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Lui & Lei

RITORNO DAL PASSATO


di Grande_Bruno
11.03.2025    |    3.365    |    1 9.8
"Non avevo mai voluto venderlo, non so come mai, ma era stata una fortuna, perché quando le cose non andavano, avevo un luogo dove andare..."
Mi piace molto ricordare il periodo della scuola, con le sue sensazioni e con la voglia di fare esperienze nuove. Molte cose le dimentichiamo, forse perché ci hanno creato dolore o forse perché non le abbiamo dato il giusto valore. Ma un giorno, il passato è tornato prorompente nella mia vita.

Ero stato invitato da alcuni amici ad una inaugurazione di una mostra d’arte, quando mi sentii chiamare:

– “Ciao Bruno”, mi girai ed ebbi un tuffo al cuore. Balbettai un
– “ciao Lilly”.

Non la vedevo dal terzo anno delle Superiori, pure avendo la stessa età io ero una classe indietro perché ero stato bocciato in prima. Un mio compagno di classe aveva il fratello di un anno più giovane in classe con lei e, vedendola nell’intervallo, fin dall’inizio mi era piaciuta. Io, quattordicenne, pur essendo sveglio e intraprendente, ogni volta che la vedevo, diventavo rosso e imbranato. Poi, grazie al fratello del mio compagno di classe, l’avevo conosciuta e, ad una festa di compleanno, a cui eravamo stati invitati entrambi, facendomi forza, le avevo chiesto di ballare. Erano i tempi in cui quando chiedevi ad una ragazza di ballare, si stava a distanza di braccio, solo le coppie ballavano appiccicate strette. Lei, in quel primo ballo mi aveva stretto e baciato. Io imbarazzatissimo, avevo cercato di capire cosa fare poi, al termine del lento, eravamo andati a sederci su un divanetto della discoteca dove la festa era stata organizzata. Mentre eravamo lì a chiacchierare, lei mi mandava segni inequivocabili che voleva pomiciare ed io, imbranato cosmico, non li recepivo.

Due volte la settimana, entrambi ci fermavamo a scuola per delle ore al pomeriggio, andavamo a mangiare un panino velocemente poi col motorino la portavo per vie per nulla trafficate, la abbracciavo ma di baci, data la mia incapacità, pochi. Alla fine, dopo 20 giorni di ritrosia, si era stufata e mi aveva mollato. Io ero rimasto cotto marcio per qualche mese poi la vita era andata avanti. Vederla baciare altri, meno timidi di me, durante le feste, mi aveva dato fastidio per un po’, poi il tempo, grande medicina, aveva fatto il suo corso. In epoca social mi era venuta la curiosità di vedere se la trovavo ma i tentativi erano andati a vuoto, avevo anche pensato di chiedere il contatto tramite il fratello del mio compagno di classe ma mi sembrava troppo spudorata.

Ritorniamo a quel giorno: lei si avvicinò e mi baciò sulla guancia, come si fa con un vecchio amico. Mi uscì un banale «quanto tempo», poi la persona che era con lei, disse:

– “vi conoscete, allora”,
– “sì, abbiamo frequentato le stesse superiori”, disse lei,
– “poi quando ho fatto la maturità ci siamo persi di vista, sono quasi 45 anni che non ci vediamo!”, risposi,
– “veramente un caso fortuito” aggiunse il suo accompagnatore.

Sentii la gelosia riesplodere però vidi che non sembravano particolarmente intimi, lui sembrava uno che ci stava provando ma nemmeno con molto successo. Salutai e tornai dagli amici che mi avevano invitato al vernissage. Le circostanze mi portarono via dalla mia città natale ed andai a vivere a Roma. Ero andato via, prima per il servizio militare (all’epoca obbligatorio) e successivamente perché vincitore del concorso nelle forze di polizia. Poi mi ero sposato e, dopo altri trasferimenti, tornai a Roma.

Il mio matrimonio, dopo circa vent’anni, non andava più bene e, due o tre volte l’anno, tornavo nella mia città natale, un po' per nostalgia della mia gioventù ed un po' per venire a trovare i miei. Poi, dopo la scomparsa dei genitori, avevo diradato i ritorni, che erano perlopiù legati alla gestione del loro appartamento. Non avevo mai voluto venderlo, non so come mai, ma era stata una fortuna, perché quando le cose non andavano, avevo un luogo dove andare.

Ma torniamo alla festa, dopo tanti anni non ero più imbranato come in quel periodo dell’adolescenza, volevo però evitare di apparire troppo lumacone. Avvicinandomi a Lilly, risentii il suo profumo, lo stesso di quando era ragazza: «Patchouli», me lo ricordavo bene, ogni volta (non molte in verità, perché quel profumo era passato di moda) che lo sentivo avvolgere una donna, ne restavo almeno un po’ affascinato, indipendentemente dall’aspetto fisico o dall’età. Mentre il suo accompagnatore era distratto, andò verso il bagno e mi fece un impercettibile gesto di seguirla. Mi staccai subito dai miei amici e arrivammo vicino ai bagni insieme; ce n’era uno libero, lei entrò e mi prese per mano tirandomi dentro.

