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Madame Marchand, ispettrice scolastica, 3a parte


di sexitraumer
09.01.2013    |    20.136    |    0 8.7
"” “- Ci rivedremo Antoine, vero che ci rivedremo ?!” “- Boh..."
Io e mamma Ivana discutemmo una buona mezzoretta dopo il nostro primo sesso tra noi due da soli della morbosità con la quale Madame Marchand viveva la sua relazione con quel novizio problematico, e a leggere il romanzo, piccolo gran chiavatore di una donna medio-borghese ben felice di quella relazione segreta, poi tacitamente tornammo alla nostra vita di sempre. Papà era andato in servizio per la lunga; io quel giorno per uno strascico di raffreddore ero rimasto a casa: a scuola avrei dovuto fare un’ora di scienze (ma avevo messo da parte un 7 un mese prima), una di religione, e due di ginnastica: una di corsa ed esercizi, l’altra di calcetto col professore Isef che ci lasciava sostanzialmente liberi di giocare, e purtroppo di decidere chi avrebbe giocato in attacco e chi in porta. Quel giorno però ero rimasto a casa e sentendomi nella mente più adulto e distaccato avevo telefonato a Piero di non venire a pomeriggio, chè ero influenzato; non era del tutto vero: stavo finendo le ore di chiavetta e non mi andava più di fare quei download particolari con quello sfigato di Piero che si faceva le seghe sulle foto di mamma Ivana in topless; la sua purtroppo era brutta e chiatta. La mia una bella gnocca settentrionale. Lui immaginava il sesso con le adulte, io lo avevo praticato realmente, e questa era una cosa che a Piero non avrei confidato. Non appena mi ero stancato di leggere il romanzo (mamma lo aveva già finito), dopo essermi annoiato col computer e i videogame, assetato lievemente mi ero diretto in cucina dove Mamma Ivana indossando una tuta grigia di cotone stava lavando i piattini del dopo-colazione senza grembiule di gomma per non impicciarsi nei movimenti. Una piccola parte della tuta sopra aveva evidenti macchie d’acqua, come pure i suoi capelli raccolti alla meglio verso sopra conla forcella non potei fare a meno di apprezzarli: mi sapevano molto di casalingo. Devo dire però che quando è ben vestita con i capelli svolti è tutt’altra gran figa ! Chi lo sa ! Il romanzetto della Parrel forse non c’entra nulla; forse , ma no, di sicuro, altro che forse ! Di sicuro forse era stata la passione di Piero per mia madre in topless, complici i nostri “più intimi” download a risvegliare per me la mia passione per mamma Ivana, fino a quel momento tenuta a bada dalla disciplina paterna, ferrea solo in sua presenza. Non gliel’avessi mai data quella foto in topless ! Fino a quel momento era solo una curiosità di famiglia, neppure troppo osé, mentre adesso ero io a volere qualcosa in più rispetto a Piero che ci si doveva aver fatto non poche seghe, sperando che non l’avesse passata troppo in giro. Non appena lo sguardo mi andò alle sue ben curvose natiche, non seppi resistere: mi avvicinai con la scusa di prendermi un bicchiere d’acqua, e finito che ebbi di bere, le restituii il bicchiere che lei afferrò pulendolo direttamente senza guardarmi, per poi rimetterlo nella “pila” di stoviglie da asciugare dopo il risciacquo. Non si era accorta che avevo la mano destra che carezzava l’asta del mio cazzo. I secondi trascorrevano lunghissimi, come pure i battiti del mio cuore, uno più ampio dell’altro; poi allontanatomi da lei mezzo metro andai a tirare la tenda della cucina onde oscurare la vista dai palazzi di fronte. Non che venissimo spiati, ma non si sapeva mai…mamma Ivana stava per chiedermi perché avessi tirato la tenda quando deciso le afferrai il bordo dei pantaloni grigi; avrei voluto farlo in un secondo, ed invece come vidi che offrivano una certa resistenza, la mia mano sinistra andrò prontamente in cerca del laccetto della vita che li teneva alzati. Sentii il ventre caldo di mia madre mentre la frugavo in cerca del laccio. Mamma Ivana non mi ostacolò, e continuò ad asciugare le stoviglie, come se vi fosse abituata, o non la riguardasse. Trovato finalmente il fiocco tirai l’estremità che avevo afferrato col polpastrello le liberai il legame di aderenza. Le afferrai il bordo elasticizzato dei pantaloni e le scoprii le cosce. Indossava mutande di pizzo nere, e dopo aver abbassato a metà coscia i pantaloni le abbassai anche le mutande. Non cercai la sua fica pelosa, se non con la mano sinistra che vi poggiai sopra a contatto col pelo per sentirne il calore, ed il solletico del pelo corto. La mia vista andò, data la mia posizione arretrata, sul suo bel culo dalle natiche ancora belle, tonde, e burrose. Mamma Ivana continuava con le stoviglie, come se niente fosse. La mia mano sinistra era incastrata tra la sua fica ed il bordo del lavandino, non avevo una gran possibilità di muoverla per cercarle lo spacco, tantomeno per sfiorarle il clitoride. Vista la prigionia della mano sinistra usai la destra per lisciarle la pelle della natica e carezzare con le dita lo spazio tra le natiche. Iniziai ad esplorarla cercando di violarle l’ano con le dita e baciandole il collo da dietro quando ci riuscivo... Mamma Ivana continuava ad ignorarmi asciugando le stoviglie, poi arretrò di qualche cm per permettermi di liberare la mia mano sinistra. Non presi a massaggiarle la fica, invece la afferrai per ambo i fianchi una volta tolto il dito dal culo, dato che non ero mica riuscito ad entrarci. Una volta abbassatimi i pantaloni e le mie mutande sotto le palle a scaldarmele utilizzai il principio di erezione per strusciare il mio cazzo tra le sue carnali burrose ampie natiche. Passai degli istanti piacevoli a farmi duro il cazzo tra le chiappe di velluto e calore, quindi appoggiata la mia cappelletta dura sul suo ano provai ad entrare d’un sol colpo; non ci riuscii, per cui riafferratala più comodamente tra fianchi e cosce con una presa più salda misi di nuovo in posizione il mio bastoncello di carne dura, e feci un altro affondo !…anch’esso a vuoto. Mamma Ivana senza dirmi nulla si voltò, ed io con lei visto che mantenevo cocciuto la presa; e poggiatasi la pancia contro il tavolo da pranzo si appecorò in silenzio. Purtroppo il mio cazzo in piedi era una quindicina di cm più in basso del suo ano in posizione, ed io non ero abbastanza alto per violarla comodamente. La tirai all’indietro, e lei dopo una mia spinta in avanti capì immediatamente: s’inginocchiò a terra mettendo il suo abbondante culo a mia disposizione; stavolta stavo comodo, e lei le cosce le teneva un po’ aperte. Le scostai una natica con la mano sinistra, e con la destra misi in posizione la mia cappelletta dura senza troppo rimirarmi il buco striato. Quindi con un bel colpo di reni le violai il tiepido retto per un terzo del mio cazzetto duro. Mamma Ivana pronunciò le sue prime parole con naturalezza e distacco dal mio gesto di prenderla pochi minuti prima; manco a dirlo, aveva capito con le sensazioni del suo retto che la mia fiocinetta aveva fatto centro sì; ma un centro incompleto:
“Ahnnn! Uhmmm, non è tutto quanto dentro ! Dai Umbi, se ti piace inculare, va bene, ma insomma, mettilo dentro tutto, niente rate ! Datti da fare, squassami tutta, porcellino mio…ahn ! Ahnnnn Sai, ahnnn certe volte vorrei che tuo padre sapesse…ahnnn! Umbi ! Datti da fare un po’ ! Fammelo sentire !”
