Lui & Lei
RITORNO ALLA CASA IN PINETA
di Grande_Bruno
28.01.2025 |
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"Bevvi il suo nettare senza esitazione e la punta della mia lingua individuò il centro del piacere nel piccolo clitoride eretto, gonfio di voglia e lo..."
Dopo il racconto «LA CASA IN PINETA», mi piace ricordare quello che è successo il mese successivo. Era il mese di aprile ed il corpo di Marisa mi ha continuamente tormentato nei giorni successivi al nostro incontro.Anche quel lunedì, approfittando del tepore della primavera, uscii per andare a fare una camminata veloce in pineta. Sono riuscito a dimagrire qualche chilo ma la strada è ancora lunga. Dalla finestra del mio bagno, scopro che il sole è alto nel cielo e la giornata sembra splendida. Dopo aver consumato frettolosamente la colazione, esco a godermi l’aria fresca del mattino e mi incammino verso la pineta. Metro dopo metro, il mio pensiero va a Marisa, che ho lasciato in quella casa in pineta ed al marito che la lascia sempre sola, perché avendo una ditta di costruzioni e rimane fuori casa per lunghi periodi e quando torna a casa è molto sbrigativo nel fare l’amore, lasciando Marisa il più delle volte insoddisfatta.
Finalmente arrivai all’inizio del sentiero, abbandonando l’asfalto ed entrando nella pineta mentre Marisa apparì nei miei sogni ad occhi aperti con quel suo corpo caldo accanto al mio, dal suo bisogno di essere presa e scopata in tutti i modi, dalla tenera cedevolezza che ha mostrato ad ogni mio desiderio. Mentre mi avvicinai alla casa di Marisa, la mia erezione si fece sempre più imperiosa. Dopo qualche giorno da quell’incontro, il marito era tornato dal suo lavoro e la routine si era instaurata.
Marisa mi aveva mandato un messaggio con il quale mi informava che il marito era nuovamente partito e sarebbe stato fuori almeno tre giorni. Quando mi vide mi sorrise e venne ad abbracciarmi, facendomi sentire i suoi seni turgidi contro il mio petto.
Tutto era come lo avevo lasciato o quasi, in quella casa dove avevo vissuto momenti immemorabili. Marisa mi mordicchiò il lobo dell’orecchio e mi disse: «ma tu la passeresti una notte di sesso con me?», la guardai sbalordita e lei ripeté la domanda, «passeresti una notte di sesso con me?». I suoi occhi erano fissi sui miei ed era davvero carina quel giorno, con un vestitino nero, leggero, che ben si adattava al tepore di quei giorni di aprile. Sotto intravedevo il suo corpo aggraziato, le cui gambe nervose tradivano una certa impazienza. Aveva voglia, voglia di vita. Ci sedemmo in cucina e bevemmo una birra con evidente imbarazzo per entrambi. Marisa mise un po' di musica ed io le dissi:
– “Vieni!”,
– “Ma non so ballare la salsa”, protestò lei,
– “nemmeno io”, ribattei e così cominciammo a muoverci al meglio, iniziando a ridere come i matti.
Poi Marisa mise una musica più sensuale, più coinvolgente ed i nostri corpi inevitabilmente si avvicinarono e si toccarono. I nostri sorrisi scomparvero ed il nostro respiro si fece corto, mentre la musica ci spingeva a stringerci l’uno con l’altro. Il cuore mi batteva come un tamburo, tanto che sembra che stia per sfondarmi il petto. Come per evitarlo, la strinsi ancora di più a me sentendo il suo piccolo seno premere contro il mio petto e le nostre bocche si sfiorarono un attimo, incerte sul da farsi, Poi si unirono nel bacio e le nostre lingue mulinavano veloci cercandosi, scontrandosi, lottando. La musica finì di colpo lasciandoci storditi e confusi. Spensi il cellulare per lasciare che il mondo resti fuori da quella porta e l’abbracciai mentre lei era di spalle. La sentii trasalire al mio tocco, mentre le mie labbra si appoggiarono al suo collo. Lei sospirò assecondando con movimento del capo la mia lingua che iniziò ad accarezzarla. Le mie mani vagavano sul suo corpo accarezzandola.
Solo pochi passi ci separavano dal letto e li muovevamo incespicando. Stesa su quel letto era bellissima mentre mi adagiavo vicino a lei, iniziando a baciarla. Lei accolse la mia bocca afferrandomi il capo, quasi temendo che possa scappare. La sua mano mi premette la nuca ed io abbandonai per un attimo le sue labbra per scendere verso il resto del corpo. Scivolai sicuro verso l’incavo dei suoi seni. Abbassai le spalline del vestito e li liberai dalla costrizione del reggiseno. I suoi capezzoli erano irti, duri e puntavano verso di me quasi con arroganza. Mentre li stuzzicavo con la mano, le sfuggì un gemito e la bocca scese subito a darle sollievo. Mi attaccai a quei dolci bottoncini come un cucciolo. Li sentivo duri e sodi nella bocca, mentre l’altra mano cingeva l’altro seno quasi a volerlo soppesare.
I denti si serrarono delicatamente intorno a quei piccoli bottoni del piacere, mentre potevo udire distintamente il battere affannoso del suo cuore.