Lì esplose la passione, ma quella volta ero all’altezza e fui io a spingerla verso la parete, a metterle la lingua in bocca, prontamente ricambiato. Lilly mi mise la mano sul pube ed in pochi secondi, lì sotto successe il finimondo. Ricambiai, mettendole la mano sotto la gonna, dove trovai una mutandina di pizzo, la scostai e col dito fui sul clitoride che reagì immediatamente e mentre ci baciavamo, lei ansimava per il trattamento. Poi mi spinse via, si accovacciò, mi aprì i pantaloni e lo prese in bocca. Fu un pompino violento, ruvido ma il profumo di lei ed il piacere della sorpresa, mi avrebbero fatto sopportare qualsiasi trattamento. Poi si rialzò, mise una gamba sulla tazza e mi chiese di scoparla.

Non aspettavo altro, le sollevai la gonna, scostai lo slippino e la infilai, pompandola con veemenza, il mio cazzo le scivolò dentro in un attimo, era bagnata ed iniziò a mugolare sempre più forte. Le tappai la bocca con la mano. Lei, dopo 5 minuti si inarcò in quello che immaginai essere un orgasmo che durò una ventina di secondi, poi mi spinse fuori, si riabbassò e me lo prese ancora in bocca. Mi spompinò con una bravura che raramente ho provato. Sicuramente la componente psicologica ebbe il suo peso e le sborrai in bocca un quantitativo di sperma per me inusuale. Non fece una piega ed ingoiò tutto, quindi mi disse: «esci per favore che devo fare pipì».

Aprii uno spiraglio, nel bagno non c’era nessuno, mi chiusi i pantaloni, lavai le mani e, mentre stavo per uscire, ecco che comparve sulla porta l’accompagnatore di Lilly. Provò ad entrare in bagno ma la porta era chiusa, mi domandò chi ci sia e quando gli risposi «Lilly», sulla sua faccia comparve una espressione di disappunto. Se non capì cosa era successo, poco ci mancava. Mi dispiacque per Lilly ma l’euforia che si era impossessata di me, mi tenne il morale alto e sorrisi all’uomo mentre uscivo. Mi fermai fuori dall’antibagno, sentii la porta del bagno aprirsi e lui che le chiedeva cosa ci facesse in bagno con me. Lei gli rispose che era un caso; infatti non ci aveva trovato insieme e che comunque non erano fatti suoi, visto che non stavano insieme. Disse queste cose con una intonazione carica, quasi arrabbiata. Sentii che stavano per uscire e mi allontanai, Lilly mi si avvicinò, seguita da lui e mi disse: «hai un posto in auto per riportarmi a casa, Goffredo mi ha proprio rotto le scatole». Mentre diceva queste parole a voce alta, in modo che Goffredo sentisse, si girò verso di lui con uno sguardo irato. Le risposi affermativamente ed allora lei mi chiese se potevo portarla a casa subito. Salutai con un cenno gli amici con cui ero venuto.

Uscimmo insieme, senza tenerci per mano o a braccetto, come due amici insomma. «Grazie, mi hai salvato. Goffredo mi si è attaccato come una cozza, lo avevo rimbalzato un sacco di volte poi ha saputo che venivo a questo vernissage e mi ha incastrato per darmi un passaggio. Ci sta provando da mesi e non la capisce, forse stasera se ne farà una ragione». Il tutto come se dentro quel bagno non fosse successo nulla.

In auto chiacchierammo degli ultimi 45 anni e, arrivati sotto casa sua, mi chiese se volessi salire a bere qualcosa. Da come avevamo chiacchierato senza alcuna allusione a quanto successo prima, non ci contavo proprio su quell’invito. Ovviamente le risposi di sì. In ascensore mi avvicinai e la baciai sulla bocca che però non aprì e quindi, vedendolo come un rifiuto, mi staccai subito. Fu lei a stupirmi, si tolse lo slippino e me lo mise nella tasca destra dei pantaloni dicendomi «così avrai un ricordo, spero bello, della serata».

Stava giocando con me ed è inutile che provi a capire quale sarà la mossa successiva, era evidente che voleva guidare lei. Entrati in casa mi fece accomodare sul divano e mi chiese cosa preferivo fra vino bianco, birra ed acqua, optai per il vino bianco. Andò in cucina e tornò con due calici di vino porgendomene uno, poi si sedette di fianco a me e facemmo un brindisi: «a due amici ritrovati» fu il suo inciso.