“Ahhhh, che vuoi che faccia mamma ?”
“Ma lo sai almeno quello che vuoi ?! Volevi entrare, no ?! Tutto dentro ! Avanti, dai…”
“ahn ! Ahn! Ahn!”
“Ecco sì, uh ! Dai, su !”
Presi a muovermi avanti ed indietro in maniera un po’ insicura timoroso che uscisse da quel generoso culo di mamma Ivana; era un piacere afferrarlo, e mi stringeva abbastanza bene il cazzo che era stato, tutto sommato, ben accolto lì dentro. Tuttavia ero dentro solo per metà. Presi respiro, e lo feci avanzare di forza fino in fondo. Ci vollero un paio di secondi; poi il mio cazzo venne del tutto ingoiato da quel tollerante retto, che sui lati della cappella sentivo vitale che si contraeva e rilasciava a seconda dei miei movimenti sussultori. Mamma Ivana l’aveva sentito l’affondo finale, quello risolutivo…
“AH !”
“Ti piace, eh ?!”
“Sì Umbi, mi piace prenderlo anche dietro, ahn ! Dai Umbi mettiti d’impegno ! Mi volevi inculare, e mi hai inculata ! Dai, non stare fermo, inculami ! Dai, ahn, dai, forza! Respira e muoviti !”
Presi a respirare ed a muovermi come mi aveva detto lei. Tutto il suo culone a mia disposizione; un pensiero mi attraversò la mente: avrei voluto fare degli scatti col cellulare e poi mostrarli a Piero. Mi esaltava l’idea di essere fotografato mentre davo a quel culo il piacere del mio maschio desiderio di dominazione, penetrazione, sborrata. Il culo di mamma Ivana ormai “mi conosceva” e tutti i miei affondi sembravano non smuoverlo più di tanto. Sentivo un calore tiepido su tutta l’asta e la cappella senza nessuna zona più privilegiata di un’altra. M’era venuto un dubbio:
“Ahn ! Prendi ! Ahn ! Ahn ! Ahn !...mamma ma tu non lo senti ?... vero ?!”
“Lo sento, lo sento, ah ! Ah ! Ahnnnn!”
“Ahnnnn! Mamma, ahnn ! Stai fingendo per me, vero ?!”
“Chiava Umbi ! Chiava ! Chi te lo da un culo come il mio ?! AH ! Su Umbi ! Dai, dai…lo so che alla pecorina ti piace, scopami Umberto ! Scopami !”
“Ma ti sto facendo male ?!”
“Ma che male ! Come puoi farmi male, con un cazzetto adolescente, come il tuo ! Ah ! Ah ! Continua ! Non fermarti ! Mi piace anche al culo Umbi ! Ora sai il mio segreto !”
“Ahnnn! Ahnn ! Veramente, mamma ?! Ahnnnn! Ahnnn!”
“Sì, Umberto, sì, ahnnn ! Continua ! Dai, che per la tua età non sei male ! Stai imparando, vedo ! Ahnnn!”
“Sì, ahnn ! Sì ! ”
“Ahnnnn! Mamma, vuoi che esco ?! Ti entro nella fica…ahnnn !”
“No, ahnnn ! No, tesorino, resta dentro ! Che mi sborri bene il culo ! Ahhhh! Oh !”
“Ahnnn! Sul serio non vuoi che cambio ?...sì ?!...”
“Umbi sei sporco adesso ! Scopa, che poi dovrò comprare l’anti…ahn !!”
“L’aaaanti che mamma ? Ahnnn!”
“L’antibatterico per la fica, ahnnn! Ho finito l’intima, non mi sporcare la vaginaaaaaaaa, fai il bravo, ahnnn! Umbi resta nel culo ! Oh ! ”
“Sì ! Che culo divino mamma ! ahnnnnn !”
“Fotti Umberto ! Fotti ! Che hai la mamma troia !”
“Sì ! Ahn ! ahn ! Ahn !”
“Su, ahhh! Dai che vieni ! Dai ! Fai onore al mio buchetto ! Sborra Umbi ! Ahnnn! Sborra !”
Aumentai la velocità degli scatti e degli affondi, tuttavia dovetti impegnarmi due o forse quattro minuti buoni per aver ragione di quel culo, e finalmente dopo un impulso improvviso che era partito dal mio inguine proveniente dalle palle, dopo una sensazione di intenso calore al centro del mio cazzo potei riversarle dentro la mia fiumana di sperma: cinque o sei colpi partirono spontaneamente, gli altri dieci li dovetti mandare io fino a farmi scoppiare le pallette esauste. Il suo retto lo avevo innaffiato, totalmente sentendomi finalmente scarico, ma non vuoto…mi sentivo importante, per averla avuta, posseduta, e sborrata…come Antoine conquistato dalla zoccolaggine della sua amante, la poco meno che cinquantenne Madame Marchand che si era un giorno, anzi un pomeriggio fatta venire a prendere da Antoine fuori dalla direzione generale del ministero dove lavorava. Lo aveva nominato anche suo autista privato; s’era - secondo ii romanzo - così fidata di Antoine da fornirgli delle chiavi di riserva della sua automobile privata senza nemmeno verificare se avesse mai preso la patente…fatto stava che a tre mesi di distanza dalla sua prima scopata extra coniugale Antoine la portava in giro con l’auto provando un certo piacere perverso a toccarlo durante la guida lungo la provinciale…
“Dove andiamo signora ispettrice ? Motel ?”
