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Boy Scout - 20 - Finale


di Marcus95
07.01.2022    |    8.033    |    18 9.0
"Arrivammo al portone e lui con le chiavi lo aprì..."
Capitolo 20: Fine


Il pullman arrivò al punto di partenza. C’erano i nostri genitori che erano venuti a prenderci. Tutto era finito. Tommaso mi svegliò e svegliò anche il cane. Scendemmo dal pullman e tutto divenne confuso e senza capire presi il mio zaino. Mi precipitai dai miei genitori e presi il telefono. Corsi da Tommaso e mi feci segnare il suo numero. Non potevo lasciarlo, non in quel momento.

I mei genitori vennero da me e mi prelevarono a forza. Mi portarono verso la macchina e mi ci chiusero dentro. La macchina partì e vidi Tommaso che con Black che mi guardavano andare via.

Arrivato a casa scrissi subito un messaggio a Tommaso. Gli dissi che lo amavo e che non lo abbandonavo. Che volevo vederlo. Che volevo stare con lui.

Lui mi chiese l’indirizzo di casa e glielo scrissi senza problemi. Infine mi addormentai.

***

La mattina seguente fui svegliato da delle voci. Aprii gli occhi e vidi che erano le undici e mezza. Avevo dormito tantissimo. Mi alzai dal letto e andai verso la porta. Solo in quel momento sentii un cane abbaiare. Era simile a Black ma non ne ero sicuro.

Aprii la porta e mi precipitai in salotto. C’erano i miei genitori, Black e Tommaso, l’amor mio. Ero sorpreso. Cosa ci faceva lì? Tutto era finito così velocemente che non me ne capacitavo. Non poteva esserci Tommaso in casa mia.

«Vieni Luca» disse mio padre.

Mi sedetti vicino a Tommaso e guardai mio padre dopo aver sorriso al mio ragazzo.

«Vede signore, non l’ho costretto a fare questo. Tutto quello che prova è vero» disse Tommaso.

Non capivo il perché di quella discussione.

«Allora, è vero?» chiese mio padre. «State insieme?»

«Sì padre. Questa vacanza mi ha permesso di analizzare me stesso e capire cosa voglio davvero nella vita.»

«Sono molto orgogliosa di te» disse mia madre con un sorriso. «Il tuo ragazzo è molto carino» aggiunse.

«Forse per lei è carino, per me, questa storia non piace per niente! Non andrai più con loro!»

«Loro non c’entrano nulla!» dissi urlando.

Non avevo mai urlato addosso a mio padre. L’aria diventò fredda e carica di tensione.

«Non mi avevi mai urlato addosso. Ho capito molte cose in solo due minuti. Tu non ci vai più. Non approvo questa relazione, anzi sono contrario!» disse mio padre alzandosi in piedi.

Mia madre cercava di tenerlo a bada.

«Ma una cosa te la voglio dire» disse mio padre. «Se davvero lo ami, allora potrai stare con lui, ma per favore vi chiedo del tempo per farci l’abitudine» e se ne andò.

In salotto non volava una mosca.

«Lasciatelo abituare ragazzi» disse mia madre.

Mi voltai verso Tommaso e lo baciai. Non avevo vergogna. Chiaramente se c’era mio padre nelle vicinanze non lo avrei mai fatto.

Per fortuna tutta quella scarica di adrenalina e paura era finita. Guardai mia madre che sorrideva.

«Volete una tazza di caffè ragazzi?» chiese ad entrambi.

«No grazie signora» disse Tommaso.

«Dammi del tu, altrimenti mi offendo» disse mia madre a Tommaso. «Dopotutto fai parte anche tu di questa famiglia oramai.»

Era la cosa più bella che avesse mai detto. Adoravo mia madre. Lei sapeva tirar fuori il lato migliore delle persone.

***

Io e Tommaso camminavamo in giro per la nostra bella città. La nostra meta era la casa di Tommaso. I suoi genitori non c’erano e così avrei dormito da lui. La prima notte insieme dopo il ritorno. Arrivammo al portone e lui con le chiavi lo aprì. Entrai nel suo giardino e aprì anche la seconda porta che portava alle scale. Salimmo fino al secondo piano e trovai una porta con il suo cognome sopra. Lui abitava lì. Entrammo e mi guardai subito attorno. Era una casa ariosa, spaziosa e accogliente.

Andammo in camera sua che era la camera che più mi attirava. Quando entrai vidi tanti poster attaccati alla parete. Erano delle band musicali.

«Ti piace la musica?» chiesi.

«Oh si! Io suono» disse.

A quelle parole mi voltai di scatto. «Cosa suoni?» chiesi attratto dalla sua passione.

«Il piano» disse.

