Lui & Lei
Orgasmi ignobili per nobili o le radici di Luigino, 1a parte
di sexitraumer
16.01.2019 |
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"!”
“L’avete voluto voi, mia Devota …ahnn…non male…ahnnnnn!”
“Vi…viii…..."
Il mondo di Toraldo e Olivina, Terra d’Otranto, XVI secoloIl segreto di Luigino
Il giovane Luigino si era spogliato insieme alla sua amante, la sua zietta Baronessa poco più anziana di lui di soli 8 anni. Nudi per vedersi l’un l’altra, ed attrarsi reciprocamente. Amanti da sempre, o meglio da quando lui ne aveva maturati meno di dodici da compiere. Il suo goffo tentativo di congiunzione sessuale con la zietta, ospite dei suoi genitori marchesi, era inspiegabilmente andato a buon fine, e quel sesso galeotto li legò per sempre, nonostante il matrimonio della sua veneta parente con un signore dei luoghi dell’Apulia greca e salentina. Sempre felici di vedersi non appena ce ne fosse stata l’occasione. Per discrezione la Baronessa vestiva in quelle occasioni da comune borghese all’insaputa del marito, ma anche per rendere la sua vestizione e svestizione più rapida. Una sua intima amica, a conoscenza del fatto che la Baronessa aveva un amante pur senza conoscerlo, aveva gentilmente prestato la propria magione: una casa ampia di pianterreno più un piano, del migliore tufo bianco delle cave leccesi, ben ammobiliata e dotata di un buon letto a due piazze, con le lenzuola pulite. La casa apparteneva ad una ricca famiglia di banchieri, ora creditori, ora debitori, verso le altalenanti finanze private del castello. La Baronessa grazie alla sua influenza, come d’uso, coordinava l’attività delle dame di carità di questo o quel paese; ed ufficialmente si era recata al paese della sua amica proprio per questa onorevolissima ragione. La Baronessa certo non poteva giacere col suo giovane amante presso il proprio castello stesso, non solo per la presenza dell’ormai anziano marito, ma anche della servitù pettegola. Tuttavia la Baronessa era donna assai accorta, e all’infuori della guardia del corpo tutto-fare messer Vezio, quasi niuno era al corrente dei piccoli viaggi della signora; comunque destinati a concludersi col rientro al castello entro il tramonto. Quel pomeriggio tuttavia, altre donne (più o meno ricche) avrebbero prestato carità ai poverissimi, mentre lei, distesa nuda di fianco al suo ometto aspettava che lui le notasse il viso, i seni, e la sua vulva bionda. Viceversa il boccoluto giovane amante non staccava la testa dal soffitto a volta gotica, tenendo le proprie mani dietro la sua testa a mò di cuscino. Il suo giovane petto, ampio e glabro di natura, era a disposizione degli occhi di sua zia, la cui nudità sembrava non aver attratto alcuna attenzione. La donna aveva atteso che al suo amante venisse la voglia di cambiare espressione, e d’interessarsi al suo femminile corpo, ancora in grado di sedurre…
“Nipote mio Luigino! Potreste dirci che vi prende oggi? Sembra che la vostra testa stia da un’altra parte…non riusciamo a vedervi presente!”
Passarono degli istanti nei quali il nipote sembrava che non avesse inteso la domanda, poi però mentre lei lo stava toccando con il palmo della mano sul petto, si degnò di rispondere:
“Perdonatemi zietta, non riesco a liberarmi di quella presa per i fondelli che il padre mio ebbe a farmi in punto di morte, innanzi lo prete cui stava confessando li peccati sui li ultimi, pria che spirasse…volle che anch’io ascoltassi!”
La Baronessa ignuda prese a carezzare il ventre del giovane amante ed ovviamente rispose:
“Orsù diteci cosa vi disse di così importante da trascurare il nostro corpo per un’ora di Sole, caro nipote!”
Luigino ruotò gli occhi in segno di seccatura, per l’incomprensione di lei per la sua depressione interiore.
“…”
La baronessa, nuda accanto a lui, suo giovane ed esclusivo amante, smesso di carezzargli il ventre, gli prese la mano e se la poggiò sulla sua vulva calda, desiderosa, della congiunzione. Il ragazzo non prese la vulva della sua amante per iniziare a massaggiarla…
“Cosa non vi aggrada nipote mio? Se non la sentite abbastanza calda, movete la vostra mano, e vi prometto che si scalderà…”
Luigino restava apatico, nonostante il non equivoco invito. La nuda nobildonna provò ad allungare la mano sul cazzo del nipote, per iniziare a masturbarlo. Il ragazzo tuttavia sembrava fregarsene. La donna cominciava a spazientirsi:
“Non vi forzai poc’anzi ch’eravamo appena arrivati, in una magion che non è la nostra, ma è pulita! Non come a quella fattoria la volta scorsa! Non vi ho importunato per darvi modo d’ambientarvi! Ma ora la vostra ignavia è irritante a dire poco! Ora noi cercheremo di farlo alzare, caro nipote, dopo di che ci auguriamo che facciate lo dovere vostro! Su ! Date qua !
Il nipote della baronessa era taciturno: chiaramente qualcosa lo stava preoccupando. La nobildonna, provò a scuoterlo.
“Se non avete voglia di farci martello addentro la nostra vogliosa vulva con la cappella vostra, nipote, vorrà dire che ci rivestiremo, e vi lasceremo solo! E dovrete andarvene pria del tramontar del Sole, poiché torneranno li padroni di questa magione.”
La zia Baronessa stava per voltargli le spalle, e per lasciare il letto, quando lui, finalmente compresa l’irritazione della zia, la fermò…Non le avrebbe permesso di lasciarlo solo al letto:
“No, zia. Vi prego. Rimanete! Così dolci e caldi sono ancora i vostri seni!”
Finalmente glieli aveva toccati, e voltato la testa per assaggiarne uno di quei capezzoli, la cui carnosità e dolcezza ben conosceva…
“E allora? Volete lasciarci in ansia, e peggio ancora, in bianco?”
Chiese paziente la Baronessa mentre il seno le pendeva verso il mento dell’amante, il quale succhiò con dolcezza il capezzolo alle sue labbra più vicino. La Baronessa sapeva che una volta che si fosse sfogato, sarebbe stato più gestibile e…scopabile.
“AHN…insomma, volevate suggere siccome neonato! Perché non l’avete detto, caro Luigino?! Ahnnn…ohhhh…ne avevate di sete!...Ohhhh…vi piace il nostro latte, Luigino…ahhnnn…prendetelo…se vi…ohhhhh…se vi piace…ahnnnnn!”
“…”
I succhi continuavano: Luigino era diventato vorace, e alla nobildonna il seno si era indurito, unitamente alla sua vulva ormai quasi bagnata…la baronessa invitò il ragazzo a sovrapporre il cazzo sulla sua fica…il ragazzo diede un altro paio di succhi, poi disse, agitato:
“Zia, spero che mi vorrete ancora, dopo che avrete ascoltato quello che vi devo dire. Forse potrei non piacervi più…”
Dopo quest’ultima precisazione il ragazzo ammutolì di nuovo. Lei però gli rinnovò l’invito alla loquela chiarificatrice:
“Su ! Parlate, ordunque!”
Luigino fece per prendere fiato, per poi dire, o meglio, confessare più o meno a ruota libera…
“Madame, la mia famiglia, da cui provengo, …ecco…non siamo veramente li veneti Dresser! Lo cognome dello padre mio, che lo prese dallo padre suo mio nonno, era in realtà Caputo…”
“Dite davvero Luigino?! Marchesi Caputo ?...”
