incesto
Nella casa del giudice 1a parte
di sexitraumer
02.12.2008 |
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"Lei lo capì, prese il mio cazzo e qualche attimo dopo avermi baciato palle e cappella, con delle amorevoli e decise smanettate mi fece venire tra le cosce..."
Quest’avventura incestuosa ebbe un suo inizio molti anni addietro quando io e mia sorella avevamo soltanto 21 anni io e 18 lei. Io mi chiamo Mario e la mia dolce sorellina si chiama Elena. La mia povera sorella ha avuto sempre un problema: non riusciva, né avrebbe mai potuto riuscire ad abbronzarsi. La ragione era semplice: mancanza di un ormone chiamato eu melanina. Inutile dire che al mare dove andavamo tutti gli anni prendeva bagni, si scottava, ma tintarella neanche a pagamento. Miracoli indisponibili. A mio giudizio la cosa non era affatto tragica; era bianca sì e non si abbronzava molto, ma mozzarella trasparente proprio no. La sua pelle era di un bel bianco purezza. I suoi boccoli castani, ma solo tendenti al biondino le donavano moltissimo. Era stata fortunata con gli occhi: un bel paio di occhi azzurri. Anche il corpo, tutt’altro che da vamp, faceva la sua figura per proporzionalità e finezza. Il difetto forse era nel seno che non superava la 2° misura. Chissà con gli uomini forse il vero difetto era quello non certo la mancanza di abbronzatura. Ricorderò sempre con il cosiddetto cuore in gola le sue splendide coscette per niente magrissime, anzi ben tornite. Decisamente una bambolina con poche tette nonché – mi perdonerà se ve lo dico – tappetta; sul davanti però abbastanza ok mentre dietro tuttora vi assicuro che è tutto a posto quanto a forme. Voi direte: ” … e te ?! Che ci dici di te ?” Beh che vi devo dire ? Mia sorella troppe critiche non me ne fa; sono di media corporatura e sono alto un metro e settanta, mentre Elena non supera uno e cinquantaquattro. Riesco ancora ad evitare la pancia facendo sport regolarmente: calcetto con gli amici, uno dei quali Roberto crede di essere il fidanzato di Elena, ma in realtà è solo un povero cornuto. Quando mi passa la palla neanche sospetta quante volte me la sono potuta scopare da quando sta con lui. Vero che per avere campo libero nella sua vagina ho dovuto aspettare degli annetti (la verginità davanti era l’unica cosa sacra che volle perdere fuori da casa; il che non impediva di carezzargliela)… Devo dire che la cosa oggi come allora mi diverte anche perché io e mia sorella godiamo un mondo ad ingannare la società tutta. Il piacere dell’inganno ci fa sbrodolare meglio e cerebralmente entrambi. Mica freghiamo soltanto i nostri poveri genitori e parenti. Qui da noi in provincia abbiamo abbastanza occasioni per socializzare con i coetanei. Praticamente è impossibile non incontrare nessuno. Chi scegliesse sua sponte il romitaggio verrebbe comunque bollato come pazzo ed isolato. Noi invece la vita sociale non ce la siamo mai veramente negata. Oggi abbiamo rispettivamente 34 e 31 anni e di scopate ce ne siamo fatte a iosa. L’argomento fino ad oggi non l’abbiamo mai affrontato ma io personalmente sarei disposto a continuare anche dopo i nostri matrimoni rispettivi. Certo non che la cosa non abbia i suoi rischi; in una grande città saremmo anonimi e dispersi; viceversa qui in paese rischiamo sempre la marca da bollo sbagliata. Scopiamo sempre e solo tra le mura di casa quando i nostri vecchi non ci sono. La nostra prima volta fu d’estate durante un temporale da nuvoloni scurissimi. Io non ero che un ometto che si era stufato di farsi seghe. Non avevo nemmeno ancora i baffi sopra il labbro. Mia sorella Elena spiandola dal buco della serratura del bagno vidi che aveva i suoi bellissimi e primissimi peli di fica non proprio biondini come lei. Forse un po’ lunghetti ma col tempo imparò ad accorciarseli da sola … benché bassa era comunque molto bella ed io non avrei mai sospettato fosse anche molto troia. Ancora mi piacerebbe sapere cosa l’abbia resa sessuomane fin dai 16 anni (come ebbe poi a confessarmi per alcune toccate umide che aveva preso a farsi da sola con regolarità). Io i miei giornali pornografici li ho sempre tenuti nascosti e tenuti sotto chiave, i miei non li ha visti di certo quando aveva - poniamo - dodici anni. Può darsi che abbia visto trombare i nostri genitori e di conseguenza abbia imparato qualcosa. Comunque quando me la diede sapeva già cosa fare per farla godere copiosamente. Sì il mio cazzo, molto tempo dopo poté godere di una magnifica doccia calda mentre ero beato dentro di lei. Il mio batacchio già da quando avevo 14 anni era un bel cazzo svettante e dritto,- immaginate la mia felicità nello scoprire che restava dritto dei