Fantastico io adoravo il pianoforte. Era uno strumento così misterioso, affasciante e accattivante. Mi ricordava Tommaso e la sua anima.

«Wow» dissi a bassa voce.

Analizzai il resto della stanza. Era molto carina con i suoi armadi, il suo letto e la sua scrivania molto disordinata.

«Di solito sono più ordinato» disse quando mi vide puntare gli occhi sul suo disordine.

«Non ti preoccupare, al massimo la sistemo io» dissi ridendo.

Lui si fece vicino e mi strinse molto forte tra le sue braccia.

«Ora non si scappa più» disse al mio orecchio.

«No, non si scappa più» ripetei. Non volevo scappare. Non lo avrei mai fatto. Tutto era diventato perfetto. Non lo avrei mai abbandonato.

Andammo in sala e vidi il suo pianoforte. Non era a coda ma era fantastico in ogni caso.

«Non suonerò adesso» disse facendomi fare il giro della casa.

Il sole filtrava ancora dalle finestre. La sera era arrivata. Le tenebre stavano arrivando ma non avevo più paura. Naturalmente stare da soli era impossibile perché Black ci seguiva ovunque andassimo.

Tommaso mi baciò. Con la lingua aprii la sua bocca fino a incontrare la sua lingua molto sexy e perversa. Giocammo con le lingue nella sua bocca. Era fantastico. Lui mi voleva, io volevo lui. Il tempo passava ma in quell’abbraccio, in quel bacio e in quell’amore il tempo spariva. Non esisteva più. Solo noi eravamo reali.

La sera era arrivata e anche la notte. Avevamo mangiato della ottima carne cucinata da Tommaso. Avevamo anche ascoltato della musica pop scelta sempre da lui. Volevo scoprire tutto di lui.

***

Ero disteso sul divano e guardavo Tommaso che suonava per me al pianoforte. Ero il suo amante, la sua musa. Lui suonava per me. Era delicato sulla tastiera bianca e nera. Due colori che si sono sempre scontrati esattamente come me e lui. Black era sdraiato vicino a me sul pavimento. Suonava un classico della musica che riecheggiava per tutta la casa. Ero vestito completamene di bianco e lui completamente di nero. Ma eravamo una cosa sola.

Qualche volta mi guardava e sorrideva. Io non distoglievo gli occhi dal suo corpo intento a suonare e produrre emozioni da quell’oggetto magico della musica. In casa era accesa solo una candela che era sul piano. Serviva solo a illuminare i tasti. Mi sembrava di stare sulle nuvole. Sdraiato come una divinità mentre l’amor mio suonava per la mia gioia e anche per la sua. Tommaso era mio, il viaggio era stato compiuto.

Quella musica mi faceva fare milioni di viaggi nei cieli stellati. Nella mia stessa vita ma soprattutto nella sua vita. Tommaso si era aperto completamente con me. Non avevamo più segreti, tutto era stato svelato ma io volevo immergermi ancora di più dentro di lui. L’amore si era impossessato di noi. Io non ero solo il suo compagno o il suo fidanzato. No, non solo. Ero parte di lui, parte della sua anima, parte del suo immenso segreto.


*** 1 anno dopo ***

Tommaso mi teneva per mano mentre camminavamo per il campo da gioco. Eravamo in un centro sportivo, c’era gente che urlava e faceva il tifo per la propria squadra. C’era una gran folla. Dopotutto era la finale del campionato regionale o via di lì. Di calcio non ne capivo nulla così come Tommaso, ma c’era una persona che ne sapeva abbastanza però non la vedevo. Black era sempre con noi, non ci abbandonava mai, e come avrebbe potuto? Lui ci amava. Noi amavamo lui.

Non sapevo neanche dove dovevo andare, dove dovevamo andare. La gran folla non faceva altro che andare alla rinfusa senza una meta precisa, però io, anzi noi, avevamo una meta precisa: gli spalti.

«Dove cazzo dobbiamo andare?» chiesi a Tommaso che era vicino a me.

«Cucciolo non ne ho idea» disse lui guardandosi attorno.

«Perché tutti sono vestiti di giallo? Noi non eravamo i rossi?»

Non stavo più capendo, il cervello non connetteva. Io e lo sport non eravamo fatti per stare insieme. Squillò il cellulare e risposi.

«Ma dove siete?» Chiese la voce dall’altra parte.

«Non ne ho la più pallida idea. Sono tutti vestiti di giallo!» dissi cercando di sovrastare il rumore della calca.

«Dovete andare dall’altra parte. Quelli sono gli spalti degli avversari» disse Federico ridendo.

«Ah sì giusto, arriviamo subito» e chiusi al chiamata. Guardai Tommaso negli occhi. «Dobbiamo andare dall’altra parte dello stadio.»