“No, zietta, no ! Lo nonno mio paterno era vero marchese punto. Soltanto un contadino che la sorte rese capo campiere!”
“Vorreste dire che avea delle terre ?”
“Zia ! Voglio dire che dovea guardar alle terre, ma che sue erano punto!”
“Ah !”
“…ma zia, voi non mi credete!? Vero ?!”
“No, Luigino, raccontate! Vi ascolteremo…”
Mentre raccontava Luigino prese a carezzarle più volte i seni, ancora sodi della zia.
“Beh insomma, lo spadino che voi già conoscete, e che or mi pento di non averlo venduto allo locandiere d’Otranto, non era l’arma di famiglia, con cui lo nonno Bonaldo trafisse dieci saraceni che volean rapir la figlia dello marchese suo, che di lui capo campiere era, ma semplicemente l’arma con la qual nonno Bonaldo Caputo da Caserta trafisse il cuore dello vero marchese Adeodato Drezzer!”
Dopo questa confessione il ragazzo poggiò le sue guance al seno caldo di lei, che a sua volta osservò:
“Trafisse ! …uhm, dunque uccise…?”
Con le guance che poggiavano sul seno della zia, e lo sguardo rivolto verso il soffitto il ragazzo riprese a parlare di ciò che più lo aveva turbato:
“Andò più o meno così: rimasto vedovo con la sola figlia Devota Maria, invero una pulzella in fiore, che per la vita ritirata che facea, o che credo fosse costretta a fare in casa, ebbe a coltivar tresca clandestina, e giacer nuda infine col capo de lì braccianti, e contadini del marchese. Lo marchese, quello vero, lo ebbe a sapere dalli servi sui, e per primiera cosa mandò via il Bonaldo senza farlo giustiziare per essersi presa la virtute di Devota Maria… non lo avesse mai graziato! Solo scacciato, lo quale, tornando di nascosto la notte istessa, chiese di nascosto ed ebbe consigliatura con l’amante sua, del marchese la figlia. Li due amanti, ebbe a raccontar lo padre mio, allo prete in mia presenza, decisero di eliminare l’anziano marchese. Dunque la marchesina Devota Maria, mia nonna mio malgrado, meditò lo parricidio di un nobile realmente ordinato marchese da Dio…capite zietta ?”
“Sì, abbiam capito…vostro padre questo ebbe a dirvi?”
“Sì, zia. Glielo raccontò la madre sua…e lui di recente lo raccontò a me: la mattina dopo c’era temporale, e parecchio freddo dovea fare, tanto che Devota Maria offrì allo padre suo che tremebondo s’aggirava per lo salone, dell’acquavite per scaldarlo un poco dopo averlo fatto appoggiare allo letto; ma con l’arsenico che v’avea nascostamente da poco disciolto; tuttavia l’avea mesciuto male, forse ne mise troppo poco, e lo padre suo s’addormentò rapido soltanto…in breve, lo sonno suo dovea esser istato profondo, tanto che, credendolo ormai morto, la Devota Maria chiamò l’amante suo Bonaldo, già da lei nascosto a palazzo, affinché contro ogni morale cristiana, facessero l’amore sullo stesso letto ove giacea lo severo padre suo, ignaro dormiente.”
Nella mente di Luigino l’immaginazione, ed il suo raccontare, sembravano aver dato loro nuova vita, nonostante i loro corpi si stessero decomponendo da diverso tempo nelle loro rispettive tombe nobiliari. Ai due amanti sembrò si producesse la macabra scena:
Le (vere) radici della nobile famiglia Dresser, Veneto verso il 1450 dC
Mentre di fuori imperversava il temporale, e tuoni e fulmini, si manifestavano un po’ ovunque in lontananza, la giovane Devota Maria, uscì dalla stanza da letto dove il padre giaceva sul letto, e fece cenno al suo amante, il giovane Bonaldo Caputo, che attendeva in corridoio di entrare, onde mostrargli il suo operato; l’uomo entrò, e vide il marchese riverso su un fianco, privo di conoscenza; la stanza era debolmente illuminata da una candela su un tavolo, e i due amanti non guardarono bene il corpo del marchese. Devota Maria esordì con il suo uomo ancora perplesso, dato che in quel chiarore incerto e debole, dopo uno sguardo al marchese, l’uomo si accorse che qualcosa non lo convinceva…il marchese vestiva abiti abbondanti, anche in casa, sia per il freddo, sia per le sue carni ormai ingrassate in vecchiaia. La veste di velluto blu scuro ben avvolgeva torace e pancia, mentre i pantaloni aderenti ben avvolgevano le sue ormai troppo vecchie gambe, non sempre ancora capaci di sostenere il suo corpo. I consigli del cerusico, e del suo vero pronto-cerusico-tuttofare, il maggiordomo addetto alla sua esclusiva persona, Paolo Roscio di più di trent’anni, non erano serviti a convincerlo a dimagrire...anche il marchese in breve tempo si ritrovò da solo: era rimasto sempre più solo dopo la morte dell’amata moglie Anna, del suo fedele amministratore; il contabile di origine svizzera Norberto Rechis; del suo vecchio amico dei tempi militari, nonché capo delle sue guardie, il colonnello Fidel Moròn di origine spagnola. Il contabile, il colonnello, la moglie Anna: tutti punti fermi, che l’anziano marchese dava per certi ed immutabili; ed invece in breve tempo sono venuti a mancargli tutti e tre! Certo se avesse osservato un po’ più da vicino i suoi contadini, che non possedendo ricchezza alcuna, se non la terra da lavorare con sudore e fatica, si sarebbe meglio preparato per ogni evenienza… Tuttavia la sua solitudine era - e non poco ! – mitigata dal servo tuttofare Paolo Roscio, che badava a lui sotto ogni profilo: dal letto pulito una volta al mese, allo svuotamento del vaso da notte, fino all’aiuto alla pulizia del culo dopo la cacca, dato che i reumatismi ormai impedivano all’anziano marchese signore territoriale di muovere braccio ed avambraccio destro correttamente. Quanto a Devota Maria la mancanza di contatti con la nobiltà di suoi pari, da quando, proveniente da un’infanzia a dire poco problematica, scoprì la pubertà, e le voglie di sesso con i maschi, di nascosto si dava al libertinaggio, tra i contadini e mezzadri, che lavoravano presso le terre del padre; e da cui il padre usava tenersi a distanza. Tra quei contadini un giovane capo-campiere di ventisei anni, ben piazzato ed in buona salute apparente colpì la sua immaginazione fin dai 16 anni; finché c’era stata la madre Devota Maria non si era spinta troppo oltre, limitandosi a frequenti tocchi intimi; ma deceduta la madre, Devota Maria si era data al sesso completo con il suo uomo Bonaldo Caputo, al quale aveva confidato che amava arricchire il coito naturale con l’uso di ortaggi, e col tempo – ebbe a dire a Bonaldo – se avesse trovato una ragazza la cui bellezza era almeno pari alla propria - si sarebbe o meglio si sarebbero concessi al due più due in un’orgia di sensi…solo che una bellezza pari alla sua non l’aveva ancora individuata…meno pretese avevano gli ultimi tre soldati veneti: Giorgio, Sante, e Saverio di servizio presso il palazzo da diversi mesi. Finché c’era stato il Moròn ad inquadrarli, insegnando loro la disciplina, e a tenerli, more paterno, restarono di servizio a protezione del palazzo dai miserrimi contadini che si fossero avvicinati troppo; ma morto questi, privi di un comandante dotato di carisma come Moròn, non avendo più il marchese Drezzer per la sua età, e depressione una certa attitudine al comando (se non per sua figlia) ed essendosi rifiutato più volte di prestar loro il denaro per metter su famiglia, limitandosi a pagargli il magro soldo che prendevano con Moròn, nottetempo abbandonarono palazzo e feudo, in cerca di fortuna altrove; malgrado tutto e tutti, da più di un paio d’anni ormai tutto il personale interno era rappresentato solo da suor Caterina, una donna di circa un metro e sessanta, con due buoni seni, dai capelli ingrigiti, non tanto rugosa di una sessantina e più d’anni, soggetta ad attacchi di sonno, e tremori con sudate fredde improvvise, e Paolo Roscio che tra le altre cose sapeva sia cucinare per tutti, che fare la spesa. I suoi contadini e mezzadri erano persone troppo rozze, e sporche, e il marchese nemmeno si era mai sognato di riceverli presso il suo palazzetto, non sopportando l’olezzo dei loro abiti sporchi; il vecchio e arcigno marchese Adeodato immaginando sua figlia, della cui lussuria fin dall’età dell’adolescenza era edotto, in balia dei contadini che da giovane aveva usato, o forse osato, frequentare, per il suo bene avrebbe voluto ch’entrasse in convento, dove sarebbe stata più al sicuro, intanto che gli trovava un marito degno. La ragazza però, per timore della clausura, incrementò la tresca col campiere capo Bonaldo, e assieme a lui, consapevolmente decisero di eliminare l’ormai anziano ed ingombrante padre, che le aveva procurato, o messo alle costole, una perpetua non troppo esosa nel chiedere la mercede per badare, o per meglio dire sorvegliare almeno un po’ sua figlia Devota Maria.
