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Lui & Lei

LE AMICHE (3/5)


di Grande_Bruno
05.12.2024    |    12    |    0 6.0
"Era una tecnica che usavo spesso con le ragazze con cui riuscivo ad entrare in sintonia e che volevo scoparmi in breve tempo..."

Terza parte dei ritagli di memoria, trovati nel periodo in cui mi allenavo prima dei campionati di Taekwondo. In quegli anni ero un bel giovane, con un fisico magro e muscoloso, alto 1,70 con occhi marroni che d’estate viravano sul verde.
Come tutte le mie storie, anche questa è la descrizione (romanzata) ispirata alla mia vita.


PARTE 3/5

All’orario pattuito mi trovavo davanti al «Da Michela», un ristorante aperto da poco e che dava su una strada poco trafficata, oltre la quale si estendeva un parchetto comunale. Un bel posto dove passare un’ora tranquilla prima di tornare al lavoro. Laura mi aveva preceduto di qualche minuto e mi stava aspettando all’interno del locale, piccolo ma ben curato. Mi si avvicinò e mi diede un bacio sulle guance alzandosi in punta di piedi. Era davvero una bella ragazza e sorse di nuovo nella mia mente la domanda se dovessi scegliere lei al posto di Flavia. Erano entrambe meravigliose, forse Flavia era un po’ più il mio tipo e poi sapeva fare delle seghe incredibili, per non parlare di quella specie di pompino che mi aveva fatto il pomeriggio precedente.

Ma, chissà, magari Laura era psicologicamente più adatta a me. La ragazza volle presentarmi Michela, la tipa dell’insegna, una rossa piuttosto robusta che aveva finito qualche anno prima le scuole alberghiere, passato qualche tempo a fare pratica in altri ristoranti e poi aveva avuto l’idea di aprirne uno suo.

«Siamo amiche dai tempi delle elementari», mi confidò Laura, quando ci sedemmo al nostro tavolo, «uscivamo insieme la sera alla ricerca di uomini e poi li portavamo qui per scoparceli», aggiunse, con un occhiolino.

Capii in pochi minuti quale dovesse essere la conclusione del pranzo e per quale motivo fossimo in quel ristorante in particolare. Laura si sedette accanto a me e, quando la sua amica ci portò un paio di piatti di pasta con una spolverata di peperoncino, come ci tenne Michela ad assicurarci, anche lei con un occhiolino, posò la mano sinistra sul mio inguine e cominciò ad accarezzarlo mentre con la destra usava disinvolta la forchetta.

Fu un pranzo strano: Laura parlava poco, soprattutto sorrideva ammiccando e spesso la sua mano scivolava tra le mie cosce sfiorando più o meno marcatamente il mio cazzo o almeno la sua cappella, ormai talmente inturgidita da rendere fastidioso il tessuto delle mutande. Provai un paio di volte a dare inizio a qualche discorso, ma l’unico uso che Laura sembrava fare della sua bocca, era introdurvi maccheroni nel modo più sensuale possibile e quando e, sono certo lo facesse apposta, un po’ di sugo le colava dalle labbra, con il pollice se lo riportava in bocca, guardandomi con le labbra semiaperte, come se volesse sedurmi. Cosa che, va detto a suo onore, le riuscì alla perfezione.

Ormai, sotto l’azione della sua mano, stavo per liberare una potente sborrata nelle mutande, la mente obnubilata dal desiderio di lei, non avevo più interesse per il cibo. Se non ci fosse stato nessun altro nel locale, avrei abbassato la zip dei jeans, l’avrei tirato fuori e le avrei chiesto di spararmi una sega o, anzi, la sega me la sarei fatta da solo, per poi pisciare sperma sui maccheroni di Laura: sarebbe stato eccitantissimo vederla mangiarli, con il sugo ed il seme che le colava dagli angoli della bocca, sempre con il suo sguardo ammaliatore a illuminarle il volto.