«Ottimo! Impresa facile con tutta questa gente» disse Tommaso quasi irritato.

I rapporti con Federico si erano riappacificati ma c’erano ancora delle divergenze tra Federico e Tommaso. C’era un rapporto di amore e odio allo stesso tempo. Però erano bravi, dovevo ammetterlo, dopotutto lo facevano per me, e per me soltanto. Ancora una volta ero al centro di due persone ma per lo meno non c’erano delle scelte da affrontare. Tutto era calmo senza preoccupazioni.

Scavalcammo la gente fino a raggiungere l’altra parte dello stadio. Alla fine era un piccolo stadio e non proprio un piccolo centro sportivo. Vedevo gli spalti alti con tanti posti a disposizione. C’erano volute due ore per arrivare in quel posto. Vedendo che tutti erano vestiti di rosso ci rassicurammo. Ora dovevamo solo trovare il nostro posto. Dato che era una finale il comitato decise di produrre i biglietti così da non avere confusione sugli spalti. Io e Tommaso (e Black ovviamente) avevamo dei biglietti riservati ai parenti. Così avevamo dei posti fantastici. Il problema era raggiungere quei favolosi posti.

Entrammo da una entrata che portava al campo e una volta dentro vedemmo la gente sugli spalti che già impazziva. Il campo era vuoto, al massimo c’era qualche persona della sicurezza che controllava la qualità del prato. Mi voltai e vidi la madre di Federico. Andai da lei per avere delle spiegazioni sui biglietti e come prendere posto e mi disse che ero il suo vicino di posto. Fantastico! Salutai anche il padre di Federico e mi sedetti seguito da Tommaso e Black, tutto dopo le dovute presentazioni. Federico non aveva una ragazza quindi doveva contare sul massimo supporto dei suoi amici.

Mentre parlavo con Tommaso entrarono i giocatori proprio sotto di noi. Vidi immediatamente Federico e lo salutai con la mano. Anche Tommaso mi imitò e Federico ricambiò salutandoci vistosamente. Dopo i riti di inizio il pallone fu scaraventato tra le gambe dei giocatori.

***

La partita finì con un grande boato. I rossi avevano vinto. Ero assai contento per Federico, il suo futuro era nitido, sarebbe diventato un calciatore, ne ero sicuro. I calciatori scomparvero per andare negli spogliatoi così io e Tommaso cercammo di rilassarci un momento. La partita era stata assai noiosa fino a quando Federico non segnò un punto. Poi divenne ancora più noiosa. Più di un ora e mezza per una partita mi sembrava leggermente troppo.

Tutto si era risolto per il meglio. Lo stadio si stava svuotando e io mi potevo godere tutto quello spazio per me, tutto era per noi, io e Tommaso. Tommaso era sempre al mio fianco. Ci alzammo e andammo verso il campo, passammo le barriere di sicurezza e sentii il prato sotto le mie scarpe. Tommaso mi cinse con le braccia, mi stava sempre vicino e non mi mollava mai. Era il ragazzo più bello e più affettuoso che avessi mai avuto. La sua dolcezza era incommensurabile, tutto di lui mi mandava fuori di testa. Io ero suo.

Mi staccai e vagai per il campo da calcio oramai sgombro. Mi misi al centro e guardai le tribune vuote. Non c’era nessuno che assisteva allo spettacolo più bello della vita, un amore di due ragazzi che erano pronti ad affrontare il mondo. Guardai tutte quelle sedie vuote e mi venne il magone. Tommaso arrivò da me e mi accarezzò la schiena.

«Amore, cucciolo, cosa c’è?» chiese preoccupato.

«Io ti amo e non voglio perderti» dissi.

«Ma sei pazzo? Certo che non mi perderai» disse sorridendomi.

«Ho paura del futuro Tommaso» dissi sentendo le lacrime scorrermi giù per il viso.

«Anche io ne ho» disse.

«Ho paura di perderti e non voglio. Voglio passare tutta la mia vita con te» dissi guardandolo negli occhi.

Black se ne stava accucciato vicino a noi. Non si udiva alcun suono.

«Io ti amo e voglio stare tutti i giorni della mia vita con te. Essere il tuo grande uomo che ti amerà per sempre» disse con tono solenne.

Piansi come una fontana. Era una proposta di matrimonio ma non ufficiale. Lui voleva me e mi voleva per il resto della sua vita.

«Ti amo tanto» dissi tra i singhiozzi.

Lui mi prese il volto tra le sue mani calde e disse: «Non so come sarà il nostro futuro, ma io lo voglio passare insieme a te. Spero di essere il tuo uomo un giorno, altrimenti me ne farò una ragione. Il futuro mi spaventa molto ma insieme forse potremmo superarlo e convivere con esso.»