“Cosa avete Bonaldo? Non era questo che si era deciso noi?”
“Sì, Devota, sì…però…avete fatto quello che vi ho detto? ...”
“Sì, ho sciolto l’arsenico nell’acquavite, e gliel’ho data da bere per il freddo che face! Have bevuto senza sospettare alcunché!”
“Sapete, Devota, ero convinto che voi non l’avreste fatto! …e…vi ha visto nessuno?”
“No. State tranquillo, amore mio Bonaldo! La perpetua era stanca, e dormiva della grossa…Paolo Roscio l’ho tramortito col candelabro…è nel mondo delli sogni…nello letto suo qui accanto.”
Bonaldo baciò in bocca la sua donna, che aveva appena commesso un parricidio, pur di restare legata al suo unico amante della sua ritiratissima vita…la donna si alzò la gonna, e scoprì la sua vulva al proprio uomo, contento di non aver dovuto uccidere di persona il suo ex signore, e padrone; poi si stese supina sul letto allargando le gambe, onde provocare l’apertura della sua vulva, per il cazzo del suo uomo…la donna gli propose:
“Bonaldo, voi che sapete leccarla, vi prego, bagnatemela voi, intanto che vi scopro il seno…vi prego, prima la vostra lingua, poi il vostro arnese ben addentro! Non fatevi pregare…voglio farlo accanto al suo corpo! Se lo lasciavamo vivo mi avrebbe fatto mettere in convento, sapete! E voi, mio Bonaldo impiccato col marchio d’infamia, et li vostri parenti scacciati…”
Bonaldo piazzandosi sopra di lei portò la testa contro il bacino invitante della sua donna, ed iniziò a bagnarle la vulva con la saliva e la lingua, che veniva fatta saettare rapidamente sul sesso di Devota Maria, la quale già iniziava a godere:
“…ahnnnn…uhmmmm…continuate amore mio, Bonaldo…la leccate così beneeeeehhhh…ahhhh…oh…ohhh…ohhhhh…ahnnnn!”
Devota Maria, eccitata dalle sapienti lappate dell’amante, si stava spremendo le tette da sola, dopo essersele scoperte, pizzicandosi i capezzoli di tanto in tanto…emettendo i consueti femminili respiri e rantoli onde eccitarlo a dovere…ad ogni leccata di Bonaldo il petto di Devota Maria si gonfiava ingrandendosi, mettendo alla prova la tenuta della sua bianca veste da letto; la marchesina Devota Maria, lungi dal vestire il lusso, dentro il suo palazzo vestiva il più semplice possibile, in genere della sola camicia da notte, dato che durante la giornata aveva attacchi di voglia di sesso lubrico, e spogliarsi dalle elaborate vesti da nobil dama avrebbe potuto essere complicato assai; non sempre aspettava d’incontrare il suo servo della gleba Bonaldo, uomo furbo, intelligente, e ben piazzato fisicamente, circa il doppio di lei come stazza fisica, con un volto bello e facile alla crescita della barba, e capelli neri e folti. Quando Bonaldo era impegnato altrove si ritirava nella propria camera per fare uso abbondante di ortaggi per soddisfare le sue voglie improvvise. Da parte sua Bonaldo avrebbe potuto essere un alabardiere, se si fosse arruolato nell’esercito o nella gendarmeria del vicino comune di Fivigliano in Drezza; preferì nonostante la tranquillità del soldo di un militare, ben altra tranquillità: restare al servizio del suo signore territoriale, il marchese Drezzer, latifondista, procurandosi ciò che gli serviva, per lui e la sua famiglia, con la duttile arma della prepotenza personale, lievemente potenziata dai piccoli poteri di polizia che aveva nel sorvegliare i confini tra le varie partes del latifondo dei Drezzer: le terre migliori, povere di sassi erano quelle i cui frutti appartenevano al marchese in via diretta; c’erano poi le terre peggiori, talvolta paludose, talaltra sassose, della pars massaricia, che venivano date in godimento ai contadini del marchese, per il loro sostentamento vitale. Bonaldo doveva sorvegliare che i contadini non sconfinassero nella pars dominica, e incassava compensi personali in denaro, per non frapporre ostacoli ai movimenti dei carri pieni di derrate dei contadini più timidi, risparmiando il pizzo ai cenciosi; tutti sapevano che messer Bonaldo, oltre ad essere un prepotente, aveva la fiducia del marchese. La cosa funzionava perché i contadini più poveri del latifondo non erano autorizzati ad avvicinare il marchese fino a vederlo in volto; altrimenti si sarebbero accorti che era un uomo come loro…Bonaldo era anche il muro tra questi cenciosi, ed il loro protettore dal brigantaggio esterno, il nobile marchese. Bonaldo, quando intuì di piacere alla nobile dama di palazzo Drezzer, ne divenne intimo amante, disposto a soddisfare anche gli esperimentini e curiosità morbose della propria donna, reclutando giovani ragazze che si facevano penetrare da vari ortaggi e cibi nei loro pertugi, per soddisfare le voglie della marchesina che voleva vederle all’opera, per poi assaggiare poi quei cibi, protetta da un cappuccio. Alcuna contadina disposta a prostituire il proprio corpo per Bonaldo e la dama incappucciata, avrebbe mai dovuto sospettare che dietro quel cappuccio c’era la figlia del marchese: una donnina in realtà ritenuta dai pochissimi a conoscenza delle circostanze della sua nascita, una ragazza un po’ tarda; o quasi pazza, e di una certa perfidia; certo era che sua madre, la marchesa Anna consorte del marchese Adeodato, ebbe un parto travagliatissimo, che ci mancò poco che si concludesse con un disastro; poi finalmente, dopo tantissimi dolorosi sforzi, si decise ad uscire dall’utero di sua madre…non senza qualche cerebro lesione da qualche parte nel suo cervello, in choc dal possibilissimo debito d’ossigeno…alla fine nacque: vegeta e vitale, ma crescendo, si portò sempre dietro i danni della sua venuta al mondo: il resto lo fecero i suoi famigliari e religiosi punendola quando usava la sinistra invece della mano destra, quella di Dio…la ragazza a furia di schiaffi e punizioni in età infantile, divenne volubile, alternando amabilità, con urli e violenza; imparò a usare la destra da mancina che era, ma odiava maestri e precettori, in particolare chi vestiva abiti talari…era incapace di qualunque lealtà per chiunque, compresi i suoi genitori, che oscillarono per anni se farla rinchiudere in convento, o no; alla fine era prevalso il no. Bonaldo era l’unico che sapeva calmare i suoi