Prime Esperienze
Conseguenze di una "mattana"
di Cpcuriosa60
22.10.2024 |
4.277 |
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"L’aveva sedotto con la sua energia, stregato con l’erotismo dei suoi movimenti quando ballava in quel privè dove lui lasciava gran parte del suo stipendio..."
Raccogliamo l'invito di Coppia-Curiosa90 e continuiamo il loro racconto (stessa sezione- titolo " La Mattana-Solo un inizio"Guardavo stupefatta la foto che mi ritraeva con la gonna alzata, il culo nudo e il mio viso di profilo.
Perfettamente riconoscibile, possibilmente ricattabile.
Mi chiedevo che cosa lui intendesse farne, cosa significasse quel “Parliamone”.
La prima reazione fu telefonargli e riversare al telefono tutto la mia rabbia per uno scherzo così pesante.
Poi mi calmai e cercai di ragionare.
Cos’era successo al Giancarlo che conoscevo per trasformarlo in un bastardo simile?
In ufficio non lo avevo visto, del resto lavoravamo in gruppi di lavoro diversi.
Pensandoci bene non era venuto a complimentarsi per la promozione che il mio Capo, l’arcigno Giannetti, aveva prima comunicato a me e poi a tutto il gruppo.
Un sospetto orribile mi attraversò la mente: Giancarlo forse attendeva pure lui un riconoscimento che non era arrivato, ma da lì a scatenare una reazione così esagerata ne passava…
Valutai l’opzione “telefono a Marco” ma l’accantonai, per non farlo preoccupare, almeno finché Giancarlo non mi avesse spiegato le sue intenzioni.
Del resto, mi rimaneva anche la possibilità di giocare la mia carta segreta anche se avrebbe significato di rinvangare un passato ormai remoto.
Presi un respiro profondo e digitai due parole in risposta: “Sì, parliamone”.
Lui lesse la risposta di Carla ed un sorriso gli illuminò il volto.
Stava messaggiando seduto sul water l’unico posto in cui aveva un po’ di privacy.
Antonia, ancora con la febbre, ritornata dopo un'apparente tregua, dormiva già.
Benedetta quell’influenza che aveva abbattuto anche la Tigre, come milioni di altri Italiani.
Era riuscito ad uscire da solo quel sabato sera ed era stato bellissimo non averla tra i coglioni.
Non gli era parso vero entrare in quello strip club e fingere di essere nuovamente lo scapolo d’oro che era stato.
Prima di perdere la testa per la Tigre.
L’aveva sedotto con la sua energia, stregato con l’erotismo dei suoi movimenti quando ballava in quel privè dove lui lasciava gran parte del suo stipendio.
Lei ci andava spesso in compagnia di uomini sempre diversi e dopo ore di ballo sfrenato aveva sufficienti energie per intrattenere qualche malcapitato nella stanza sadomaso.
Le prime volte lui dava solo un’occhiata disgustato e sinceramente spaventato, ma poi aveva scoperto di esserne affascinato senza via di scampo.
E dopo la prima esperienza non aveva potuto più sottrarsi.
Nemmeno dopo il loro matrimonio.
Antonia era la sua Padrona e lui il fedelissimo schiavo, senza speranza.
Ma ora aveva tra le mani qualcosa che avrebbe potuto fare anche di lui un Dominatore, nei confronti della collega e presunta amica, che l’aveva tradito senza pietà.
Piccola strega arrivista, con quelle sue moine da impiegatina dell’anno, l’aveva vista fare sorrisini dolci a quello stronzo di Giannetti, di sicuro gliel’aveva data sulla scrivania di mogano del suo ufficio.
Ma ora…
Dormii male quella notte, colpa della fotografia ma anche del posto vuoto a mio fianco nel letto.
Dopo l’invio della mia laconica risposta Giancarlo non si era più espresso.
Le prime luci del giorno mi trovarono insonnolita ed irrequieta, tanto valeva andare presto al lavoro.
Anche lui evidentemente aveva riposato male perché ci trovammo ambedue al bancone del bar a fianco all’entrata delle nostra Sede.
“Ehilà, bellissima, eccoci…”
“Buondì, proprio te volevo vedere.
Perché sai…”
“No, no, bambolina, aspetta, non è né il luogo né il momento.
Che ne dici di andare a pranzo insieme?
Mi dicevi che Marco è in trasferta, non devi correre a casa…”
“Va bene, come vuoi, se anche Antonia può fare senza di te…”
“Le è tornata la febbre, quindi meglio che riposi”
Dentro di lui saliva la rabbia ma si sforzò di sorriderle.
Brutta strega, come osava pensare di dettare tempi e modi del loro nuovo rapporto.
Dentro di me saliva la preoccupazione perché vedevo nei suoi occhi un luccichio che non mi piaceva.
Stavo quasi pensando che il Dottor Jekyll fosse stato assunto in Azienda.
“Allora ci vediamo qui davanti alle tredici, mi raccomando puntualità…”
Lui uscì senza pagare il suo caffè ma senza nemmeno dirmi nel tono scherzoso che usava in passato: “Tocca a te”.
Lavorai con la mente altrove quella mattina, mi mancava da morire il conforto della voce di Marco che mi aveva salutato solo con un audio inviatomi ben prima dell’alba, immaginando che invece io dormissi.
