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Prime Esperienze

Salve Terra, qui Koona 14a parte


di sexitraumer
18.12.2012    |    5.168    |    0 8.8
"Afferratolo, tanto mi teneva in posizione la gravità zero ed il suo abbraccio, portavo l’asta e la cappella indurita quando riuscivo a prenderla tra le dita..."
Alla fine non saprei dirvi neanche come arrivammo nei pressi della Micenea 7, l’astro-cargo che mi avrebbe portato entro meno d’un paio d’anni sulla Terra. Provai a guardare dall’interno dell’oblò: eravamo ancora a cinquecento metri da essa e sembrava lunga non più di un paio delle mie mani. Ero nuda solo per metà. Mi ero lavata dopo il nostro ultimo coito. L’unica cosa che indossavo era la maglietta superiore di velinoprex poiché era ancora in condizioni accettabili. Gli slip ormai avevano preso il colore giallo-rosa e non erano più utilizzabili. Tuttavia essendo la metà superiore della biancheria intima abbastanza lunga il mio bacino era coperto quasi tutto. Sarà stato il mio istinto femminile, ma quelle mutandine consumate non le avrei più indossate. Mario stava pilotando in manuale, il suo volto era teso, sembrava aspettasse qualcosa che doveva accadere per forza di cose, ma che non stava accadendo. Provai a guardarlo con benevolenza, ed accennai pure una carezza; tuttavia continuò ad ignorarmi, tutto preso dagli indicatori digitali senza mai distaccare le mani dalla stick di pilotaggio. Ogni 30 secondi con la sinistra variava la richiesta di potenza ai motori; io mi chiedevo quali motori: non avvertivo alcuna spinta particolare, né in avanti né verso dietro, concetti questi che sembravano avere ancora un senso; mentre in assenza di gravità sopra e sotto erano concetti più sfumati. La Pegaso sembrava silenziosa: solo rumori elettrici, come quelli che davano vita alla giornata su Titano Uno. Mario agendo sulla stick cercava di sovrapporre un segmento spesso arancio con un segmento bianco sotto di esso; ogni volta che la sovrapposizione riusciva s’illuminava a verde un unico segmento sullo schermo a cristalli liquidi. C’ero arrivata anch’io: cercava di mantenere la Pegaso entro il sentiero di avvicinamento alla Micenea. Chiesi a Mario che si sforzava di non guardarmi:
“Quanto manca ?”
“Dovrebbero chiamarci entro venti minuti, e mi chiedo perché non lo stiano facendo…”
“Di cosa hai paura ?”
“Di niente ! Chissà, forse di un abbordaggio esterno !”
“Cos’è un abbrodaggio…perché esterno ?”
“Abbordaggio ! Una specie di assalto in squadra, dall’esterno, per prendere possesso dell’astroscialuppa e liberarti, dopo di che mi arresteranno…”
“E tu chiudi i portelli, no?!”
“Sono apribili dall’esterno tramite comandi di emergenza !”
“E perché non li chiami tu allora ?!”
“È quello che sto cercando di non fare, da mezz’ora ! Se ci stanno devono essere loro…”
Mario aveva un tono risentito. Non aveva voglia di approfondire la conversazione. Io provai a lasciargli libero qualche metro spostandomi a raccogliere il cane sotto il sedile, che protestò per la variazione della sua postura, ma poi mi leccò sul collo ben contento che la sua padrona si occupasse di lui.
“Wouff, wouff ! Lap, lap, lap…arf, arf, arf ! Wouuuuu !”
“Come va Rasputin ? Male ? Vuoi mangiare ? Hai fame ?”
Continuavo a carezzarlo, ma il cane non era molto contento, anche se non contestava né le carezze, né la mia voce per lui rassicurante.
“Grrrrrrrr… wouff…wouff !”
“Perché ringhi ? Cos’hai ?”
“Wow…Wouff…wouff !”
Intervenne Mario brusco, tuttavia senza alzare la voce.
“Vedi di calmarlo con qualcosa ! Stanno chiamando…!”
“Beiiiiiiipp, beiiiiipp!”
“Click ! Qui Van Brenner, avanti Micenea !”
