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Gay & Bisex

Tommaso, Luca & Nicola - 3


di Marcus95
12.03.2022    |    5.425    |    8 9.1
"«Tu sei ricco, no?» Chiedo senza neanche preoccuparmi di essere sgarbato..."
Capitolo 3: Basta Parole & Salvami



Nel pomeriggio io e Tommaso andiamo in un parco e poi in giro per la città. Senza essere cattivo ma è stata un bruttissima idea. Solo gelo e gelo. In casa si sta molto meglio. Sono ancora indolenzito per gli allenamenti ma Tommaso non mi da tregua. Si è fatto più vicino questo ultimo giorno. Non mi molla mai, anche quando vado in bagno lui arriva con una scusa. Ha previsto qualcosa? Vorrei saperlo anche io. Non sopporto di stare all’oscuro da tutto questo. Lui è il mio fidanzato e quindi deve dirmi tutto. Se c’è qualcosa che lo preoccupa io devo esserne al corrente. La sera sta scendendo e decido di fare una doccia. Lui si avvicina e mi abbraccia da dietro.

«Voglio farla con te» mi dice calmo all’orecchio.

Io mi volto e lo guardo diritto negli occhi. «Cosa c’è che non va?» Chiedo senza pensare. Voglio solo sapere la verità.

«Nulla cucciolo. Perché me lo chiedi?»

«In queste ore sei un po’ troppo attaccato. Non che questo non sia di mio gradimento, ma lo trovo sospetto.»

Lui mi guarda e senza dire una parola va in camera sua, anzi nostra, sbattendo la porta. Ci risiamo, un’altra litigata. Non può più andare avanti così. Corro a prendere il telefono e mando un messaggio a Federico: “Ennesima litigata, voglia di scappare. Usciamo, 15 minuti sotto casa.”

La risposta arriva velocemente: “Non dico nulla, 15 min.”

Sono contento che abbia accettato di uscire con me, così posso stare da solo senza Tommaso. Ho bisogno del tempo per pensare. Mi avvicino alla porta della camera da letto e busso. Non sentendo nulla apro la porta ed entro. Lui è sdraiato sul letto a guardare dei video sul telefono.

«Esco con Federico tra poco» dico calmo cercando di riappacificare la situazione.

«Fai quel cazzo che vuoi» dice lui scontroso.

Sbatto la porta e me ne vado imbestialito. Sono assolutamente incazzato con lui. Non ho detto nulla di strano. Volevo solo capire il perché di tanto affetto: magari era un momento no, oppure non lo so. Nella sua mente passano troppe cose. Io non ne capisco nemmeno una.

Sotto casa vedo Federico. Lo abbraccio e gli sorrido.

«Stasera solo alcol» dico esasperato. Non ce la faccio più. Sto pensando di chiedere una pausa da Tommaso ma solo l’idea mi fa raggelare il sangue.

Lui accetta la mia proposta e andiamo in un bar a tracannare alcolici, uno dopo l’altro. Federico ride con me, io con lui. Tutto è bellissimo. Non devo preoccuparmi di nulla. Dopo qualche ora torno a casa e vedo che Tommaso è già collassato nel letto. Mi tolgo tutto e mi sdraio vicino a lui.

«Non dormire in quello stato. Fatti una doccia adesso!» dice senza aprire gli occhi.

Avrà sentito l’odore di alcol. Meno male che non l’ho baciato, chissà cosa avrebbe detto. Io però non ho voglia di fare la doccia a quest’ora tarda. Ma che problemi ha oggi Tommy? «Perché?»

«Sei ubriaco da fare schifo» dice secco.

Mi alzo dal letto e barcollando vado nella camera degli ospiti. Mi sdraio sul letto e mi addormento.

***

La luce entra nella camera e vedo che porta della stanza è chiusa e io l’avevo lasciata aperta. Mi alzo e vado ad aprire la porta. Sento che qualcuno sta cucinando qualcosa. Vado in cucina e Tommaso alza lo sguardo e lo riabbassa subito.

«Divertito ieri?» chiede duro.

«Sì, te?» Chiedo preoccupato della risposta.

«Sì, in mancanza del mio fidanzato che è andato ad alcolizzarsi chissà dove con uno che lo vorrebbe scopare, mi sono fatto una sega con un video porno su internet. Serata eccitate.»

