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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 6a parte


di sexitraumer
23.01.2012    |    6.035    |    0 9.4
"Prendi me, e lascia stare Koona!” “Non l’ho mica toccata..."
“Sopprimerò il cane domani mattina, tu e Greg trovate il modo di distrarre la ragazza, sarà affare di due minuti. Hai visto se qui c’è un inceneritore di rifiuti ? Io non sono riuscita a trovarlo. I droidi sembra riciclino tutto.”

Mario rispose con pigrizia:

“No, non l’ho visto. Ma se c’è lo troverò. Vuoi incenerire il cane?”
“Certo, mica lo lascerei qui a decomporsi all’atmosfera di Titano!”
“Cosa dovrei fare ?”
“Domattina distraete Koona prima di colazione!”
“Perché, che vuoi fare?”
“Metterò del sonnifero nella sua tazza di latte e caffè. Ho già preparato la polverina. Guarda qua.”
“Ah!”
“Dormirà tre o quattro ore. Avremo tutto il tempo di sopprimere il cane, e chiudere la base prima di partire. Non intendo restare qui a lungo. La Pegaso si usura ad aspettare vuota, non credi?”
“Hai ragione! Di qui dovremo andarcene.”
“Bene! Ah un’altra cosa! Me ne sono accorta con Greg. A Koona piace socializzare. Tu, poi, ho visto come le hai guardato le natiche. Non farti strane idee! Anche se è una ragazza pubere, e non più bambina, è sempre una minorenne. Se la tocchi ti faccio rapporto al capitano e sarà la fine della tua carriera. Ti avverto. La mia parola fa piena prova.”
“D’accordo ho capito ! Allora userai il sonnifero!”

Queste ultime parole le pronunciò a voce più alta. Mario voleva avvertirmi caso mai stessi origliando. Per evitare che Johanna si accorgesse che erano stati spiati da me mi allontanai velocemente a piedi scalzi, silenziosamente. Afferrate le ciabatte mi dileguai fino al locale docce. Adesso avevo la conferma che Mario stava dalla mia parte. Non ero più lì, dietro di loro, ma posso immaginare cosa gli disse Johanna:

“Che ti urli ?! Vuoi che ti senta?!”
“Ah, scusa non volevo!”
“Ricordati di dire a Greg di fare quel lavoro ai cuscinetti! Dobbiamo andarcene! Assolutamente!”
“Stai diventando scostante sorella Johanna!”
“Sarò tranquilla quando ce ne saremo andati da questo postaccio, non so proprio come abbia fatto lei a sopravvivere tanto! Scusami Mario! Quella donnina è capace di qualsiasi infantilismo! Devo sfogarmi Mario! A Greg non l’ho detto per non stressarlo, ma dal tetto della stanza soggiorno filtra del metano liquido o peggio dell‘ammoniaca. Mi ha svegliato l’odore. Forse era proprio ammoniaca. L’ho notato svegliandomi da questo nostro attacco di sonno!”
“Dici sul serio?!”
“Vieni a vedere! Quando hai detto che dobbiamo ricaricare le batterie al TM mi sono angosciata. Due giorni qui con le infiltrazioni di ammoniaca!”

Johanna, avendo visto che Mario aveva finito di mangiare lo prese per mano e lo condusse, credo, a valutare la perdita dal plafond. Io avevo finito di fare la doccia. Ero uscita avvolta nell’accappatoio portatomi dai fedeli droidi e mi stavo asciugando i capelli per sfregamento. I presenti potevano vedere le mie gambette e le mie coscette un paio di cm sopra il ginocchio. Mario con la testa all’insù dapprima fu perplesso, poi vide quella perdita, e purtroppo tirò fuori dell’inopportuno umorismo. Avevo capito la sua battuta avendo visto degli olomuvj formato famiglia con mamma qualche anno prima.

“Beh, la perdita c’è! Speriamo che l’inquilino del piano di sopra accetti di pagare di tasca sua. Se crede di imputarlo al condominio gli faccio causa!”
“Ma certo, fa pure lo spiritoso adesso! Che ne sai di condominio ? Tu vivi sulle navi poi!”
“Portatemi una scaletta.”

Johanna si guardò intorno senza trovarla. Mario si guardò intorno, mi vide, e disinvolto mi chiese:

“Ce l’hai una scaletta Koona ?”
“Sì, starà in officina! Vado a prenderla.”

In pochi secondi andai e tornai con la scaletta apribile. Mario fece per salirvi dopo averla piazzata sotto ed averci fatto allontanare. Johanna all’improvviso lo fermò dicendo.

“Fai attenzione a non accecarti con quell’ammoniaca ! Ci servi come pilota!”

Mario, una volta salito, piazzatosi eretto lievemente di lato, scostò di pochissimo con cautela il modulo esagonale del plafond fatto di un materiale sintetico di cui non ricordo il nome. Johanna aveva ragione. Uscii parecchio liquido cadendo sul pavimento. La puzza era irritantissima. Era proprio ammoniaca. Mario tolse l’esagono e scoprii lo strato che isolava il tetto; disse:

“Santo Universo! Qui è tutto marcio!”

A quanto poté vedere Mario l’isolante che impediva alla corrosiva atmosfera esterna di Titano di traspirare si era danneggiata. Mario disse:

“Portatemi degli stracci!”

Andammo a cercarli, ma ne avevamo solo un paio. Chiaramente erano insufficienti per assorbire l’eccesso di ammoniaca traspirata. Mario stando vicino cominciava ad avere problemi respiratori; Johanna lo fece scendere immediatamente. Nel frattempo si era svegliato e ci aveva raggiunto anche Greg. Fui io a spiegargli cosa era successo nel frattempo. Greg e Johanna continuavano a girare in apparenza senza curarsi di noi. Eravamo rimasti soli. Occorreva qualcosa che assorbisse quell’eccesso. Mi tolsi l’accappatoio restando nuda ed asciutta. Dissi a Mario:

“Mettici questo, tanto se partiamo domani lo dovrò lasciare qui comunque!”
“Ma rivestiti stupida! Che vorresti dimostrare ?”
“Niente. L’accappatoio è robusto. Fatto di spugna; andrà benissimo.”