attacchi d’ira, smorzandoli con il proprio sguardo, la propria presenza, il proprio corpo, e i suoi organi, uno dei quali particolarmente apprezzato da Devota Maria fin dai quattordici anni: il cazzo. Eretto, caldo, e duro, e quello di Bonaldo era pure grosso per natura. Il piacere di prenderlo con la sinistra poi la rendeva felice…ancora più felice finì per diventare in alcuni momenti, come quando durante la confessione cui la obbligava sua madre, sapendo che il prete, l’anziano padre Certaldo, ben gradito a palazzo, era tenuto al segreto fino al martirio, usava raccontargli maliziosamente, per esempio, l’episodio del cunninlinctus a cui aveva costretto per capriccio notturno per due orette, il contabile nordico del padre, mentre dormiva nel suo letto: lingua, fica, lingua clitoride, e…niente cazzo… Il prete non amava conoscere questi particolari, ma lei insisteva per raccontarglieli comunque…poi seguiva il falso pentimento, l’altrettanto falsa preghiera, e quindi l’ipocrita assoluzione; in un’altra circostanza raccontò al prete durante l’ennesima confessione settimanale, che obbligò una volta una giovane contadina, poco sopra i quindici anni, amica della famiglia di Bonaldo, a penetrarsi ambo i buchi naturali con gli ortaggi di buona dimensione, portati da lei, l’incappucciata; la ragazza, alla quale non chiese manco se avesse un nome, si penetrò per lei ambo i pertugi del suo corpo, sorridendo di malizia per la dama incappucciata; Devota Maria di solito, per quegli spettacolini morbosi, amava toccarsi, o chiedere, alla femmina, o alla coppia di turno, una leccata della propria vulva, che si toccava mentre guardava la prestazione…all’improvviso però venne presa da un’altra curiosità: avvicinò le labbra ai capezzoli inturgiditi della ragazza, per saggiarne il latte, a causa dell’eccitazione di averli visti gonfiarsi, quei seni generosi ancorché adolescenti, la cui pelle aveva conquistato le sue nari per l’odore di fresco e pulito promanante da quelle giovani carni che respiravano durante la penetrazione imposta, che la ragazza eseguiva per compiacere, dietro compenso monetario, la dama incappucciata…
…all’improvviso dopo tre, forse quattro, succhi famelici di Devota travisata in cappuccio, la ragazza la respinse bruscamente dicendole:
“Il latte è per il mio figlio Marco, non per voi, schifosa porca!”
Devota, colpita dallo sguardo ostile della ragazza dal petto gonfio, per un istante ci rimase interdetta…
…!...
L’odore della carne dei seni della giovinetta l’aveva attratta unitamente alle dimensioni, ma vistasi allontanata disse:
“Ora ti farò vedere io, piccola impudente!”
La ragazza sosteneva il suo sguardo, dato che non si rendeva conto la stessa Devota, che la ragazza vedeva solo un cappuccio con i buchi per gli occhi; la qual cosa aumentò la sua aggressività…fece cenno a Bonaldo di tenerla ferma sopra le spalle, inginocchiata con i cetrioli ancora piantati nella fica e nell’ano, poi prese il suo frustino, e scatenò contro quei seni gonfi di lei una lunga serie di scudisciate, talmente violente, che fecero uscire del sangue, mentre la ragazza le incassava fiera, ma piangendo per il dolore…riuscì solo a dirle:
“…mio figlio ha pochi mesi, il latte mi serve madama!”
…però alla vista di quel sangue sul seno superiore pianse anche Devota, rendendosi conto di averla fatta grossa; neanche Bonaldo si era immaginato un simile esito…
Devota Maria riuscì solo a pronunciare un rantolo:
“…ohhhh, no!”
Mossa da improvvisa pietà, alzò di pochissimo il cappuccio, e baciò in bocca quella pulzella della gleba, che si tenne il bacio ad occhi sbarrati per la meraviglia; dopo quel bacio le disse:
“Perdonatemi!”
Ottenuta di nuovo la passività di lei, pulì di persona quelle freschissime cicatrici usando alla meglio la propria saliva e la lingua per lavarle i seni, avendo cura di baciare sul collo e sulle guance…
“Ahhhhnnnn…ohhhh…mia signora…che fate ?...io…ohhhh!”
…tra una pulizia e l’altra di quelle quattro o cinque ecchimosi causate a quella gentile ragazza trovata da Bonaldo, che ora si rendeva conto quanto morbosa erotomane fosse di suo Devota Maria.
“Stendetevi qui di fianco, vi prego!”
La ragazza accontentò la dama incappucciata. Quindi appoggiatasi di fianco sull’erba, con la camicetta sgualcita e rimboccata, senza gonna né mutande, le comandò di muoversi il cetriolo nella fica, dalla quale leccò qualche bavetta già emessa; poi l’incappucciata le avrebbe mosso l’altro cetriolo, quello piantato in quel giovane culo; la giovanissima ragazza-madre prese a respirare e rantolare dopo quel pianto, aumentando il volume della voce, quando l’incappucciata Devota Maria le muoveva il cetriolo nel retto; e in pochi minuti si diede un orgasmo da doppia penetrazione, i cui liquami vaginali vennero assaporati da Devota sotto lo sguardo meravigliato di Bonaldo; Devota Maria dopo aver liberato anche l’ano di lei dal cetriolo, glielo baciò con una puntatina della lingua mentre si richiudeva; poi rialzata la testa, dopo l’ultimo sguardo (da vigliacca incappucciata) a quella giovane quasi coetanea, di cui non chiese mai il nome, fece cenno a Bonaldo che poteva allontanarla, dopo averle dato una moneta d’argento…una volta che la ragazza-madre si allontanò abbastanza da non riconoscerla; Devota, toltosi il cappuccio, e godendosi l’odore dell’erba fresca pomeridiana, si stese sull’erba, allargò le gambe dopo averle scoperte dalla gonna con disinvoltura, e chiese a Bonaldo un servizio alla sua fica, prima di lingua, poi di cazzo…e dopo l’orgasmo, mentre Bonaldo si tratteneva gli disse arrendevole:
“Sborratemi il culo Bonaldo, conoscete la strada!”
Bonaldo la prese, e dopo averla voltata e trafitta nel retto, le godette dentro in cinque o sei colpi riempiendo del suo seme contadino il culo della giovane erede dei marchesi Drezzer…
…
…raccontando al prete questo peccato di sesso, saliva e sangue, ottenne di eccitare al racconto anche lui…tremava per la tensione; a malapena sapeva pronunciare qualche frasetta di senso compiuto:
“A Satanasso, siete Devota, a Satanasso!...voi…altezza…voi…ohhhhhhh! Ohhhh!”