“No, Antoine, portami al Darty prima, che a casa non ho la verdura !”
“Anne Marie !...”
Antoine, fermata l’automobile, diede un lungo bacio con labbra e lingua al collo della sua donna in quel momento. La signora, fortunata a non avere ancora rughe, fosse, pieghe, e la pelle irruvidita, apprezzò la famelica lingua salivosa del ragazzo che approfittò di una fermata, alquanto gradita, al semaforo. Preso dalla foga amatoria non si era accorto del verde, purtroppo di breve durata, e mentre ricompariva il giallo e qualche colpo di clacson disturbava il loro temporaneo idillio, era ri-scattato il rosso. Ancora colpi di clacson, che i due amanti ignorarono, poiché all’esterno della loro auto…all’improvviso, mentre l’attempata Anne Marie rispondeva a quella lingua con dei fugaci baci sul viso di lui e delle toccatine con strette e rilasci e carezze al suo glande ancora coperto dagli slip dopo l’apertura da parte di lei della patta Antoine sporcò il tassello delle mutande. Era venuto all’istante per l’interesse e le carezze di lei sporcando gli slip. Era evidente che in realtà l’eiaculazione di Antoine aveva avuto un suo inizio nel momento in cui la severa (per il resto del mondo, non per lui che l’aveva sedotta) ispettrice si era accomodata nella propria Renault della quale Antoine era il suo autista dato che aveva ricevuto da lei una copia delle chiavi. Lui si limitava a toglierla dal parcheggio e ad andare a prenderla alla fine dell’orario. Al Grennot avevano notato i movimenti del ragazzo, ma non avevano fatto troppe domande…la severa signora cercava con la sua mano la cappella di lui sotto il tassello di stoffa sporca per premiargli l’imbarazzante evento con la carezza della pelle delle sue mani femminile e fargli così espellere le ultime gocce della prima eiaculazione del ragazzo da quando si erano rivisti. Purtroppo sprecata così, al semaforo. Non si erano accorti che avevano formato una coda; un uomo arrabbiato bussò al finestrino di guida sorprendendo i due amanti in normale imbarazzo:
“Toc, toc ! Toc, toc !”
Antoine si era finalmente voltato. Un uomo, che era sceso dalla propria auto dietro, arrabbiato disse:
“Stronzo ! Non hai un altro posto per pomiciare…ehhhhhhhhhh ?!”
“…”
L’uomo si avvide della differenza tra i due, e… rimase stupefatto. Anne Marie fece cenno ad Antoine di abbassare il finestrino, mentre frugava nella borsa. Il ragazzo esitando lo abbassò; l’attempata Madame Marchand assunse la sua solita espressione altera, ed esibendo il suo tesserino di riconoscimento, disse:
“Sono l’ispettore Anne Marie Marchand ! Mi dica, l’ascolto…!”
“Cosa ?...ma oltre che posa-culi pure una poliziotta ? Ma dico…questi due !”
“Scusateci con gli altri, l’ho distratto io, è colpa mia, l’auto è intestata a me!”
“Beh, io…ma tu guarda ! Con una poliziotta, a saperlo mi arruolavo…”
L’uomo se ne andò blaterando meravigliato, e Antoine finalmente mosse la macchina riprendendo velocità sull’ampia provinciale. Portatisi successivamente su una strada secondaria dritta e priva di traffico, la donna abbassò velocemente la testa sul bacino di lui appena dietro il volante; tuttavia Antoine continuava a guidare disinvolto e prudente mantenendo la destra a velocità costante, con la sicurezza mista ad incoscienza tipica della sua età. Aveva frugato rapidamente i suoi slip ormai sporchi l’altera funzionaria del ministero con le sue dita rapide ed aveva estratto il glande tiepido ed appiccicaticcio però di dimensioni ancora apprezzabili di Antoine…un bel glande di cui non vide il colore, ma con il dolce abbraccio delle sue labbra femminili sentì che pulsava ancora di vitalità maschile; l’odore di carne sudata del ragazzo la infoiò fino al punto che la signora come il glande uscì dall’elastico del bordo lo prese in bocca, lo succhiò avidamente, vi passò la lingua sopra tre o quattro volte, lambendo anche il centro di esso dove Antoine aveva la massima sensibilità, e succhiò decisa di nuovo; lo liberò dallo sperma rimasto a ristagnare in prossimità; non era la gustosa “prima buttata” ma sapeva ancora di denso. Venne via tutto in tre secondi vuotando il cazzo del ragazzo irrigiditosi per la sorpresa. Antoine ne ebbe un attimo in cui il cuore gli si era fermato insieme al respiro. Poi dopo un angoscioso e grigio istante in cui destra e sinistra, prima e dopo, spazio e tempo s’erano ridotti ad un piccolissimo intensissimo punto perdendo di senso…
“AHHHHHNNNNN ! Nohhh ! Ahhhhhh! Ouhhhhh !”
“Sluuurp ! Gloooooommmf ! Uhmmm!”
Madame Marchand si stava dando da fare velocemente…Antoine era di nuovo sul pianeta Terra: sentiva di nuovo calore, fresco, odori e mentre s’accorgeva di affannare, il cuore gli sembrò che avesse ripreso a battere, ma con onde nervose più…ampie ! …era tornato a sentire il proprio respiro, gli sembrava di tornare a vivere; ebbe una sudata fredda istantanea quando si accorse che il piede gli si era paralizzato sull’acceleratore e solo per miracolo non aveva aumentato la velocità fissa su 70 orari come da tachimetro del cruscotto…un lieve crampo ai polpacci gli ricordò la sua delicata posizione. Anne Marie, quella signora così distinta gli aveva preso in bocca il glande e ne aveva succhiato via lo sperma per ripulirglielo; gli disse dopo aver mandato giù qualche goccia, e messo in un fazzoletto il resto insieme alla sua saliva:
“Così guidi più comodo…e poi non lo…cough !”