Completamente nuda mi avvicinai a lui e glielo diedi. Mario ci pensò su un istante, poi disse:

“Ma sì! Potrebbe pure funzionare.”
“Io vado a vestirmi.”

Corsi fino in camera completamente nuda. Passai davanti a Johanna che mi fermò subito chiedendomi:

“Ma dico ? Che ti ha fatto Mario?”
“Lui, Johanna?!”
“Sì, lui. Perché sei tutta nuda?”
“Gli ho detto io di rattoppare con l’accappatoio, tanto ormai non mi serve più.”
“Con l’accappatoio? Dovevamo usare stracci!”
“Qui non ci sono molti stracci e la perdita era larga. La spugna del mio accappatoio andava benissimo!”
“Ma ti ha visto nuda! Una della tua età! Nuda!”
“Sì, e allora?!”
“Ma tu non ti rendi conto! Non sai cosa puoi fare in un uomo che ti vede nuda! Nemmeno immagini che strane idee puoi far venire agli uomini, ragazzina! Guardami quando ti parlo! Maledizione!”
“Non sei mia madre, chiudi la ciabatta!”

Questo modo di dire poco rispettoso lo avevo sentito negli olomuvj di Cosmoz. Si avvicinò per darmi uno schiaffo, ma poi desistette. Io mi limitai ad un’alzata di spalle davanti a lei, poi distolsi lo sguardo e mi misi a frugare nei miei cassetti. Mentre parlavo indossavo le mutande e la maglietta. Johanna restava davanti alla porta anche se ormai era inutile. Mentre cercavo una tuta di ricambio (che non trovavo) Johanna andò da Mario a chiedergli spiegazioni e vide che si stava dando da fare per sistemare quel filtro improvvisato. Mario non si curò di vedere la faccia contrariata di Johanna. Senza guardarsi intorno chiese a Greg che era tornato con due straccetti di procurargli due bastoni indicandogli le dimensioni di massima. Avrebbe messo due aste di traverso per fare in modo che il rattoppo tenesse senza cadere in terra per il peso. Di rimettere al suo posto l’esagono non se ne riparlava. La parete interna della piastra esagonale ormai era consumata. Dopo una decina di minuti Mario discese. Non so se si aspettasse i ringraziamenti per la riparazione improvvisata, ma certo era che doveva affrontare Johanna.

“Ma dico! Da quanto tramavi per vederla nuda?”
“Io non c’entro. É stata lei a toglierselo. Io le ho detto di rivestirsi!”
“E perché non glielo hai restituito?”
“L’ho fatto, ma lei mi ha detto di mettercelo. Ho pensato che potesse funzionare … ”
“Non ti avvicinare più a lei! Mangerà con me a cena! Tu ti farai compagnia con Greg! E andrai a dormire in officina!”
“Va bene, calmati adesso. Non l’ho mica toccata!”
“L’hai guardata!”
“Vai al diavolo Johanna!”

Sentivo di dover salvare Mario. Lui non aveva colpa. Era stata una mia idea. M’intromisi tra i tre. Greg era rimasto a guardare la scenata di Johanna.

“Johanna, è stata una mia idea! Mario non c’entra.”
“Fai silenzio tu! Chi ti ha interrogato ?”

Greg parlò.

“Inutile che litighiamo. Dobbiamo pensare a come andare via da qui il prima possibile, considerata la situazione.”

Poi si rivolse a Johanna:

“Johanna, senti porta Koona in cucina e cercate di mettere insieme una cena.”
“Mario! In che condizioni è il TM ? Deve caricare per forza altre ventiquattro ore?”
“Sì, per sicurezza sì. Poi spero che tu mi possa aiutare: dovresti recarti sul TM. Tu sei ingegnere e mi servirebbe che trovi i dotti di lubrificazione dei cuscinetti. Sono accessibili dall’interno, però io non li ho trovati … potresti occupartene tu?”
“Certo, ce ne occuperemo insieme, anzi se non hai niente in contrario, ci andiamo adesso. Vai in officina a prendere i gel lubrificanti ! Io intanto preparo le tute. Ci vediamo nello spogliatoio tra dieci minuti.”

Mario non poteva liberarsi di Greg. Anzi doveva andare con lui. Io mi sarei dovuta sciroppare un’arrabbiatissima Johanna. Per prima cosa presi Rasputin, e lo portai nella mia stanza chiudendo la porta. Johanna aveva un’aria grave, preoccupata; intuendo che volevo proteggere il cane mi ignorò. Di soppressione non ne volevo sentir parlare. Johanna non toccò l’argomento. Pensai che l’avevo fatta grossa, ma evidentemente volevo farmi vedere nuda da Mario. Tuttavia così avevo peggiorato la situazione. Ora di Johanna non mi sarei potuta liberare facilmente. Passammo due ore in silenzio reciproco. Poi approntata la cena Johanna prese due vassoi e li mise sul tavolo. Erano per noi. Dopo che la cucina automatica consegnò altri due piatti caldi Johanna li coprì e li mise in un microonde spento. Profferì le sue prime parole da un paio d’ore:

“Quando sarà il loro turno basterà che se li riscaldino due minuti! Mangiamo noi adesso, siediti che è pronto! Buon appetito Koona.”