Al diavolo, ad un certo punto, spinto dal testosterone che mi stava facendo impazzire, posai la forchetta, mi protesi verso di lei e la baciai in un angolo della bocca dove era rimasta una goccia di sugo di pomodoro. Laura rimase basita per un istante mentre le succhiavo il labbro inferiore e pochi attimi dopo il polpastrello del mio pollice si appoggiava sulla sua bocca e l’accarezzava, quasi sfiorandola. Era una tecnica che usavo spesso con le ragazze con cui riuscivo ad entrare in sintonia e che volevo scoparmi in breve tempo. Aveva un’alta probabilità di funzionare: lo trovavano eccitante e sembrava che solo un cazzo in qualche loro orifizio con spruzzata abbondante di seme potesse curare il loro improvviso parossismo sessuale.

Lei sembrò godere del mio bacio, di quel momento che sembrava sfuggire dalla trama di eccitazioni che aveva preparato per sedurmi, chiudendo gli occhi e lasciando scivolare perfino dalla mia gamba la mano che accarezzava il mio inguine. Le sue labbra si socchiusero ed il mio pollice scivolò appena all’interno, aumentando la sua eccitazione. La mia lingua lo seguì poco dopo, esplorando lo spazio tra l’arcata superiore ed il labbro che non avevo ancora cominciato a baciare.

Andai avanti così per quasi un minuto, approfittando dell’esperienza maturata su altre fanciulle che avevano poi ricompensato quegli attimi di semi incoscienza erotica accettando dentro o su di loro, il mio sperma. I quattro altri avventori nella sala preferirono distogliere lo sguardo, mentre Michela sogghignava osservando lo spettacolo. Decisi di smettere quando notai che la mano di Laura aveva abbandonato la forchetta sulla tovaglia, inzaccherandola di sugo e con un maccherone che rotolò per qualche centimetro lasciando un segno rosso del suo passaggio e si abbassò lentamente, quasi inconsapevole sull’inguine della ragazza: due dita si mossero pesantemente sul tessuto che custodiva il suo bocciolo di rosa, ormai completamente imperlato di gocce di desiderio.

Evidentemente i jeans rossi che indossava erano troppo spessi per darle piacere così, perché la mano scivolò poi fino al bordo e scesero nelle sue mutandine. Era tempo di passare alla bordata finale. Succhiai lentamente le sue labbra mentre mi staccavo da lei, la fissai rapito, deluso di dover terminare qualcosa di così delizioso e divino e le sussurrai in un orecchio, dopo avervi alitato un sospiro di profonda delusione e dolore: «perdonami, non avrei dovuto».

Laura apparve quasi confusa da quel mio ripensamento, come se si fosse aspettata che avrei proseguito per altre ore in quel bacio che l’aveva come tramortita. Sbattè un paio di volte le palpebre, come se si fosse appena svegliata, poi mi fissò. Mi afferrò per una mano e si alzò, quasi trascinandomi giù dalla sedia.
Farfugliò qualcosa mentre abbandonavamo il nostro tavolo e ci avvicinavamo alla sua amica, in un angolo della sala, già sorridente, come se (e di certo lo era) fosse stata consapevole di quanto stava per succedere. Mi sentii quasi in imbarazzo quando, con un gesto del capo, indicò una porta recante la targhetta «Accesso solo al personale».

Mi aspettavo di trovarmi in un piccolo magazzino con, magari, qualche confezione di tovaglioli di carta o piatti di scorta o lattine di sugo di pomodoro e scatole di pasta ed invece eccomi in una stanza con un letto, con una porta che dava su un piccolo bagno con una doccia. Ricordai che qualche minuto prima, la stessa Laura aveva accennato all’abitudine di portare uomini in quel locale e poi farseli. Evidentemente, era qui che soddisfacevano i loro appetiti sessuali, su quel letto, per poi togliersi l’odore del sesso in quella doccia che si intravedeva appena.