Dopo aver bevuto, Lilly si alzò e si mise su una poltrona di fronte al divano, era più alta e lei si sedette accavallando lentamente le gambe. Mi sembrava di essere in «basic instinct», ma speravo che lei non fosse una pazza, visto come stava gestendo la serata. Dopo un paio di accavallamenti con la gonna che risaliva sempre di più, seguiti da me con molta attenzione e la bocca secca, nonostante il vino, allargò le gambe e mi fece segno con l’indice di avvicinarmi: «che ne diresti di ricambiare il pompino che ti ho fatto alla mostra?». Non aspettavo altro. Mi inginocchiai davanti a lei e cominciai a baciarle le cosce, mentre col pollice iniziavo a carezzarle in modo deciso il clitoride, pizzicandolo anche fra pollice ed indice. Sentivo che gradiva e che si stava mordendo un labbro. La sua passera era depilata in modo da lasciare le grandi labbra completamente scoperte. Iniziai ad affondare la lingua come fosse un piccolo cazzo e le mani passarono sotto il sedere che palpeggiavo con piacere. Il suo culetto era ancora bello sodo; «sarà genetica o palestra», fu lo strano pensiero che per un attimo mi passò per la mente. Sentii la sua mano che spingeva la mia testa contro il suo sesso, quasi soffocavo, visto che chiudeva anche le gambe in una morsa forte. Resistevo: era allo stesso tempo un paradiso per il piacere di leccarla ed un inferno per come mi tratteneva, ma mi piaceva troppo per cedere. Lei cominciò a mollare un po’ con le gambe ed iniziò a gemere.

L’orgasmo fu prolungato, durò un minuto circa, in cui non mi staccai, anzi cercai anche di accelerare il ritmo delle slinguate che lei sembrava gradire sempre di più. Capii che dovevo smettere, quando la sua mano si allontanò dalla mia nuca. Feci per alzarmi e lei si chinò, facendo un rumore come di un brivido, mi baciò sulla bocca. Io le lasciai tutto lo spazio che voleva, ci alzammo attaccati ed abbracciati. Mi mise le mani sul sedere e mi tastò con fare voluttuoso, ricambiai ed anche lei sembrò gradire, poi si staccò, mi prese per mano e mi portò in camera da letto. Ci spogliammo a vicenda e, completamente nudi ci buttammo sul letto. Eravamo sul fianco, uno di fronte all’altro e ci baciammo lungamente mentre le nostre mani carezzavano il corpo dell’altro. Il cazzo mi tornò di pietra, mi avvicinai a lei che alzò la gamba per favorirne l’ingresso. Era ancora abbastanza scivolosa, la posizione non era di quelle che favorivano una penetrazione profonda ma era piacevole e complice.

Dopo 5 minuti lei si staccò e si mise alla pecorina, «montami, ti voglio dentro con la stessa foga con cui mi hai scopato in bagno». Non me lo feci dire due volte. La posizione era favorevole ed il letto abbastanza rigido. Mi aggrappai alle sue tette, pizzicandole i capezzoli, non gradì molto ma non mi chiese di smettere, per cui andai avanti, trasformando i pizzicotti in titillamenti e questa volta sembrava che le piacesse. Intanto passarono 15 minuti da quando avevamo iniziato. Lei si sfilò e mi disse di sdraiarmi. Mi montò sopra e fu lei a dare il ritmo. Prese le mie mani e le rimise sul suo seno, dicendomi di proseguire a farle quello che le stavo facendo prima. Mi cavalcava mentre con una mano si sgrillettava. Stavo per venire, perciò le chiesi se dovevo uscire e mi rispose di no. Le scaricai in pancia quanto mi era rimasto nelle palle e, mentre stavo finendo di godere, lei iniziò a mugolare ancora. era qualcosa di più misurato rispetto a prima, quasi sicuramente non era vaginale ma clitorideo. Continuò comunque ad andare su è giù fino a che non raggiunse il culmine del piacere; poi scese e si sdraiò di fianco a me baciandomi senza lingua prima sulla bocca e poi sulla guancia.

«Grazie, per avermi tolto Goffredo dalle scatole, grazie per gli orgasmi di stasera, grazie per avermi seguito nel gioco, però ora rivestiti e vai pure, però voglio anche io un souvenir, lasciami la tua camicia». Mi rivestii mettendomi la leggera giacca di lino senza la camicia.

– “Mi vuoi dare il tuo numero?”, le chiesi,
– “non sono sicura di volertelo dare, lasciami il tuo; all’ingresso c’è un block-notes scrivilo lì”.

Le lasciai il numero sapendo che non mi avrebbe richiamato. Forse aveva solo voluto chiudere un cerchio rimasto aperto per troppi anni, recuperare il suo numero dalla gallerista che ben conoscevo non sarebbe stato difficile ma mi sarebbe sembrato poco opportuno visto che non me lo aveva voluto lasciare lei. Mi restò la bella serata e tanti rimpianti per quanto ero stato imbranato da ragazzo poi pensai che se fossi stato un po’ più intraprendente, quanto successo quella sera non sarebbe avvenuto.

Chissà se mi chiamerà mai!

FINE
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