Ignorando che dovevo rispondere “altrettanto grazie” non risposi niente, ma mangiai senza prestare attenzione alla mia custode. Johanna credeva che fossi ancora contrariata per il quasi schiaffo non ricevuto. Un primo di pasta con una salsa bianca; un piccolo secondo di carne bianca una mezza specie di tacchino o pollo che di quegli animali aveva solo la somiglianza. Si trattava di cellule di carne coltivate alla base; infine un contorno di verdura liofilizzata che in realtà non sapeva di niente. Era una delle ultime scorte “cucinabili” poi il Computer di Sorveglianza avrebbe dovuto aspettare o il prossimo carico di soccorso, o che il piccolo orto della base facesse trovare qualche cosa di cresciuto e cucinabile. Non era il caso nostro visto che saremmo partiti l’indomani. Una piccola colazione frugale e poi per tre giorni fino alla nave solo cibi in tubetto nella capsula Pegaso. La lubrificazione dei cuscinetti aveva preso molto tempo. Un’ora dopo la fine della nostra cena Greg e Mario tornarono dall’attività manutentiva sul TM. Dissi a Greg che Johanna aveva loro lasciato la cena nel microonde. Dovevano solo riscaldarla. Quando stava per arrivare Mario, il mio Mario, Johanna mi ingiunse di lasciare la cucina dato che non ero molto vestita: una lunga maglietta che mi copriva fino al bacino, poi sotto solo le mie mutande. Cosce e gambette scoperte. I miei capelli li avevo raccolti alla meglio durante la scenata di Johanna.

“Vieni Koona! Lasciamoli mangiare! É il loro turno adesso.”

Sorrisi a Greg e prima che arrivasse Mario lasciai la cucina. Johanna mi mise una mano sulla spalla e scortata da lei venni portata nella mia stanza. Il cane tutto contento per il mio ritorno mi scodinzolò intorno. Lo sollevai e lo portai sul mio letto, poi mi ci distesi io stessa. Johanna si sedette su una sedia ad un metro e mezzo dal letto. La mia custode mi disse:

“Dormi Koona, che domani sarà dura.”
“Se mi addormento tu mi fai fuori il cane!”
“Koona! Non può venire con noi! E nemmeno possiamo lasciarlo qui ! Non se ne accorgerà neppure.”
“Sta zitta! Voglio stare sola! Esci!”

Johanna ci pensò su un paio di secondi, poi con mia grande sorpresa, accettò di uscire. Si alzò e mi disse:

“Chiuditi la porta Koona! E stai lontana da Mario! Non hai nessun diritto di sedurlo, lui dovrà pilotare! Non deve perdere il suo sangue freddo!”

Sentii Johanna allontanarsi. Andò in soggiorno e spostò in corridoio il divanetto sistemandolo di lato al muro, vicino alla mia porta. Era decisa a montare la guardia davanti all’uscio. Non mi curai di lei. Cercai di rilassarmi accarezzando il mio cane che si mise a dormire sulla mia pancia. Ero decisa a difendere il mio cane a qualunque costo. A quel punto potevo solo sperare che Mario si ricordasse dell’impegno che aveva preso con me. Passarono due orette circa di ozio e non avevo più sonno. In realtà non ero nemmeno sicura di essere rimasta sveglia, poiché ricordo che chiudendo gli occhi per un tempo indefinito mi ero illusa di sentire suoni e respiri erotici provenienti dall’infermeria. Non ci diedi peso. Potevo aver sognato. Certo invece che il mio peloso Rasputin aveva dormito sulla mia pancia: il suo letto preferito. Provai ad alzarmi. Sistemai Rasputin sotto le coperte. Il cane non abbaiò. Provai a comandare l’apertura della porta. Un sibilo annunciò che era aperta. Mi sporsi in punta di piedi. Johanna dormiva. Doveva aver ceduto al sonno. Non sapeva montare la guardia per fortuna. Lasciai scivolare via le ciabatte e scalza lasciai la stanza per non fare il minimo rumore. Mi diressi in soggiorno e vidi che Greg stava dormendo su un tappetino di gomma. Chissà dov’era Mario. Provai a raggiungere l’officina. Era lì, steso anche lui su di un tappetino di gomma. Era in maglietta e pantaloni corti, ed era sveglio. Mi stava aspettando? Feci capolino dalla porta e salutai silenziosamente. Mario rispose con un lieve sorriso senza parlare. Mi fece cenno di avvicinarmi. Giunta davanti al lui vidi che stava armeggiando con uno schermo a cristalli liquidi, simile a quello con cui mi faceva interagire Miss Dera per la didattica. Fu Mario a parlare:

“Sto studiando il piano di volo di domani. Non hai sonno?”
“No.”
“Nemmeno io.”
“Dura oggi eh?!”
“Non più di tanto! Credevi che Johanna mi avesse messo KO?”
“Che vuol dire kappa o ?”
“Fuori combattimento!”
“Parla piano! Possono sentirci.”
“Difficile, li ho narcotizzati, dormiranno fino a domattina.”
“Addormentare Greg è stato un gioco da ragazzi, gli ho messo il sonnifero nel succo aromatico che ha bevuto a cena.”
“E con Johanna?”
“Lo stesso. Greg le ha preparato un infuso, poi ha usato lo stesso succo per aromatizzarlo, e la stanchezza emotiva di Johanna ha fatto il resto. Una dose supplementare gliel’ho somministrata io durante il primo sonno.”
“Strano, non ti ho sentito.”
“Non eravamo vicini alla tua stanza. Ero scalzo. Proprio come te.”