“Non lo cosa ?”
“Ehm, cough ! Cough ! Uhm…ecco non lo bevevo volontariamente da tempo…grazie Antoine ! Mi hai dato la tua giovinezza, potessi lo berrei anche a…”
“…a ?...”
“Non farmi parlare, è sufficiente la mia relazione con te per essere indagata dalla magistratura !”
“Da una così bella signora…mi sento…ecco: onorato…”
“Sono felice, finalmente ! Ero convinta che non sarei riuscita a berlo ! Con mio marito non lo faccio da tempo…se vuole il rettale glielo concedo, ma a berlo non mi andava sai…senti Antoine, non hai idea quanto m’invecchi con quel signora !”
“Mi dispiace, devo dirti un’altra cosa, non riesco a tenermela dentro…”
“E sarebbe ? …Pffffffulccc !”
La donna dopo aver aperto il proprio finestrino, fece il ben poco gradevole gesto di sputare fuori, tanto altre macchine dietro non ce n’erano. Antoine aspettò poi preso coraggio le disse serio:
“Tua figlia Henriette, vuole fare sesso con me…volevo sapere tu che ne pensi…”
“Cosa vuoi che ne penso Antoine ! Ormai è una donna…tua quasi coetanea; se la scopi come fai con me, sarò presto nonna, solo che tu vuoi me, vero Antoine ?...”
“Io non la amo Anne Marie.”
“Non ti capisco Antoine…! Che problemi ti fai ? Io non sono mrs Robinson ! Puoi averci entrambe…separatamente ben inteso! Io un’altra decina d’anni, ma forse meno, ritengo che sarò desiderabile…se vi sposate è sufficiente che mi scopi due volte al mese…lontano da lei, in clandestinità come adesso, che ne dici ?”
“Non so, sembra che mi voglia possedere…”
“Per forza ! Mica le sono mai mancati gli ormoni…l’ho cresciuta bene !”
“Ma…io non…”
“Se no, perché non ti liberi e glielo dici ?”
“No, ci ucciderebbe Anne Marie !”
“No, non credo. Certo la feriremmo, ma poi le passerebbe, ha sempre suo padre che l’adora…se vuoi che prima le parlo io e ci chiariamo…”
“No. Prendi tempo. Voglio pensarci Anne Marie.”
“Antoine, fra poco hai la svolta. Senti, oggi abbiamo solo tre ore per stare assieme, che poi devo andare a casa ad accompagnare mio marito; oggi è il compleanno di sua madre e devo andarci, o mi buttano fuori di casa…ecco parcheggia qui e aspettami ! Senti, hai mangiato ? Ti porto un paio di panini ed un succo di frutta va bene ? Ti ricarico le batterie così mi vieni dentro più tardi in albergo…”
“Albergo ?”
“Il motel del boulevard periferico…già prenotato fino alle 19,00 poi mi riporti a casa.”
“Va bene, vai aspetto.”
Anne Marie entrò nell’ipermercato per fare la spesa. Durante l’attesa Antoine ricevette un sms di Henriette al quale Antoine, che di fatto gestiva vigliaccamente una doppia relazione, altrettanto vigliaccamente non rispose. Henriette allora lo chiamò, e gli chiese con chi fosse. Antoine rispose per monosillabi senza dire dove fosse tantomeno con chi:
“- Come si chiama ?”
“- Come si chiama chi ?”
“- La ragazza con cui sei adesso ! Non sei al Grennot, ti hanno visto uscire alle 16 che dovevi andare dal medico.”
“- Mi pedini ?”
“- Tu mi nascondi qualcosa Antoine, ed io ti…”
“- Henriette, io…ma cosa dici ?...vaneggi !”
“- Lo so stronzo ! Tu stai con un’altra !”
“- Non ho un’altra ragazza Henriette !”
“- L’ultima volta avevi uno strano profumo addosso, era di marca ! Tu frequenti una ricca alle mie spalle, vero Antoine ?”
“- No ti giuro di no ! Non frequento altre ragazze…”
“- Quel profumo Antoine che avevi addosso l’altro giorno, l’ho sentito ! Mia madre se lo può comprare una volta ogni due anni…! La tua squinzia è ricca, vero? Quelle comuni, come me, ti inibiscono forse ?! Con cosa vuoi che me la lavo ? Non ti piace l’odore ?”
“- Henriette ! Per favore ! Se hai dei soldi da parte, vai da un bravo medico ! Meglio che ti fai ascoltare da qualcuno ogni tanto !”
“- Che devi fare stasera Antoine ?!”
“- Niente! Stasera preghiera e confessione, raccoglimento obbligatorio. Non posso vedere nessuno.”
“- Ci rivedremo Antoine, vero che ci rivedremo ?!”
“- Boh. Sì, ci rivedremo, ora ti lascio, ciao.”
“- Antoine…”
“- Click!”
La parte di romanzo che mi era venuta in mente finì lì, con quel pompino estemporaneo che mi aveva appassionato, al punto tale che mi venne voglia di sesso esplicito con mia madre Ivana. Tornai alla mia situazione dopo essere uscito dalla vita fittizia di Antoine; sapete amici, certe volte ho la sensazione di non essere reale nemmeno io, che rabbrividisco a pensare di essere un personaggio immaginario uscito dalla mente di una terza persona…il caldo culo di mia madre Ivana era fermo, sporco del mio seme; tirai indietro il pisello, ed il retto mi favorì l’uscita mentre il pisello mi si rimpiccioliva sempre di più. Le uscii dal culo, rimasi un paio di secondi a guardarlo richiudersi come magicamente dopo un’altra decina di secondi; l’avevo scavata e chiavata a dovere con i suoi incoraggiamenti. Avevo ancora fame però ! Mamma Ivana mi disse:
“Vai in bagno e lavati al bidet, sarai tutto sporco di merda !”
“Sei arrabbiata mamma ?”
“No, voglio che te lo lavi ! Non ho malattie, ma non si sa mai…dai sbrigati !”
Andai a lavarmi sul bidet e mentre scorreva l’acqua mi fece:
“Usa il sapone, lavalo bene tutto !”
