Prime Esperienze
MILENA

25.03.2025 |
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"La sua passione per le trasgressioni, era nata molti anni prima che conoscesse il suo attuale marito, per curiosità e perché coinvolta dalle sue amiche già..."
Nel mio precedente racconto «TRASGRESSIONI», vi ho parlato di Milena che era stata, insieme a suo marito, una delle pioniere dei «Club Privè» nei quali praticava le sue attività «trasgressive» a Roma. Quando nel 1987 la conobbi, lei aveva già smesso di frequentarli ma ci ritornò solo per farli conoscere a me. Spesso mi ha raccontato, senza alcuna inibizione, le sensazioni provate durante quelle esperienze.La sua passione per le trasgressioni, era nata molti anni prima che conoscesse il suo attuale marito, per curiosità e perché coinvolta dalle sue amiche già avvezze a questo tipo di esperienze. Milena, dal fisico gracile, senza curve, il sedere che non riempiva i pantaloni, il reggiseno superfluo, aveva perso la verginità nel box di un «glory hole» qualche anno prima, durante l’ultimo anno delle superiori. Era stato doloroso, lo ricordava bene e non sarebbe potuto essere altrimenti, vista la posizione scomoda e la scarsa attenzione dell’occasionale partner, che forse si era accorto della cosa, solo quando aveva ritirato il membro dal buco trovandolo macchiato di qualche gocciolina di sangue. Il dolore però era passato. Una volta rialzatasi, si era sentita finalmente donna, completa, viva, uguale alle sue compagne di classe, tutte già esperte, molte delle quali avevano perso la verginità già da qualche anno, altre che cambiavano un ragazzo alla settimana. Ora anche lei era come loro, non più vergine, ora anche lei aveva trovato un modo per assecondare le proprie pulsioni sessuali. Un modo che non implicasse l’essere sola sotto le coperte o chiusa in bagno.
Da quella prima volta, aveva iniziato a frequentare il locale a luci rosse con regolarità. Il fatto che si trovasse all’altro capo di Roma, rispetto al suo quartiere, aveva reso la cosa più facile. La probabilità di incontrare qualcuno che la conoscesse, erano ridotte, a ciò contribuiva anche il caos che circondava, ad ogni ora del giorno, la piazza antistante la stazione ferroviaria, oltre la quale, si trovava il «Red Bunny». Quando il mondo era oltre quella parete, Milena smetteva di sudare, di tremare, di sentire le parole morire in gola, ogni volta che cercasse di attirare l’attenzione di un esponente dell’altro sesso. Quando cercava di apparire simpatica, si sentiva ridicola, se sorrideva ad un ragazzo, aveva l’impressione che il viso diventasse una grottesca maschera teatrale. Da sempre, osservando le altre ragazze flirtare, si sentiva inutile, fuori posto, quasi un essere asessuato.
Camminando per strada, osservava più le donne che gli uomini e non perché avesse tendenze lesbiche. Osservava le forme femminili sognando appartenessero al proprio fisico, per attirare l’attenzione degli uomini. Avrebbe voluto avere un bel seno da esporre con una scollatura, un culo alto, sodo e rotondo. Invece no, lei possedeva un corpo di un metro e settanta per cinquantacinque chili scarsi e non aveva alcun problema con il cibo, anzi gli piaceva, l’appetito non le mancava per niente, mangiava in abbondanza, senza però riuscire a mettere su un solo grammo di grasso.
Una di quelle sere, andò in uno dei più noti locali di questo genere a Roma e fu indirizzata in una stanzetta «Glory Hole», nel quale avere la sua esperienza trasgressiva. Appena entrata, nella stanza c’era una sedia ed una mensola sul quale c’era un televisore che trasmetteva scene hard con una ragazza che stava facendo sesso con altri due uomini. Dal buco nella parete, improvvisamente uscì un membro turgido, le vene gonfie ben in evidenza, il glande arrossato. Milena lo strinse con decisione, non si soffermò a pensare a chi appartenesse, ad immaginare chi potesse essere il proprietario di quell’asta di carne eccitata che aveva tra le mani. Per lei era solo uno strumento di piacere, non apparteneva a nessuno. Si fosse soffermata a pensare alla persona oltre la parete, ciò che lasciava fuori, entrando in quel locale a luci rosse, sarebbe entrato da quella porta facendola tornare timida, introversa, timorosa ed insicura.