Laura chiuse la porta con la nonchalance di chi è abituato ad un luogo e mi abbracciò, sollevandosi sulla punta dei piedi e cercando la mia bocca con la sua. Fu un bacio aggressivo, con la sua lingua che, dopo pochi istanti, erompeva tra le mie labbra alla ricerca della mia. Era bravina a baciare, anche se forse, un po’ maldestramente, stava cercando di emulare il bacio che le avevo dato io. Per sua sfortuna, non aveva fatto la mia stessa lunga pratica e poi che bisogno aveva una ragazza, bella come lei, tra l’altro, di sedurre un uomo con un bacio. Già il suo corpo bastava e avanzava per scatenare i peggiori istinti di un maschio.

Nonostante tutto il bacio me lo godetti, soprattutto quando afferrai l’occasione di abbassare le mie mani sui suoi glutei, belli sodi sebbene non al livello di quelli di Flavia ed in particolar modo quando fu lei ad infilare la sua destra nei miei pantaloni e nelle mie mutande, potendo constatare di persona quanto fossi «felice di vederla». Le sue dita affusolate si strinsero attorno al mio cazzo che agognava solo di essere liberato e che pulsava ormai nervoso nell’attesa di poter scaricare tutto il desiderio che l’aveva gonfiato per poi tornare a pendere tranquillo e soddisfatto.

Lei emise un lieve mugugno di apprezzamento. «Vedo che non ti delude l’idea di scoparmi», commentò. Sbottonò i miei jeans, abbassò la zip e, dopo essersi inginocchiata davanti a me, afferrando pantaloni e mutande, abbassò lentamente, come volesse godersi lo spettacolo del mio sesso che compariva davanti a lei. Libero dell’impedimento degli abiti, il mio cazzo si alzò di scatto, l’asta ingrossata, la cappella esposta e rossa del desiderio di essere accarezzata da Laura.

Con un sorriso che le illuminava il viso, la ragazza afferrò delicatamente l’asta, l’abbassò al livello della sua bocca, protese la lingua e cominciò a leccare la punta con lente passate ai lati, facendomi fremere. Sollevò l’asta e abbassò la testa, afferrandomi una palla con le labbra, succhiandola e leccandola. In quel momento capii perché aveva consigliato di depilarmele. Chiusi gli occhi, godendomi il momento, anche se un tarlo nella mente continuava a confrontare l’operato di Laura con la sega e la pompa che il giorno prima Flavia mi aveva fatto fuori dalla palestra. Laura era brava, ma avrebbe dovuto impegnarsi molto di più per battere la sua rivale.

Per mia fortuna, fu quello che fece: dopo aver succhiato i miei coglioni ed avermi leccato anche il perineo, fin quasi al buco del culo, sempre tenendo in una mano il mio cazzo e coccolandomi le palle, inginocchiata mi sorrise mesta.

– “Oggi speravo di potermi fare una vera scopata con te, passare il resto della pausa pranzo a letto con te che mi sbattevi… Ma devo tornare al lavoro prima perché una di quelle vecchie troie deve andare ad una festa e ci vorranno delle ore per farla sembrare umana”, accarezzai una sua guancia,
– “mi spiace davvero”, le dissi ed ero sincero. Avrei passato volentieri un paio di ore nella sua fica e nella sua bocca, a sborrare fino a quando dal mio cazzo sarebbe uscita solo schiuma. Ma, soprattutto, avrei voluto farle un cunnilingus di quelli che so fare solo io, per vederla contorcersi e gemere di piacere: l’avrei fatta mia, una nuova ragazza da fottere quando volevo. “Possiamo fare un’altra volta, non preoccuparti”. I suoi occhi scintillavano di desiderio. Sempre continuando a guardarmi mormorò:
– “mi piaci e non voglio che tu te ne vada così, con la voglia di sesso”, una pausa breve, poi aggiunse: “la mia bocca è tua, fottila” e la aprì.

