Lui & Lei
LE AMICHE (5/5)
di Grande_Bruno
18.12.2024 |
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"– “Mi piace il tuo uccello”, commentò, alzandosi in piedi soddisfatta..."
Ultima parte dei ritagli di memoria, trovati nel periodo in cui mi allenavo prima dei campionati di Taekwondo. In quegli anni ero un bel giovane, con un fisico magro e muscoloso, alto 1,70 con occhi marroni che d’estate viravano sul verde.
Come tutte le mie storie, anche questa è la descrizione (romanzata) ispirata alla mia vita.
PARTE 5/5
La mattina seguente, quando uscii dal bagno dopo la doccia, trovai Flavia nuda sul letto, la schiena appoggiata alla parete, con le lunghe gambe che si perdevano tra le lenzuola; stava chattando al telefono e, a giudicare dal sorriso che le illuminava il volto, l’argomento doveva essere qualcosa di piacevole. Con una punta di egoismo, sperai stesse parlando alle sue amiche della scopata di questa notte.
I suoi occhi si alzarono dal piccolo schermo e si posarono sul mio corpo muscoloso, concentrandosi per qualche lungo istante sul cazzo che penzolava mezzo gonfio tra le gambe. «Ehi! buongiorno, maschione», disse, facendo capire fin troppo bene cosa volesse. Mi infilai una maglietta, le calze e, per lasciarle il tempo di ammirarlo ancora un momento, solo alla fine le mutande. Quando mi girai per prendere un paio di pantaloni dall’armadio, un braccio mi cinse al petto ed una mano si infilò negli slip e mi afferrò l’uccello, iniziando a massaggiarlo.
– “Dai, Flavia, non farmi una sega nelle mutande”, la sua bocca si avvicinò al mio orecchio,
– “ti devo un orgasmo da ieri sera”, mi sussurrò, continuando a manipolarmi il cazzo, che ormai stava raggiungendo le sue dimensioni massime.
Fa sempre piacere trovare una ragazza che vuole restituirti i favori e magari, pensai, andare a trovare Laura per dirle che non volevo mettermi con lei con i coglioni pieni, pronti a svuotarsi di nuovo nella sua gola, non sarebbe stata un’idea troppo intelligente. Quindi mi voltai, le presi il viso tra le mani e la baciai. Lei rispose con uno ancora più appassionato, senza smettere di muovere la mano, sebbene lentamente, lungo il mio cazzo. Quando ci staccammo, lei si appoggiò alla parete, mise un piede sul letto e, con le gambe ben aperte e la figa socchiusa, disse: «L’altro ieri avevo detto che ti volevo fottere contro un muro, ricordi? Beh, che ne pensi di farlo tu?».
Le appoggiai la testa alla mia spalla mentre spingevo il mio bacino contro il suo, bloccato dalla parete. Eravamo alti uguale e la posizione era fin troppo naturale. Lei, poi, era davvero bagnata e si abbracciava a me come se fossi la sua unica speranza di salvezza, ansimando ad ogni colpo che riceveva.
Andammo avanti così per parecchi minuti, quando lei mi sussurrò: «Dimmi quando stai per venire», mi domandai cosa intendesse fare, ma ero curioso. Quando percepii che le spinte nel sesso di Flavia stavano per dare i loro frutti, la informai che ero prossimo a sborrare. Lei tolse il piede dal letto, sfilando il mio cazzo dalla sua fica, si inginocchiò dopo aver afferrato il telefono con una mano e la nerchia con l’altra e mi sparò una sega violenta. Fui scosso da un tremito di piacere mentre il seme schizzava fuori dal mio cazzo abbattendosi in quattro lunghe strisce biancastre sul viso ed i capelli di Flavia. Un profondo respiro di soddisfazione riempì i miei polmoni: ah, sborrare in faccia ad una ragazza, che soddisfazione. Era un’azione priva di senso, che non dava certo il piacere di scopare una fica od una bocca, ma dava quella sensazione di potere, come se si dominasse una donna, come se la si marchiasse a fuoco dimostrando a tutti che era di proprietà esclusiva di qualcuno e che nessun altro avrebbe avuto il diritto di fotterla. L’equivalente del maschio umano per indicare una componente del proprio harem al pari del cane che piscia su un idrante per segnare il proprio territorio.
Ma Flavia non sembrava perdersi in questi pensieri inutili: dopo essersi messa la punta del mio cazzo in bocca per succhiarne il seme non ancora spruzzata e che, onestamente, defluita nelle mutande dava parecchio fastidio e soprattutto imbarazzo, alzò il braccio con il telefonino e si scattò un selfie.
– “Avresti potuto dirmelo prima, che almeno avrei cercato di spingere per avere il cazzo un po’ più lungo”, scherzai. Lei, il cazzo, se lo infilò completamente in bocca, spinse indietro la testa per farlo uscire e con un paio di colpi di mano me lo asciugò, per poi baciarlo comunque sulla punta.
– “Mi piace il tuo uccello”, commentò, alzandosi in piedi soddisfatta. Richiamò sullo schermo la foto appena scattata, dove appariva scherzosamente come se l’avessero sorpresa a spompinare qualcuno dopo che gli aveva lavato la faccia con la propria sborra e, soddisfatta, iniziò a scrivere in qualche programma di chat. “Vado a lavarmi la faccia”, disse, senza alzare lo sguardo dallo schermo, “ci vediamo quando torni?”,
– “Certo, a dopo”, risposi, rinfilandomi le mutande ed indossando i pantaloni. Questa volta sì, stavo pensando, che sarei andato a trovare una ragazza con il cazzo sporco della saliva di un’altra, sebbene non avessi intenzione di scoparmela. Eccitante, ammisi a me stesso.
– “E non andare con qualche troia segaiola…”, aggiunse mentre l’acqua del lavandino in bagno iniziava a scorrere, “… che io so fare di meglio”.
Fissai la porta del gabinetto chiedendomi se, ed eventualmente come, avesse intuito le mie prossime mosse. Qualche ora prima, mentre Flavia dormiva ancora nel letto ed io avevo approfittato di scattare qualche foto del suo corpo nudo e che era finita nella mia cartella dei trofei sul cloud, nel caso dovessi vantarmi con qualcuno di che pezzi di figa mi ero scopato o in un pomeriggio di noia, nel caso avessi avuto bisogno di uno stimolo per spararmi una sega, avevo deciso anche di scrivere un messaggio a Laura, dicendole che volevo vederla al centro commerciale. Non mi facevo particolari illusioni: dopo il pranzo del giorno precedente, concluso alla perfezione con un irrumatio, avevo intuito che la ragazza non si faceva problemi a rimorchiare qualunque umano dotato di cazzo e farsi sbattere senza porsi troppi pensieri. Forse era pure bisessuale. Chissà se aveva mai scopato pure Michela, mi chiesi. In ogni caso, io ero solo uno dei tanti, qualcuno che, dopo qualche tempo, sarebbe stato sostituito da qualche altro cazzo/dotato. Quindi, non credevo ci sarebbero stati problemi a troncare la nostra… beh, già chiamarla relazione mi sembrava un termine troppo grosso.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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