Invece no. Ora, il mondo oltre quella parete, era lontano e lei, era una donna sicura e completa, una donna in grado di darsi e dare piacere. Quando il membro era apparso dal buco, era già eretto, ma non del tutto. Lei aveva iniziato ad accarezzarlo. Sporgendo la lingua fuori dalle sottili labbra, aveva iniziato a leccare l’asta ed il membro aveva reagito subito, mostrando un chiaro apprezzamento, era bastato poco perché arrivasse ad una completa erezione. Le vene si erano gonfiate, il glande divenuto turgido. Aveva iniziato a strofinare il glande sulle labbra prive di rossetto. Il buco si trovava ad un’altezza tale da costringerla ad abbassarsi per poter accogliere il membro in bocca. Infilando prima il glande e poi metà dell’asta, aveva avvertito i propri organi genitali reagire. Nella posizione in cui si trovava, con le gambe divaricate e le ginocchia larghe, seduta sui talloni, la sensazione della vulva che si bagnava risultava ancora più accentuata.
Il membro aveva un sapore salato, ma si sentiva anche un aroma di sapone, per fortuna. A volte gli erano capitate persone che non si era preoccupate molto della propria igiene prima di entrare nel locale, in quei casi, Milena non si fermava, andava comunque avanti, ma tutto si faceva meno piacevole. In quei casi, a volte si era limitata a masturbare con le sole mani, senza usare la bocca. Questa volta invece, sentire il membro nella propria bocca era piacevole, batteva con la lingua sul glande, sentendolo pulsare di piacere. Strofinava i denti con delicatezza sull’asta, ricevendo le vibrazioni dei brividi di piacere dell’uomo dall’altra parte. Stava pensando di farsi penetrare, ma sentì che l’eccitazione dell’uomo era vicina al culmine e insistette con la bocca. Si affrettò ad aprire il maglioncino con la zip sul davanti, abbassare una coppa del reggiseno e strusciare il glande sul capezzolo piccolo e turgido. Poche carezze con la mano e schizzi caldi bagnarono il piccolo e appuntito seno.
Ora il mondo, era oltre quella parete. L’unica cosa che sporgeva ed entrava a far parte del mondo di Milena, era il membro, di notevole dimensioni, di un uomo di colore che usciva dal buco nella sottile parete. Nel vederlo la ragazza non aveva resistito, aveva iniziato ad accarezzarlo con una mano. L’altra era corsa a sbottonare i pantaloni infilandosi nelle mutandine, per iniziare a titillarsi le labbra umide e il clitoride. Succhiava con veemenza l’asta scura, cercando di bagnarlo il più possibile con la propria saliva. Lo massaggiava, leccava e mordicchiava. I pantaloni e le mutandine erano sul pavimento, tra le cosce i fluidi colavano copiosi. Appoggiando le mani ad una sedia, si piegò a novanta gradi e con una mano accompagnò il glande sulle sue grandi labbra aperte per accogliere il membro turgido. Iniziò a muoversi con foga, accogliendolo nella sua femminilità. Sentiva le contrazioni dell’uomo dall’altro lato, che per lei in quei momenti non esisteva, attraverso il membro. Se lo avesse immaginato, ma era abituata a non farlo, lo avrebbe immaginato appoggiato con tutto il corpo alla parete mentre sentiva il proprio membro stretto nell’abbraccio di una vulva stretta, ma bagnata e vogliosa. Quando lo fece scivolare fuori, si abbassò con le gambe larghe, riprese a succhiare con vigore sino a quando fiotti caldi di seme non le bagnarono il viso. Strusciò il membro sul viso umido e appiccicaticcio, mentre l’erezione scemava. Poi vide il membro sparire oltre quella parete ed estrasse dalla borsa delle salviette umide per pulirsi, si rivestì in fretta e lasciò il box.
Uscita dal Red Bunny, il mondo tornò quello consueto. Camminava tra la folla con gli occhi bassi, la camminata dritta e per niente seducente, invisibile agli occhi dei passanti, ma più serena. Come ogni donna, ognuna a suo modo, anche lei dava sfogo alle proprie pulsioni.
L’anno dopo, Milena conobbe, quello che poi sarebbe diventato suo marito, in una maniera abbastanza insolita. Ancora nuda, si avvicinò all’ampia finestra scostando la tenda. Non si preoccupò qualcuno potesse vederla, il bisogno di uscire almeno con lo sguardo da quella casa era troppo forte. Si sforzò di non pensare a quanto accaduto nei pochi minuti precedenti. Tirato un profondo respiro, che gli fece gonfiare e sgonfiare quello che era diventato un bel seno dai capezzoli scuri, passò le punte delle dita lungo il basso ventre, fino ad accarezzare la rada striscia di peli sul monte di Venere. Scivolò poi sulle labbra rimaste asciutte, massaggiandosi con delicatezza, nel tentativo di alleviare quel fastidio che le restava attaccato addosso ogni volta.
Lo sguardo era perso nel vuoto, senza soffermarsi su niente in particolare dello scarno panorama. Voleva solo che gli occhi gli donassero l’illusione di essere fuori da quella casa. Sullo sfondo di campi ed una sola abitazione, tutto appariva immobile, favorendo la volontà di estraniarsi di Milena. La sua attenzione venne però catturata da qualcosa in primo piano che si mosse rompendo l’immobilità.