«L’amore che tu provi per me esalta il mio ego» dissi cercando di non distrarmi troppo sulla poesia. «Tu sei il mio incanto, il mio essere e la mia stessa vita. Senza di te non saprei che fare, ma tu mi dai la forza e la libertà di scavalcare le montagne.»

Lui rise e si commosse. Era bello vederlo piangere di gioia. Sapeva che lo amavo anche io allo stesso modo. Frugò nelle tasche fino a tirar fuori un oggetto metallico. Non era un anello ma qualcosa di assai più prezioso dal punto di vista sentimentale. Chiuse la mano per non farmi vedere cosa fosse e mise quell’oggetto nella mia mano. Guardai l’oggetto e vidi una chiave. La chiave di casa sua. L’avevo tenuta molte volte in mano ma mai come in quella occasione era così importante.

«Voglio che tu venga a vivere con me. Lo so che non è molto e non è un anello ma intanto potremmo iniziare da questo e vedere poi il futuro cosa ci riserva» disse senza scomporsi.

Guardai la chiave e gli buttai le braccia al collo. Ero emozionantissimo. Non credevo ai miei occhi.

«È moltissimo invece! Mi hai aperto la tua casa, il tuo cuore. Li proteggerò entrambi con il massimo rispetto» dissi gioendo.

«Bastava un semplice grazie senza poesia» disse scherzando.

«Grazie mille amore» dissi e lo baciai sulla bocca. Un bacio passionale. Le nostre lingue si toccarono nell’aria fresca ma danzavano come mai prima d’allora.

«Vi siete impossessati del campo di calcio?» disse una voce alle nostre spalle.

Mi staccai da Tommaso. Guardi dietro di me e vidi una figura che si avvicinava. Già dalla voce lo avevo riconosciuto.

«Fede» dissi quasi a sottovoce.

«Hey bella partita!» disse Tommaso.

«Grazie. Come state?» chiese Federico facendosi più vicino.

«Tommaso mi ha appena dato le chiavi di casa sua. Ora abitiamo insieme» dissi tutto contento.

«Sono davvero contento per voi ragazzi» disse Federico senza ombra di gelosia. Non gli andava perfettamente e genio ma almeno non commentava più. Ero suo amico ma ero anche il ragazzo di Tommaso.

«Ricordati che ogni notte dovrai pagare l’affitto» disse Tommaso al mio orecchio.

«Che tipo di pagamento?» chiese Federico non capendo.

«Non fare quella domanda» dissi ridendo. «Lui vuole solo quello da me.»

«Non è vero» disse Tommaso baciandomi. Non durò tanto ma Federico si spazientì velocemente.

«Scusa Fede» dissi andandogli incontro e abbracciandolo.

Stranamente Tommaso non si mosse. Se ne restò nel punto in cui era. Black gli andò vicino.

«Cavolo è cresciuto» disse Federico indicando Black.

«Puoi ben dirlo» disse Tommaso accarezzando il muso del grande cane nero che era diventato parte della nostra famiglia.

«Ti voglio bene» dissi a Federico.

***

Ero in casa di Tommaso che era diventata anche la mia. Avevo spostato molte delle mie cose. La sua casa era bella spaziosa. Ero in sala a guardare il corpo del mio ragazzo che suonava per me. Si era trasferito e abitava da solo, prima del mio arrivo inaspettato. Quella era casa nostra alla fine. Avevano trasferito pure il pianoforte. Eravamo in un’altra città. Lui doveva studiare in quella città e anche io. Ma non sto a raccontare questi dettagli noiosi.
Lui era a torso nudo che suonava per me, mentre io ero sdraiato sul divano. Portavo solo una vestaglia bianca e niente sotto. Lui finì la sinfonia e si girò verso di me.

«Ti è piaciuta?» chiese.

«Come sempre amore» dissi guardando il suo volto delineato.

«Tu sei il mio cucciolo» disse guardandomi.

«Ti amo» dissi.

Lui si avvicinò a me e si mise in ginocchio. «Anche io ti amo» disse.

Mi prese in braccio e mi portò in camera da letto. Mi spogliò della vestaglia e rimasi nudo. Gli tolsi i pantaloni e scoprii che sotto era nudo anche lui. Mi fece sdraiare sul letto. Mi accomodai tra i tanti cuscini. Si mise sopra di me e mi baciò.

«Voglio fare l’amore con te» disse baciandomi le labbra.

«Anche io voglio fare l’amore con te» dissi guardandolo.

Mi baciò e i nostri corpi si unirono. Sentivo tutti i suoi muscoli contratti sui miei. Le nostre erezioni spingevano sui nostri ventri.

Quella notte feci l’amore con Tommaso, il mio caro ragazzo ma quello che successe dopo… beh è un’altra storia.
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