“Bzzzzz, bzzzz,…ehi della Pegaso !...Bzzzz, come va ?”
“Bene Micenea, chi è alla com ? Non è un uomo, vero ?!”
“Tenente Paula Terry, ufficiale in terza, vorrei parlare…bzzzzz, wouuuuuuu, bzzzz con…bzzzzzzz, la raga…zzzzzz…za !”
“Gliela passo, tenente ! Prego !”
“Signorina Karidu, come si sente ?...bzzzzzzz…wouuu…bzzzzzz”
“Bene, a parte un po’ di freddo.”
“Come si è comportato Van Brenner con lei ultimamente ?...bzzzzzzzzz…wouuuuu”
“Bene signora, mi sono trovata molto bene con lui.”
“Bzzzz…non le ha us….bzzzzzzzz…ato violenza, vero ?! Bzzzzzz…”
“No assolutamente. Siamo amici, amici molto amici, io ed il pilota !”
“Allora le chiedo di ripas…bzzzzzzz…sarmelo…grazie…bzzzzzz…signorina Karidu.”
Mario riprese il microfono dicendo:
“Qui Van Brenner !”
“Allora 2-7-7 passate sulla frequ…bzzzz…enza di avvicin…bzzzzz…amento due-otto-uno punto cinque megahertz !”
“Due-otto-uno punto cinque, roger!”
Cambiando frequenza i disturbi del campo magnetico di Saturno erano scoparsi. Ora si comunicava con la Micenea su un raggio più corto. Tutto sembrava più chiaro. Mario aveva disinserito il viva voce, ma io sentivo lo stesso. La voce del tenente Terry era piuttosto alta; era lei la nervosa.
“Due sette sette, se siete pronti l’attracco, è previsto tra uno-sei minuti; sono disponibili gli anelli due e cinque; il cinque è quello di destra a proravia, sarà davanti a voi tra uno minuti - lato sinistro Micenea…pronti ad avviare auto-mooring ?”
Qui Mario fu deciso affinché sulla Micenea non si facessero illusioni.
“Negativo Micenea. Non intendo attraccare.”
“La vostra parabola è parecchio fuori. Fate ancora in tempo, vi forniremo le coordinate in automatico. Siete a distanza di auto-path, il vostro computer non ci conferma la scelta dell’auto mooring. Volete passare al manuale ? Avarie ? Che intenzioni avete due sette sette ? Confermate attracco avviando program-auto-mooring Pegaso, le nostre spie sono rosse, siete fuori del path. Pilotate in manuale ?”
Mario sfiorò delle icone touch colorate finché non scomparvero del tutto dallo schermo a cristalli liquidi. Due secondi più tardi lo schermo lampeggiò alternativamente:
“Gyro-alert ! Free Rotation ! Gyro Alert ! Free Rotation !”
Una lunga attesa di pochi secondi, poi lo schermo sentenziò:
“ 5.83 rpm, increase/vect/swing axis 4 rad”
Si aggiunsero dei suoni che mi spaventarono un pochino:
“Wuaaang-wuaaang !”
“Che succede Mario ? Qui trema tutto.”
Ruotavamo come prima, ma a tratti l’asse della lunghezza della Pegaso oscillava repentinamente, per poi autocorregersi…e reiclinarsi all’improvviso. Trascorrevo dei secondi d’angoscia; non sembrava il viaggio ovattato di poche ore prima.
“Ho disinserito il computer, ci stavano agganciando, me ne sono accorto in tempo ! Se ci lasciavamo fare l’auto attracco, e bloccavano la Pegaso una volta agganciata; praticamente mi arrestavano non appena mettevo piede sulla Micenea!”
“Ma qui trema tutto…”
“Tranquilla, è l’avvertimento della navetta, devo pilotare manualmente, la massa della Micenea ci induce a ruotare sull’asse longitudinale…”
“Asse longitudinale ?”
“A forma di botte…lo sai cos’è la botte, no ?! Te ne ho parlato quando avevi preso il rhum…”
Mario armeggiò sui comandi ed udii distintamente altri rumori come di gas. Su Titano uno ogni tanto il Sorvegliante quantistico faceva circolare l’aria in un certo modo.