Io rimasi un attimo sconcertato, non credendo quasi a quanto avevo appena sentito: nei porno l’irrumatio era una pratica comune e sembrava davvero eccitante, ma non l’avrei mai proposto ad una ragazza. Lo trovavo una pratica un po’ troppo estrema da praticare, soprattutto se lei non era veramente convinta e la volevo vedere la volta successiva. Però… Però Laura mi stava invitando a servirmi della sua bocca come se fosse una figa, non un semplice pompino ma una vera e propria scopata nella sua cavità orale.

– “Ne sei sicura?”, le domandai. Era meglio essere certi. Lei annuì con la testa,
– “dai”, mi incitò con un sorriso, poi aprì di nuovo la bocca. Mi sembrava una follia, un sogno, ma non potei fare a meno di apprezzare la sua proposta. Quasi con imbarazzo le posi la punta del cazzo tra le labbra dischiuse e le appoggiai le mani sulle tempie (ammetto che tenere ferma la testa di una donna durante una scopata di bocca è quasi più eccitante che la scopata stessa).
– “Se ci sono problemi, avvisami che mi fermerò”, l’assicurai. Se da una parte avessi temuto di soffocarla o farla vomitare, non avrei voluto nemmeno mi mordesse l’uccello: avevo in programma anche Flavia da scopare e comunque fosse andata nei minuti successivi era mia intenzione farmi pure lei.

Quando lei annuì con la testa, spinsi con delicatezza. Non era certo la prima volta che il mio cazzo entrava nella bocca di una ragazza, ma era al contempo la prima che ce lo infilavo io con la sua testa ferma. La sensazione era strana, al contempo simile a quella di un pompino e diversa: mentre con una pompa la ragazza muoveva la lingua lungo l’asta della nerchia, qui era irrigidita, quasi avesse solo lo scopo di occupare spazio e comprimere il cazzo contro il palato, una consistenza morbida sotto e più dura sopra. Non andai molto in profondità la prima volta, per quanto fossi impaziente di emulare i protagonisti dei porno: era meglio che Laura si abituasse al mio cazzo che le scivolava in bocca. Anche se, pensai, poteva essere una professionista dell’irrumatio e amare farsi fottere la bocca da qualunque ragazzo che volesse portarsi a letto.

Spinsi indietro le natiche fin quasi ad uscire dalla sua bocca, l’asta del mio cazzo che brillava di saliva. Mi sembrava di essere andato benino per essere la prima volta, ma Laura allontanò le labbra, risucchiandomi la punta. «Non farti problemi, non stai inculando una con le emorroidi”, disse, sogghignando, «spingi del tutto ed in fondo, divertiamoci un po’», aggiunse con un sorriso. Si afferrò il fondo della maglietta arancione dell’istituto di bellezza che indossava e, con un movimento fluido delle braccia se la tolse dalla testa, lanciandola poi sul letto. «Meglio non sporcarla», rimase in reggiseno, in pizzo nero: immaginai che la mattina si fosse preparata per un incontro galante con me vestendosi sexy e che solo nella mattinata avesse scoperto che i suoi piani erano andati in fumo. In pochi istanti, però, anche quello saltò via, mostrando due belle tette, non grandi, ma adatte alla sua figura, sopra una pancia piatta e su cui si intravedeva un accenno di addominali. I capezzoli erano turgidi, puntati come il mio cazzo, indice di desiderio sessuale. «Ricominciamo?», mi chiese. Afferrò il mio cazzo e se lo infilò in bocca, mettendosi le braccia dietro la schiena. Io ero un po’ sconcertato, ma decisi di farmi coraggio e le bloccai di nuovo la testa con le mani.