Mentre dice quelle cose scoppio a piangere. Incredibile! Sa quanto io detesti i video di internet. Come può aver fatto una cosa del genere?

«Possiamo parlarne?» Chiedo sconcertato.

«Se vuoi la colazione fattela!» dice e fa per andarsene.

Io gli sbarro la strada mettendomi davanti a lui. «Non hai capito. Tu ora ti fermi e mi dici che cosa c’è che non va» dico cercando di essere il più forte possibile.

«Marco» dice tra i denti.

«Il mio istruttore? Ma che vai a pensare cretino! Non sono innamorato del mio istruttore» dico ma vengo stoppato dalle sue risate.

«Marco è etero e mio amico. Questo non te l’ho detto. Beh dai hai buon gusto: Nicola. Mi fai schifo» dice freddo.

Io senza accorgermene sono appoggiato al tavolo per non cadere. «Ma lui non è nessuno.»

«Vi ha visti chiusi nello spogliatoio per almeno cinque cazzo di minuti» dice severo.

Io non so che replicare. Non era successo nulla. Nicola mi aveva fatto delle domande e basta. Non può pensare a una cosa del genere. Io non lo tradirei mai. «Ti prego, ascoltami.»

«No! Non te ne sei accorto ieri sera ma ho preparato un po’ delle tue cose. Sloggia, hai due ore e poi non voglio più vederti qui. In questi giorni finirò di mandarti tutte le tue cose e poi non voglio più sentire nulla.»

In quel momento cado a terra piangendo. Lui non si prende neanche la briga di sorreggermi, anzi mi guarda da lontano, con distacco. Mi passa vicino e se ne va in camera buttando gli scatoloni ben fatti in salotto. Un gesto molto chiaro. Non so dove andare, non so che fare. Sono distrutto. Non voglio più vivere senza di lui. Corro fuori dall’appartamento ed esco in strada senza neanche prende le mie cose. Non mi serviranno più. Vedo le macchine che sfrecciano veloci. Guardo la velocità. Mi metto vicino al bordo strada. L’aria del loro passaggio mia carezza il volto. Faccio dei passi avanti e sento già dei clacson che suonano per la mia intrusione. Faccio il primo passo della mia folle corsa ma qualcosa mi prende in pieno e mi butta per terra.

***

Picchio la testa contro l’asfalto. Vedo le stelle e penso che tutto sia finito. La macchina mi ha preso in pieno e ora Tommaso si è liberato per sempre di me.

«Ma che cazzo stavi facendo?» urla una voce nel mo orecchio.

Ma che cosa è? Non capisco nulla. Apro gli occhi e vedo Nicola su di me. Cosa ci fa lui qui? Sono morto?

«Nicola, ma che cosa?» cerco di dire, ma lui non mi capisce.

«Stavi cercando di ucciderti?» Chiede disperato.

«Io, io, lasciami andare, non voglio più andare avanti» dico piangendo.

«Te lo puoi scordare. Per poco non ti prendevamo sotto con la macchina» dice cercando di mettermi sdraiato sul marciapiede. Guardo il suo volto. È bello come al solito. Cosa ci fa qui? Noi avevamo appuntamento per domani, non oggi. Come sa dove abito?

«Che cosa ci fai qui?» Chiedo tastandomi gli arti per vedere se sono tutti attaccati.

«Stavo andando alla palestra. Questa è la strada che faccio sempre, ma quando ti ho visto sul bordo della strada con l’intento di attraversare senza guardare mi è salito il panico. Sei un pazzo, te l’ha mai detto nessuno?»

«Sì, tu» dico cercando di sdrammatizzare. Lui ride ma sa che sono un cretino. Sì l’atto da me compiuto è stato stupido e irresponsabile. Alzo gli occhi e guardo verso la finestra del mio ex appartamento. Mi sembra di scorgere qualcosa ma è solo un impressione. Non c’è nessuno alla finestra. Tommaso non ha visto la scena.

Nicola mi aiuta ad alzarmi e mi porta verso un Audi nera. Porca vacca, si tiene bene il solitario.

«Ti porto a casa» dice facendomi salire sul sedile posteriore. Lui si siede vicino a me. Ma chi guida? Io sono a casa.

«Io abito qui» dico.