minuti! -. A quell’epoca andavo orgoglioso dei miei 15 cm per 3,5 anche perché col tempo diventarono 18 in termini di lunghezza mentre la sua piccola ma elastica fica non è poi cambiata di molto. A me piace considerarmi come colui che gliel’ha tenuta in allenamento. Il suo monte di venere è sempre stato con la peluria ordinata. Le sue grandi labbra formavano una emme rovesciata perfetta e simmetrica e libera dai peli. Leccare lì era sempre un piacere. Dolcissimo alla lingua il suo piccolo clitoride massimo simbolo della sua innocenza di ex teen ager. Iniziammo con esperienze di masturbazione reciproca: carezze contro seghe. Dopo qualche mese mi lasciò leccare la sua passerina, cosa da cui trassi insieme a lei molto piacere, ma ci mise del tempo ad avere il coraggio di prendermelo in bocca. Ma andiamo con ordine: 18 agosto 1994, un paesello umbro, in teoria una giornata come tante. Da noi in Umbria si rischia facilmente di cadere nella noia se si sta troppo a casa. La noia della montagna. Il silenzio della natura, la freschezza di alcune stagioni come l’autunno. Le giornate passano sempre uguali per dei 20nni se non hanno la patente B quando non incontrano spesso i loro coetanei se non quelli del paese al bar o in piazza. Il nostro è un condominio con otto appartamenti su tre piani poco distanti dalla stazione dei pullman del paese. I nostri genitori sono padroni sia della nostra casa che della casa al piano di sopra dove abita come inquilino un anziano magistrato che va via in vacanza 20 giorni ad agosto. Mia sorella ed io, gentili vicini, avevamo la chiave per portar da mangiare al suo gatto siamese finché è stato vivo. Ci piaceva quel gattone obeso di nome Remo. Lui se potesse parlare ci sputtanerebbe e non poco. Fu lui a vedere la nostra prima masturbazione. Io ero nella cucina a preparare la scatoletta di carne; Elena in bagno a lavare la sua ciotola per prevenire l’attrazione dei vermi. Indossava una maglietta bianca ed un paio di shorts rossi cortissimi e larghi di gamba che gli avevo notato già da casa per quanto erano corti. Strano che nostra madre non le avesse detto niente. Poi venne da me a mettere il cocktail di carne nella ciotola di Remo. Portò la ciotola in soggiorno perché lì Remo era abituato a mangiare con il padrone impenitente scapolone sospetto moralista. Mai che avesse portato una puttana in casa. Solo libri e qualche faldone che non osavamo aprire. Cavoli suoi quelli e di chi ci era capitato ! Il nostro inquilino era uno di quelli che si portava il lavoro a casa evidentemente. Elena si chinò per dare la ciotola a Remo ed io notai un po’ di pelo pubico fare capolino da quei suoi shorts rossi talmente corti che si potevano considerare inesistenti. Agii d’impulso, allungai il medio della mano destra ed iniziai a cercare di frugarle la passera dapprima con il solo polpastrello di quel dito poi anche con le altre dita. Le massaggiai anche l’inguine con indice e medio; liscio e caldo. Ero pronto a dire che scherzavo, mi aspettavo che si voltasse a darmi un bel ceffone ed invece ecco che invece si sposta e va ad appoggiarsi col petto sul bordo del carrello porta televisore. Continuò a tenere la posizione con cui avevo cercato di frugarla; era il suo invito a continuare. I suoi occhi quasi socchiusi guardavano di lato al bordo della tv. Tornai ad infilare le dita sotto i pantaloncini. Le mutandine si erano allentate ed anche gli shorts ormai stavano calandosi seppure di poco. Non diceva niente: ero in presenza di un vero e proprio assenso. Calai i pantaloncini e le mutande fino a mezza coscia. Le gambe di mia sorella erano poco aperte per niente larghe; la mia mano però ci passava comoda. Si era messa alla pecorina e la sua t-shirt copriva metà delle sue natichette rosa. Massaggiavo con la mano destra, il suo respiro si faceva sempre più affannoso. Le muovevo le dita contro le grandi labbra avanti ed indietro, sopra e sotto, e circolarmente, poi ancora avanti ed indietro finché dopo tre sussulti vocali, tre ahahnnnnnn, mi sentii bagnare le dita dalla sua fica che aveva abbondantemente ceduto al mio stimolo manuale. Mi chiese di continuare fino a quando la sua fica esausta non si raffreddò, bagnata ed appagata. Si rimise in piedi e dopo essersi tolta la maglietta potei vedere le sue tettine acerbe dritte per l’orgasmino appena goduto. Le toccai il capezzolo sinistro ancora duretto. Mi avvicinai a succhiarglielo, avidamente dopo pochi secondi, lei affettuosamente mi baciava solo la testa. Poi cercò la mia patta dei pantaloni per sbottonarla mentre le baciavo il seno e dopo aver tirato giù la lampo il mio cazzo si ritrovò nella sua manina gentile e calda che provava