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Prime Esperienze

LA RAGAZZA DELLE PULIZIE (2)


di Grande_Bruno
19.02.2025    |    176    |    1 8.0
"Rimase sopra di me per un mucchio di tempo, almeno mi sembrò così, poi scivolò lentamente di lato, poggiandomi la testa sulla spalla..."
Continua la seconda parte del racconto dell’incontro con Maria, la ragazza delle pulizie che mia madre aveva assunto quando avevo solo 16 anni.


Passarono tre mesi dal quel nostro primo incontro, dopodiché con Maria non è più successo nulla, visto che non ebbi più occasione di restare solo con lei. Certo, mi capitò di vederla diverse volte ed inizialmente pensai che sarebbe stato imbarazzante incrociare il suo sguardo, invece niente di tutto ciò. Maria, sembrava meno timida ed anche un po’ meno triste, mentre io, nei momenti in cui la incrociavo per casa, mi rendevo conto che la guardavo con occhi differenti.

Ripensavo a quello che era accaduto in bagno e me la immaginavo senza vestiti, oppure, quando la osservavo di spalle, mentre lavava il pavimento, pensavo di posare le mie mani sulle sue chiappe sode. Insomma, dopo quanto accaduto, nulla poteva essere come prima. Neanche lei sembrava imbarazzata e, a differenza di prima, era più propensa a rivolgermi la parola.

Un giorno mia madre mi diede una notizia, pensando di rifilarmi una bella scocciatura: «Maria ha problemi a venire il mercoledì, così ho pensato di spostarla al martedì, però non posso mai rimanere di martedì. Dovresti starci tu a casa. Lo so che ti scoccia avere qualcuno che mette tutto in disordine per fare le pulizie, ma non siamo riuscite a trovare un altro orario possibile. Comunque non è necessario che tu stia in casa tutto il tempo, basta che ti trovi quando arriva e quando deve andare via, perché lei non ha le chiavi».

Il martedì pomeriggio era la mia giornata senza compiti, che passavo in genere a riposarmi, leggendo un libro o ascoltando un po’ di musica, quindi capivo le preoccupazioni di mia madre, quella volta invece, con sua grande sorpresa, fui molto accondiscendente e non feci minimamente storie. Ci pensai tutto il giorno: che sarebbe successo all’indomani, trovandomi di nuovo da solo con Maria? Magari la volta precedente era stato solo un momento di debolezza di entrambi, oppure no? Comunque, per ogni evenienza, decisi di farmi una bella doccia prima del suo arrivo. Guardai l’orologio: erano le tre e lei doveva arrivare alle quattro, quindi avevo tutto il tempo. Naturalmente, mentre stavo sotto l’acqua, suonò il citofono. «Ma chi sarà ora che rompe i coglioni?». Uscii sgocciolando dalla cabina doccia e raggiunsi il citofono che intanto aveva suonato una seconda volta. «Sì, chi è?», «Maria». «Oh cazzo! era arrivato in anticipo». Quando le aprii la porta di casa, riuscii ad infilarmi l’accappatoio ed a mettermi anche le pantofole.

– “Ma non dovevi venire tra un’ora?”,
– “per pulire sì”, mi fa un bel sorriso e si chiude la porta di casa dietro di sé.

Notai che si era vestita diversa, meglio del solito. Sotto il giaccone imbottito portava una maglia rossa più aderente di quelle che indossava solitamente e mi sembrava che le erano cresciute un po’ le tette, ma forse dipendeva dal reggiseno. In basso indossava una gonna nera, aderente e corta, che le evidenziava il sedere e sotto un paio di leggins, sempre neri, mentre ai piedi portava i soliti stivaletti rossi a punta. Se avessi avuto dei dubbi sulle sue intenzioni, me li tolse subito, perché, dopo aver lasciato cadere in terra, giaccone e borsa, mi aprì l’accappatoio. Osservai il suo sguardo un po’ malizioso che si spostò in basso per poi tornare su, mostrando delusione.