Sorrisi a Mario e mi tolsi le mutandine davanti a lui. Lui si tolse la maglietta, ed io potei finalmente vedere il suo petto nudo. Di lì a pochi secondi avrei assaggiato la consistenza dei suoi muscoli pettorali. Era proprio un bel fusto. Mi era piaciuto dal nostro primo incontro poche ore prima. Statuario e molto, ma molto più bello del mio primo Ted Sky Fox. Oltre tutto lui era vero, e davanti a me! Mi tolsi la maglietta, e per la seconda volta ero di nuovo nuda. Questa volta ero lì per un rapporto completo. Ero felice. Per la prima volta in vita mia mi sentivo felice, protetta, e desiderosa di darmi ad un’altra persona, nel corpo e nell’anima. Sentivo che desideravo il suo sperma. Non l’avevo mai toccato lo sperma, solo visto in qualche sequenza porno prima che il computer di sorveglianza intervenisse. Lo immaginavo caldo e dolce, ma intuivo quale fosse il vero sapore per l’irritazione del palato che ricordavo di aver provato al mio primo “pompino”. Miss Dera me lo aveva solo accennato senza approfondire quando mi aveva insegnato i rudimenti dell’educazione sessuale. Per me lo sperma era una novità che ero decisa a provare. Immaginavo che lo avrei assaggiato, o me lo sarei fatta sparare dentro la vagina, e magari mi ci sarei sporcata anche il resto del corpo. Speravo solo che Mario ne avesse una bella quantità e su quello ero un‘illusa. Che non lo finisse subito. Ero anche curiosa di sapere se era possibile ad un uomo leccare la mia vulva allo stesso modo come io avevo leccato il suo pene eretto. Le mie brevi sequenze video porno avevo visto uomini leccare lì la propria donna e mentre vedevo se godeva il Sorvegliante si silicio tagliava e cancellava immediatamente … adesso però era diverso. Il Sorvegliante, con Johanna fuori combattimento, non avrebbe potuto impedirmi di godere di quelle nuove sensazioni. Sarebbero state vere e sarebbero appartenute solo a noi due. Restai in piedi davanti a lui col mio corpo nocciola chiaro in bella vista qualche minuto poi mi sedetti accanto a lui. Cominciai a carezzargli il sesso sopra le mutande di fibra diversi secondi; per lo meno avevo imparato a “svegliarlo”. Per pochi momenti infilavo la mia manina adolescente sotto il tassello dei suoi slippini, di lato e incontrato il suo pene che s’ingrossava ad ogni mio tocco (che magia il sesso !) prendevo a carezzargli anche le palle. Avevo la sensazione sui miei polpastrelli e in parte sulla mia mano che quelle sue pendenze a sacchetto si gonfiassero. Provai a stringergliele e mi accorsi di fargli del male per cui smisi. Tirata fuori la mano, disorientata per il dolore (spero piccolo) che gli avevo indotto ripresi a carezzarlo sopra le mutande. Ormai un semi cilindro duro premeva sulla fibra di cui erano tessute. Per istinto gliele tolsi e vidi che la cappella si stava alzando da sola. Impugnata l’asta (ormai lo sapevo fare) gli tirai fuori il glande rosso violetto. Glielo baciai teneramente, dato che ero decisa a farmi perdonare per la stretta ingenua di prima. Poi mentre mi chinavo aprendo la bocca per accoglierla nuovamente gli praticai con le mani delle tenere carezze a quei suoi testicoli. Miss Dera mi aveva detto che da lì partiva lo sperma destinato a fecondare la donna. Allora, conclusi, bisognava che mi sparasse dentro il contenuto che quelle palle avrebbero mandato. Mentre facevo il mio ingenuo pompino al nostro pilota, il mio prestante partner Mario Van Brenner, astronauta terrestre in missione di salvataggio della sottoscritta sull’inospitale Titano, mi sentivo adulta e bisognosa di completare una mia voglia indefinita con qualcosa che ora era quel pene eretto con il glande a strofinare il mio palato. Ero ancora inesperta, per cui Mario mi disse:

“Sei brava Koona! Ahn! Ahn! Ahhhh, adesso però muovi la linguaaaaaaa! Brava! Così! Dai, uhmmf, uhmmm, Ahhhh!”

Decisi di richiamare quanta più saliva possibile per bagnargli quel glande, la depositai sulla punta e ci misi la lingua. Mario ne ebbe un sussulto che mi fece sbattere quel glande sul mio occhio destro dopo aver strusciato il mio naso. Capii che lì, in punta, era la sua zona più sensibile. Miss Dera me ne aveva appena accennato. Io lo stavo scoprendo. Con la mia calda saliva feci andare la testa avanti ed indietro sulla sua asta. Provai anche ad ingoiare il glande e regalai un’altra piacevole sensazione al suo pene! La saliva consentiva alla mia bocca di muoversi meglio. Mi accorsi in quegli istanti che a voi maschietti piacciono anche i nostri capelli che vi sfiorano la pancia, o meglio il basso ventre. Mi mancava l’aria. Tirai fuori la bocca per respirare meglio. Poi mi riavventai su quel pene in tiro tutto per me. Ero decisa a portare avanti quel pompino, però ignoravo quanto dovesse durare. Mario aveva preso a carezzarmi la testa, le guance e poi a premere dietro la nuca per insegnarmi la velocità con cui affondare la bocca. Muovevo la lingua avanti ed indietro, ma Mario riuscì a dirmi tra i respiri improvvisi:

“Muovi la lingua Koona, muovila anche in cerchio! Oh! Oh! Brava Koona! Oh!”

Presi a muovere la lingua come voleva lui: tutta intorno alle pareti del glande. Era un movimento un po’ più difficile ma mi stava riuscendo. Dopo un minuto del mio piacevole lavoretto Mario mi disse eccitatissimo:

“Basta Koona! O vengo qui!”

Il suo pene stava su eretto e duro. Continuavo a baciarlo quel paletto di carne. Ero innamorata del mio salvatore. Mario riuscì a dirmi:

“Koona, vieni con la passera qui da me! Metti la topina sulla mia bocca, di spalle, e poi allungati verso il cazzo! Faremo il sessantanove. Lo conosci il sessantanove?”