a scappellarlo. Ormai era dritto, grosso e duro. Quella prima volta avrei già voluto penetrarla ma lei me lo impedì. Ogni tiro del cazzo mandava la punta del glande a sbattere contro la coscia esterna, la calda pancia, le grandi labbra, la peluria, di nuovo la coscia e l’ombelico. Continuando a tirarmelo, si voltò, e mi fece strusciare la cappella viola nell’incavo delle chiappe fino a sfregarle l’ano tiepido e asciutto più volte. Si rivoltò, mi leccò la guancia tre volte, e dalle mie palle partì l’impulso che mi fece venire sul suo corpo di fresca non ancora ventenne. Le schizzai abbondante la coscia ed il basso ventre. Lei se lo spalmò tutto addosso. Il gatto, ignaro ed incurante di quei due maiali in casa con lui, aveva continuato a mangiare. Elena ormai seminuda andò in bagno a lavarsi. Io mi rimisi l’uccello nelle mutande e scesi dabbasso. A nostra madre dissi che Elena era rimasta su a pulire la ciotola del gatto e doveva pure cambiargli l’acqua. Il magistrato padrone di Remo sarebbe tornato non prima del 2 settembre e così avemmo altre occasioni di sborrare nei pavimenti in quella casa che poi mia sorella ripuliva. Se non ricordo male otto giorni dopo convinsi Elena perché accettasse un 69 o quantomeno una “leccata di scambio” alla sua fica e lei al mio cazzo. Lo facemmo di gusto quel quasi 69 stesi nel bagno del vicino ma lei non se la sentiva ancora di prendermelo in bocca per intero; me lo spippò e baciò ma niente palato o lingua piena da parte sua oltreché niente penetrazione in fica. Forse ma potrei aver sognato la punta della lingua sul prepuzio dopo avermelo scappellato. Lei mi bagnò tutto il viso con la sua piccola passera inzuppata dalla mia lingua aratro; io in dieci minuti le sborrai su guance e collo. Non prese il mio sperma sulla lingua. Aveva paura che il sapore non le piacesse. Finimmo soddisfatti e lei dopo aver lavato le mattonelle dal nostro sudore mi mandò via e mi disse che avremmo dovuto essere più guardinghi da quel momento in poi. La prima cosa da fare era impedire che i nostri genitori sospettassero qualcosa. Proposi di metterci d’accordo. Ogni volta che uno di noi riteneva possibile andare nell’appartamento del magistrato (quello di sopra) con lui assente (era ovvio) faceva cadere senza muoversi da un mobile o dal letto (che però vedemmo presto che cigolava; scartato!) tre biglie di vetro; di questi rumori eventualmente si poteva tranquillamente dare la colpa al gatto Remo. Il segnale voleva dire “sono qui ti aspetto entro un’ora”. Bisognava solo far finta di uscire poi ritornare segretamente a passo felpato ed a piedi scalzi (vietatissimo usare l’ascensore e le scarpe che sui gradini si sentono). Io o Elena recitavamo a turno rispettivamente la parte di quelli che escono o vanno a dar da mangiare al gatto prima di uscire. Dapprima solo durante le ferie del signor giudice; poi tutte le volte in cui era assente. Depravato non era il nostro sesso che ci concedevamo con gentilezza, e pulizia nei limiti in cui si poteva, senza forzature; depravato maiuscolo era la nostra pianificazione e complicità nell’incontrarci. Quella sì ci rendeva degni del codice penale! Farlo poi in un appartamento di un uomo di legge ci rendeva euforici. Vera euforia ! E la cocaina se la prendano cretini ed impotenti ! La mia bella sana sorellina mi attese una volta per quasi un’ora, una vera ora di sessanta minuti. Tutti da trascorrere. Nostro padre a lavoro, ma nostra madre non ne voleva sapere né di uscire né di andare a dormire per la pennichella pomeridiana. Quel giorno di marzo 1998 scoprii dopo una cinquantina di “quasi scopate” che Elena ovviamente non era più vergine davanti. Fu durante la solita eiaculazione che mi concedeva da un po’ di tempo nell’ano senza infilarlo troppo e con lei di fianco (perché alla pecorina le faceva troppo dolore) che le misi anche una mano davanti per massaggiargliela e magari esplorare meglio la sua fica dato che non lo facevo sempre. Istintivamente cercai di introdurre l’indice e il medio tra le grandi labbra col polpastrello del pollice sul clitoride e l’anulare sotto l’inguine a sfiorarlo anch’esso e non trovai l’imene che ero abituato a sentire e trattare con delicatezza … mi disse che doveva abituarsi all’idea; se sapevo aspettare avrei avuto anche La Sua Passera per una congiunzione vera. La verginità non volle perderla con me; almeno quella con un altro uomo … compresi perfettamente e le diedi un bacio di conferma. Mentre ricordo che nel ‘94 quando mi concesse la prima leccata di fica mi chiese dopo avermi mostrato l’imene:“Devi rispettare la mia verginità… ! Quella è l’unica cosa che non voglio regalare trasgredendo...”