“Fiiiiishhhhh, fouuuuuuuuuuuush…fouuuuuuuuuuuush…zzzzzzp!
“Cos’erano ? Perdite ?”
“No, razzi laterali d’assetto, adesso ci opponiamo alla rotazione, e ruotiamo su noi stessi alla velocità giusta. Ho stabilizzato manualmente l’astroscialuppa.”
Poi chiamò l’astro-cargo:
“Micenea, disinserite l’auto-path o non potrò stabilizzare la Pegaso. Il computer rientrerà in funzione tra due minuti, non posso disinserirlo, e non voglio attraccare, ripeto non voglio attraccare.”
“Che problemi avete Pegaso ?”
“Negativo, niente attracco.”
“Due sette sette, cosa intendete dire? Chiarimento prego.”
Mario fece silenzio un minuto o due angosciandomi dato che non sapevo che intenzioni avesse, fissava la radio di bordo senza degnarmi di uno sguardo. Alla fine chiarì:
“Disinserite l’auto-path se volete la ragazza viva ! Aspetto ancora un minuto, se non avrete disinserito l’auto path sparerò la Pegaso nel vuoto; ho da parte un impulso di dodici secondi ancora e intendo utilizzarli. Avete 54 secondi, 53…”
Forse Mario bluffava, ma nemmeno io potevo saperlo. Rimanemmo in silenzio un lungo gelido minuto; il cane stretto sul mio piccolo seno sembrava capire di dover fare silenzio. Alla fine Micenea confermò:
“Abbiamo disinserito auto-path ! Pegaso potete reinserire il computer se volete, non avvierà l’auto-mooring.”
Il computer della Pegaso che ora non dialogava più in computerese con quello della Micenea dopo i cinque minuti di disinserimento riprese autorità sulla Pegaso che ritornò stabilizzata a rotazione costante; me ne accorsi da un piccolissimo strattone laterali delle pareti contro la mia schiena. E da un ulteriore rumore dei razzi d’assetto a gas. Mario riprese la conversazione:
“Ehi, Micenea, carte in tavola ! Voglio fare uno scambio: vi do la ragazza viva in cambio di un rifornimento di viveri e acqua per sei zero giorni. Acqua e viveri liofilizzati. Consegna EVA. Fatemi sapere, manterrò Pegaso a cinque zero zero metri at vostra sinistra. Accosto di mezza orbita al trasverso, periodo stimato tre zero minuti. Fermo stimato a quattro zero minuti.”
Mario avrebbe fermato l’astro-scialuppa a cinquecento metri dalla Micenea avvicinandosi lentamente e rimanendo di lato; entro quaranta minuti ci saremmo di nuovo trovati fermi reciprocamente. Mario aveva inserito la Pegaso in un’orbita di avvicinamento piuttosto lenta. La qual cosa dava alla Micenea il tempo di approntare l‘attività extra veicolare, la EVA appunto. Chiesi a Mario:
“Non credi che cercheranno di riagganciarci ?”
“No ! Lo sanno che sono un pilota ! Se lo fanno ci spariamo nel vuoto, e tanti saluti ! Il computer ha ripreso full-authority sulla giroscopia e sull’orientamento; ho isolato i razzi chimici. Quelli dipendono da me ! Sono quelli che ho portato in manuale…”
“E adesso ?”
“Entro trenta minuti ci affiancheremo, ed in ulteriori dieci ci fermeremo mantenendoci paralleli, intanto se sono intelligenti mi faranno i bagagli.”
“Beiiiiippppp ! Beipppppp!”
“Chiamano !”
“Qui due sette sette ! Avanti.”
“Il comandante ha autorizzato una EVA, due astronauti: Mark Ulianov, ed un suo amico due sette sette: John Quartarelli. Quando vuole consegnarci la ragazza sono pronti ad uscire con gli zaini-jet.”