Bastarono pochi secondi perché capissi il significato di quella posizione e che il pene potevo pure chiamarlo cazzo senza che Miss Dera mi riprendesse. Ormai Miss Dera era stata “spenta”. E la mia vagina accesa. Mi distesi sul suo cazzo e come mi riabbassai per riprenderlo in bocca sentii la lingua di Mario che mi cercava il sesso sapendo già dove battere. Era la prima volta in vita mia che venivo leccata lì; Mario era un esperto della lingua sulla donna! Leccava sia l’ingresso della mia vagina, sia i lembi di pelle della vulva esterna. Mi sentivo la sua lingua e la sua saliva sulle parti basse del mio sesso. Me la guizzava anche dentro l’ingresso. Ero, seppi tempo dopo il significato della parola, infoiata. Con in bocca il suo pene che lui chiamava cazzo cominciavo a sentire altre sensazioni, in bocca e nella vulva. Il sessantanove era diabolico. Ci davamo piacere entrambi. Mario leccava anche il mio ano facendo tremare i miei seni quando mi sentii invasa persino lì, nel di dietro. Mario mi aveva afferrato anche le natiche stringendomele tra una slinguazzata e l’altra. Dietro ero stata ormai leccata tutta. Mario non voleva venire subito e cercava di resistere. I miei due seni, poco più che due coppette poco alte erano diventati duri. Mi alzai dal suo cazzo. Non ce la facevo più a prenderglielo in bocca. Mi alzai in piedi, mi voltai, e gli misi la testa tra le mie coscette nocciola. Il mio pelo era scuro, umido, e la mia vulva già gonfia. Mario Capii che volevo essere ancora leccata lì e meglio, soprattutto più in alto. Mario sfarfallò (ho visto le farfalle sui documentari di Miss Dera e vidi quanto leggere ed effimere erano le loro ali) la sua lingua sulla mia clitoride, ed ogni cinque sei colpi di lingua ne prendeva i lembi tra le sue labbra, poi riprendeva a leccare leggero, leggero. Cominciavo a piangere per il godimento. Non sentivo più il mio bacino nonostante il sangue vi circolasse velocemente. Mi sentivo mancare ad ogni colpetto di lingua. Mario afferrò le mie natiche e vi introdusse il medio di non so quale mano nel mio ano:

“Ahn! Ahnnnnn! Uhmmmmmm, sì! Sì! Sìiiiiiiiiiiii!”

Mario mi reggeva. Introducendomi il suo dito aveva chiuso un circuito! Ero posseduta ed ero sua. Continuava a leccarmi e vidi che mi bagnavo abbondantemente non appena mi leccava sull’interno della coscia. La mia vagina cominciava a rilasciare dei liquamini trasparenti che Mario leccò con avidità assaporandoli. Poi si alzò, mi baciò subito in bocca cercando la mia lingua con la sua, dura ed invadente e ottenuto il contatto linguale si toccò il pene eretto che ritornò in un istante una sorta di missile che mi poggiò sulla vulva strusciando quanto poteva senza interrompere il nostro bacio, un vero bacio tra amanti che si scambiavano dosi abbondanti di saliva reciproca. Poi interruppe anche il bacio e mi distese per terra avendo cura di proteggermi la nuca con la sua mano. Mario era sopra di me. Sentivo i suoi seni piatti contro i miei. Allargai le gambe decisa e Mario strusciato ancora una volta il cazzo sul mio clitoride dopo un paio di eterni sfiori esterni puntò la cappella viola all’ingresso del mio sesso e mi trafisse! Non sentii alcun dolore, ma subito tanto piacere. Il suo cazzone entrò tutto subito, fino in fondo. Il piacere mi avvolse e lo abbracciai. Mario iniziò a muoversi e a darmi ogni istante più piacere con il suo spadone giustiziere del piacere della mia vagina ormai non più ingenua. La mia era una vagina adulta e gonfia oltre che abbondantemente bagnata. Mario cominciò a leccarmi tutta sul collo. Era meraviglioso che riuscisse a farlo durante quegli affondi che ricorderò tutta la vita per la pienezza del piacere che ne traevo. Stavo godendo! Ogni istante era buono per baciare e ricambiare qualche colpo di lingua al mio partner. Eravamo abbracciati strettamente l’uno con l’altra e stavamo cercando il coito. Ogni affondo del suo cazzo per me era un respiro sempre più ampio. Mario smise un attimo con gli affondi per succhiare i miei capezzoli inturgiditi. Glieli avrei regalati! Che mi mangiasse tutta. Avevo le tettine durissime. Maledizione! Era quasi uscito dalla mia vagina. Lo leccai di nuovo e capì. Vi rientrò immediatamente ed un’altra ondata di piacere mi montò dal cervello, alla vagina, poi di nuovo al cervello! Sentivo delle correntine elettriche che si moltiplicavano e ramificavano dentro le pareti della mia vagina. Dovunque toccasse il suo cazzo duro e bollente come il suo corpo era un’occasione di piacere sempre più intenso. Il mio cuore non lo sentivo più per quanto era veloce. Poi insieme al piacere aumentò il numero e l’intensità dei miei respiri. Ad ogni culmine il mio capezzolo urtava per un istante il suo petto caldo regalandomi piccole carezzze di piacere. Chiudevo gli occhi mentre lui aumentava i suoi affondi di velocità. Mi ero sempre più stretta a lui chiudendo le gambe nell’imprigionamento ideale del mio dispensatore di giusto piacere. Potevo ancora accorgermi che avevo un maschio tutto per me! Respiravo a scatti e avevo sempre più istanti di visione bianca, mi sentivo sovraccarica di calore nelle orecchie, nella fronte, sulle guance, ed altrettanto caldo sentivo toccando il corpo del mio Mario. All’improvviso mi ritrovai sempre più estatica, non vedevo niente, solo bianco davanti a me. La mia vagina stava rilasciando qualcosa. Mi accorsi che stavo respirando rumorosamente. E mentre bagnavo il suo pene eretto dentro di me ecco che Mario compie un unico scatto. Venne. Mi sentii sua prigioniera, e Mario usò il mio corpo per liberarsi di un liquido bollente che mi aggredì l’interno della vagina. Il mio utero veniva bagnato dal suo sperma a fiotti. Ero affamata di seme maschile. Mario mi sparò dentro sei o sette proiettili che si appiccicarono alle pareti del mio utero facendomi godere ad urlo, a scatti, sperando che il piacere di ogni sparo fosse maggiore di quello che l‘aveva preceduto; purtroppo era proprio il contrario. Rallentammo il respiro entrambi. Ad ogni colpo in più che Mario cercava di vuotare dentro di me lo baciavo sulla guancia. Mi accorsi solo in quel momento che ero in lacrime. Avevo pianto per il piacere provato. Il mio primo vero orgasmo con un uomo. Ci stavamo raffreddando entrambi e in quel piacevole effetto rallenty scoprii che lo sperma dell’uomo, specie se caldo, su noi donne ha un certo effetto calmante. Miss Dera mi aveva parlato del periodo refrattario del post orgasmo, ma per parte mia volevo che Mario restasse dentro di me. Eravamo guancia contro guancia. Fermi e congiunti. Avrei voluto che quella quiete durasse un’eternità. Il cazzo di Mario si era rimpicciolito. Era tornato un pene maschile, piccolo, umidiccio, pendente. Mi sembrava passata un’eternità da quando pochi minuti prima era un potentissimo missile. Mario mi baciò ancora una volta, poi si distese accanto a me tenendomi per mano. La mia vagina cominciò solo in quel momento a rimpicciolire e a richiudersi benché fosse tutta sporca dei nostri fluidi. Ero sporca ed al tempo stesso felice di esserlo. Mario, attratto dal mio pelo pubico arruffato si piegò, mi raggiunse con la testa, e mi leccò la vulva un altro po’ anche se il piacere era minore apprezzai quel gesto carezzandogli la testa bionda con i capelli tutti bagnati per il sudore. Ora mi sentivo una donna adulta, e sentendo la sua lingua che mi ripuliva le grandi labbra della vulva e lo spacchetto provai una sensazione di soddisfazione. Dunque gli stavo piacendo ancora. Che bello potersi amare. Miss Dera queste cose si era ben guardata dal dirmele! Mario smise di leccarmi la vulva dicendo:

“Sei buona Koona! Sei fortunata ad avere un buon sapore! La mia salatina! Vieni qua! Pciù, smack, più!”

Mario me la baciò ancora, poi stanco si distese accanto a me continuando a tenermi per mano. Io, ingenua gli chiesi:

“Mario! Quando torniamo sulla Terra mi sposerai?”
“Certo, Koona! Sempre che non mi sbattano in una colonia lunare spaccare basalto cinque, sei anni! Senza contare che dovrei prima lasciare la mia fidanzata.”
“Come si chiama?”
“Lauren!”
“Quanti anni ha?”
“Trentadue.”
“E dimmi che fa?”
“L’avvocato. Se sapesse che sono stato con te mi farebbe nero! Oltre a farmi arrestare!”
“Ma che dici? Non mi hai fatto violenza! Ero io che ti volevo, e ti voglio!”
“Koona … io …”
“Sulla nave non dirò nulla, ma quando arriviamo la lasci, e mi sposi vero?!”

“Koona ! Potremmo provare ad amarci clandestinamente, però non parliamo di matrimonio!”
“Amore clandestino! Mi piace!”

Restammo in silenzio diversi minuti poi io non ancora sazia di scoperte col sesso chiesi a Mario:

“Mario, senti è vero che voi maschi alle donne gli fate quella cosa lì?”
“Quale?”
“Quel modo in cui ci prendete per i fianchi e ci sbattete! L’ho visto negli olomuvj di Cosmoz!”
“Scarichi olo da Cosmoz ?!”
“Con le credenziali di mamma, poi il Sorvegliante verificava in background, e m’impediva la connessione, certe volte eravamo semplicemente fuori portata e non c’era niente. A me Cosmoz ha tenuto compagnia.”
“Ma quello è un network per uomini per lo più!”

Insistetti e parlai chiaro:

“Entrate lì dietro, nel culo, dall’ano, o no?!”

Mario mi sorrise senza dire niente, poi mi baciò. Andai sopra di lui. Ci baciammo una decina di minuti abbracciandoci. Mi ricordai della sua lingua nel mio didietro all’inizio del sessantanove. Naturalmente mi era piaciuta. Continuammo a baciarci. Volevo ridare la potenza al mio amante. I baci, avevo scoperto, lo facevano drizzare agli uomini. Che coccoloni gli uomini! Mi piazzai meglio sopra Mario e strusciai più volte la mia vulva pelosa contro il suo pene, ben decisa a farlo ridiventare un cazzo da monta. -scusate la mia volgarità ! - Ottenuta la nuova erezione nel giro di pochissimi minuti mi feci entrare di nuovo il suo cazzone dentro la mia vagina decidendo io quanto muovermi e affondare, e naturalmente mi davo piacere mentre mi muovevo seduta impalata dal suo cazzo di nuovo duro. Potevo dargli meglio i miei seni alla sua lingua. Mi piaceva sentirmeli leccati e succhiati. Piazzato Mario sotto di me, lo cavalcai al meglio che potevo decisa a godere; ed in sei sette minuti ottenni un nuovo orgasmo che mi fece sentire una diavola. Il suo cazzo glielo avevo bagnato con i miei fluidi vaginali. Gli dissi:

“Resisti amore mio! Ancora un po’!”

Feci uscire a malincuore il suo cazzo, e prima di ripensarci, mi piazzai nella posizione animalesca del carponare col mio culetto in aria. Allargai le cosce solo un po’ e dissi a Mario:

“Mettimelo anche dietro! Voglio godere completamente amore!”
“Santo Universo che mandolino! Vuoi che ti entri qui dentro?! Sul serio?”
“Sì, entra piano ti prego! Voglio provare. La tua Lauren te lo da?”
“Ogni tanto, purché non le faccia troppo male!”
“E che aspetti? Non vedi che è tutto per te?!”
“Ma ti farà male!”
“Vedremo, beh preparami un po’ e poi ficcalo !”

Mi diede degli schiaffetti alle natiche. Almeno una decina. Mi massaggiò con il polpastrelli delle sue dita, poi introdusse il medio senza indurmi troppo male e lo mosse un buon minuto. Mi stava piacendo. All’improvviso Mario mi allargò le natiche e dilatò un po’ anche il mio ano roseo e pelosetto (qui alla base non c’era l’estetista). Poi si abbassò sul mio culetto per leccarmelo.