“…beh certo…”
Ero un po’ deluso ma razionalizzai presto; poi lei mi invitò all’assaggio del suo sesso: ce l’avevo davanti nei particolari, pulita, fresca. Orgogliosamente tenuta.
“… beh … lecca dai ! Ti piacerà senz’altro! L’ho lavata bene mentre ti aspettavo.”
Presi a leccarla con la leggerezza di ali di farfalla. La sua fica piccola e caldissima mi compensava nella lingua con il sapore dell’innocenza. Odore di sapone fresco e sapore di pescetto bollito. La fica sempre più calda alla lingua di una diciottenne tutta per me. Raccoglievo avidamente le punte delle sua lacrime salate. La sentivo gonfiarsi, pulsare ad ogni mia slinguata. Punta della lingua nello spacco e lingua piena sulle sue grandi labbra. Imparai ad “incassare qualche pelo”. Le sue chiappette bianche e rosee erano prigioniere tra le mie mani che ne venivano carnalmente e scaldate e le mattonelle. Il suo bacino un tutt’uno con la mia faccia. Le mie palpebre a carezzare il suo monte di venere. Il mio naso le toccava ormai ritmicamente il clitoride gonfio. Quando sentì che sarebbe venuta mi chiese di allungarle una mano davanti alle labbra e diede libero sfogo alla sua voce smorzata dalla mia mano destra a mò di silenziatore (nostra madre di sotto era a casa). Mi lasciai mordere; desideravo la sua bocca e la sua saliva calda per la tensione di quei momenti. Sentivo i suoi denti far presa dal mignolo al medio a mano chiusa e piatta. La mia eccitazione raggiunse l’acme. Lei lo capì, prese il mio cazzo e qualche attimo dopo avermi baciato palle e cappella, con delle amorevoli e decise smanettate mi fece venire tra le cosce sporcandole poco i peli. Verginità salva, del resto lei aveva 18 anni. Meno di due anni dopo quei giochetti (che trovavano un limite nei giorni del suo ciclo, nella presenza a casa del giudice, e nella nostra dei nostri genitori), e qualche giorno dopo il mio 20mo compleanno Elena disse che mi avrebbe fatto eiaculare nel culetto dentro senza preservativo; il cazzo però non dovevo ficcarlo tutto. Mi avrebbe regalato quella sensazione di pienezza del rapporto. Purché alle sue condizioni. Decideva lei la posizione, quanto cazzo doveva entrare, ed il quando. Era un freddo novembre del ’98. Il nostro giudice era sceso in Sicilia per la ricorrenza dei Defunti. Ci aveva telefonato che sarebbe rientrato per il mattino del 4. Avevamo 18 ore per le nostre porcate nella casa e ripulire tutto. Dopo pranzo Elena disse a noi che sarebbe andata da Mirella a studiare un po’ . Si vestì con un piccolo tailleur grigio con la gonna al ginocchio e la camicia bianco avorio. Elegantissima come sempre. Nostro padre a lavoro dalla mattina e nostra madre uscì verso le quindici per andare dal tabaccaio a giocare a lotto. Bene ! Era distante mezz’ora di cammino, calcolai che mia madre sarebbe stata fuori un’oretta buona. Aspettai il segnale ed intanto per ingannare il tempo mi andai a ri lavare il pisello. Mentre me lo asciugavo sentivo il segnale convenuto trasmesso dal nostro soffitto: Tre colpi secchi di biglie. Infilai di corsa i jeans con la sola felpa sopra il mio torace nudo e mi recai di sopra mentalmente già eccitato. Il cuore mi batteva. I vicini chissà se si facevano domande… quella piccola indeterminazione però ci faceva piacere. Mi sentì arrivare e trovai la porta accostata; entrai:
“…finalmente !”- Dissi facendo per abbracciarla. Lei mi respinse e mi indicò la cucina.
“…dove mangia Remo ?! C’è puzza di scatoletta !”