Non ero ancora pronto. «Mica ho il telecomandato», le dico io. Si mise a ridere e notai che si era anche truccata gli occhi. Il mio cazzo cominciò a reagire quando Maria, dopo essersi inginocchiata, lo prese tra le mani. Quel giorno non aveva legato i capelli con il solito elastico, ma aveva usato un fermaglio colorato, che mi restò in mano, quando lo aprii e la sua capigliatura scura ed ondulata, le ricadde sulle spalle. Impiegò pochissimo a farmelo diventare duro, usando un po’ le mani ed un po’ la bocca. A quel punto si rialzò, si tolse gli stivaletti e mi spinse verso la mia camera da letto. Sistemò la sovraccoperta sopra il letto disfatto, poi mi tolse di dosso l’accappatoio e lo stese sopra la sovraccoperta.

«Meglio non sporcare», mi disse. Io me ne stavo seduto sul letto ad osservarla mentre si spogliava. Prima la maglia rossa. Sotto portava un reggiseno nuovo, nero, scollato e leggermente imbottito. Poi fu la volta dei leggins, seguiti subito dopo dalla gonna. Se ne stava davanti a me in reggiseno e mutandine, si girò agilmente per farsi ammirare da me e rimase volgendomi le spalle. Il reggiseno glielo aprii io e lei se lo tolse con cura, lo ripose piegato sopra i suoi vestiti e poi si girò. Truccata e con i capelli sciolti stava molto meglio, ma non mi dilungai a dirglielo, perché le mie mani si allungarono verso di lei e, dopo essersi posate sui fianchi, si inoltrarono nelle mutandine, accarezzandole le chiappe.

Continuai un po’ così, mentre lei iniziò a muoversi, tirando indietro la testa sospirando. Quando vidi che iniziò a respirare a bocca aperta, allargai le braccia tendendo l’elastico e spinsi verso il basso, facendo scendere le mutandine fino alle ginocchia. Per l’occasione si era anche parzialmente depilata, lasciando solo un ciuffetto nero. Si liberò agilmente dello slip, alzando prima una gamba e poi l’altra e, a questo punto io mi sdraiai sopra l’accappatoio, tirandomela dietro. Maria mi salì sopra, allargando le gambe, vidi la sua figa umida e semi aperta che si avvicinava, mentre lei me lo tenne in posizione con le mani. Si abbassò lentamente, con un sospiro e lo sentii entrare dentro. Era bella stretta come l’altra volta, ma quel giorno, visto che avevamo tempo e stavamo comodi, pensò di giocare un po’ con me.

L’aveva appena fatto entrare dentro, che lei si risollevò, facendolo uscire, poi lo riprese di nuovo in mano, lo tenne fermo e si riabbassò. Ripeté questo giochino diverse volte, finché io non l’afferrai per le chiappe e la costrinsi a restare giù. La spinsi un po’ verso il basso e lo sentii entrare fino in fondo, mentre lei fece un gridolino acuto. Mi ricordai di quello che era successo la volta prima.

– “Maria…” e lei aspettò che continuassi a parlare, “mi raccomando non dargli subito la «strizzatina»”,
– “la strizza cosa?”,
– “non fargli subito quella cosa, sennò non duro niente”,
– “ah, quella, sì, ho capito, va bene, solo alla fine”, mi disse con aria furbetta, mentre cominciò a prendere il ritmo della cavalcata.

Andò avanti per un bel po’, mi venne in mente che, con tutto il lavoro manuale che fa in giro per le case, deve aver acquisito una bella resistenza e, tutto sommato, non mi dispiacque far guidare a lei la danza. Ripresi il controllo solo verso la fine, le piantai forte le mani nelle chiappe e le feci cambiare ritmo, più lento e, allo stesso tempo più profondo. Maria mi guardò come se aspettasse da me un via libera.