“Ah, John, sempre un piacere sentirlo…”
L’ufficiale in terza Paula Terry non era disposta a dare confidenza a Mario, per cui gli disse:
“Vorrei pregarla di non ucciderli come ha fatto con Greg e sorella Johanna…”
“Mark non lo conosco, non di persona. John è mio amico da una vita Paula…”
“Tenente Terry per lei due sette sette; comunque John si è offerto volontario; avete fatto insieme l’accademia…adesso faccia attenzione: le passo il nostro cargo-master…”
Mi venne in seguito spiegato che il cargo-master era l’addetto al carico della Micenea; qualunque trasbordo di merce, piccolo o grande doveva passare da lui. Questi si fece avanti dopo due secondi; non potevo vederlo in faccia ma me lo immaginavo rozzo e muscoloso, come un minatore asteroidale. Viceversa aveva un tono molto civile e più umano rispetto a quella di Paula Terry.
“Van Brenner, sono Monyhan il cargo master della sua nave. Mi dicono che lei ha chiesto viveri per sei zero giorni…e acqua, è esatto ? Confermi prego.”
“Viveri e acqua per due mesi, confermo.”
“E dove vuole stipare tutta quest’acqua Van Brenner ?”
“Sganciate un’altra astro-scialuppa identica, ho fatto esercitazioni in passato, e so che sono agganciabili per la prua, mettete i viveri e l’acqua in un’altra Pegaso, i due dell’EVA cureranno l’aggancio; una volta agganciati libero la ragazza e i miei colleghi dell’EVA la porteranno a bordo.”
“Io non posso autorizzare lo sgancio di un’altra Pegaso, l’astro cargo ne ha due in tutto, ed una è quella in cui siete voi…”
“Che vuoi dire cargo master ?”
“Che il comandante non autorizzerà lo sgancio di un’altra Pegaso, la Compagnia gli ha espressamente proibito di trattare con lei Van Brenner ! E quanto a questo neanche io !”
“Ma vi siete scimuniti sulla Micenea ? Finché la ragazza è in mano mia voi esaudirete le mie richieste !”
Mario si stava alterando, io…angosciando. E per quel che potevo saperne il cargo master era glaciale, cortese, tranquillo.
“Io posso farle passare i viveri liofilizzati, ma l’acqua che chiede lei gliene posso travasare un pieno per la Pegaso solamente, se crede. Se ne occuperà Quartarelli. S’intende che se la dovrà razionare…cosa voglia fare lei lo ignoro, ma le Pegaso hanno un serbatoio per l’acqua da ottanta litri; il rifornimento richiede sei minuti se avvicina la navetta le filiamo la sonda che i due dell’EVA agganceranno alla Pegaso…”
“Non capisco cargo master ! Cosa vi è preso ? Fatemi parlare col comandante Kränz !”
“…”
Il cargo-master non disse niente per mezzo minuto, poi all’improvviso riprese la parola il tenente Paula Terry per specificare a Mario il silenzio del cargo-master alle sue proteste:
“Il comandante non può trattare con lei. Ha dato in escandescenze per via della sua recente condotta, per cui in presenza di due ufficiali e del commissario di bordo, conformemente al codice di navigazione spaziale, il comandante Kränz è stato sollevato dall’incarico. Non può condurre con lei alcuna trattativa. Può parlare solo con Benningoul e me se è interessato al trasbordo acqua. Se avvicina la Pegaso a quattro zero metri o meno posso autorizzare il rifornimento d’acqua, il pieno naturalmente.”
“Vi siete ammattiti tutti ! Inizio la pre accensione del propellente liquido…tra cinque minuti ci perderemo per sempre sopra l’eclittica: io e la passeggera !”
“Non faccia sciocchezze Van Brenner ! A noi a questo punto interessa solo la ragazza, viva.”
“Quattro minuti e quaranta tenente Terry !”
“Lei sta bluffando Van Brenner ! Il propellente l’avete esaurito lasciando Titano…”
Seguì mezzo minuto di silenzio; Mario era teso e sudava freddo, ma calmo disse:
“Quattro minuti tenente ! Accenderò il propulsore, statene certi !”
Feci segno a Mario di chiudere mano sul microfono; lui capì, e chiuse la comunicazione per un momento; volevo chiedergli:
“Ma abbiamo ancora del propellente liquido Mario ?”