“…shhhhh!” Mi rispose lei secca !-“ci sentono! Cazzo ! Parla piano! La vecchia ci viene dietro la porta ! L’ho sgamata ieri dallo spioncino mentre davo da mangiare al gatto,…”
“…la vecchia ?”
“…al giudice sta antipatica ! Si impiccia da qualche tempo e secondo me sa qualcosa !”
“Pure quella mò !”
“Perché cazzo non vieni a piedi nudi ?! Con quelle Naike ti sentono a dieci metri ! Vaffanculo!”
“Ma che ti prende insomma?”
“shhhhh !”
Sentimmo un rumore dal pianerottolo. Era la vecchia, la signora Greta di 73 anni insegnante elementare in pensione. Suonò. Mi consultai con lo sguardo con Elena. Mi fece segno di andare in bagno e lavare la ciotola. Poi andò ad aprire.
“Salve signora !...come va ?”
“E voi ? … Tutto bene con Remo? Il signor giudice non c’è, vero ?!”
“Sì, mio fratello gli sta lavando la ciotola … poi gli diamo da mangiare, puliamo in cucina ed andiamo via.”
“Ah …”
“Serve qualcosa signora ?”
“No, … ma lei signorina … non doveva andare a studiare dalla sua amica?”
“… certo !… ma … Remo mangia solo se sono io che lo guardo … è un suo riflesso … ”
“… certo, e … beh; ma anche col giudice fa così ?”
“Credo di sì … ma perché me lo chiede ?”
“Nulla … ma non ha ancora telefonato il giudice ?”
La vecchia era venuta per curiosare. Mia sorella però la teneva sulla porta. Eravamo noi dopotutto i fiduciari del magistrato.
“Sì due ore fa a casa nostra però …”
“… ah sì … e … quando arriva ?”
“Domani mattina signora.”
“… e se trova tutto questo disordine ?”
“Ma pulisco io signora! Stia tranquilla”
“ Ma lei ha questo bel vestito no? Se si macchia? … Non vuole che l’aiuti?”
“… ma si figuri alla sua età … la dovrei far lavorare ?!”
La vecchia non demordeva ma essendo sola e per niente stimata dal nostro amato inquilino forse era normale che si comportasse così.
“oh ma lei non è sola … ma è suo fratello ?... vero ?...Studia lui ?!”
“Sì signora ma non ora ! Non disturbiamolo. Lui ora sta lavando in bagno … così ci sbrighiamo …”
La vecchia volle entrare per controllare; non volendo insospettirla Elena non ebbe a ridire … Io avendo intuito mi davo da fare con lo spazzolone sul pavimento. La salutai col sorriso e noncuranza. Dovevamo togliercela davanti. Ma tu guarda !...idea ! Avevo appena notato del lexotan nello stipetto del bagno. Innocuo. A quell’età bastano dodici-quindici gocce e … buon sonno! Feci segno ad Elena di andare in soggiorno con la scusa di andare a vedere cosa faceva il gatto. Elena ci riuscì a farsi seguire dalla sospettosa seccatrice. Benedetto Remo e i suoi giri per casa! Infatti Remo affamato fece strada. Io andai in cucina a preparare un caffè decaffeinato che il nostro giudice beveva a fiumi a giudicare da quanto ne aveva in credenza e preparai tre tazzine; tutte e tre truccate. Mia sorella non c’era pericolo che lo assumesse: il decaffeinato le faceva schifo. Io il lexotan lo conosco e mi fa solo stare meglio. Dodici gocce poi un toccasana! Per me, non per la vecchia. Dieci minuti dopo mi presentai in soggiorno col vassoio. Elena l’aveva fatta accomodare sul sofà.
“Signora, gradirebbe un piccolo caffè; è una miscela arabica ! Il giudice mi disse di averla comprata in Egitto l’anno scorso; ne ha ancora molto da parte. Le andrebbe ?
“Ma non so se … il giudice insomma!...”
“Signora ! Al giudice non dispiace … sa… gli diamo noi da mangiare al gatto ! Non se ne accorgerà neppure. Lui stesso ne beve poco !”
Il caffè fumava e la vecchia impicciona cedette felice di scroccare.
“Ma sì … tanto non glielo diciamo mica … vero Elena ?”
“No, stia tranquilla! “
Elena le sorrise ma capendo o intuendo non bevve il suo. Accesi la tv con la scusa del calcio e a basso volume la vecchietta semicieca ci mise poco a crollare sul divano dopo un paio di sbadigli pieni. Dopo due minuti essendomi accertato che il cuore batteva regolarmente provai a scuoterla e niente ! Perfetto. Avrebbe dormito profondo almeno un’ora! La adagiammo meglio sul divano. Poi andando a prendere una coperta gliela passammo sotto il corpo, poi dato che la vecchietta era magra e leggera (55 kg per uno e quarantotto di statura a sentire lei e la sua bilancia … bla … bla …) dissi a mia sorella di trasportarla a casa sua. Le prendemmo le chiavi ed andai di corsa ad aprire la sua di porta. Tornai e dissi ad Elena.