“Sì! Leccami lì, come prima, e quando è duro, … fai!”
“Ma dico che ti prende?! Ti rendi conto?!”
“Su dai! Fammelo come alla tua Lauren! Vedrai che io sono meglio! Voglio la monta!”

Lo avevo provocato a dovere. Mario disse deciso:

“Piccola demone! L’avrai!”

Proprio quello che volevo! Lo stavo eccitando offrendogli il mio culetto vergine. Mario mi leccò lì facendomi sentire molto, come dite voi terrestri ?! - molto puttana ecco! Poi dopo avermi rudemente esplorata prima con un dito insalivato, poi con due, mi poggiò il suo cazzo duro due minuti tentando piano piano di sfondare. All’ultimo momento ci ripensava riprendendo a carezzarmi l’ano con il glande duro. Non si decideva a deflorarmi lì dietro! Mi sentivo tremolare le zinnette in attesa di un momento che non arrivava. Non avevo il coraggio di incoraggiarlo. Doveva fare da sé. Io gli avevo già dato la mia dignità presentandogli il mio culetto. Poi mentre accovacciavo meglio la testa nel piccolo tappetino di gomma mi sentii aperta all’improvviso, mi mancò il respiro, mi sembrava di essere stata tagliata in due! Sentii un bel po’ di male. Non era così bello il rapporto anale:

“Uhiiiiiiiiii! Fa male, porco Saturno!”
“Lo hai voluto tu! Adesso ti entro dentro poi, ahn! Se mi fai muovere bene il dolore si, ahn! Si attenuerà! Vedrai … ecco dentro tutto!”
“Sì! Sì! Ahi! Uh!”

Mario me lo spinse dentro più che poteva. Avanzava lentamente. A me mancava il respiro. In tre spinte entrò tutto, poi iniziò a muoversi ed io mi sentivo ad ogni scossone il colon retto sconquassato. Mario respirava vigorosamente ad ogni spinta, io respiravo smorzato cercando di reprimere il dolore. Mario mi lasciò libera di muovere un po’ le cosce per adattarmi meglio alla nuova situazione, in verità non tanto carina. Mi sentivo veramente impalata! E impossibilitata a liberarmi. Cercai di non pensare troppo al dolore. Ne approfittai per carezzarmi un po’ la vulva e ricevere un pochino di piacere alternato al dolore. Stranamente il dolore dopo un po’ non lo sentivo più, e quando cominciavo a provarci un certo gusto purtroppo Mario venne, e mi fece un piccolo clistere col suo seme che sentivo appena tiepido. Mario si stava accasciando sulla mia schiena nuda stancato dall’orgasmo. Non era stato niente di particolare, salvo qualche secondo di masochistico piacere. Mi voltai e trasalii: era Johanna che ci aveva sorpreso nel nostro coito animalesco e contro natura. Non disse nulla. Venne verso Mario e gli mollò un pugno di sinistro contro la mascella, di violenza tale che Mario cadde a terra, e cadendo uscì dal mio retto. Mi sentii libera, finalmente; e vidi che avevo perduto anche un po’ di sangue: questo non lo avevo messo nel conto. Johanna andò sopra Mario dolorante a terra per il pugno improvviso. Aveva ancora un residuo di erezione anche se il suo cazzo di dimensioni generose in erezione si stava rimpicciolendo ad ogni istante. Nel viso di Johanna non c’era pietà: benché a piedi nudi gli diede un violento calcio nello stomaco, e Mario si contorse a terra dolorante ancora di più. Aveva perso sangue dalla bocca, e probabilmente si era pure rotto un dente. O due? Mi alzai e mi diressi verso Johanna per difendere Mario. Johanna non si curava di me. Quando stette per tirargli un altro calcio mi avventai su di lei per dare a Mario il tempo di scostarsi, e speravo di riaversi. Johanna cercava di divincolarsi con me sopra di lei che mi appendevo al suo collo. Johanna mi fece mollare la presa con una decisa gomitata al mio stomaco. Finii di nuovo a terra. Mario nel frattempo si era rialzato quasi del tutto. Si diresse con una smorfia di rabbia che lo rendeva inguardabile verso Johanna e, datole un paio di forti ceffoni da dietro, la prese a calci dietro i polpacci con la bava alla bocca costringendola ad inginocchiarsi a terra. Poi dopo averla spinta a terra con un altro calcio ai reni, le tenne ferme le braccia con cui si era toccata per il dolore dietro la schiena, ed in qualche istante piegandole il braccio sinistro la tenne per terra strappandole un urlo strozzato. Col destro le mise il capo contro il pavimento premendo qualche secondo, e montò sopra di lei dopo averle rapidamente calato i pantaloni aderenti e le sue mutande bianche; vidi che le scoprì il culo e mi accorsi che anche Johanna aveva le sue forme abbondanti e piacevolmente burrose, per lo meno da quelle parti. Quel suo culo di quarantenne ben conservata avrebbe attratto anche altri maschi. Lì per lì “attrasse” Mario arrabbiato per i pugni ed i calci di lei, che svegliatasi dalla debole narcosi, lo aveva sorpreso congiunto con me contro natura; purtroppo vidi che Mario non era l’uomo che avrebbe potuto sposare una donna; tanto meno la sua Lauren che aveva appena tradito con me. Per lui le donne erano oggetti; mi resi conto di quanto ero stata ingenua ad innamorarmi di lui. Dopo averla sopraffatta senza curarsi di me che, seduta in terra nuda lo guardavo ipnotizzata da quelle scene di cruda violenza, fece i suoi comodi contro di lei. Johanna singhiozzando e respirando male subiva la sua rappresaglia sessuale. Il suo corpo bianco e morbido subiva la rabbia dell’uomo. Johanna reprimeva il pianto, e cercava di non fare rumore per non dargli soddisfazione. Non aveva la voglia di opporsi, né la forza. Mario accorgendosi della passività di Johanna sotto di lui, con la bocca ancora sanguinante, le aveva preso i fianchi sollevando il suo bacino. Dopo avergli infilato il suo cazzo, quel cazzo che io avevo amato con tutta la mia anima, tra le gambe nella sua vagina posteriormente, costrinse Johanna a subire il coito. Le aveva risparmiato il doloroso rapporto anale. Ricordando meglio però non era una forma di garbo. Mario aveva fretta di rivalersi su quella donna, ma non lo aveva più abbastanza duro per poterle deflorare l’ano. I singhiozzi di Johanna mi sembrava che fossero o forse mutassero anche in godimento a tratti. Tuttavia Johanna piangeva. Mario godeva del suo corpo, e lei non opponeva più resistenza restando nella posizione animalesca delle quattro zampe. Mario ne approfittò per afferrarle i seni e stringerglieli. Johanna ebbe un moto di disgusto, e dopo due conati di vomito a vuoto, perse i sensi accasciandosi a terra col viso. Mario di nuovo infoiato ne approfittò per godere dentro di lei; poi, non avendo più seme, si staccò dopo averle lasciato la bava sanguinante sulla schiena seminuda. Sputò un dente colpendo Johanna alla testa.