“Pochissimo, quasi niente, ma loro non lo sanno ! Di solito noi piloti ci piace non consumarlo del tutto al lancio, così quando siamo nello spazio usandolo ancora un po’ abbreviamo il tragitto che con l’elettronucleare sarebbe comunque lungo.”
“Non è meglio che ti arrendi ?”
“No, proprio no ! Se mi va bene mi prendo l’ergastolo in un penitenziario desertico in Arizona, o in Algeria…quelli come me per non giustiziarli se li tolgono dalle palle perché muoiano da soli…”
“Sono zone durissime ?”
“Titano Uno era un Eden al confronto ! Tutto arido, sabbia o roccia.”
“Cos’è l’Eden ?”
“Il paradiso in terra secondo la Bibbia…te lo racconteranno sulla Terra ad ogni modo…ora li richiamo ! Ne sono rimasti solo due !”
“Micenea ! Qui Van Brenner ! Avete due minuti !”
“Ascolti Van Brenner, la prego di mettere il viva voce. Voglio che senta anche la ragazza…”
“Che volete dire ?”
“Metta il viva voce Van Brenner: ci sono novità per voi, non per lei soltanto…”
“Un minuto e quaranta Micenea !”
“Passi in viva voce…!”
Il gioco sembravano condurlo quelli della Micenea; Mario era sempre più agitato…tuttavia alla fine obbedì; dalla Micenea prese la parola il comandante in seconda Benningoul:
“Van Brenner abbiamo simulato col computer la vostra partenza da Titano; secondo i nostri calcoli vi sono rimasti non più di sette-otto litri di carburante chimico…se volete usarlo per spararvi fuori dal nostro range fate pure ! Io ed il tenente Terry riteniamo che non possiamo – ripeto – non possiamo, e neppure vogliamo mettere a repentaglio la vita di 33 membri dell’equipaggio per sottostare al salvataggio di due sole vite che non collaborano: la ragazza non è necessaria per la sicurezza della nave, del carico, e del suo equipaggio; lei Van Brenner, salvo sua resa, la consideriamo un ammutinato. Non so se i suoi genitori potranno continuare a condurre l’appartamento della Compagnia…”
“Fatela corta bastardi ! Avete sei zero secondi soltanto.”
“Van Brenner, signorina Karydu, come ufficiale in comando vi notifico che non autorizzerò lo sgancio della seconda Pegaso; come ben sa il suo amico signorina, il sistema Pegaso ha la funzione secondaria di rimorchiatore d’emergenza in caso di avaria dei motori elettronucleari della Micenea…l’unica rimasta deve restare integrata con la Micenea per qualunque emergenza: signorina Karydu cerchi di convincere il suo amico: nella fascia asteroidale esterna non farò nulla per salvare due vite rischiandone altre 33 ! L’offerta di acqua e viveri in cambio della consegna della ragazza viva è sempre valida!”
Mario interloquì deciso come fosse uno di quei delinquenti contro cui si batteva il mio eroe infantile Ted Sky Fox…
“Venti secondi Micenea ! Ho il dito sul pulsante !”
“Può andare al diavolo se vuole Van Brenner. Ucciderà solo sé stesso e la ragazza, qualche ben pensante piangerà un po’, altri condanneranno l’episodio, e fra un anno non ne parlerà più nessuno. Rifletteteci ! Sulla Terra alcun magistrato contesterà il nostro operato. Se accetta l’acqua appronto la EVA con il tubo e la sond…”
“Click !”
Mario chiuse la com e si rivolse a me deluso dicendo:
“Non se la sono bevuta, finirà qui porco spazio! Ha ragione lui, sant’Universo porco ! Eh già, nessuno rischierebbe 33 vite per salvarne due poco collaborative…ed io senza la seconda Pegaso non sopravvivrei abbastanza fino alla Rossjasia vessel porco cosmo !…”
Seguì una lunga pausa di silenzio; più o meno un paio di minuti, poi Mario mi fece segno con un sorriso rassegnato ed un occhiolino con la palpebra; per cinque-sei secondi non capii, poi invece compresi: dovevo reggergli il gioco; infatti mi sussurrò di parlare con un tono tra il finto disperato e lo spaventato; dovevo interpretare la parte di quella che ero sempre stata: una tipa incosciente. Mario intanto aveva riacceso il microfono affinché sulla Micenea sentissero la nostra conversazione intima:
“…beh, che vuoi fare ? Sei con me ?!”