“Prendila, … sì con la coperta,… di lì e lì - … e per il Cielo !- non mollarla!...al tre!...”
“Ok … vai !”
“… uno … due … tre!”
La prendemmo per la coperta e tenendola a mezzo metro da terra la trasportammo per un lungo minuto fino a casa sua. La adagiammo sul suo letto e dopo esserci ripresa la coperta, lasciatala lì a dormire, tornammo nella “nostra“casa del giudice.
“Porca troia ! L’hai sentita la bacucca ? “Non devi andare a studiare ? …” Quella ci sta proprio spiando a casa nostra !” Disse Elena seccata.
“… vuoi lasciar perdere ? Per stavolta forse è meglio che …”
“Che vada affanculo ! E la prossima volta raddoppia la dose ! … Quanto gliene hai messo ?”
“14 o 15 non ricordo bene !”
“Bah … andiamo a dar da mangiare a Remo !”
Demmo da mangiare al siamese che continuava a strusciarsi su me ed Elena ai piedi e gambe. Eravamo i suoi amorevoli graditissimi padroncini sostitutivi. Mangiò e poi andò sul suo amato tappeto del soggiorno. Spensi le luci inutili. Fummo liberi. Volevo parlare liberamente con la vecchia fuori dalle palle. Elena mi disse di riprendere a parlare piano. Nostra madre poteva già essere tornata. Fanculo alla vecchia che ci ha fatto perdere tempo. Tutto il dialogo era sussurrato. Mi tolsi le scarpe avendolo visto già fare a lei. Mettemmo le scarpe sotto il mobiletto dell’ingresso. Mi disse di andare in cucina. Chiesi:
“Perché …? Abbiamo sempre fottuto in bagno!”
“Più siamo lontani dalla vecchia meglio è … metti che si risveglia?! Io non vado certo a riaprire !”
In cucina si tolse la gonna e la appese ad un sedia. Poi lasciò cadere le mutandine e prontamente gliele raccolsi per baciarle un po’ il suo culetto ancora pienamente adolescenziale dalle forme benché piccole, sempre definite. Il suo pelo invece restò premuto contro il mobiletto del lavandino. Più avanti metà della serranda che finisce in balcone era calata. La luce era decisamente crepuscolare. Complice la freschezza dell’aria collinare che entrava nella stanza ci sentimmo felici, freschi, e rilassati. Lei da parte sua gradì quei bacetti estemporanei. Mi premeva e ricambiava le movenze premendo l’ano sulle labbra a scatti per il solletico, ansimando. Poi mi disse :
“… Vedi se in frigo c’è un po’ di burro …”
Andai a vedere. Ce ne erano varie formine rettangolari. Chiesi:
“Beh … quanto ?”
“Dai quattro almeno … ah c’è pure uno jogurt al cioccolato; ce l’ho messo io ! Prendilo!”
Ritornai davanti a lei con lo jogurt e quattro formine di burro. Mia sorella Elena davanti a me con sola metà del tailleur. Avendola davanti le leccai anche la fica col pelo arruffato, bellissima! Gran cosa i preliminari del desiderio! Aprì affannando dal piacere la camicetta e mi chiese:
“Strappami la maglietta!”: era evidente che voleva giocare un po’ prima.
Gliela strappai, le succhiai i seni dopo averli stretti mettendole anche la mano sulla fica. Tranne che non potevo penetrarla, la possedevo ! Ormai giacca e camicetta non potevano avere più alcuno scopo se non quello di avermi arrapato opportunamente sbottonate. Il mio cazzo sotto i jeans chiedeva uno sfogo. Mia sorella lasciò cadere a terra i suoi ultimi abiti. Si spostò li raccolse come prima e la leccai sotto l’inguine come se l’assaggiassi la prima volta. Il solletico la scuoteva di tanto in tanto. Prese lo jogurt e se lo versò sulle tette e sulla fica. Leccai via senza chiedere. Ne era rimasto metà e voltatemi le spalle mi disse:
“Fallo cadere dalla schiena fino al culo … il gioco lo meno io !...ricordi ?”