“Ciao bimba, mi sono svegliato col cazzo duro perché ti ho sognata.
Passeggiavi in tanga e tacchi a spillo sulla statale che passa qui sotto e io spiavo finché un pullman di calciatori in trasferta non ti caricava ed io ti guardavo mentre con loro…beh, hai capito.
Mi manchi, non sai quanto.
Posso solo mandarti questo vocale fino a stasera perché sarò all’interno di una grossa centrale termoelettrica ed i muri saranno schermati.
Passa una buona giornata, mi raccomando”
L’ora di pranzo arrivò troppo in fretta e troppo lentamente.
Volevo sapere e non volevo, quali fossero i progetti perversi di Giancarlo.
Lo raggiunsi all’uscita con i cinque minuti canonici di ritardo comuni a tutte le donne.
“Ti avevo detto alle tredici, cominciamo male”.
Senza nemmeno chiedere mi fece strada fino ad uno squallido ristorante, vuoto come sempre, ma fornito di spessi separé tra un tavolo e l’altro, come una brutta copia dei “Lunch” statunitensi.
“Bene, bene, finalmente soli.
Ho saputo della tua promozione, complimenti.
Io, invece, come al solito l’ho preso nel culo.
Ma del resto non ho la figa, io.
No, no, non provare a negare.
Tu e la tua aria da santarellina che ha ingannato tutti.
Ma poi, ti ho vista, sabato sera.
Per poco non sbattevo contro il lampione quando ho avuto davanti lo spettacolo del tuo culo nudo e di quelle tue gambe.
Avevo impostato quella strada sul navigatore per tornare a casa e davvero non sapevo che ci potessero essere ancora al lavoro tutte quelle Signore.
E poi, ho creduto di vederti e non mi pareva vero.
Ho invertito la marcia ed eccoti, tu ed il tuo cappello.
Giochi con Marco, dai chi vuoi prendere in giro.
Sei una lurida…”
Non ho più resistito e gli ho mollato un ceffone, alzandomi poi di scatto.
“Sì, vattene pure, tanto so dove trovarti”
“….so dove trovarti”
Dal mio cellulare, esce la voce di Giancarlo.
Conta tanto e come una fotografia.
Non occorre che io aggiunga altro.
Scuote la testa con evidente tristezza.
“E’ impazzito, davvero.
Scusalo ma la sua mancata promozione è l’ultimo fallimento di una serie infinita.
Un bamboccio, non maturerà mai.
Al contrario di te, guardati, tesoro.
Ti ho lasciata che eri una ragazzina ed ora, sei una donnina, davvero…”
Sorride, con quella sua bocca ipnotica, i suoi occhi verdi ridono, anche loro.
Sono corsa a casa sua, appena uscita da quella bettola.
Per avere il suo aiuto ho infranto il nostro patto di sangue.
“Mai più” avevo giurato a me stessa, spaventata per le sensazioni che mi aveva donato ma soprattutto per la consapevolezza che aveva pian piano creata in me.
Volevo comportarmi da brava ragazza, smetterla.
Ed invece, Antonia la pensava differentemente, me lo disse quando avemmo, dieci anni fa, la nostra ultima, burrascosa discussione.
“Tu sei come me, in fondo, solo che non ti applichi.
Potresti averli ai tuoi piedi perché sei un diavolo nel corpo di un angelo.”
Lei, all'inizio del suo percorso, partecipava, portandomi come apprendista, a piccole feste private organizzate da universitari un po’ annoiati e discoli.
Noi eravamo sicuramente il clou di quelle serate.
Sesso lesbico, torbido, lento, seducente, sopra un letto improvvisato al centro di un salotto o in una taverna di campagna.
Ragazzi, poco più che adolescenti ma di solito ben disposti a fare regali.
Lei li accettava, io no.
Litigammo quel giorno, proprio perché io volevo farlo solo per ricevere in esclusiva il dono della sua lingua e da allora le nostre strade si divisero.
“Mai più” giurai, fino a quella sera con Marco, ubriachi entrambi e folli a mettere in scena quella “mattana”.
Ma ora ci penserà lei a proteggermi dalla apparente follia di suo marito.
Pur nella sua vestaglia da casa, mi fa un po' paura.
Ed il suo uomo imparerà a rimanere tranquillo nel ruolo che Lei gli ha riservato
Ed il mio non saprà, mai.
In ufficio c’è il solito chiacchierio davanti alle macchinette del caffè.
“Ed allora, gli dico, se Giancarlo è in malattia, devo fare da solo anche il suo lavoro?
E Giannetti, al solito, mi suggerisce di chiedere a Carla.
Sempre lei, dicono che se la scopi sul tavolone del suo ufficio…”
Non mi vedono, troppo impegnati a sparlare di me.
Poveri piccoli falliti, non provate a farmi del male…
A proposito, Giancarlo, che dicono sia ammalato, chissà come sta...
Oggi è venerdì, Marco tornerà a casa, finalmente.
Abbiamo fatto sesso tutte le sere, al telefono ma quando tentava di accennare a sabato scorso, beh, gli proponevo qualche gioco nuovo.
Le strade buie della zona industriale, no, non fanno per me.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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