aveva neanche chiaro quanti e chi fossero stati; comunque, non intendeva chiamare nessuno a responsabilità e chiese a suo padre di aiutarla ad uscire dal cul de sac dell’incoscienza colpevole per trovare una dimensione vera e seria.
Ettore era sconvolto; lo fu ancor più quando la figlia fu costretta a spiegare il ‘suo’ senso della vita e del sesso; per un attimo, ebbi la sensazione che Luisa avesse veramente paura, alla vista dello scolorimento di suo marito e delle smorfie di dolore; la sollecitai a soccorrerlo, se lo riteneva necessario; per buona sorte, fu Tatiana che si precipitò ad abbracciare il padre piangendo a calde lacrime, chiedendogli perdono e pregandolo di non lasciarla sola; lui allora si rivolse a me per sapere cosa decidessi.
“Non posso riconoscere come mio un bastardo; ma non chiederò il divorzio; possiamo continuare la stessa vita e sperare che i rapporti migliorino anche se questi fatti non aiutano; sono per tutti il cornuto contento; sentirlo non mi ha dato mai problemi e non me ne darà; ho i miei scheletri nell’armadio e, quando verranno fuori, capirete che non sono buonista, solo concreto.”
“Di che scheletri parli?”
“Tatiana, dimentichi per caso che hai cacciato via dal tuo letto il marito legittimo e che ti presenti ora incinta di un altro? Ettore, cosa puoi fare per nostra figlia?”
“Scusa, mamma; ho solo peccato di curiosità; un errore di questa portata può solo indurmi a rivedere me stessa; papà, se ti chiedessi di farmi provare a lavorare, te la sentiresti di darmi un minimo di fiducia per tentare di cominciare da zero?”
“Sul lavoro, non troverai mai il papà buono ma solo il padrone duro; se vuoi dimostrare che sei cambiata, ti faccio cominciare, ma dal livello base di semplice impiegata; se le tue non sono solo lusinghe per intortarmi un’altra volta, saprò trarre le conseguenze e comunque il mio patrimonio per ora ha una sola erede; spero che ti dimostri degna di averlo; se, come è sacrosanto, tuo marito non riconosce il bastardino al quale neppure tu puoi attribuire un padre naturale, per legge avrà il mio nome e cognome; se saprai essere degna di quel nome, sarà lui il bastone della mia vecchiaia.”
“Emilio, quindi tra noi tutto resta invariato?”
“Questo lo decidi solo tu; se trovi uno di cui ti innamori e che ritieni degno di vivere al tuo fianco, io rompo senza problemi un matrimonio - farsa e ti lascio libera di vivere la tua vita.”
“Non ho nessuna intenzione di legarmi a un vincolo qualsiasi; preferisco restare single con la tara del matrimonio - farsa; se tu hai delle alternative che ti portano altrove, chiediamo pure il divorzio.”
“Le mie alternative non mi impongono altri legami o scelte; teniamoci la nostra pantomima e ognuno viva al meglio le sue realtà.”
“No, Tatiana, se tu torni a vivere questa casa e non passi le notti al bar o in discoteca, sarà bene fare chiarezza su qualcosa che noi tre già sappiamo, vero Ettore? Io ho preso il tuo posto nel letto di tuo marito da prima che vi sposaste; tuo padre lo sa e lo accetta perché non è più in grado di fare sesso; finora, ci siamo amati di solito fino a notte alta, perché tu eri sempre fuori; se resti in casa, dovrai accettare che tua madre fa sesso con tuo marito; è questo uno degli scheletri di cui parlava Emilio … “
“Mio dio, tu e mamma?!?! Tu con mio marito?!?! … “
“Pensi per caso di recitare la parte della ‘sedotta e abbandonata’? Non ci sarebbe niente di peggiore gusto … “
“No, mamma; resto solo basita perché un inganno che avevo inventato per eludere la tua sorveglianza è diventato la radice da cui discende il mio fallimento totale … “
“Figlia mia, ricordati che al peggio non c’è mai fine e che Emilio ha parlato di ‘scheletri’; questo è solo il primo che siamo costretti a mostrarti.”
