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Gay & Bisex

Giocando a Calcio - 3


di Marcus95
09.05.2022    |    12.744    |    13 9.1
"«Scusa, gli ho detto io di chiamarti così, sai non so come sei sul campo di calcio» si intromise Andrea..."
Capitolo 3: Matteo



Giorgio non sapeva se aveva voglia di andare a sentire Matteo per la Scuola Calcio oppure no. Mentre suo padre Andrea era molto contento di portare suo figlio dal suo amico per andare a sentire qualcosa sulla Scuola Calcio. Era sabato quindi Giorgio doveva prima andare a scuola e poi tonare a casa a mangiare prima di recarsi da Matteo. Andrea come ogni giorno gli aveva preparato la colazione da buon padre single e divorziato. Quella mattina Giorgio poteva notare che suo padre portava dei boxer bianchi che gli facevano un gran bel pacco sul davanti.

Giorgio non aveva mai fatto delle ipotesi su suo padre, non lo aveva mai visto nudo ma solo in mutande. Anche quando andava in bagno chiudeva sempre la porta quindi non c’era possibilità di vederlo nudo. Quando era piccolo ricordava che faceva la doccia con suo padre ma ricordava vagamente il pene di suo padre. Ricordava i peli neri e questo pisello che puntava verso il basso ma nulla di più. Non aveva mai fantasticato ma nell’ultimo periodo mentre leggeva i racconti erotici di sera, si era imbattuto in qualche incesto dove la maggior parte delle volte riguardava il rapporto padre e figlio. Con suo padre aveva un rapporto bellissimo ma non si era mai sognato di fare dei pensieri sulle nudità del padre. Ma quei racconti avevano acceso qualcosa in lui.

Oltre ai racconti, anche una parte biologica era curiosa di scoprire come era fatto suo padre. Giorgio stava crescendo ed era nel bel mezzo della pubertà. Voleva capire con più attenzione quali sarebbero stati i prossimi passi e soprattuto come sarebbe divettato il suo pisello dopo i diciotto anni. Così dato che per eredità avrebbe preso qualche gene del padre, era curioso di capire come era fatto lui dentro alle mutande.

La sera prima si era sfogato proprio su un racconto erotico che riguardava questa tematica dove il figlio spiava il padre ogni volta che andava in bagno. Lo fissava dalla serratura. Giorgio non voleva mai arrivare a tanto ma quel racconto erotico lo aveva eccitato un botto tanto da sborrare nuovamente nelle coperte. Quella sera ne aveva fatta davvero tanta e le chiazze stavano diventando davvero tante, specie se si sommano tutte quelle della settimana. Doveva iniziare a trovare il modo di sborrare senza dare troppo nell’occhio.

Andrea, dopo che Giorgio era andato a scuola aveva controllalo le lenzuola e aveva trovato altre chiazze.

«Minchia, voglio sapere su che porno si masturba se gode così tanto. Maialone mio» disse Andrea ad alta voce anche se era in casa da solo.

Come il giorno precedente prese il telefono e scattò una foto alle coperte piene di sborra del figlio e la inviò immediatamente a Matteo scrivendo “Almeno sa come svuotarsi i coglioni”.

La risposta di Matteo non si fece attendere. “Si vede che è tuo figlio. Meglio con i coglioni vuoti che pieni”.

Andrea si mise a ridere della risposta del suo amico Matteo. Come un lampo una idea si insinuò nella sua testa. Si incamminò verso il bagno e analizzò il sacco delle cose da lavare. Trovò immediatamente le mutande di Giorgio e le analizzò con cura ma non vi trovò alcuna chiazza.

«Ma perché non sborra nelle mutande e mi sborra nelle coperte? Sa che gli faccio io il letto tutte le mattine. Non li capirò mai questi adolescenti» disse Andrea ancora al vento.