Il primo colpo fu di nuovo lento, ma più profondo, con la pelle del cazzo che incontrava resistenza nella lingua e nel palato di Laura, la cappella che, cosparsa di saliva, scivolava quasi senza attrito, ancora meglio della figa più bagnata che avessi mai scopato. Quasi uscii con un sospiro, poi un altro colpo, un po’ più profondo, un po’ più forte. La ragazza che accoglieva nella sua bocca il mio sesso non faceva il minimo gesto, non sembrava avere problemi. Il terzo colpo fu ancora più forte e la cappella scivolò al punto tale da non avere più la sensazione della lingua. Di lì in avanti sembrò di cadere in un pozzo, impossibilitato non solo a fermarmi, ma anche solo a rallentare: ogni spinta mi portava a far ingoiare completamente il mio cazzo a Laura, a far sbattere le mie palle contro il suo mento ed il mio bacino sulla punta del suo splendido naso. Lei respirava profondamente tra un colpo e l’altro e la sua bocca stava iniziando a riempirsi di saliva, cosa che diminuiva ancora più l’attrito della mia nerchia e allontanando sempre maggiormente il momento dell’orgasmo. Ogni volta che spingevo si produceva un suono liquido, ogni volta che fuoriuscivo dalle labbra della ragazza spruzzava saliva, una viscida cascata che colava dal suo viso e andava a finire sulle sue tette.

Ormai ero eccitatissimo, non avrei smesso per nessun motivo: il mio cazzo si stava infiammando per la voglia di sborrare ed il «glu-glu-glu» che emetteva ogni volta che arrivava in gola a Laura, era il suono più bello al mondo. Lasciai le tempie della ragazza e, quasi temendo che sul più bello avrebbe lasciato fuoriuscire il mio cazzo, senza farmi godere l’agognato orgasmo che ormai mi aspettava di diritto, le misi una mano sulla testa e l’altra sotto il mento, tenendola ferma. I suoi occhi si strabuzzarono quando aumentai ancora la violenza della scopata e, fregandomi di quale fosse il desiderio di Laura, fui scosso da un tremito in tutto il corpo, lascia sfuggire un ruggito di selvaggio piacere e tenendola ben salda, svuotai i miei coglioni in fondo alla sua gola, con poderosi rigurgiti di sborra dalla mia cappella.

Restai ancora un attimo così, con il mio cazzo nella sua bocca inondata di saliva e di sperma, lasciando che anche l’ultima goccia di sborra fuoriuscisse da me per colare dentro di lei ed un senso di stanchezza euforica mi invadesse. Il mio cazzo scivolò fuori dalle labbra di Laura come un pesce che sguizza dalle mani di un pescatore maldestro, portandosi dietro una consistente scia di saliva, muco e sborra che, a causa del proprio stesso peso, s’incurvò e crollò sul busto della ragazza, imbrattandola.

Io ero ancora così eccitato che l’avrei ribaltata sul letto, strappato i pantaloni e posseduta senza alcun rispetto, ma in quel momento Laura mosse prima indietro la testa con un roco respiro soffocato e poi in avanti, tossendo profondamente: pensai si mettesse a vomitare, ma espettorò solo dello sputo e dello sperma. Temetti di aver esagerato e mi inginocchiai accanto a lei, appoggiando una mano su una spalla: una cascata di liquidi corporeo trasparenti e bianchi le si riversava dalla bocca e le colava sul collo, le scintillava sulle tette e le imbrattava gli addominali appena abbozzati. Qualche goccia scura risaltava sui pantaloni, sperai fosse solo saliva.

– “Stai bene, Laura?”, le chiesi, vivamente preoccupato. Lei produsse un sospiro profondo e poi girò il suo sguardo verso di me. Il filo di trucco che aveva messo agli occhi prima di andare al lavoro, era colato sul viso sotto l’azione delle lacrime che (sperai causate solo dalla tosse che l’aveva colpita al termine dell’irrumatio) le erano scese sulle guance,
– “sì, tutto a posto, grazie”, rispose con un sorriso, che strideva con quanto potevo vedere, “sei stato bravo, una delle migliori scopate di bocca che abbia mai fatto. Da quanto hai sborrato, devo davvero eccitarti”, aggiunse con un accento di orgoglio e additando il mio seme che colava dalla sua bocca e scivolava sul suo seno.

Non seppi se trovai quello spettacolo eccitante o disgustoso: una bella donna con una colata di sperma in faccia la trovo irresistibile, ma finire con il vomitarsi addosso in quel modo… Mi domandai che autostima possa avere una persona che accetta un trattamento simile per far felice un uomo, che tra l’altro quasi non conosce. Forse il suo unico motivo è dargli tanto già all’inizio per battere la concorrenza e poi tenerselo stretto.