“Emilio, non potresti dirmi tutto adesso che stiamo confessandoci in camera caritatis?”
“Tatiana, i fantasmi non fanno paura solo a te; aspetta che i tempi maturino; per ora limitati a decidere che da domani lavori alle dipendenze di tuo padre e a sapere che Luisa la sera viene a letto con me, prima di dormire con tuo padre; è già troppo, per l’equilibrio psichico di una persona; se sarà necessario, scopriremo altri altarini.”
Cominciò praticamente un nuovo capitolo delle nostre vite; quella sera, mentre ci scambiavamo dolcezze tra una copula e l’altra, ci rendemmo conto che Tatiana più volte era scesa in cucina, forse con la scusa di bere, quasi certamente per scoprire eventuali rumori dalla camera degli ospiti, ormai definitivamente mia; Luisa non resse allo stress e, alla terza discesa, la affrontò e le ricordò che non era mai stata sorvegliata nelle sue copule; ci lasciasse in pace; andò via umiliata.
La mia moglie legale affrontò la gestazione con maggiore serenità di quanto mi fossi aspettato; però era davvero cambiata profondamente, con enorme gioia di suo padre che non esitò a farla avanzare rapidamente nelle responsabilità del lavoro perché la sua laurea le offriva conoscenze vitali e cominciava a fidarsi sul serio di lei; era il più ansioso per la nascita del nipotino, che si era saputo essere maschio, accarezzando il sogno di avere anche un naturale erede del suo lavoro.
L’anno dopo la nascita del figlio di Tatiana fu connotato dalle premure di tutti per il nuovo nato, il cui arrivo scatenò la frenesia del nonno che ormai vedeva solo lui e niente altro intorno; Tatiana rivelò una capacità imprevista di recupero e in pochi mesi si guadagnò la stima non solo mia ma anche di quanti l’avevano conosciuta nel recente passato e ne avevano stigmatizzato i comportamenti; ben presto si trovò equiparata a sua madre nell’autorità in azienda.
Luisa mise allo scoperto la storia d’amore con me e portò dalla sua parte persino la figlia, che ammise di guardare quasi con invidia la nostra complicità soprattutto nell’uso del tempo libero per seguire attività culturali o dedicarci al sesso amoroso che praticavamo; per un equivoco senso del corretto buonismo, non la misi al corrente dell’esistenza di un’altra donna nella mia vita e del figlio che da lei avevo avuto.
Ma proprio questa vicenda parallela portò ancora uno scossone ai nostri equilibri; Elena mi avvertì che aveva conosciuto un uomo molto ricco che le aveva offerto di andare con lui in Sudamerica e di stabilirsi lì in una sua ricca tenuta, ma che non le consentiva di portare con se nostro figlio, dal momento che lei era ora incinta di lui e non desiderava compagnie turbanti o confronti strani per il nascituro che sarebbe stato il loro figlio a tutti gli effetti.
Mi chiese se ero disposto ad assumermi il totale affidamento del bambino, al quale rinunciava in nome di una vita totalmente nuova con un uomo di cui si era innamorata perdutamente; naturalmente, non disperava di potere nel tempo tornare a incontrare suo figlio; feci preparare gli incartamenti e decisi di parlarne apertamente non solo con Luisa ma anche con gli altri miei conviventi, per un problema di lealtà e di chiarezza.
Luisa accolse con terrore la notizia che avrei potuto divorziare da sua figlia e trovare una sistemazione, abitativa e lavorativa, da un’altra parte; mi pregò di ricercare tutte le soluzioni possibili prima di decidere; Ettore non ebbe difficoltà a prendere visione del problema nella sua complessità, soprattutto perché sua moglie gli spiegò che il socio paritario della sua azienda era proprio quel bambino di quattro anni di cui io assumevo la responsabilità totale.