Andrea non aveva mai fatto dei pensieri strani su Giorgio, dopo il discorso sul sesso sperava che suo figlio si sarebbe aperto con lui ma non era successo. Così Andrea aspettava e aspettava nell’attesa che Giorgio prendesse il coraggio e iniziasse a farli tutte le domande del caso riguardanti il sesso, lo sviluppo maschile e la figa. In quel momento con le mutande di Giorgio in mano gli venne da ridere. Trovava la scena altamente esilarante ma lo sarebbe stata ancora di più se Giorgio lo avesse beccato. Da bravo padre, Andrea, ci teneva a suo figlio e voleva essergli vicino in quegli anni di cambiamento.

Rimise le mutande di Giorgio nella sacca e andò a pulire la casa nell’attesa che suo figlio finisse la giornata scolastica.

***

Dopo pranzo Andrea spingeva per andare il prima possibile da Matteo al campo di calcio per fare il famoso colloquio. Giorgio iniziava a sentire l’ansia di quel colloquio. Di cosa avrebbero parlato? Ci sarebbe stata una prova pratica? Lui non se la sentiva di mostrare le sue doti calcistiche perché erano nulle e non voleva fare brutta figura con un amico di suo padre. La pressione stava salendo e anche la paura.

D’altro canto Andrea non vedeva l’ora di uscire di casa per recarsi da Matteo. In fretta e furia Andrea aveva già sistemato la cucina e aveva chiesto a Giorgio di andarsi a preparare perché nel giro di dieci minuti sarebbero usciti di casa. Giorgio si era recato in camera sua con molta calma per perdere tempo ma suo padre gli stava alle costole.

«Dai sbrigati che ci sta già aspettando» disse Andrea passando a controllare Giorgio in camera sua.

Dopo qualche minuto erano già in macchina e si stavano recando al capo di gioco che distava solo tre minuti.

«Mi raccomando, quando vedi Matteo che conosci, non chiamarlo per nome ma chiamalo Mister o Coach» istruì Andrea.

Giorgio fece un cenno con la testa e continuò a guardare fuori dal finestrino. Il campo di gioco era bello ampio e anche carino visivamente. Parcheggiarono la macchina nel grande parcheggio vicino all’entrata e a piedi andarono verso l’edificio. Una volta dentro c’erano dei cartelli che segnavano gli spogliatoi e gli uffici. Si diressero verso gli uffici e trovarono Matteo in piedi fuori da una porta che parlava con un ragazzo sulla trentina.

Giorgio non vedeva Matteo da un bel po’ e quando lo vide gli fece un po’ di timore. Era alto e biondo e con un fisico perfetto. Muscoloso ma non troppo. Era come una statua di Michelangelo che amava studiare sui libri. Quando li vide Matteo fece un sorriso a trentadue denti e li salutò calorosamente.

«Buongiorno Mister » disse Giorgio con una voce spezzata.

«Ehi Giorgio, guarda come sei cresciuto. Regola numero uno. Non sei costretto a chiamarmi Mister. Se vuoi puoi chiamarmi Mister o Coach ma qui quasi tutti mi chiamano Matteo. Però fai come sei più a tuo agio. Qui la gerarchia non c’è. Mi piace avere un rapporto alla pari con i miei allievi» disse Matteo stringendo la mano di Giorgio e facendo un bel sorrisone.

La paura di Giorgio era sparita. Con quella frase gli aveva fatto ricordare il Matteo che lui conosceva e si sentiva molto più a suo agio in quel posto. Aveva paura che Matteo sarebbe cambiato una volta impersonato il ruolo di allenatore ma non era successo e ne era assai grato. «Grazie Matteo» rispose.

«Scusa, gli ho detto io di chiamarti così, sai non so come sei sul campo di calcio» si intromise Andrea.

«No, non sono uno di quelli che si crede un fenomeno. No, qui siamo tutti uguali. Dai andiamo nel mio ufficio».