Mentre riprendeva fiato mi tolsi i pantaloni, le mutande e le scarpe e sgusciai silenziosamente nel piccolo bagno, dove trovai una salvietta che bagnai con un po’ di acqua. Quando tornai da lei, la feci sedere sul letto e, con l’asciugamano umido le pulii delicatamente alla meglio il viso dai liquidi corporei. Lei mostrò il suo apprezzamento con un sorriso quasi timido. Non si aspettava che un uomo le offrisse il suo aiuto o conforto dopo una notte di passione o, come nel mio caso, una scopata? Non saprei dire se mi fece più pena o tenerezza…

Dopo averle reso il viso abbastanza pulito da potersi fare un selfie senza essere bannata da un social network per aver postato immagini a contenuto erotico, decisi che non l’avrei lasciata così, un semplice ricettacolo per la mia sborra ed una dispensatrice di orgasmi, una donna sfruttata e poi lasciata lì, per i cazzi suoi, che poteva andarsene a fanculo… Presi delicatamente il suo mento e, mentre lei mi guardava confusa, cominciai a baciarla. Non un bacio da far bagnare come quello di prima, ma più dolce e romantico, uno di quelli che fa correre un brivido di piacere lungo la schiena. Le succhiai le labbra, le accarezzai le gengive con la lingua, le accarezzai il collo ed i fianchi con gesti gentili delle mani. Dopo pochi attimi era lei a prendere il comando.

Quando finalmente ci separammo ansanti, le posi le mani sui piccoli seni, apprezzandone le dimensioni e la pelle vellutata. «Splendide», sussurrai, poi la feci sdraiare sul letto, abbassai le mani sul suo inguine e le sfilai i pantaloni che, con tutte le macchie che avevano impresse, sembravano il riassunto minimalista degli ultimi dieci minuti. Un paio di mutandine in pizzo nero, in coordinato con il reggiseno che ormai giaceva sul pavimento, custodiva la sua fica. Baciai gli slip, annusando il profumo del suo sesso: insieme all’ombretto, la mattina Laura doveva aver spruzzato qualche profumo alla frutta sul suo inguine, ma l’eccitazione dell’ultima mezz’ora doveva averla fatta bagnare al punto tale che il ben migliore olezzo della sua fica aveva cominciato a coprire quello di pesca.

– “Vuoi scoparmi?”, domandò lei,
– “dopo quello che mi hai fatto, meriti una notte di passione prima che io abbia l’onore di entrare nel tuo bocciolo di rosa”, le risposi.

Con calma le abbassai le mutandine e la sua passera apparve: completamente depilata e appena aperta, trasudava desiderio: le labbra erano arrossate e gonfie, mentre il clitoride sembrava un minuscolo dito che voleva solo essere leccato. La feci alzare, mi sedetti sul letto a gambe aperte ed in mezzo feci sedere Laura. Il mio cazzo si appoggiava tra le sue natiche, belle sode. In un altro momento non avrei voluto altro che infilarcelo dentro. La abbracciai da dietro con un braccio e, mentre ci baciavamo, la mano destra scese al suo inguine e la penetrai con due dita: era bagnatissima, forse ancora più della sua bocca. Le mie dita si mossero dentro di lei scivolando, premendo e accarezzando la sua figa, mentre il palmo della mano sfiorava il clitoride. Le nostre bocche si cercavano e le nostre lingue si incrociavano; io spinto dal desiderio di ringraziarla per quanto mi aveva dato prima e per farmi perdonare il comportamento animalesco che avevo assunto al culmine del piacere, lei sembrava voler godere di ogni attimo di attenzione e amore che le donavo.