“Tu che vuoi fare ?!”
“A questo punto direi che siamo disperati: un’accensione residua: ci spariamo nel vuoto, poi si vedrà…Io non ho intenzione di consegnarmi a loro ! La mia unica speranza era andare incontro alla Rossjasia vessel e poi chiedere asilo, ma mi occorreva la seconda Pegaso per l’impulso iniziale, quello chimico. Il motore elettronucleare ci metterebbe due settimane ad accelerarmi alla velocità giusta, e poi altre tre settimane sperando nel rendez-vous, è irrealistico, moriremo credo…inutile nasconderselo.”
“Non puoi proprio farla rifornire questa ?”
“No le Pegaso hanno il combustibile precaricato sigillato. In ogni caso nave Micenea non è attrezzata per il rifornimento di combustibili liquidi esplosivi nello spazio…il caricamento in sicurezza solo a bordo.”
“E quanto ci resterebbe se ci sparassimo ?!”
“Da tre a sette giorni, poi finirà anche l’acqua che avremo razionato e allora…”
“…e allora ?...”
“Se vogliamo farla finita assieme ho il phaser che ho preso a Greg; punti la canna a contatto con il capo da sopra e tiri il grilletto… ci vuole un secondo mentre fai lo sparo; poi sordità e cecità sopravvengono immediate, insomma una scossetta alla testa e via ! Non subito; quando avremo finito i viveri prima che arrivi la follia, o vadano via le forze… potremmo fare così: prima il cane, poi te, e poi io…oppure te lo do e decidi tu…ti dirò io come piazzarmelo alla testa. Se usciamo dall’eclittica non ci troveranno mai…”
“Quindi non si soffre ?”
“No, col suicidio assistito no. Si tratta solo di avere coraggio un secondo, uno.”
“Che fai con quel dit...click !”
Mario aveva fatto finta di accorgersi che il microfono era acceso e lo spense; fine della commedia !...

…o no?! Aveva il dito sul pulsante rosso con scritto start, ma esitava, esitava, ed i secondi passavano angosciosi. Che avrebbe fatto ? Io in quei momenti di tensione trattenevo il groppo in gola. Solo un centimetro d’aria libera tra il dito ed il pulsante si opponeva al mio futuro immediato con due sentieri che si sarebbero esclusi vicendevolmente: una “quasi salvezza” a cinquecento metri di vuoto da me, o un bel romantico, disastroso, disperato naufragio differito senza possibilità di esser trovati prima della fine delle nostre funzioni vitali. Mi chiedevo in quel momento perché o come mi ero cacciata in questa fottuta situazione di merda. Eh sì ! Stavolta l’avevo detta bene: non “della merda” come mi corresse una volta Miss Dera, bensì “di merda”…Che devo dirvi ? L’idea di spararmi un colpo di phaser non mi piaceva, anche se sarebbe stata la fine di tutte le eventuali inevitabili sofferenze da naufragio cosmico. Ormai ero curiosa di vedere la Terra, ma volevo che Mario in qualche modo si salvasse. Scesi di mezzo metro ad abbracciare Mario poi gli dissi:
“Prendi un’ora di tempo ! Tratta ! Prendi una sola ora ! Che ci lascino in pace una sola ora, sento che mi verrà un’idea…fidati di me ! Ce la caveremo…”
Mario li chiamò:
“Ehi ! Micenea…qui Van Brenner !...”
“Avanti della Pegaso…che intenzioni avete allora ? Intendete arrendervi ?”
“Ci terremo ancora a distanza ! Tra un’ora vi richiamiamo con la risposta.”
“Un’ora Van Brenner ? Beh, faccia pure. Non so se vorrà darcela, ma qui la ragazza – lo sappia ! - la vogliamo, viva. Lei può arrendersi o andare alla der…”
“Click !”
“Fanculo stronzo !”