“Pfu!”

Johanna non riprendeva conoscenza.

“Fanculo puttana! Te la sei voluta!”

Non badò a me nonostante fossi seduta nuda ad un metro da Johanna. Se ne andò verso il corridoio nudo diretto probabilmente alle docce. I droidi restarono a muro continuando a lampeggiare fino a quando Mario non scomparve dalla loro vicinanza. In un primo tempo avevo creduto che le volesse maltrattare l’ano, ma non era andata così! Le era entrato nella vagina deciso a fargliela godere comunque. Mi avvicinai verso Johanna per farle riprendere i sensi. Le carezzai il suo viso. Aveva le guance umide per il pianto. Johanna riconoscendomi mi chiese con voce flebile:

“Hai visto che succede col primo che capita?!”
“Ho visto sì! Io Johanna volevo dirti che con me …”
“Lascia stare le spiegazioni! Conserva i ricordi per il commissario di bordo quando arriviamo …”
“Johanna io ero consenziente! Sei tu che l‘hai colpito dopo tutto. E hai colpito forte credimi!”
“Koona! Non ti rendi conto … io gli avevo offerto il mio corpo perché lasciasse in pace il tuo!… Ero contraria che venisse in questa missione. Ero quasi sicura che ci avrebbe provato! ”
“Lo abbiamo fatto insieme Johanna! Mi dispiace per quello che ti ha fatto. L’ho visto arrabbiato per il tuo pugno. Non se l’aspettava.”
“Lo stavo per uccidere! Anche se ormai era tardi: eravate già congiunti !…”
“Ho sentito un po’ di male, ma a me non ha fatto violenza! L’ho invitato io a farlo. Volevo provarlo io quel rapporto. Miss Dera mi disse che era pericoloso, e che non serviva alla riproduzione.”

Mentre parlavo aiutavo Johanna a ricomporsi un minimo.

“Sei un’adolescente con le scariche ormonali. Che ne sai di sesso duro?”

Non le risposi niente Ma avrei voluto dirle: “E tu che sei una suora che ne sai?” L’aveva già ferita Mario per cui rimasi zitta. Johanna si aprì con me mentre cercava di re-indossare le mutande ed i pantaloni aderenti.

Johanna mi confidò che prima di farsi suora era stata una donna sposata, e che si era separata per l’infedeltà di suo marito; a trentasette anni aveva deciso di prendere i voti, e sposare la sola Trascendenza. Conosceva gli istinti di Mario perché aveva fatto da assistente spirituale alle donne della nave che avevano giaciuto con lui. Mi disse che prima, mentre ero in camera mia si era denudata il solo sesso davanti a lui dopo averlo convocato con una scusa in infermeria. Greg doveva, -pensai-, aver intuito qualcosa, e si era trovato delle cose da fare per non disturbare né me che stavo riposando con Rasputin, né loro due. Johanna mi raccontava come si svolse la cosa. Parlavamo da donna a donna; ecco come immaginai i loro dialoghi in base al racconto di Johanna:

“Perché mi hai chiamato? Sto bene Johanna!”

Johanna guardando in viso Mario con sguardo fermo ed inespressivo si abbassò i pantaloni lasciandoli cadere in terra. Le erano rimaste le sole mutande e la casacca superiore grigia con la losanga bordata rossa al seno. Con la stessa indifferenza si tolse le mutande e se le lasciò scendere alle caviglie. Mario guardava divertito. Non gli sembrava vero che quella donna, una suora dottoressa, dal ventre in giù era completamente nuda. Era alta un metro e sessantotto, una discreta statura per una donna. Tra le sue belle cosce con poca cellulite c’era una vulva con un certo pelo castano abbastanza curata. Dopo il basso ventre il pelo e sotto il pelo un piacevole spacco longilineo con delle grandi labbra poco pelose e dalla forma regolare. Le sue cosce erano belle a vedersi e le gambe molto dritte e ben depilate. Johanna benché sposata con la Trascendenza non si mortificava certo; viceversa era molto curata.

“Eravate tutte così belle in convento? Cos‘è ti è presa la voglia?”
“Non dire sciocchezze!”
“E allora cosa vuoi che faccia?”
“Prendimi! Mi sembra di essere abbastanza desiderabile. Prendi me, e lascia stare Koona!”
“Non l’ho mica toccata.”
“Qui c’è una vagina: toccamela, prenditela, e penetrala con un profilattico! Sei un uomo e ti comprendo! Non chiedere baci! Per te non provo nulla.”
“Vuoi dire che …”
“Che puoi scoparmi, così ti scarichi, dormi bene, e domani piloterai per noi la Pegaso senza pensare alla nostra naufraga puttanella in fieri.”
“Oh, beh grazie! Ma dì! Ti paga la compagnia?”


-continua-

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