Dieci minuti dopo mentre mi asciugavo entrò mamma Ivana che si sedette dove prima ero io ed iniziò a lavarsi. Come la vidi insaponarsi figa e culo, le afferrai la spugna e pur di toccarla ancora nelle parti intime mi misi a lavarle io quelle parti curando di toccarla anche per il risciacquo. Mamma Ivana mi disse di prenderle degli asciugamani intimi puliti, ed alzatasi in piedi nuda dal basso ventre in giù, le poggiai l’asciugamano sulla vulva; dopo di che provvide lei stessa ad asciugarsi; io aspettavo davanti a lei che finisse, poi scopertasi la vulva pelosa, asciutta, fresca, e fragrante di sapone m’inginocchiai per leccarla tutta a tutta lingua ! Mamma Ivana ridendo mi disse:
“E che non l’avevo capito che me la volevi leccare ? Ahnnn ! Dai, fai piano ! Ohhhh !”
“Sluuuuurppp !”
“Piano piccolo diavolo, piano ! Mi piace, ahn, ma devi fare piano, ahhhnnn, non leccare dentro ! Cosa vuoi che ci sia ?”
“Sluuuurrr, arff, sluuuurp !”
“Va bene ! Ahnnn! Mettila dove vuoi ! Ohhhhh ! Che figlio porco ! Oh ! Sì, ahnnn ! Sopra, dai sopra ! Sul clitoride, leggero ed insistente, ahnn, forza dai…”
“Ahhnnnf, mamma…”
“Ahhhnf voglio il colino !”
“Mah, sporcaccione ! Ahnnn, ohhhh, lecca, lecca…ahhn! Dì, te ed il tuo amico Piero lo sapete cos’è il face-sitting ?”
“No, slurp, ahnnn, cos’è ?”
“Stenditi sul tappetino, stenditi !”
Venni disteso sul tappeto scendi-vasca, e mamma Ivana si sistemò a sedersi sopra la mia bocca invitandomi per implicito a leccarle ancora la sua ampia figa da sotto.
“Umbi ! Mettimi un dito nel culo, quello che ti è più comodo…”
Dopo uno o due secondi per decidere quale dito scegliere optai per il medio; mamma Ivana mi disse:
“Muovilo e continua a leccare la fica, qui sopra sul clitoride mi massaggio io…vedrai che ti vengo sopra, come vuoi tu porcellino !”
Infilatole il dito medio per metà iniziai a muoverlo preoccupandomi di leccarle la figa fin dove riuscivo a colpire, o meglio a lambirne la pelle delle pieghe. Leccai per lo più l’inguine, e mentre il massaggio di mia madre Ivana andava spedito per far godere la sua vulva pelosa, io avevo imparato a muoverle il dito piantato nel suo culo, ed a leccarne l’inguine. Leccando esso più volte mentre il suo retto si godeva il mio dito invasore a colpetti gentili, la figa di mamma Ivana lasciò cadere un breve colo tiepido, quasi freddo. Lo colsi a bocca aperta, e potei assaggiare il sapore dell’orgasmo femminile autentico. Può darsi che fosse solo della banale urina. Era salato sul dorso della mia lingua e dolciastro sulla punta, o forse lì ne era caduta un’altra bavetta. Mamma Ivana, che era venuta di semplice esperto massaggio, godeva a voce alta:
“Ahn ! Ahnnnn! Ahn ! Ahnnn! Ahnnnn! Sìiiii ! Ahnnnn !”
Io continuavo a stimolarle il retto, e qualche istante dopo cercavo di leccarle ancora la vulva bagnata dall’orgasmo da massaggio…aspettavo altri misteriosi sapori nascosti in quel piccolo bagno di femmina, quando mamma mi indispose all’improvviso.
“Basta !”
Si alzò di repente, e si portò dietro il mio dito che uscì dal suo culo col mio braccio teso; poi andò subito a sedersi nel water, e la sentii urinare…notai che le si era rilassato anche il seno. Mi avvicinai per cercarle le zinne da sotto la tuta, quando lei mi respinse dicendomi:
“Basta Umbi !”
“Mamma, io…”
“La piscia non si beve ! Che volevi l’urolagnia ?”
“No, volevo i capez…”
“Drrrrrrnnnnnn ! Drrrrrnnnnn ! Drrrrrrrnnnn !”
Era il citofono; aspettavamo visite ?! Proprio no ! Chi poteva essere ? Pensai: papà stà settimana aveva il turno lungo…no ! Lui avrebbe telefonato prima. Andai alla finestra intanto che mamma finiva i suoi bisogni e vidi che si trattava di una nostra conoscenza: era Don Liborio, il prete della nostra parrocchia che stava passando a trovarci per un saluto; niente di male, solo che il saluto sarebbe diventato conversazione, e la conversazione una predica… e se avesse disposto (e ne era capace credetemi ! ) una preghiera collettiva ?…cazzo ! Sai che palle ! Con tutto il rispetto per l’Ente Supremo, come lo chiamava forse ironicamente, ma di sicuro da laico, Robespierre (non sono mica un ignorante, sapete…), una bella rottura di palle ! Continuava a suonare e risposi:
“Sì ?”
“Salve sono Don Liborio ! Sei tu Umberto ?”
“Sì, mi dica padre !”
“Avevo promesso ai tuoi genitori che sarei passato a salutarvi. La settimana prossima parto per un seminario, devo passare più tardi ? Disturbo ?”
“Padre, io…”
Venne mamma Ivana a prendere la cornetta. Si era ricomposta, ed aveva reindossato i pantaloni senza le mutande sporche che reggeva in mano.
“Padre, salga ! Ci dia un minuto, salga intanto, non stia fuori…devo trovare un paio di pantaloni per mio figlio,…sa, ha tolto quelli sporchi.”