Mario mi stava facendo imparare un bel po’ di parolacce. Ormai ero certa che niente lo legasse più alla Micenea, la sua ormai ex-nave madre. Tuttavia avevo guadagnato un’ora. Io a quel punto avrei voluto trasbordare verso la Micenea, mentre Mario era diventato più fatalista sapendo di non avere più scampo. Leccai Mario sul viso, e con quel gesto gli proposi dell’altro sesso, probabilmente l’ultimo, tra noi due. Ottenuta la sua risposta positiva presi il cane e chinandomi lo rimisi sotto il sedile: Rasputin ormai conosceva la posizione; guaì, poi mi leccò la mano entrando rassegnato e stendendosi di fianco cullato dal volume interno del sotto-sedile.
“Uuuvvuauuuuuuu, bau !”
“Buono, ancora un po’ Rasputin, buono! Vado eh…?!”
Povero cane, cosa stava sopportando per la sua padrona…mi rialzai che mi ero abbassata verso il mio uomo per baciarlo sulla bocca e cercare famelicamente la sua lingua. Mario era nervosissimo; me lo stava dicendo la sua lingua fin troppo veloce nei guizzi. Per quanto aprissi la bocca per facilitare la ricerca della sovrapposizione tra le nostre lingue sembrava impossibile. Mario mi stava abbracciando e mi stava anche introducendo il dito della mano nel mio culetto. Voleva una chiusura totale del nostro “circuito”. Io ormai ero nuda anche se durante le concitate conversazioni con la Micenea non me n’ero accorta, né me ne curavo: c’eravamo solo noi due nella nostra astronavetta Pegaso. La mancanza di gravità aveva i suoi lati piacevoli, ci sembrava veramente di volare ruotando lentamente su noi stessi all’interno di quel poco meno di tre metri di diametro. E ci credo che non gli avrebbero dato la seconda Pegaso ! Benché concepita come mezzo di salvataggio ed esplorazione era piuttosto piacevole a starci; eh no ! Era piacevole perché eravamo in due, non in quattro come avremmo dovuto essere…sapevamo ogni momento dentro di noi chiusi nell’abbraccio dove ci trovavamo; ce lo diceva il tocco delle punte dei nostri piedi sull’arredamento. I baci avevano sortito l’effetto sperato, il cazzo del mio uomo era tornato in tiro. Mario aveva interrotto il lingua-lingua per baciarmi il collo e le orecchie, io avevo fatto scivolare la mano sulla sua arma di carne che induriva quasi all’istante col tocco della mia mano femminile. Afferratolo, tanto mi teneva in posizione la gravità zero ed il suo abbraccio, portavo l’asta e la cappella indurita quando riuscivo a prenderla tra le dita a strusciarsi sulla mia vulva già umida e leggermente gonfia. Io di mio avevo già voglia di farmi penetrare un’altra volta. Mario aveva preso a stringermi entrambi i seni uno alla volta e col suo succhio famelico dei miei capezzoli oltre che dei suoi baci su tutto il seno cominciai a bagnarmi sotto, lì tra le mie coscette dove una corrente interna mi faceva sentire come se dentro di me vibrassi elettricamente; la bocca del mio amante mi aveva arrapato rendendomi vogliosa del cazzo, lo volevo dentro di me tutto quanto. Sentivo che anche il mio clitoride si stava aprendo ed irrigidendo, mi strusciavo il suo cazzo quasi del tutto duro. Doveva entrare ma volevo un altro po’ di godimento diretto, lì sul mio femmineo piccetto. Gli feci segno di sollevarmi che avevo ancora il suo dito ben addentro il mio culetto. Mario aveva capito: in assenza di peso essere sollevata facendo agire come leva il suo muscoloso braccio ed avambraccio era un gioco da ragazzi, anche col dito indice piantato nel mio ano. Mario si servì da solo il grazioso antipasto da servirsi liberamente bagnato, e da consumare con la lingua e con le labbra. Una tartina di carne umidiccia, piacevole, liscia, e vellutata: la sostantivazione della gentilezza di…carne. Allargai come potei le mie cosce per accogliere