«A casa mia» dice lui correndosi. Guardo avanti a me e vedo un signore alla guida. Non può essere. L’autista no.

Nicola vede lo stupore sul mio volto ma non dice nulla. Lui forse è abituato a tutto questo. Alle macchine importanti, alle persone che si stupiscono per l’autista. No, non è l’autista, sarà suo padre. Lui si sarà seduto dietro con me per starmi vicino. Ecco quanto. La macchina parte e fa una inversione. Viaggiamo per qualche minuto e usciamo dalla città per raggiungere una grande villa con giardino. Non sono una persona da villa con giardino, ma va bene così. La macchina entra nel cancello e si ferma vicino alla porta, portone, d’ingresso. Scendo e Nicola mi segue. Caspita che bella villa. Entriamo e l’ingresso è stupendo. Ci sono tante statue in giro e il soffitto è altissimo. C’è anche una grande scala che porta al piano superiore. Ci dirigiamo verso si esso. Mi sento uno importante.

Nicola non dice nulla. Qualche volta controlla che io sia dietro di lui. Una volta al piano superiore ci sono svariate porte lungo il corridoio infinito. Mi indica l’ultima porta e mi dice che lì c’è la sua stanza. Sono curioso di vederla. Entro ed è enorme. È grande come il soggiorno e camera mia unita insieme. Ora quella casa non è più mia dato che la dovrò cedere a Tommaso dato che aveva pagato lui la maggior parte delle cose. Scaccio via il pensiero. Si siede sulla scrivania e mi fa accomodare su un divano. Mi porge una Coca-Cola. La stappo e bevo. È molto buona, come sempre.

«Tu sei ricco, no?» Chiedo senza neanche preoccuparmi di essere sgarbato.

«Si nota un po’ vero?» Chiede lui ridendo.

«Perché mi hai salvato?» Chiedo ripensando alla scena di quella mattina.

Lui mi guarda e non dice nulla. «Non è stato un salvataggio. Ti ho visto lì e ho pensato di raggiungerti» dice distaccato ma so che non è la verità.

«So che stai sviando la domanda ma non importa se non vuoi dirmelo. Però vorrei dirti grazie, quello sì» dico e bevo un altro sorso della bibita.

«Te piuttosto cosa ti è passato è per la testa?» Chiede.

«Io ho litigato con il mio… coinquilino. Una testa di cazzo esagerata» e rido. Non ho mai insultato Tommaso prima di oggi. Lo sento molto lontano, troppo lontano. Mi manca. Voglio tornare da lui, voglio spiegare tutto. Poi magari non mi crederà ma almeno ci ho provato. Ho bisogno di lui. Lui ha bisogno di me. Voglio abbracciarlo.

«Bella bugia» dice lui distruggendo i miei pensieri. «Ma ben detta» conclude.

«Non capisco» dico io. In realtà è vero. Come fa a sapere di Tommaso. È impossibile.

«Beh dai Luca. Mi sono stupito che tu sapessi il mio nome. In pochi lo sanno. Scommetto che a dirtelo è stato Marco, l’unico che lo sa. Hai detto una cagata perché so che Tommaso non è il tuo coinquilino. È il tuo ragazzo» dice serio.

«Era» lo interrompo. Meglio essere chiari certe volte.

«Non ne sarei così sicuro ma non avevo finito. Vivete in quella casa da un anno» dice finendo la frase.

Beh devo dire che come stalker merita 10. Nessuno ha mai fatto una indagine così accurata su di me. «Sei uno stalker?» Chiedo.

«No, ho fatto solo delle ricerche» dice come scusa ma so che non vuole scusarsi.

Io rimango in silenzio e penso a cosa fare. Dovrei chiamare Federico e chiedergli se posso stare da lui per qualche giorno poi sarei tornato dai miei. In due secondi mi sono ritrovato senza fidanzato e senza casa. Che maledizione. Tiro fuori il telefono dalla tasca e mi accorgo che sono in pigiama. Oh porca vacca! Non mi ero accorto. Mi copro e Nicola ride.

«Te ne sei accorto adesso?» Chiede sorridendo e accendendo il computer.

«Sì. Non ho il telefono» dico.

«Usa il mio» dice passandomi il suo telefono. Per fortuna mi ricordo il numero di Federico a memoria. Lo chiamo.
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