Devota Maria, avendo capito, si spostò di poco senza guardare in faccia il vecchio don Certaldo, mantenendo lo sguardo basso si compiacque di aver indovinato: aveva trovato quello che cercava…poi afferrato il cazzo del prete, già dritto fuori dalla tonaca, con la sua mano abile, la sinistra, gli fece un paio di pippe: il pover uomo di mezz’età e più forse, ormai saturo di tensione sessuale, e carico di eccitazione, venne alla terza manata di quella presa femminile…
…”Ahhhh…ragazza miaaaaaahhhhh…ahhhhhhh…ahhhhhh !...”
“Non ho usato la destra, la mano di Dio…ho usato la sinistra, quella di Satana, con quella sono più brava! Vero?”
“Io…voi siete…ohhhh…lo state assaggiando…”
Lei incurante gli diede le ultime istruzioni:
“Don Certaldo, direte alla mamma, la marchesa Anna, che l’anima mia l’avete emendata…sluuuuurp, slaahhhhf…uhmmf …non è tanto male padre, proprio buono…alla vostra età è ancora buono…”
“Ragazza mia, voi…”
“L’assoluzione me la darete un’altra volta! Riguardatevi Don Certaldo!”
E lasciò Don Certaldo uscendo dalla Cappella di famiglia presso palazzo Drezzer…una settimana dopo Don Certaldo morì tra le braccia di una giovane ragazza che faceva il mestiere nella casa di tolleranza del vicino comune di Fivigliano in Drezza, e i marchesi Drezzer finirono per rimanere senza padre confessore. Probabilmente padre Certaldo avrebbe voluto conoscerla quella giovane e pratica ragazza madre amica di Bonaldo; ma non ci era riuscito accontentandosi di una giovane professionista in sostituzione… Il vecchio marchese Adeodato era a conoscenza delle intemperanze di Devota, solo che come tutti i rassegnati padri realistici faceva finta di non sapere, in attesa di un da farsi che non aveva però saputo escogitare. Le forme adolescenti della figlia lo avevano anche tentato, e più di una volta, per poi desistere…poi la morte della moglie e dei suoi amici più intimi, lo avevano fatto impazzire aumentando esponenzialmente i conflitti con la figlia, mediati solo in parte da Paolo Roscio e Suor Caterina…
….adesso i diabolici amanti si erano decisi al gran passo: avevano eliminato il vecchio arcigno marchese, e la sua lussuriosa, bella, burrosa, figlia si stava concedendo al suo unico amante di sempre:
“Ahn !...Ohhhhhh…hmmmm…hohhhh…anhnnn…leccate Bonaldo, leccate…ahnnn…che di lingua mi bagno…ahnnnn”
“Slaaaaaap…slurrrrrrrrp !...Hhmmm…Slaaaaaaapp…slurpf…slurpf…yuhmmm…slaaaaap !”
“AHNNNN…attento Bonaldo…che vi…ahnnnn…vi…pisciooooohhhh…ohhh…nohhh…sì !,..ahnnnn!”
“Slaaaaap…slaaaaapp…uhmmmm…così Devota, vero?!...yuhmmmm..sluuurppp…ce l’ho duro adesso mia Devota !”
“Ohhh…se il vostro cazzo è pronto…entrate in me, Bonaldo!”
L’uomo non se lo fece dire due volte; mentre le stava leccando la fica, si era già sguainato il cazzo, ormai turgido e dritto. Mostrò il cazzo enorme per la fichetta poco più che ventenne di Devota. Le strusciò più volte la fica in alto, poi dopo un paio di pennellate del glande lungo lo spacco, entrò all’improvviso, cacciandocelo tutto; era lungo quanto la mano di un adulto misurata dal polso e con un diametro pari all’avambraccio di un bambino. Prendere quel cazzo non era facile ed ogni sua penetrazione, rischiava anche di farle male. Mentre la vagina interna accoglieva quel cazzone nel giro di un istante, a Devota mancò il fiato, poi sentendo il godimento della cappella calda sulle pareti della vagina, poté finalmente godere:
“AHNNNNN ! Sì ! Dentro…ohhhhh…sì ! Ahnnn !”
Abbracciò il suo uomo, ormai dentro di lei, e chiuse anche le gambe onde non farlo più sfuggire, e con l’esaltazione esteriore per aver avuto il coraggio di ordire un complottino, e di avvelenare suo padre, che avversava con severità per la figlia ed odio per l’uomo, la sua relazione con il campiere Bonaldo; prese a godere rumorosamente di ogni affondo del cazzo dell’amante dentro la sua fica generosa di umori liquidi…di quel passo non ci avrebbe messo molto a raggiungere l’orgasmo, insozzato dalla presenza accanto a loro dell’uomo appena morto…
“Ahnn…ahnn…ahnn ! Ohhhh ! HOH ! Ahnnnn !”
“Ohhhh ! Ahn ! Ahn ! Ahn !”
“Huhhhhh ! Ahnnnnn ! Huuuuuu! Sìiiii…ahnnnn !”
I rantoli di lei erano piuttosto rumorosi, e i due amanti non si erano accorti che nel frattempo il vecchio marchese si era svegliato... – svegliato ? – tornato forse dall’al di là ? – beh in realtà era sempre rimasto al di qua, dormendo profondo, molto profondo. I due amanti di quanto arsenico avrebbero dovuto disciogliere nell’acquavite servita da Devota Maria, non ne avevano avuto alcuna idea. Né Bonaldo che lo portò alla sua amante, né Devota Maria che per una misteriosa ragione ne usò solo una piccola parte. Il vecchio marchese aveva aperto gli occhi, e attese che sua figlia si degnasse di voltare la testa nella sua direzione tra una goduta e l’altra, mentre la sua fica emetteva bavette bianche che il vecchio nobiluomo non poteva vedere. Tuttavia voltando la testa stancamente, di fianco, forse in preda ad una vertigine, vide i due corpi in coito abbracciato, con la lingue dei due amanti che si toccavano scambiandosi fiotti di saliva. Ad un certo momento il Bonaldo che le stava sparando lo sperma dentro l’utero, aveva preso a leccarla ampiamente sulle guance e sul collo. Devota Maria per favorire il suo collo alla lingua ancora famelica del Bonaldo voltò la testa verso suo padre, che la stava guardando incredulo ed in pena di vedere sua figlia che si era concessa ad un servo della gleba. La donna, presa dallo spavento, urlò:
“AHRRRG ! HUUUUUUHHHHH ! HOOOOOOH !”
“…uhmmmmmf…che succede ?...”
“…è…è…ancora…ancora vivo! … Bonaldo, è ancora vivo! Il veleno non era buono!”
“Ma…cosa ! Accidenti, non ci voleva!”
Il marchese provò a dire qualcosa mentre dalla sua bocca usciva schiuma bianca, saliva, e catarro…
“Maledetta ! Hai cer…fa…cf…ato…di affel…affelena…mmi…”
“Mi sa che ne ho messo troppo poco Bonaldo!”
“Devvv…fota…tu sia male…e…etta!”
L’uomo uscì dalla sua fica, e raccolse dal comodino un oggetto che vi aveva poggiato prima di sguainarsi il cazzo pochi minuti prima, poi diede un secco ordine alla sua donna:
“Devota, uscite fuori! Non guardate! ...uscite, non ci vorrà molto! Attendetemi dabbasso…su…non fatemelo ripetere!”
“Che volete fare mio Bonaldo?”