Io capii ed andai in camera mia a cambiarmi i pantaloni dato che in cucina c’erano quelli che mi ero tolti. Mamma disse di darmi anche una pettinata. Avevo un minuto o due al massimo, dopo di che avrei dovuto aprire a Don Liborio alla porta. Il prete per cortesia avrebbe fatto finta di ammirare l’acquario che il nostro condominio aveva nel solaio centrale, poi presa l’ascensore sarebbe arrivato…

Don Liborio arrivò: era un uomo atletico, ottimista, anche se anziano. A guardarlo dava sicurezza. Stranamente intuii che non era da noi per dei semplici saluti. La mia sensazione di disagio come se fosse venuto a chiedermi cosa avevo fatto mi pervase fin da quando lo vidi salutare mamma Ivana guardandola dritta negli occhi e me con una lunga stretta di mano. Il tutto era iniziato dopo che l’avevamo invitato ad accomodarsi in salotto: mamma Ivana (che gnocca di mamma ! Se ne era accorto anche lui che oltre che prete era anche maschio: ormai mi ritenevo in confidenza automatica con gli adulti) che era in tuta grigia di cotone e giacchetta a maniche lunghe si era allontanata chiedendo venia per cambiarsi; stette via mezz’ora circa, cosicché stette a me intrattenere il nostro amico ministro del culto cattolico. Cominciò con delle domande sulla scuola, sullo sport, sugli amici e lo studio. Era un uomo estremamente affabile, e non si fece scappare l’occasione di dirmi che da giovane aveva giocato nientemeno che a baseball agonistico con una squadra del campionato di categoria della provincia di Udine, la Polisportiva del liceo classico privato che frequentava lui quando era ancora un civile comune…giocò per tre anni, poi però preferì dedicarsi allo studio universitario e lasciò la sua squadra…mamma tardava, ed io speravo di non dovermelo subire da solo; tanto lo sapevo la predica non avrebbe tardato…provai io ad essere un po’ insolente da neo-adulto quale mi ritenevo per il sesso “duro” con mia madre:
“Don Liborio, vorrei chiederle io una cosa…”
“Dimmi Umberto, chiedi pure, che vorresti sapere ?”
“Lo ammetto, vorrei saperlo, non me ne voglia, ma quando lei giocava in agonistico le ragazze della sua classe la guardavano ? Il tifo tipo, dai Liborio, forza sei tutti noi …gliele dicevano queste cose ?”
“…beh, una volta sentii una frase più o meno così: Vai Libbò faje vedé !...era una ragazza romana che stava ad Udine perché suo papà, un maggiore dell’Esercito, era di stanza ad Udine, una mia, no anzi, una nostra compagna di classe, si chiamava Teresa…io avevo fatto una battuta tipo home run; sai cos’è l’home run ?!”
Ovviamente lo sapevo; feci cenno di sì con la testa: doveva aver battuto talmente forte da mandare la palla fuori campo; quindi si sarebbe dovuto fare solo le quattro basi con un certo stile; non c’era pericolo che recuperassero la palla. Videogames docent…Interrogai Don Liborio da perfetto cafone (oh, che volete stavo a casa mia…no ?!) cercando di fare una parvenza di onori di casa:
“Gradisce qualcosa da bere Padre ?! A papà gli hanno regalato un ottima grappa che di solito serviamo agli ospiti…”
“E dimmi Umberto, tu di solito la bevi la grappa ?”
“Io no di sicuro Padre Liborio !...”
Il prete mi guardò di lieve sghimbescio, ridendo; ed allora precisai:
“Beh, insomma di nascosto, se non c’è ness…”
Con un tono imperativo disse:
“Neanch’io dovrei !”
Poi col tono più rilassato:
“…che marca ?!”
Gli dissi la marca, ed egli dopo un rapido Segno della Croce, mi disse:
“Mah, forse il peccato sarebbe rifiutare…ma sì un bicchierino lo prendo volentieri ! Grazie tante Umberto…corrompimi pure ! Sai, con quello che mi passa la Chiesa posso comprarmi solo il limoncello…”
In realtà senza mia madre non avrei saputo servirla; per cui credo che gliene versai quasi due “bicchierini” in un bicchiere comune. La bevve piano, tanto non si stava certo avvicinando ad un patibolo…poi ripresi la mia domanda sulla ragazza che fece il tifo per lui. A guardarlo adesso non avevo dubbi che potesse essere stato in passato un tipo atletico…
“E scusi Padre, questa era anche la sua ragazza ? All’epoca intendo…se posso.”
“…eh ?! No, no. Ma sono contento che me l’hai chiesto, perché voglio dirti una cosa: questa ragazza m’invitò a casa sua a studiare insieme un pomeriggio che i suoi erano fuori casa…

Fece una lunga pausa, poi dopo avermi guardato negli occhi riprese:
“… purtroppo, ti stavo dicendo, dall’inizio la trovai simpatica e mi piaceva pure il suo romanesco cafone – una vera invasione barbarica tra di noi – beh, non ci crederai, ma mi deluse moltissimo: sai, arrivo, saluti, bacetto casto, ci mettiamo a studiare: dopo mezz’ora di latino, mezza versione, si alza mi chiede di seguirla un attimo in cucina; apre un tiretto dalla credenza, e ne tira fuori un involto e subito mi mostra due dosi di eroina…me lo disse lei candidamente che lo era, sai.”
Fece un’altra pausa; io ero interessato, e la sua mente valutò che avrebbe proseguito:
“…dicendomi che se volevo provarla era gratis; in un istante compresi: mi aveva invitato ad un droga party a due; mi chiese se volevo volare un po’ con lei, di non temere niente, che era eroina vera, non sintetica, poi cominciò ad abbassarsi le mutandine, pensa un po’, come incentivo…altro che versioni di latino e greco insieme ! Cercava di portare un altro cliente a quelli del suo giro di mercanti di morte; le chiesi se i suoi genitori lo sapessero e non mi rispose…si limitò a fare spallucce.”
“Mi scusi Padre, ma gliela stava dando in cambio di un buco assieme ? Lei era già prete ?”
“Che ? No, non ero prete, e nemmeno novizio ! La vocazione arrivò, ma anni dopo. No, la ragazza voleva fare del sesso per aumentare il livello di confidenza tra noi due; se vuoi saperlo Umberto prima mi baciò la bocca, e lo ammetto mi piacque ! E del resto era naturale. Si era tolta anche la gonna, ma giurerei che non sapevo in che momento lo fece; comunque poi aveva preso l’involto sulla mano sinistra, mi prese per mano con l’altra ed andammo nella cameretta sua…”
“E lì che successe D…don…?”
“T’interessa, vero ?”
“Sì…”
“Ehm, ne avresti un altro po’ ? Poco però…”
Gli versai un altro dito di grappa che iniziò a sorseggiare con grazia e delicatezza come volesse farselo durare; proseguì descrivendomi la scena:
“Una stanzetta da ragazza con i poster di Jim Morrison, un bel simbolo del CND, e dei libri di una certa letteratura deviante; mi stese sul letto poi…”
“Scusi Padre, ha detto letteratura deviante: per caso Kerouac, Sartre, Bukowski…”
Don Liborio scuoteva la testa arrossato dalla grappa, e ridendo mi disse:
“Uno solo…”
“…?...”