– “Sì?”, chiese lei?,
– “sì”, risposi io e, prontissima, arrivò la strizzatina, che mi fece venire immediatamente.

Maria venne appresso a me, gridando così forte che temetti quasi che i vicini sentissero, ma per fortuna a quell’ora non c’era nessuno. Rimase sopra di me per un mucchio di tempo, almeno mi sembrò così, poi scivolò lentamente di lato, poggiandomi la testa sulla spalla. Mi quasi addormentai così, finché non fui risvegliato dal torpore, da una sensazione strana e piacevole, di solletico ma anche di altro. Il solletico era dovuto ai capelli di Maria che mi sfioravano la pancia, l’altro era la sua bocca che me lo stava succhiando dolcemente. Aspettai il tempo strettamente indispensabile perché il mio fratellino tornasse su e si impalò di nuovo.

Venne prima di me, nonostante un altro paio di sostanziose strizzatine, ma non si perse d’animo e continuò con la bocca. Si era scansata solo all’ultimo, coprendomi la cappella con le mani, che si riempirono del mio sperma. Evidentemente non le piaceva ingoiare, ma per il resto non mi potevo lamentare. «Accidenti, le quattro e venti!», si alzò di colpo e si è rivestì. Quando mia madre tornò, io stavo in poltrona a sentire la musica e la casa era in ordine e pulita.

– “Tutto bene con Maria?”,
– “oh! sì, tutto bene”.

Io e Maria avevamo ormai un ottimo affiatamento. Ogni martedì ci facevamo un’oretta veramente soddisfacente per entrambi. Si trattava di puro piacere, senza nessun’altra implicazione, anche se mi rendevo conto che mia madre non apprezzerebbe affatto. Un giorno le feci un regalo, non ne potevo più di vederla con quegli stivaletti a punta, tutti sdruciti e sformati, così, quando arrivò, le dissi: «sorpresa» e la costrinsi a bendarsi. Da un po’ di tempo aveva abbandonato il fermaglio e portava una fascia sulla fronte, per tenere indietro i capelli, così le abbassai la fascia, facendola calare sugli occhi e le misi il pacco in mano. Quando sollevò il coperchio e mise le mani dentro, capì subito. Era emozionata e contenta, perché non aveva mai avuto un paio di scarpe così belle, continuò a rigirarsi tra le mani quei due oggetti di pelle rossa e morbida e volle provarle subito.

Per un attimo temetti che i suoi piedi un po’ tozzi non riuscissero ad entrare in quelle calzature dalla linea così snella, invece le infilò senza sforzo. Maria era una persona semplice, per certi versi anche un po’ rozza, ma aveva l’entusiasmo di una ragazzina africana, appena arrivata da un villaggio sperduto nella foresta, almeno immaginavo che potrebbe essere così una ragazzina africana, anche se, di ragazzine africane non ne ho mai conosciute. Per ringraziarmi del regalo, decise di farmi subito un pompino, direttamente davanti alla porta di casa (naturalmente prima la chiudemmo).