“Quello che avreste dovuto fare voi Devota! Se lo lasciamo vivo ci denunzierà al capitano di giustizia, e finiremo tutti e due al patibolo! Volete questo, Devota?”
“No, no certo no!”
“Uscite!”
Il vecchio marchese vide sua figlia Devota Maria alzarsi dal letto nuda, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, un ultimo sguardo, e raggiungere la porta; l’ultima cosa che vide furono i capelli lunghi liberi sulla schiena, e le tonde adolescenziali e seducenti natiche di sua figlia scomparire verso l’uscio; poi un improvviso dolore al petto, un dolore da taglio, o meglio da trafittura da parte di uno spadino d’argento, gli fermò il cuore provocandogli la vista bianca per la spasmodica dilatazione delle pupille; poi dopo le forze fisiche, anche quelle psichiche lo abbandonarono facendolo precipitare in un sonno piacevolissimo…
…il mistero della morte si compì !
…e mentre Devota Maria, dabbasso, scaldava il suo corpo nudo innanzi alla brace del focolare, per il vecchio marchese Adeodato Drezzer, era tutto finito.
Il Bonaldo avvolse il corpo in quel lenzuolo, quindi si recò dabbasso onde rassicurare Devota Maria che era tutto finito. Stavolta non si sarebbe risvegliato più. Ora erano loro i… padroni. Di tutto. Bonaldo era ancora eccitato per l’omicidio appena compiuto, e gettato lo spadino insanguinato nella brace, prese per i fianchi Devota Maria col corpo riscaldato dal focolare. Quest’ultima si poggiò con la schiena contro il suo amante incontrando il suo grosso cazzo con le natiche. Ci si fece struscio più e più volte come una gatta in calore, quindi abbassatasi in posizione animalesca a quattro zampe presentò il suo culo all’amante affinché le violasse l’ano avendo ormai perso calori e liquami tiepidi della sua sporca fica. Desiderava qualcosa di satanico per sugellare il loro patto di ferro per la vita…e per la morte…ed infatti invitò l’amante ben decisa:
“Entratemi nel culo e fatemi urlare Bonaldo, che ne ho voglia!”
“…ci sentiranno mia Devota, non credete?”
“Quei due dormiranno un bel pezzo ! Sennò perché non ci liberiamo anche di loro ?”
“Mia Devota ! Ci siamo esposti fin troppo…eppoi conosco Paolo Roscio: è un cagnolino in cerca di un padrone…o di una padrona ! Può esserci ancora utile ! Alla peggio potremmo accusare lui, ma non credo sarà necessario, sapete…”
“Come volete mio Bonaldo ! Violatemi dietro, adesso ! Attendo tremebonda che il vostro cazzo m’induca il giusto dolore del godimento di Satanasso…ficcatelo ! …che soffro ad aspettar da cagna!”
“Se non volete altro Devota Maria…”
Bonaldo allargò le natiche sode, e sudate della sua amante già scaldate dal calore del camino, e nel chiarore ancorché debole del caminetto riuscì a farsi un’idea di quanto quel roseo anello di carne si sarebbe dovuto allargare onde far passare la sua cappella turgida pronta a sparare lo sperma…Devota Maria tremava, poiché sapeva che avrebbe dovuto sopportare una violazione lenta e tagliente, poiché il buchetto del culo, per sua natura non era cedevole, come la fica. L’uomo, intuito il giusto angolo d’entrata, fece passare la cappella al di là del muscoletto striato, e Devota Maria, dopo un eterno istante in cui le si paralizzò il respiro, poté finalmente urlare, e scaricarsi della tensione.
“HUHNNNNN ! AHI !...Uhhhhh…ahi !
“Ahn !”
“Huiiiiihhhh...!”
“L’avete voluto voi, mia Devota …ahnn…non male…ahnnnnn!”
“Vi…viii….vi…vihhhh…uhhh…vi piace lo culo mio, amor Bonaldo ?!”
“Il più bello che ho mai violato, dopo quello di mia sorella, Devota Maria !”
“AHNNNN…ohhhhh…ahi ! Lo sento…ohhhhh…ahnnn…ahi !”
“Ahnnn…se parlate sentirete più dolore…respirate e imparate ad accogliere il dolore…così godrete…anche voi mia Devota!”
“…veramente…vi siete fatta dietrohhhhhh…ohhhh…sì !...godoooohhh ! ..Uh ! No ! Ahiiiii…ahiiiii…co…co…”
“Co… cosa mia Devota?! AH ! AHNNN che bel culo !”
“Com…come si…ahnnnn…si…hnn…si chiamaaaaahhh la sorella vostra….ohhh…Bonaldo ?! …ahiiii…ahnnnn…mai nullaaaahhhh ne seppi…uhhhhh…come affondate ! Ahhnnnnn!”
“Mia Devota…ahnnnn…il vostro bel buchin violato…m’induce a confessarvelo! Mai alcuna sorella ebbi…l’ho detto per farvi scherzo…ahnnnnn…non male, non male…”
“Mai sorella avete avuto? Uhhh..ahnnn…ohhhh…ora sì…ora sìiiiiiihhhh…godoooohhh amor mio Bonaldo ! AHN !”
Quel pugnale di carne, nei suoi intestini, le aveva fatto male; ma era stata lei ad averlo voluto con insistenza, e ora doveva aspettare che avesse finito di avanzare fino alla radice delle enormi palle del suo uomo, e poi dopo un certo numero di movimenti sussultori che le avrebbero – in realtà non ne era certa – procurato anche del piacere, aveva sperato di provar altro piacere nel sentirsi riempito il colon retto. L’urlo lo aveva cacciato, breve e intenso…e adesso mentre Bonaldo faceva avanzare lentamente il cazzo era già più arrendevole…era felice di essere sbattuta e presa per i fianchi dal suo uomo da sempre. Cominciava a godere del coito rettale, e riusciva anche a conversare incuriosita sulla sorella e non-sorella di Bonaldo.
“No…ahnnn…mia Devota, no. Figlio unico son sempre stato…e coi peli, li primi, ad offrirmi coito col culo, per non restare incinta, fu la sorella della madre mia, Assuntina, lo stesso giorno dopo la prima sega mentre seminava la terra, mi stavo facendo la pippa guardandola tra le spighe…e mi si offrì…ahnnn…non c’era tempo per leccare la fica, manco da dietro, ma se mi sbrigavo le potevo schizzare dentro il culo, che se lo aprì da sola…poi si sposò, e non potei più prenderla…ahn…sento che sto…ohhhh….sto per venire…mia Devota…ahnnnnn!”
“Fatevi avanti ! Ahnnnn…tutto dentro mio Bonaldo…voglio sentir le palle…me le dovete sbattere…”
“Vi piace mia Devota, vero?! Ditemelo che vi piace !”
“Ahnnn, uhhhh…sì ! Mi piace mio Bonaldo ! Ancora…ancora…ahnnn ! Ahnnn !...la zia vostra si fece copula con voi…allora…era bella?”
“No…non era di alcuna beltate, ma ahhhh…tenea un bel culo anche a quaranta e più degli anni…qui mi sa che sborroooooooohhhh…”
“Porco lo siete sempre istato…ahnnn…ahhnnnnn…son felice ! Fatemi il culo più spesso mio Bonaldo!”
“Ahn ! Che bel culo stretto mia marchesina ! Ohhh ! Ohhhh ! Come stringe ! Non sapevo che vi piacesse contro natura !”
“Movetelo Bonaldo ! Movetelo ! Che è duro ! Fatemi godere !”