Nell’unica abitazione visibile, dietro un’altra grande finestra, c’era un uomo, adesso immobile, il volto rivolto verso di lei. Milena si aspettava di vederlo andar via di scatto, invece restò lì, immobile a fissarla. Per un attimo fu lei a pensare di richiudere la finestra, ma voleva che quell’orizzonte restasse aperto, che quelle quattro mura non tornassero a chiudersi soffocandola. I due si guardavano, distanti sì, ma non abbastanza da celare la voglia di lui di riempirsi gli occhi della nudità di lei.
Pochi istanti ed entrambi furono certi che nessuno dei due avesse intenzione di andar via. L’uomo sapeva che la donna sarebbe rimasta lì, facendogli dono della sua nudità. Milena sapeva che l’uomo desiderava dissetarsi della visione del suo corpo, fino all’ultima goccia che lei gli avrebbe concesso.
Un altro movimento giunse a rompere la stasi, l’attenzione di Milena aveva ormai abbandonato l’orizzonte lontano. Nonostante la distanza fu facile per lei capire cosa stesse facendo l’uomo. Lo sguardo era fisso per non perdersi niente del suo corpo, ma la mano dell’uomo invece si muoveva, massaggiando la propria virilità, in un erotico connubio di vista e tatto che si amplificavano e alimentavano a vicenda. Milena non fu affatto infastidita dal gesto dell’uomo. Anzi, contribuì ad alimentare la sua volontà di proiettarsi al di fuori di quella abitazione. Le dita di Milena accarezzarono di nuovo le proprie labbra per penetrare poi tra queste e uscirne umide, così da potersi accarezzare in maniera più piacevole i capezzoli.
L’uomo non poteva vedere i capezzoli di Milena diventare più turgidi, ma il gesto era chiaro e la sua fantasia ne venne alimentata. Le carezze divennero più decise ed il piacere di quella visione adamitica sempre più caloroso.
Milena si leccò con sensualità le dita, per poi scendere di nuovo lungo il monte di venere prima di disegnare il bordo rugoso delle labbra. Fu un attimo e le dita esplorarono la sua intimità con decisione. Per quanto la distanza tra le due finestre privasse entrambi dei dettagli, entrambi erano sicuri di cosa stesse facendo l’altro. La tenda si scostò ancora un po’ e Milena poté vedere i pantaloni dell’uomo sbottonati, con il membro che faceva bella mostra di sé stretto nella mano dell’uomo che si muoveva in maniera sempre più vigorosa. Il piacere arrivò veloce e spicciolo per entrambi. L’uomo sparì subito dietro la tenda, chiusa con un gesto sbrigativo. Milena restò dov’era, prese un paio di profondi respiri godendosi il superficiale piacere che era riuscita a darsi, stimolata dal pensiero del desiderio di quello sconosciuto.
«Bello il panorama», la voce alle sue spalle anticipò due mani che le si posarono sui fianchi e un bacio umido sul collo. «Anche io quando esco dalla doccia a volte mi fermo a guardare il panorama, ancora nudo. Tanto l’unica casa è quella, ma credo sia disabitata, non ho mai visto neanche una finestra aperta» Milena appoggiò una mano al vetro, annuendo in maniera distratta. Questi non notò l’alone che le dita lasciarono sul vetro.
«Io ora devo andare, tu trattieniti pure tutto il tempo che vuoi. Poi ti chiamo io appena mi libero. La giornata si prospetta lunga e pesante». Un mugugno fu la sola risposta che l’uomo ottenne, mentre con gesti ripetuti mille volte si annodava la cravatta. «Non sai come vorrei restare ancora qui con te…» Le mani dell’uomo tornarono sui fianchi di Milena, questa volta non si poggiarono solo ma ne disegnarono la curva sinuosa con lussuria.
«Un peccato debba lavorare!» Una mano scivolò rapida tra le gambe di Milena. Questa riuscì a trattenere un brivido puntando lo sguardo verso la tenda oltre la quale era sparito l’altro uomo. Si chiese se stesse ancora osservando senza essere visto. «Già, un vero peccato! Sei ancora bagnata, ti deve essere davvero piaciuto». «Sì…» rispose Milena, tenendo sempre lo sguardo verso la tenda. «Ma purtroppo niente bis tesoro. Perdonami ma devo proprio andare». L’uomo diede un bacio rapido e appiccicoso sul collo di Milena e si avviò verso la porta. «A più tardi cara!»
Quella fu la prima volta che incontrò lo sguardo dell’uomo che divenne poi suo marito… lo sguardo dell’uomo alla finestra… ma questa è un’altra storia.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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