“Marx!”
Un’altra pausa, ma la grappa scioglie qualunque lingua cari amici lettori…
“…ecco come dire ?...si mise sopra di me avvicinando il bacino nudo al mio volto; se la strofinò sulle mie labbra, forse cinque minuti che so ?!...Umberto io queste cose non dovrei dirtele…puoi immaginare da solo una simile offerta di sesso femminile; era una donnina curata e si lavava…non puzzava mica tra le…ehm cosce…proprio lì.”
“No ! Caz…mi scusi Padre, ma lei,…niente ? Lo stimolo insomma, lo stimolo c’era…o mi ha fatto uno scherzo da prete ? Non è vero niente, vero ?!”
“Niente ?...Caro Umberto, avevamo 17 anni ! Sia io che lei…! Nemmeno io non è che disdegnassi il peccato; ero uno studente come gli altri, che s’era fatte le pippe sui porno in bianco e nero…hai presente, no?!”
“Tipo otto fotoromanzi porno ?! Supersex ? Cronaca italiana ?”
Don Liborio sorrise rassegnato dicendo:
“Uhm…quando avrò smaltito la tua grappa vieni a confessarti Umberto !...sì erano quelli…ma ascolta: non stavo pensando di farmi prete all’epoca; tuttavia se avessi ceduto al suo invito in quel momento, adesso molto probabilmente starei dove sta lei; mentre adesso sto qui con te a parlare amabilmente…”
Ormai era rosso; gli versai un altro dito di grappa:
“Grazie, basta ! Mettila via ! Se no per tuo padre che resta ?!...un altro po’ ?! E va bene, ma l’ultimo ! Versa, va…”
Ne vuotai un altro dito e mezzo, poi la chiusi:
“Ma lei che fece ? Lei la ragazza intendo…e se può dirmelo, beninteso !”
“No che non potrei, - burp ! – ma se potessi ti direi: guarda Umberto gli dissi più o meno così:…”
Nella mia mente immaginavo il dialogo del giovane Liborio non ancora Don con quella ninfetta drogata:…
“Forza dammi la mia dose !”
“Lei disse tranquilla:”
“Calma la preparo subito. Tieni intanto, mettiti il laccio, e scopri la manica…e stringi il pugno…”
“No, no ! Dammela così! Non la scartare! “
“Lei ridendo col limone e l’accendino in mano mentre cercava il cucchiaino…”
“Così ?... Ma dico, vuoi morire ? Va tagliata prima…cazzo dove ho messo le fialette ?”
….
“…sai Umberto, presi quella bustina e la avvolsi in un fazzoletto di carta, poi mi diressi in cucina, e acceso il gas di un fornelletto la bruciai ben avvolta; poi tornai in camera sua, e vidi che lei si stava preparando il laccio emostatico per la propria; afferrai anche la sua dose, e ripetei l’operazione anche con la sua. Devo dire che Teresa era il demonio più insidioso che avessi mai visto: non protestò; qualche minuto dopo mi raggiunse in cucina, e senza degnarmi di uno sguardo mentre gliela ripulivo dalla cenere sul metallo, raccolse le sue mutandine, e me le piazzò sulla testa facendole cadere sotto il mio naso. Poi beffarda, calma, ironica mi compatì dicendo ed offendendomi nel suo romanesco:
“A Libbò nun te basta esse pulito ! Sarai mica dell’artra sponda? Dai ‘nnamo affà in camera mia, che te la do uguale…poi se cambi idea te dico a chi devi telefonà…”
“Come a chi devo telefonare ? Guarda stai zitta ! Che se mi fai i nomi li denuncio !”
“Sì, certo !...oh che fai ? Vieni ? E toccamelo stò culetto, dai, che se mi scopi bene te lo do !”
“Per favore ! Non hai proprio dignità ?”
“Nun lo senti ? E prendilo ! Che sei monco ?!”
Porca puttana ! La grappa gliel’ha sciolta la lingua…Don Liborio, quando non era un don aveva incontrato una delicata ninfetta sua coetanea, che gliela voleva dare lo stesso nonostante le avesse bruciato l’eroina, e lui nervi congelati…proseguì:
“…si voltò strofinandolo sul mio bacino e io con la patta chiusa caro Umberto, sai…di sopra si teneva un maglioncino lungo, e di sotto era come sua madre l’aveva fatta…sai Umberto era bellissima ed io forse le sarò piaciuto per il contegno che avevo in classe e sul campo di baseball, io però le dissi freddo ed educato:”
“…non è così che pensavo di farlo !”
“Ahò ? Ma t’ho mica offeso ?! Se nun te davo le spalle stè chiappette come le pijavi ?!...”
“Figurati ! Senti, ti rimborso quelle due cosette, dimmi quanto le hai pagate…in due giorni al massimo ti do la somma !”
“Lei caro Umberto mi baciò più volte, con tenerezza, le guance, ed intanto mi prendeva le mani affinché le toccassi il sesso:”
“Non pensare ai soldi ! T’ho già detto che erano gratis, se la volevi provà…ce saremmo fatti ‘nvolo assieme… ecché sei er primo che je la faccio provà ?!...”
“No, io sono contro la droga ! Non fai altro che ucciderti, e ammazzare tanta altra gente che ti da retta con quel tuo sesso a disposizione…”
“Ah sì, e siccome stamo in democrazia io no !…beh, proprio nun voi scopà ? Ndò lo trovi n’arto pelo com’er mio ? Guarda sò biondi e corti ! E me li accorcio colla tosatrice de’ mi padre de nascosto…pensa ahò ! Se sapesse che me ci’accorcio er pelo…beh ?! Dai che te piace…e toccamela, dai… - caro Umberto, era bravissima a provocare… - Ma perché numme la guardi ? La volevi liscia e glabra ? Te piace a pomodoro ?”
“La smetti ?! Sei bella, non ho dubbi ! Sei bella, sul serio…ma tutto ciò è squallido, dai ! Sembri una porno attrice…”
“Embé che c’è ? ‘Nte piacciono i porni ? Eppoi nun semo rigazzini, no ?!”
“Avevo davanti un demonietto diciassettenne seminuda, Umberto: lo sapeva come provocare, lo sapeva…”
“Padre me lo dica: come portava i capelli ?”