Così feci e quando le arrivò nell’ano dove lei aveva già dilatato le natiche mi comandò:
“Tranquillo ! … è pulito ! Mettimi la lingua nell’ano ! Con lo jogurt ti sarà più facile …”
Le leccai l’ano fuori e dentro con quella crema fresca al cioccolato. Quando finì ormai stavo prendendo gusto a leccarla lì nel suo buchetto roseo momentaneamente bianco e marrone. Lei intanto si era imburrate le mani a mia insaputa e dopo avermi sbottonato (ed unto) i jeans prese il mio cazzo e dominatolo lo scappellò ben bene. Lo bagnò sputandogli e con la saliva sulla cappella rossa enorme ed iniziò ad imburrarmelo con la sua manina sapiente e leggera. Due formine partirono solo per il mio pisellone. Con la destra continuava a menarmelo. Con la sinistra si imburrava l’ano mentre io le baciavo in piedi le labbra cercandole la lingua ed un po’ di saliva da scambiare; con la mia mano sentivo anche un po’ suoi capezzoli già turgidi. Mi lasciò fare due minuti poi mi sussurrò continuando a menare il cazzone:
“Ora mi stendo di fianco,… mi spiace adattati !...vieni qui sotto. Alla pecorina ho già provato da sola con una bottiglia e non ci riesco ! Tu baciami il collo, la schiena, quello che vuoi insomma … vedi dove riesci ad arrivare ! Ehi Mario ! Io mi volto, … ma la fica, La Mia Fica non si svergina ! Mario ! Rispettami lì ed avrai tutto il resto!...Sarò felice di soffrire dietro per te ! Potrai aprirmi tutta nel culo, ma la fica me la puoi solo massaggiare, come al solito ! … ma sì !...massaggiami anche la fica se mi vuoi bagnata !... struscia la cappella su di me! … poi solo quando sei sicuro che stai per sborrare scosta una chiappa e premi col cappellone nell’ano. Mi farai un po’ male … ma non esagerare ! Premi, entra, e vedi di sborrare in quattro, cinque,… otto colpi !...naturalmente dovrai impedirmi di urlare! Quando senti che sto per urlare tappami la bocca con la mano! … ma bada bene !...non il naso !... se no rischio l’asfissia durante le contrazioni…”
La sua decisione mi arrapò. Presi a leccarla e baciarla steso da dietro menando, strisciando e scaldando il mio cazzo contro il suo culetto adolescente. Ogni tanto si voltava per baciarmi in bocca e strusciarmi di pelo con la fica vergine. Il fracosce non voleva rischiarlo se no godevo subito come era successo altre “innocenti volte” ! Ce le aveva belle calde! Mi baciò la punta del cazzo più volte, mi spiaccicò per un minuto o due la fica in faccia, e gliela leccai devoto, cercando di assaporarla più che potevo … poi tornando a voltarsi mi rimise il culo in posizione, stesi entrambi a formare una doppia esse, di fianco ormai sotto il tavolo in penombra. Le leccai la nuca e dietro le orecchie, le misi la mano tra fica ed inguine; lì sotto era bollente e zuppa, ma la fica non si poteva avere … il mio arrapamento ed intostamento cresceva; era il momento! Le passai la sinistra sotto il petto e le tappai la bocca avendo cura di lasciarle libero il naso. Con la destra poggiai il cazzone duro sull’ano; cercai di dilatarlo introducendo il dito medio… ma per il mio cazzo in tiro ci vollero degli angosciosi lunghi secondi … hummmmmmf ! Sentii l’aria compressa caldissima in giusto sfogo uscire dai suoi polmoni al suo naso sulla mia mano. Lei soffriva perché io ero dentro. Il suo retto caldo contraendosi duramente avvolgeva il mio glande che non poteva dirsi ospite gradito. Provai ad avanzare … uno ,… piano mi dicevo … ancora un colpo … piano … ok mezzo dentro... pensavo.
“Muoviti piano !... non tutto Mario, … uhmmmmf….non tutto, muoviti !... uhmmmf dai ….”
Andai avanti indietro respirando liberamente e mollai un po’ la presa sulla bocca per farle riprendere fiato. Rantolava quasi isterica, ma non urlava (c’era da sperare che nostra madre fosse assente sotto):
“Ah ! Ahn ! … Ahi … sì dammelo ! … ahi… ahi…ahnnn… e dai ! Sparala stà fiocina ! …ohi che duro! … cazzo … dentro … lo voglio … dentro !..ahi, ahi…”
“uh…uhmf”
“Sono Elena di Troia… sono una sorella troia!...uh !...ahi…sì…ahi… fottimi il culo Mario ! Fottimi il culo po …ahi…porco…ahi… ahi…fotti por…ahi…porco !... dai… chissà da quanto…ahi… lo volevi… dai…ahi, ahi, …uhmmmmm, ahi!...”
“ahnn…ahn…ahn…”
“Sai inculare bene Mario … ahnnn … ahi sono …ahi…fortunata a darlo a a…hi…ahi a te a darlo a te…fottimi… ahi … ahnn … fotti dai… menali stì colpi !...”