Bonaldo si mise d’impegno, e col cazzo ben piantato nel retto prese a muoversi ritmicamente, e abbastanza ampiamente, tanto che a Devota parve di non sentire più niente. Il retto, essendosi abituato alle dimensioni di quell’intruso di carne dura, non le trasmetteva più del dolore, ma del piacere per la smossa; la qual cosa aveva permesso alla donna di respirare con più regolarità, intervallando dei tranquilli sì, ai suoi respiri…
“…uh…ahnn…uhhh…ahnn…ci riuscite mio Bonaldo?”
“...ahhh…co..cosa…Devota…cosa ?”
“Stringetemi i seni ! Prima spingete e poi…Ohhhh…che duro…e poiiiii…uhhhh…stringetehhhh !”
“Ahnn…ci provo mia Devota…ci provoohhhhh…uhmmm…che culo stretto Devota ! Vengoooohhh !”
Bonaldo provò ad avanzare di un pochino, quanto bastava per prenderle le tette, e stringergliele: dopo aver tenuto al lungo le mani ad afferrarle i fianchi, si era dimenticato quanto morbido e caldo potesse essere un seno femminile, soprattutto se ingrossato dall’eccitazione. Strinse e mentre spingeva in avanti il cazzo, tanto che Devota Maria sentiva le sue palle sbatterle nell’inguine, scoprì che lo sparo dello sperma gli era partito senza che se ne avvedesse. Provò il piacere di sentirlo passare per l’uretra e cercare uno sfogo in quelle carni interne parecchio contratte. Provò la piacevole sensazione di riempire la sua donna del suo seme. Devota Maria sentì gli spari farsi avanti nei suoi visceri, ma per un breve tempo. Farlo venire nella fica sarebbe stato ben differente, ma era felice lo stesso. Eccitata per aver dovuto congiurare, avvelenare, scopare davanti al cadavere del severo padre, per poi accorgersi che non l’aveva ucciso, ma solo addormentato, quindi fuggire per dar modo al suo uomo, l’unico cui si fosse mai concessa, potesse ucciderlo col pugnale l’aveva resa euforica, e desiderosa di sensazioni forti ed intense. Ormai non poteva più tornare più indietro dalle sue discutibilissime scelte. Con quella sodomia celebrò l’ingresso nella vera maggiore età. Il sesso rumoroso aveva però destato sia Paolo Roscio, che la perpetua addetta a Devota, che da anziana ormai non sempre tanto lucida, si era toccata parecchio senza riuscire a colare, osservandoli dall’altra stanza, un’anticamera di nascosto. Paolo aveva smaltito la sbornia solo parzialmente, e nonostante fosse sostanzialmente un felice omosessuale, cui piaceva ben altro sesso, era rimasto colpito sia dal piacere provato dalla sua padrona, sodomizzata dall’amante-contadino uomo dominante per natura, sia dalla tristezza nel volto della perpetua di cui Paolo conosceva il disprezzo di quest’ultima per la figlia del marchese grande peccatrice. Più che disprezzo però era dell’ovvia invidia per il bel corpo giovane di Devota Maria, devota ovviamente solo di nome…
“…Lo padre mio, amorosa zietta, se lo sentì raccontare dalla madre sua quando fu abbastanza grande per capire…riferisco solo questo ricordo della famiglia nostra, di cui spero d’esser l’ultimo depositario zietta cara!”
Il macabro racconto però aveva suscitato l’interesse della zia di Luigino…
“Va bene, e che successe poi?”
“Probabilmente Bonaldo ebbe a pugnalare al cuore il povero marchese, che questa volta morì sul serio…poscia scese dabbasso a bruciare l’insanguinato lenzuolo, poi da solo, onde non aver testimoni, lavò e vestì il marchese Adeodato ormai cadavere, et dovette avvolgerlo in lenzuola pulite, siccome mummia egizia…dopo aver tenuto altra consigliatura con l’amante diabolica Devota Maria, decisero di tenere la morte del marchese invero segreta; non che vi fossero testimoni fino a quel momento… L’anziano marchese - pace all’anima sua ! – era rimasto solo con due servi, Paolo Roscio un…ecco…un…un omo…un omosessuale che lo marchese di suo ben tollerava, ch’era addetto alla sua persona, aiutandolo a vestirsi, e svestirsi, e a vuotargli il vaso da notte, e che Bonaldo avea chiuso nella camera sua mentre dormiva tramortito da Devota Maria, affinché non potesse far intervento; e sorella Caterina, una vecchia perpetua cattolicissima al servizio di Devota Maria. La perpetua era però ormai semicieca, e quella notte del fattaccio tragico, dormiva della grossa; e secondo me l’aveano ubriacata li due amanti, et lo stesso doveano aver fatto con lo servo Paolo… Dapprima nascosero il corpo in uno dei fienili dello palazzo, poi col favore dello primo maletempo, e delle nubi grigie, quasi nere, in costanza di rumoroso temporale cremarono il corpo al riparo, disperdendone al vento le ceneri. Paolo il servo, avuto sentore inevitabile della tragedia, collaborò con la coppia in cambio di protezione, vitto, e alloggio. L’anziano marchese Adeodato Drezzer faceva una vita sua ritiratissima da vivo, e lo comune più vicino Fivigliano in Drezza, a dieci miglia, mai seppe della scomparsa del signore dei dintorni. Lo servo tuttofare Paolo avea da esser loro complice nel silenzio, se non volea esser denunziato alli armigeri, et al magistrato come omosessuale.”