“Corti spioventi, un bel taglio da adulta !”
“Incredibile Padre e non ci scop…fece sesso ?”
“Caro Umberto, a me una senza dignità non mi drizzava il…sai tu cosa…per cui feci a questa con un’aria come se fossi al suo funerale…”
“…mah, se ti va di prostituirti fa pure, io con questo linguaggio non ci sto ! Scusa !”
“Si tolse anche il maglioncino, e potei vederle i seni adolescenti; insomma figliolo, si era spogliata del tutto!”
“…le vedi queste ? Porto la seconda, ma tu succhiamele, e vedi come se scaldano e se gonfiano ! Pijale che se gonfiano…eddai…e stringine una ! Che cc’ai ar posto delle palle ?! Due puff ?”
“Teresa ! Sei quel tipo di donnina pericolosa: per sé stessa e per gli altri ! Tu non sai dove ti stai andando a cacciare con quelle dosi, maledizione ! Chiudi con queste cose ! Chiudi ! Lo so che non posso aiutarti più di tanto…ed ora se non ti spiace, visto che non volevi studiare, prendo le mie cose e me ne vado ! Ho ancora due ore prima di cena…”
“Vuoi che te lo pijo in bocca ? Numme l’hai ancora fatto vedè…”
“No, voglio andare via ! E non hai idea quanto mi hai deluso ! Il dialetto romano lo adoravo prima di oggi !”
“Caro Umberto, alla fine cedette…non ero tipo da andare con una drogata ! La ragazza mi fece:”
“E vattene ! Stò…”
“Stò che ?”
“Niente, ‘nsapevo che nun te se, e vattene va.”

“Me ne andai discendendo i tre piani a piedi; credo che Teresa in qualche modo dovette sentirmi, perché come sentì scattare il portone di metallo una volta fuori mi disse attraverso il citofono”:
“A Libbò ! Sarai mica frocio ar cazzo ?!”
“Senti io…”
“Prrrrrrrrr !...click !”
“Pure la pernacchia ! E questa ragazza ? Insomma dove sta adesso ?”
“Al cimitero Umberto ! Morì circa otto-nove anni fa di AIDS, forse qualche buco di troppo, o del sesso non protetto probabilmente…s’era fatti certi amici…”
“E lei Padre scusi, come l’ha saputo ?!”
“La rividi vent’anni dopo nel carcere mandamentale di Vercelli. Era invecchiata precocemente: rugosa, secca, e screpolata, molto fumatrice. Sguardo spento. Lì facevo l’assistente spirituale e lei Teresa, si trovava lì per scontare una somma di condanne per spaccio; quando vide che lavoravo nel carcere come volontario finse di non riconoscermi, e mi diede fin dal primo incontro in carcere sempre rispettosamente del lei; rifacemmo amicizia daccapo; non era più la donnina disinibita che voleva fare sesso e farmi diventare come lei; era una donna diversa, apatica anche se ovviamente disintossicata dall’eroina e tenuta calma a metadone, con due tentativi di suicidio non riusciti; ma intanto si stava consumando rapidamente; era irriconoscibile e scheletrica rispetto a quella ninfetta che mi aveva provocato una quindicina d’anni prima; comunque una volta dichiarata malata terminale finì ai domiciliari; la confessai in articulo mortis, ma i suoi peccati non te li dirò…la sua provocazione era molto addietro. Grazie della grappa Umberto !”
“Di niente Padre, di niente ! Ancora stento a crederci !”
“Umberto io ho bevuto, ma tu no ! Sveglia diamine ! Non t’ho raccontato questa storia per drizzarti l’affarino tra le gambe ! Lo vuoi capire o no che il sesso facile nasconde delle insidie ? Soprattutto alla tua età ! Ti credi invincibile, ma il tuo animo, quello dentro, ha la durezza di un budino ! Senti figliolo…”
“Che c’è ?”
“Ho visto che nonostante l’era di internet eri ferrato nella pornografia dei miei tempi…non è che ti vuoi confessare intanto che tua madre torna ? Tanto sono sobrio credo.”
“Padre, io, certo leggo, guardo le figure…insomma io…”
“Va bene rimandiamo, non è il momento, ma domenica voglio vederti a messa. Me lo devi !”
“Certo Padre, ci sarò, non dubiti.”
Nel frattempo era tornata mia madre Ivana, vestita di tutto punto, con un elegante tailleur scuro; cazzo, sembrava proprio Madame Marchand quando incontrò Antoine la prima volta. Aveva messo anche dei collant neri fumé. Don Liborio vedendola in salotto si alzò in piedi; e del resto doveva andare via; l’avevo scampata questa volta: niente preghiera collettiva…
“Ah, ben ritrovata…Ivana ! Stavo andando via, ho parlato un po’ con suo figlio Umberto che è stato così gentile da offrirmi una buona, no, era ottima, grappa: un perfetto padrone di casa cara amica…aehm cara signora, volevo dire !”
“Don Liborio, la prego, non mi dia della signora, che m’invecchia; la prego mi chiami Ivana…e di cosa avete parlato, se posso ?”
“Certo cara Ivana, ho parlato a suo figlio Umberto dell’epilogo di un incontrino piccante, e di come io goda ottima salute avendo rifiutato cautelativamente una proposta troppo facile di quando ero al liceo…ma ora devo proprio andare. Umberto le dirà meglio.”
“Ah…”
“Signora,…pardon Ivana, porti i miei saluti a suo marito, e tu Umberto tieniti sveglio che la vita nasconde insidie dappertutto…”
Ci strinse la mano, poi mia madre lo accompagnò alla porta e tornammo di nuovo soli. Mamma Ivana mi disse con gelida naturalezza che doveva uscire; mi disse che se volevo potevo chiamare Piero per il pranzo dato che aveva telefonato mentre dormivo chiedendo perché non ero andato a scuola quel giorno. Al telefono ci aveva parlato lei chiedendogli (beffardamente) di salutargli sua madre (chiattona sfigata); quel giorno non mi andava di vederlo; mi servivano dei giorni per re interagire con Piero. Quel giorno avrei finito per raccontargli la scopata con mia madre; quindi tanto valeva che io tornassi a Madame Marchand; un’altra cinquantina di pagine forse le avrei fatte…


- continua -




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