Si spogliò completamente, rimanendo solo con le scarpe nuove, poi mi aprì i pantaloni. Le sue labbra si muovevano decise, ma allo stesso tempo delicate. Maria sapeva il fatto suo e poi tra noi c’era un tale affiatamento, dopo mesi e mesi di costante esercizio, che potevamo essere in grado di darci piacere fino in fondo, anche bendati. Io ero appoggiato alla porta di casa, mentre lei, completamente nuda, a parte le scarpe nuove, era inginocchiata di fronte a me. I capelli lunghi mi facevano il solletico, mentre le sue labbra me lo stavano lavorando. Lo sentivo farsi sempre più duro, allora l’afferrai per le chiappe e cominciai a guidarne il movimento, poi lasciai scivolare una mano in mezzo e risalii sul davanti. Le mie dita trovarono la fessura umida della sua figa mentre lei gridava di piacere. Continuai a toccarla, sempre più in profondità e sentivo che stavo per venire. Se n’è accorse anche Maria, lo sentii dalla presa diversa delle sue labbra sul mio cazzo. Sapevo che da lì a poco si sarebbe staccata perché, anche se le piaceva molto fare pompini, non gradiva ingoiare. Una volta, in una delle nostre rare e brevi conversazioni, mi disse che le faceva schifo, anche se non aveva mai provato ed io pensai che era meglio non insistere. Ero quasi arrivato, la sensazione dello sperma che risaliva dentro di me era fortissima, solo pochi attimi, poi mi svuotai, liberandomi. Mi aspettavo che Maria si togliesse, invece quella volta rimase ferma, con le labbra serrate dolcemente intorno al mio cazzo, che iniziò a spruzzare. Per paura che lei non reggesse fino in fondo, le afferrai la testa tenendole le mani sulle guance, mentre mi muovevo e continuavo a schizzarle sperma in bocca, ma fu una precauzione inutile, perché Maria tenne duro. Si scostò solo quando ebbi finito. Devo dire che aveva l’aria soddisfatta, come di chi era riuscito a scalare una montagna considerata insuperabile.

La tirai su e l’abbracciai mentre cercavo di ripulirle la faccia con un fazzolettino. In camera da letto volle che le facessi lo stesso servizio. Per un attimo pensai che nuda ma con le scarpe nuove, che non aveva voluto togliersi assolutamente, Maria era un po’ buffa e poi a me, a quei tempi, non era mai piaciuto troppo slinguazzare la figa, poi però, l’idea di aver finalmente sbloccato il pompino con ingoio, mi convinse. La figa di Maria era già bagnatissima e quando la mia lingua affondò nella sua carne calda, lei sussultò e gridò di piacere, mi spinse con le mani dietro la nuca, impedendomi quasi di respirare. Ero mezzo soffocato e, un po’ egoisticamente, pensai che fosse stato meglio non prolungare troppo la cosa, così la mia lingua si spostò per arrivare al clitoride. Quando lo raggiunsi, lei venne percorsa come da una scossa elettrica, io cercai di toccarlo ancora, ma lei mi scostò. «Non ancora», mi disse nell’orecchio e fui costretto a spostare la lingua.

Quando finalmente Maria mi diede il via libera e potetti riprendere a stuzzicarle il clitoride, lei ebbe una reazione fulminea: mi strinse il capo tra le cosce, impedendomi di tirarmi indietro e subito dopo venni investito da uno spruzzo caldo che quasi mi soffocava, ma la convinzione che da quel momento in poi i pompini sarebbero stati tutti come quello che mi aveva appena fatto, mi convinse a mantenere la posizione. La mia lingua, dopo una esplorazione rapidissima e profonda, piombò di nuovo sul suo clitoride e non lo mollò più, mentre Maria raggiungeva un orgasmo violentissimo.

Rimanemmo sdraiati sul letto per un bel po’, poi lei guardò l’orologio e saltò su. Accidenti, queste pulizie domestiche proprio non ci volevano, ma anche quel giorno si era fatto tardi e ci restavano solo cinque minuti per darci una lavata. Veramente i minuti diventano parecchi di più, perché la convinsi, per risparmiare tempo, dissi io, a fare la doccia insieme. Il box è abbastanza grande, ma due persone ci andavano un po’ strette e quando Maria si girò di spalle per prendere il bagno schiuma, io la schiacciai contro la parete di piastrelle e comincio a carezzarle le chiappe. Lei protestò, dicendo che era tardi e che non sarebbe riuscita a pulire tutta casa, ma intanto allargò le gambe. Cominciai così a strofinarglielo in mezzo alle chiappe mentre lei divaricava ancora di più le cosce. Allora mi strinsi forte a lei e Maria me lo afferrò, infilandoselo nella figa.

CONTINUA…
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