Le sue obiezioni di fondo derivavano dall’ipotesi che lasciasi il mio posto di lavoro e andassi a consigliare i suoi concorrenti; gli spiegai, anzi lo fece per me Luisa, che tutto dipendeva da Tatiana; se avesse accettato la famiglia allargata con un matrimonio farsa e due figli, uno suo e uno mio, poteva anche farsi largo l’idea di restare nello status quo, senza smuovere niente e continuando a vivere serenamente in un delicatissimo equilibrio di scompensi.
Doveva, cioè, farsi madre surrogata di mio figlio come io sarei stato padre surrogato di suo figlio, senza muovere nessun assetto e cercando di convivere in pace; eravamo tutti e tre scettici su questa possibilità e ci rendevamo conto che il divorzio avrebbe fatto maggiore chiarezza ma mi avrebbe obbligato a trovare casa altrove e lasciare anche il mio posto di marito surrogato per lei che ancora sentiva il bisogno di un maschio di riferimento.
Le feci presente che la società nell’azienda comunque comportava una frequentazione notevole e che potevamo coltivare la nostra storia d’amore e di incesto in condizioni lievemente diverse; sia lei che suo marito, però, avrebbero senz’altro preferito che tutto si svolgesse sotto lo stesso tetto, com’era stato per cinque anni; l’unico dato sicuro era che dovevo proporre a Tatiana il divorzio o la famiglia allargata; una sola domanda bastò ad inchiodarci tutti.
“Nessuno di voi ha preso in considerazione la possibilità di ‘fare famiglia’? In questa congerie di proposte per lo meno surreali, non avete pensato neanche per un attimo che, a questo punto, potrei fare davvero la moglie? Caro Emilio, mentirei se dicessi che ti amo; ma sei il grande amore di mia madre e il pupillo di mio padre; all’anagrafe risulta che sei mio marito. Ti fa tanto schifo ipotizzare di dividerti tra la mia camera e quella ‘tua’, ex camera per gli ospiti?
Ribadisco che non ti amo; ma per anni mi sono accoppiata con individui di cui non conoscevo spesso neppure il nome; perché non dovrei farlo con te, visto che da un anno non ho rapporti con nessuno e arriverei a te quasi nuova? Trovi tanto ripugnante dare a mio figlio una parte dell’affetto che dai a quello avuto da una libertina come me? Credi che due bambini, divisi da pochi anni di età, troverebbero le difficoltà di cui parliamo noi, per sentirsi affratellati pur non essendo consanguinei?
Eccolo, il mio rilancio; diventi mio marito e mi tradisci con mia madre; ti comporti da padre coi nostri figli ed io mi sforzo di essere madre a tutti e due; se va male, ci mettiamo poco a divorziare e a scegliere altre strade; se invece funziona o finché funziona, diventiamo un nuovo modello di famiglia allargata e forse ci avviamo a vivere una vecchiaia serena facendoci compagnia. Che ne dite? Si può tentare?”
“Per me, sì; non ho problemi a bussare alla tua camera, ad entrare nel tuo letto e a verificare se c’è tra noi abbastanza chimica non per copulare in un bagno a pecorina ma per fare l’amore quanto meno come marito e moglie; non rinuncerò a fare l’amore con Luisa perché il mio istinto incestuoso non si è placato né assopito; domani stesso vado a prendere Arturo e gli presenterò mamma Tatiana, nonna Luisa e nonno Ettore; se busso stasera alla tua camera, mi lasci entrare?”
“Sarebbe la prima volta che un maschio mi chiede di entrare nella mia camera; ma tu sei veramente diverso; su questo avevo puntato quando ti feci conoscere mia madre; e forse fu quella la pietra che staccai mandando in rovina il castello dei miei sogni.”
“Tatiana, se ti disturba, io rinuncio e mi cerco un amante … “
“E poi chi ti accompagna ai concerti? Cosa faccio fare a mio marito mentre tu vai a teatro? No, mamma, meglio che lo controlli tu; almeno so con chi sta; hai visto che, se lo perdi di vista, nonostante l’amore per te, è riuscito a ingravidare una e ad allevare un figlio che ha già quattro anni? Finché reggi, spompalo pure; io avrò molto da fare, con due figli da crescere, per potermi occupare degli amori di mio marito; tu hai più tempo e voglia.”
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