…crimine codesto, contro Dio…omosessuale, certo, ma forse non del tutto dato che Luigino, se fosse stato presente lì ottant’anni prima, avrebbe visto che il rosso pelo Paolo…
…a suor Caterina in diverse occasioni l’aveva vista nuda, e non l’aveva mai molestata data la sua preferenza per gli uomini giovani, con la sua stessa inclinazione, non difficili da trovare nei campi della pars massaricia, o nel vicino Fivigliano. Tutto sommato suor Caterina la vedeva come una mezza amica. Paolo Roscio eccitato dal sesso tra Bonaldo e Devota, grandi e pratici amanti scopatori, si era menato il cazzo dietro una tenda, poi aveva aspettato che la perpetua si dirigesse verso di lui in seguito ad un suo cenno, che le aveva fatto tra il serio e il faceto, senza crederci troppo forse ancora brillo per l’acool…omosessuale sì, ma se la vecchia suora aveva un buco, del respiro e fame di maschio membro…forse poteva venire a patti con la sua omosessualità. Era una donna non giovane, ma un buco ce l’aveva tra quelli che privilegiava lui…La vecchia si mosse raggiungendo Paolo Roscio, che nel frattempo si era spostato nella stanza accanto, una specie di anticamera del salone, dove Devota e Bonaldo avevano consumato…Paolo Roscio, calatesi le braghe, mostrò il cazzo alla perpetua che, vedendolo grosso e turgido, decise di cedere alla tentazione…rapidamente si fece il segno della croce, per chiedere preventivamente perdono per aver deciso di cedere, avanzò verso di lui, e gli prese saldamente in mano il bastone di carne duretta, e calda…nonostante avesse più di sessant’anni la presa in mano le piaceva ancora, e cominciò a spipparlo, e complice un chiarore incerto proveniente dalla stanza accanto, vinse le sue ultime inibizioni, s’inginocchiò per prenderglielo in bocca, ed iniziare un rasposo bocchino ricco di attività linguale sul glande; Paolo Roscio era stato fortunato: quella donna aveva fame arretrata di cazzo; altro che tonaca, rosario e preghiera ! Finito d’insalivargli il cazzo, se lo tenne ben saldo nella propria bocca, e si sollevò da sola la tonaca, per offrire la vista del proprio culo di donna; Paolo la osservava incuriosito. Mollato il cazzo dritto dell’uomo pel di carota, si sedette sul comò allargando le cosce, e ostentò il proprio sesso già pronto ad aprirsi, anche se ormai non si bagnava più. L’apertura di quella vulva in un maschio eterosessuale avrebbe suscitato desiderio di penetrazione; Paolo essendo un omosessuale non aveva una grande opinione della patacca. Gli venne in mente quando a dieci anni di età spiò donna Lina, la cuoca dell’orfanotrofio, una cicciona che era felice quando i maschietti la spiavano. Il giovanissimo orfano Paolino venne da questa palla di carne e grasso, invitato ad appartarsi con lei dietro la cucina, in un momento in cui non c’era nessuno; poi il donnone gli sorrise invitando a guardarla mentre sollevava l’enorme gonna: Paolino, già curioso, poté vedere un bel bosco di peli grigio-neri: si avvicinò curioso, e donna Lina, senza chiedergli se gradisse vederla o assaggiarla, premette la nuca di Paolino contro la sua vulva. Purtroppo non se l’era pulita tanto nell’ultima settimana, e quella sua enorme fica, puzzava di marcio, e piscio recente: il povero Paolino rimase scioccato, schifato, e non poté staccare il volto per almeno due minuti nei quali, se fosse stata pulita e odorosa, avrebbe quasi sicuramente leccato. Invece lei premeva sperando che Paolino leccasse, ma Paolino non lo fece, e per timore che soffocasse donna Lina, delusa, gli lasciò andare la testa, rimproverandolo con dei borbottii. Paolino ne approfittò, e scappò… così venti e passa anni dopo, Paolo adulto scosse la testa a dire di no, nonostante suor Caterina fosse almeno in apparenza una donna pulita; e lo era nel sesso, come lo era nel viso; la sua fica avrebbe fatto ben altra figura! Ma si sa: cane scottato teme l’acqua fredda…ignorando il passato ed i traumi di Paolo, la donna intuì prontamente cosa poteva volere, e prontamente si voltò, appoggiando il ventre, salda su un comò tenendosi la tonaca ben alzata. Chiaramente Paolo Roscio preferiva il culo; la fessa sembrava non gradirla. Vista da dietro non sembrava così indesiderabile nonostante gli strati di grasso delle cosce. Per un caso le natiche erano lisce, e non troppo sporche, anche se pallide. Paolo, esperto di amplessi anali, le aprì le natiche più volte, per osservarle l’ano grigio marrone striato. C’introdusse il proprio medio fino alla prima falange per saggiarne la reazione, e ne ottenne solo un respiro imbarazzato dell’anziana donna.
“Uhmfff ! Uhm ! Lo sapevo che andavate lì, maledetto voi! E maledetta me che ho ceduto! Ohhh…ohhhhh!...”
“Se volete mollo qui sorella…per me posso pure menarmelo da solo…”
“…no, vi prego Paolo…prendetemi! …Uhmmmm…Prendete…ahn !... ciò che più v’aggrada… Prendetemi Paolo! Non ficcate e basta. Prendetemeli i fianchi, e sbattetemi !”
Mentre le faceva il massaggio rettale col dito, le propose:
“Volete che vada a prendervi un ortaggio per la fessa?”
“Ahhhhnnnn…No, non occorre…li conosco li ortaggi! La marchesina usa già da tempo insidiarmi la notte con le zucchine mentre dormo…fa dispetti odiosi quella lussuriosa marchesina !”
“Dite sul serio sorella?”
“Il Cielo m’è testimone: quella donnina è una diavola! Ohhhhh…ahn !...”
Ormai Paolo Roscio stava facendo avanti ed indietro col dito medio senza reazioni apprezzabili…
“E così Devota ve la penetra…curioso…forse le piace anche la patacca…”
“Sì, e mi tocca – AHN ! - far finta di continuare a dormire…ahhnnn !...poi il mattino dopo se non soddisfo le sue voglie più strane…ohhhhh… minaccia di dire in giro tra li contadini, e li abitanti del vicino borgo che sono una lussuriosa scrofa…e che sarebbe necessario cacciarmi…davanti a me si carezza la patacca con il crocef…”
“Non dite altro! Ho compreso. E voi perché non ve ne andate?”
“Perché in convento non voglio torn…AHN ! Uhi !…are, e poi qui l’aria è buona…”
“E che cose strane vi costringe a fare? ...permettete ?! Il dito adesso ce lo metto tutto…”
“AHN ! Fate ! Fate ! Sapete devo leccarle la fessa di prima mattina…che dice d’aver bisogno di giusto sfogo…purtroppo m’accorgo che la salata, certe volte, mi piace anche! Gliel’ho leccata io per un certo tempo finché colava lubrica…poi ho pianto perché il sapore di quella ragazza l’avevo…ahn ! …ohhhhhh…gustato!”
“Ha sempre voglia allora come Messalina…”
“Chi è codesta Messalina ?”
“La mamma di Nerone!”
“Lo face solo …uhmmm… per ridere di me …ahn…senza ritegno…sapete vorrebbe sapere se alla mia età gode ancora…rimanete vi prego…e scegliete un po’ voi !”
“Devo allargarvelo ancora un po’ sorella…”
“Una sola grazia fatemi ! Strusciatemelo duro tra le cosce dietro…è da molto che non lo sento…”
Paolo fece del suo meglio per far sentire il proprio cazzo all’anziana donna in più regioni del suo corpo, tenendola ben salda per i fianchi. Quel cazzo ormai in indurimento la toccava un po’ dappertutto, tra le natiche, tra le cosce, sull’inguine…La donna riprovò:
“Entratemi nella patacca prima…no ?!”
“No, sorella. La patacca poco o punto mi piace! E vi offro di nuovo di lasciar stare e basta…!”
“No !”
“Volete che smetta, sorella?”
“No. Voglio che mi possediate…secondo vostra scelta! Rimanete!”
Quest’ultimo avrebbe scelto in quale buco piazzarlo. Dato che all’età di quella perpetua la fica era parecchio secca, e anelastica Paolo Roscio le piazzò il proprio cazzo nel culo, poi la perpetua gli disse:
“Fate quello che volete, ma fatelo sveltamente, che fra poco mi viene di nuovo sonno…e la marchesina per oggi non abbisognerà più di niente…”
“Non temete sorella…non vi farò male…i culi li conosco di mio!”
“Ossignur! Siete di buon spirito, sento…ahnnn! “
Paolo Roscio aprì l’ano all’anziana suora, e resosi conto di quanto poteva allargarlo, in men che non si dica violò quel vecchio ano, ben certo che quella vecchia almeno col suo buco del culo poteva stringergli bene la cappella per raggiungere l’orgasmo…
“AHN !”
“Eccovelo sorella ! Prendetelo!”
“Huhhhh, ahnnn…huhhhh…ahnnnnn…uhhhh…ahnnnn…fate Paolo, fate…mi piace il crimine di Lot…huh !”
“Ahnnnn ! Avete un buon culo per la vostra età sorella, sapete !”
Paolo spingeva con soddisfazione. Il culo dell’anziana donna ricambiava in sussulto, e lo sfintere stringeva bene; il cazzo colpo dopo colpo aveva finito per entrarvi quasi tutto…
- Continua -
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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