Cominciavamo a rantolare entrambi a voce alta. Cercai di contenere la mia respirazione. Non potevo però finire in debito d’ossigeno e viceversa anche lei doveva sfogarsi. Mi dispiaceva ma dovevo smorzarla, nostra madre poteva essere già di sotto. Le rimisi la mano davanti alla bocca dopo averle baciato la guancia teneramente. Il mio possesso su di lei aumentò per avergliela tappata. Cercò di sopportare in silenzio, o dandomi dalle sue labbra dei rantolini sussurrati quando aprivo un po’ le dita davanti alle labbra che mi eccitavano e dopo un buon minuto di sudata nella felpa (che non mi ero tolto) col cazzo incastrato in quel piacevole tunnel stretto mi sentivo i coglioni caricare … potenza ! Circolazione alla base delle mie palle, potenza che usavo per menare dei colpi… Colpo, colpo ! … e sì!... col terzo fendente venni dentro di lei. Avevo fottuto il culo a mia sorella di poco più di diciotto anni ! Mezzo cazzo ingoiato pompava il mio caldo fiotto di sperma … Restammo abbracciati e congiunti a dormire una buona mezzora. Avevo avuto il Suo regalo di compleanno. La sua schiena, sudatissima per la tensione e per il dolore della prestazione del suo culo quasi bagnata si scaldava sulla mia felpa ancora indossata. La proteggevo con le mie braccia mentre lei mi teneva caldo il pisello moscetto e appagato ma sempre dentro di lei. Un caldo torpore di solidarietà umana e complicità ci aveva avvolti e quietati, poi all’improvviso il familiarissimo rumore dell’ascensore ci svegliò riportandoci alla realtà. Nostra madre doveva essere rientrata pensammo all’unisono. Ci capimmo a cenni. Ci staccammo. Mi rivestii io per primo e ritornai a casa dopo una lavata sommaria a distrarre nostra madre in attesa che tornasse papà. Mia sorella ancora nuda dopo aver ripulito tutto simulò un’assenza di un’altra ora quindi tornò a casa. Quella sera, inaspettatamente, i nostri genitori ci chiesero se potevano lasciarci soli. Volevano – pensate un po’… - un po’ d’intimità per loro due. Ma sì dicemmo … “… ce ne andiamo a mangiare una pizza! “ Quella sera uscimmo al supermercato a fare spesa di burro e jogurt poi dopo la pizza senza amici andammo col mio motorino nella nostra vecchia e spoglia casa di campagna. Il tempo di adagiarci davanti al caminetto sul tappeto polveroso, che la mia lingua leccava via i grumi di sangue amorevolmente dall’ano di mia sorella Elena che aspettava di urlare liberamente il masochistico piacere della nostra seconda inculata. Stavolta non avevamo neanche il vincolo del tempo...scopammo finché durò il burro e lo jogurt affinando le nostre movenze per un futuro reciproco piacere con meno dolore possibile … mia sorella si fece fare il pieno di sperma e saliva, mentre poco distante nostro padre lo faceva probabilmente a nostra madre. I pompini, nonostante i suoi 18 anni, sostanzialmente me li negava ancora, ma mi compensava col suo culetto ancora da teen ager. Lì era sempre felice di ricevere il mio seme caldo. Felice di essere riempita. Ci addestrammo anche a piccole sveltine di intense e brevi esplorazioni del suo retto e penetrazioni da “ultimo momento, ma dentro” da fare in camera nostra in casa quando i nostri non c’erano per breve tempo. Divenimmo veri e propri amanti e cultori del vero peccato. La nostra intesa divenne totale. Avevamo dei segni convenzionali: per esempio se mi faceva trovare la carta dello jogurt al cioccolato in camera mia voleva dire: ”Procurati l’erezione ! Il mio intestino è sgombro.” Restava solo da trovare il posto in cui farlo con i nostri vecchi fuori e poi la vita di sempre. Quando era disposta a darmi la passera con sborrata dentro, trovavo un petalo di fiore rosso tra i libri che leggevo in quel periodo. Se dovevo goderle fuori il petalo era bianco. Per il pompino un fazzoletto di carta ripiegato. Combinato col petalo rosso la traduzione era “te lo prendo in bocca con l’ingoio.” Pensate che avevamo iniziato con tre biglie di vetro … Col tempo (nel frattempo eravamo entrambi più sofisticati e più accorti nel donarci piacere) infatti potei fare anche la Piena conoscenza della Sua Vagina svuotandomi veramente dentro in congiunzione: però le circostanze in cui potei avere la sua vagina già sverginata (per amore?) da uno dei suoi ragazzi ve le racconterò un’altra volta.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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