Laura avevo ormai cominciato a colare sul copriletto quando finalmente venne: il suo collo si arcuò all’indietro, la sua testa sembrò puntellare sulla mia spalla ed il suo bacino si sollevò dal letto. Con gli occhi strabuzzati e la bocca aperta in un muto grido, il suo corpo tremò mentre un paio di schizzi di acqua di Luna si alzavano dal suo inguine per cadere sul pavimento ad almeno un metro di distanza.

Lei scivolò tra le mie braccia, esausta. La sdraiai sul letto ansimante. Un sorriso illuminava il suo volto. La baciai di nuovo, chiedendole se avesse bisogno di qualcosa: appariva un po’ troppo stremata per tornare subito al lavoro, ma forse nel giro di qualche minuto si sarebbe ripresa. «No, adesso faccio una doccia e poi vado in negozio», mormorò con gli occhi chiusi. Era più probabile che si sarebbe addormentata.

Contemplai per diversi, lunghi secondi il suo corpo nudo, un sogno fatto di gambe lunghe e busto minuto con due tette meravigliose, una pancia piatta, un culo sodo ed un viso stupendo, il tutto sormontato da un’insicurezza che portava Laura a soddisfare il proprio uomo in ogni modo per non lasciarselo fuggire: speravo di potermelo scopare come si deve, un giorno, ma anche solo come soggetto per le mie fantasie sessuali più sfrenate e perverse durante una sega sarebbe stata perfetta. Mi voltai per raccogliere la mia biancheria e notai che sul pavimento avevamo lasciato una buona quantità di saliva, sborra, sudore e liquido vaginale.

– “Dove trovo qualcosa per pulire?”, domandai, la ragazza sul letto si scosse appena,
– “lascia stare, ci penso io”, rispose con la voce di chi sta scivolando nel sonno, “questo posto l’abbiamo conciato anche peggio, tempo fa”.

Mi domandai per l’ennesima volta che cosa avessero combinato lei e la sua amica, in passato. Probabilmente farsi fottere la bocca e farsi svuotare i coglioni in gola era una delle attività sessuali meno denigranti che era solita farsi affliggere da un uomo. Quella stanza doveva aver visto orge che al confronto quelle platinate dei porno sono delle sciocchezze. Indossai le mutande ed i pantaloni, poi baciai di nuovo Laura che sembrava stesse per riprendersi: mi guardò con allegria e ci salutammo. Quando uscii dalla stanza, aprendola appena per non far vedere cosa fosse accaduto al suo interno, Michela era lì vicino.

– “Allora, com’è andata?”, mi domandò con un tono di voce troppo alto e strizzando un occhio, “ci sa fare la troietta, eh?”. Se avevo dubbi sul fatto che quelle due formassero una sorta di associazione a delinquere, ma che la gente la fottevano letteralmente, in quel momento ne ebbi la conferma. Ed ebbi anche la conferma che Michela mi stava sui coglioni e non in senso letterale.
– “Inghiotte come una professionista», ribattei, con un sorriso falso e la voce appena troppo tagliente. L’altra, che avrei voluto si offendesse, scoppiò invece in una risata fragorosa che fece voltare qualche testa nel locale,
– “…e dovresti vedere come sa farlo colare fuori dagli altri suoi buchi!”, aggiunse, soddisfatta come se glielo avesse insegnato lei. Ma la cosa, in quel momento, non mi avrebbe stupito. Quando posi la mano al portafogli, lei scosse il capo. “Offre la casa, non preoccuparti”, disse, “piuttosto, perché non torni qualche volta quando è chiuso?”, aggiunse con uno sguardo libidinoso che in una qualsiasi altra donna mi avrebbe fatto anche solo piacere, “tanto la camera l’hai già vista…”.

Ringraziai e, dopo aver aggiunto qualche promessa vaga che avrei fatto un pensiero sulla proposta di scopare anche Michela, guadagnai velocemente la porta. Se avevo qualche incertezza sul mettermi con Laura piuttosto che con Flavia, la sua amica rossa ben piazzata e molto più troia mi aveva fatto decidere per la bionda che frequentava la mia palestra. Povera Laura, ce l’aveva messa tutta per conquistarmi.
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