La mia lingua scese ancora verso il suo stomaco, lasciando dietro di sé una scia umida quasi a voler segnare il cammino per poter ritornare indietro. Ma ormai non era più possibile ritornare indietro. Il vestito scese con l’avanzare del mio viso e la mia lingua conquistò prima lo stomaco, poi l’ombelico, infine il suo ventre piatto. Ero ormai di fronte al suo giardino segreto protetto da un velo di sottile nylon nero. Il profumo inebriante che ne saliva mi stordiva. Abbassai gli slip già umidi di desiderio e mi rivelarono un sesso completamente depilato, bagnato e leggermente dischiuso. La mia bocca iniziò una danza intorno a lui mentre le mani accarezzavano le sue gambe lisce.
Un attimo di pausa e infine mi tuffai su quella perla di Venere con la mia lingua che si faceva strada senza fatica tra le pieghe della sua carne, raccogliendo i suoi saporosi umori. Bevvi il suo nettare senza esitazione e la punta della mia lingua individuò il centro del piacere nel piccolo clitoride eretto, gonfio di voglia e lo tempestai di mille colpetti. Lei sobbalzò sotto le mie mani e singhiozzò di piacere mentre avevo il viso lustro dei suoi umori con la tortura che continuava. Il mio cazzo era gonfio da farmi male e premeva contro i jeans per uscire. Ma le mie mani erano troppo occupate a dare sostegno al lavorio della lingua, evidenziando il clitoride. Le mie labbra formarono una «O» perfetta e si chiusero a succhiare quell’appendice di piacere. Non passò molto ed un orgasmo la scosse urlando. Rimase come morta.
Quando si riprese da quello sconvolgente orgasmo, era estasiata e si diresse verso la fibbia della mia cintura, slacciandola e sbottonando i miei pantaloni in maniera precisa, veloce e definita. Anelava velocemente nella ricerca del mio cazzo ansando e smaniando in modo forsennato, poiché se lo poggiò addosso accarezzandoselo e sfregandoselo con il clitoride e con l’interno delle cosce. Percorrendo con rapidi baci il mio petto se lo infilò in fretta in bocca, perché dopo solamente un primo lungo affondo, lo leccò per tutta la sua lunghezza come se fosse un bisogno improrogabile, poi ancora in bocca ed in gola. La netta esalazione della sua odorosa e vogliosa figa comincia a sprigionarsi nella stanza, io cominciai a sragionare, perché la sua essenza si spandeva dal suo intimo nascondiglio aleggiando in ultimo per aria. I suoi seni erano sodi e appuntiti e lo era perfino il mio cazzo giacché era diventato incredibilmente granitico.
Io mi sedetti sul bordo del talamo, lasciando che lei mi protenda la sua favolosa e pelosissima nera figa, mentre ero attratto e sedotto inevitabilmente da quella persistente e indubbia fragranza di femmina in calore, dopodiché si girò e con le ginocchia sul bordo del giaciglio si auto trafisse in conclusione con il mio cazzo a cavalcioni su di me. Marisa era davvero amabile, incantevole e per di più sorridente; lei era accogliente, bollente e ospitale come il suo abbraccio, come i suoi seni che mi avvolgevano le guance, come le sue labbra che cercavano ghiotte la mia lingua. Repentinamente ambedue cominciammo a grondare, così come due gocce della stessa acqua, le sue cosce in quest’istante si schiusero interamente e lei si dilaniava il ventre più a fondo per ogni stimolo ricevuto. La sua gustosa e inconfondibile essenza di femmina mi grondava addosso, il mio sudore si posava sopra i suoi arti superiori e lei, a ogni stimolo, diventava più esigente, impulsiva, pretenziosa e rabbiosa, per avermi integralmente dentro di sé. Sentivo che ero suo soltanto per portarla all’orgasmo, per soddisfare caldeggiando tutta la sua voglia quando all’improvviso sospirò:
«sì ecco… adesso… così… mio Dio è magnifico… che meraviglia». Mentre si accasciava su di me stringendomi forte, acutamente invasa e tangibilmente travolta da un orgasmo animalesco.
Non appena Marisa si calmò, io estrassi il mio cazzo dalla sua figa e la girai carponi sul letto e glielo infilai nel culo, sentendola dibattersi e contorcendosi di voglia. Lei rimase alquanto sorpresa per l’occasione, cosicché io me la scopai lasciando che le lenzuola soffochino le sue urla voluttuose di piacere. In quest’istante mi sentii affrancato e libero di godere del piacere che mi dava quel suo corpo così sudato ed eccitato, quella polpa talmente vellutata. Lei chiamava con sempre più vigore la mia carne nella sua, mi incitava spronandola a inondarla di sperma, finché io non riuscii più a trattenermi e, dopo averle assestato qualche colpo, le regalai tutto il mio seme nel suo incantevole, seducente ben curato culetto, sborrando vivamente dentro il suo intestino, prima di atterrarla sul letto con un abbraccio avvolgente che aveva il sapore del nostro sesso.
Quando ci alzammo, ci recammo ancora nudi in cucina e sorseggiammo una birra fresca di frigo. Mi avvicinai al suo volto e la baciai dolcemente prima di rivestirmi, senza distogliere lo sguardo dal suo corpo che, fino a pochi attimi prima era stato la fonte di un piacere sublime. In silenzio, presi lo zainetto e captai i suoi lascivi e lussuriosi pensieri mentre già immaginavo il prossimo incontro con immorali ed intime riflessioni. Sulla porta, mi girai e la vide mentre indossava la sua vestaglia che la faceva apparire una femmina indiscutibilmente incantata, una persona certamente magica, dai seni generosi e dallo sguardo ilare, fervida e giuliva.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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