Il ragazzo sulla trentina sparì e loro tre entrano all’interno dell’ufficio di Matteo. L’interno era davvero bello, piccolo ma pieno di coppe e medaglie. Era un bel posto. C’era un tavolo al centro e delle sedie da entrambi i lati. Matteo si sedette sulla sedia dietro alla scrivania e prese un fascicolo con sopra il nome di Giorgio.

«Tuo padre ha già compilato quasi tutti i moduli ma io oggi ti ho convocato per parlare con te. Tuo padre, che io conosco bene, vorrebbe che tu passassi del tempo con molti ragazzi della tua età e al tempo stesso tenerti in forma. Sicuramente il calcio ti può aiutare in queste cose, in più mi consoci quindi per qualsiasi cosa puoi venire a parlare con me senza filtri. Qui come hai capito siamo tutti uguali. Però mi piacerebbe capire da te cosa vuoi. Capire se il calcio è quello che vuoi fare. Perché ti avviso che qui ci si impegna molto, ci sono tanti allenamenti, tante partite e si cerca di migliorare sempre. Non è solo uno sport di testa ma anche uno sport molto fisico, si corre molto. Quindi ora lascio la parola a te così mi racconti un po’» disse Matteo guardando sempre negli occhi Giorgio.

Giorgio rimase stupito da quel discorso. Solitamente tutte le volte che aveva incontrato Matteo era un tipo molto solare e molto spiritoso mentre in quel momento aveva assunto un ruolo serio e professionale. La cosa gli era piaciuta davvero tanto, sapeva che poteva fidarsi di Matteo.

«Grazie, Matteo. In effetti…» Giorgio si fermò a pensare.

«Tranquillo, non siamo qui a farti l’interrogatorio. Prendi un bel respiro e raccontami» aggiunse Matteo cercando di metterlo ancora di più a suo agio.

«Scusa, non so molto bene cosa dire. In effetti, io sono più una persona che preferisce stare per conto mio, mi vedo molto diverso dagli altri. Trovo che le mie passioni siano diverse dagli altri ragazzi della mia classe. Quindi ho un po’ di paura a integrarmi in una squadra».

«Lo capisco benissimo» disse Matteo. «Tuo padre mi ha detto che ti informi molto su tematiche come possono essere gli animali o altre cose particolari. Però in campo noi non portiamo le nostre passioni che abbiamo fuori. Qui si viene in primo piano per divertirsi. Se non ci si diverte, una squadra di calcio giovanile non ha senso di esistere. Secondo, passione per il calcio e lo sport in generale».

«Io non so se sono bravo a calcio però» disse timidamente Giorgio.

«Okay, allora ti faccio quest’altra domanda. Tu vuoi imparare a giocare a calcio ed entrare in una squadra?» Chiese Matteo.

La riposta non arrivò subito. Giorgio ci pensò su per un minuto dove tutti stettero in silenzio.

«Sì ma ho un po’ di paura» fu la risposta di Giorgio.

«Ottimo. Con me come allenatore non devi avere paura» disse Matteo prima di posare il suo sguardo su Andrea. «Gli servirà tutto il necessario, scarpe, parastinchi ecc ecc. Confido in te su questo, no?».

«Sì sì penso tutto io» disse Andrea dopo che era stato in silenzio per tutto il colloquio. Non voleva intervenite proprio per lasciare spazio a suo figlio di esprimersi. «Mi hai dato tu il posto in cui andare».

«Esatto andate là e non dovreste avere problemi. Nel caso chiamatemi» concluse Matteo.

Giorgio e Andrea si avviarono vero la porta ma un fischio di Matteo richiamò Andrea.

«Che mutande porta?» Chiese Matteo indicando Giorgio.

«Boxer, perché?» Chiese Andrea.

«Per allenarsi richiediamo gli slip sportivi. Dovrebbero averne» disse Matteo serio. Poi con la mano fece un gesto come se avesse una sfera in mano.

Andrea si mise subito a ridere. «Non lo so e non penso» rispose tra le risate. In pratica Matteo gli aveva appena chiesto se Giorgio avesse le palle grosse.
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