il suo volto. Mario si era fatto baciare letteralmente le proprie labbra dalla mia vulva. Le sue labbra si erano allargate quanto bastava per sovrapporsi alle grandi labbra del mio sesso. Per quel che ne potevo sapere poteva pure puzzargli, ma quel minuto che la sua lingua trascorse nel mio canale d’ingresso senza darmi granché di sensazione, lo illudeva che avrebbe colto i miei saporini più interni, più intimi. Tuttavia il piccolo peso relativo del mio corpo, o meglio la sua pura massa d’inerzia come mi aveva insegnato Miss Dera, aveva fatto in modo che il suo dito medio fosse entrato del tutto nel mio ano. Essere penetrata dal dito per intero mi piaceva, e ancora di più mi è piaciuto quando Mario aveva iniziato a leccare la mia vulva lì più in alto, proprio dove le mie sensazioni erano fisiologicamente più intense. Il mio clitoride era bagnato al cento per cento dalla sua lingua e dalla sua saliva. Che bravissimo amatore Mario: la mia vulva lasciava scendere qualche salata bavetta che Mario si sbrigava a rileccare. Avvenne non appena sfregò la pelle del suo pollice sul mio inguine, lingua nel clitoride, carezza all’inguine, e massaggio interno nell’ano digital…mente. Miracoli dell’assenza di peso. Non so Mario, ma io ero in un piccolo Paradiso di…sensi. I seni benché non grandi mi si erano irrigiditi; sopra l’ombelico avevo una corazza di fuoco con la quale cerebralmente avrei fatto anche una guerra nucleare, tanto mi sembrava d’essere invincibile. Sotto, tra le mie cosce cedevo, cedevo e cercavo il contatto, pieno. A Mario il fatto che sotto mi bagnassi invece che a staccarsi, lo induceva a rimanere a mescolare la sua saliva con i miei liquamini fisiologici del mio piacere…
“Ahhhhnnnnn, ahnnnnnn, ahnnnnnnn! Mario, basta, o mi farai venire qui, uh ! Ahn ! Ahn ! Ahnnnnmnn, ahnnnn, ma cos’hai lì in bocca ? Ahnnnn, ahnnnnnn, ahnnnnnn !”
Le mie sensazioni erano contrastanti: gli dicevo di smettere, che rischiavo di venire lì sul momento, ma gli tenevo la testa per la nuca affinché vi rimanesse; ogni secondo di più era un mitragliamento di sensi più, anzi con più di un più, dippiù !
“Ahnnnn! Ahnnnnn! Ahnnnnnn! Noooooh, ahnnnn! Ahnnnn ! Mi vai venire…bastaaaaahhh ! Uhmmmm ! Ah ! Ahn ! Ah ! Sì !”
Chiusi le mie cosce sul suo volto ben decisa a prolungare quegli istanti, non ad interromperli. Mario però fu di diverso avviso. Smise di leccare, poverino, forse non ce la faceva più. Sentivo che affannava, forse doveva solo respirare. Mi tolse anche il dito dal culo ed in quel momento provai piacere, poi dopo avermi preso per i fianchi grazie al zero-g mi voltò e replicammo per un disordinato sessantanove. Gli afferrai il cazzo in tiro e vedendo che aveva una macchietta bianca che stava per lasciare provai a prenderlo con la punta della lingua…
“AHNNNNNNN!”
…Mario sussultò con un rantolo incontrollato: avevo toccato con la punta del mio organo di senso orale il centro del piacere maschile. Non era che una goccetta amara neppure tanto densa, non valeva la pena assaggiarla. Fattala separare dall’ingresso dell’uretra la lasciai fluttuare nell’aria. Quindi presi a carezzargli e baciargli i coglioni cercando di succhiargliene qualcuno. Miss Dera mi aveva detto riservatamente che questa pratica poteva essere pericolosa, poteva portare anche al distacco del testicolo. Non insistetti più di tanto anche se volevo dare tutta la mia tenerezza ai suoi coglioni caldi e gonfi…all’improvviso, dopo un tremolio dovuto alla lingua dura di Mario sulla mia vulva bagnata gli presi in bocca la cappella e ricambiai la sua lingua dura con un morsetto gentile alla base della cappella per qualche istante, poi allentai e spostai il mio morsetto sull’asta e presi a fare mulinello con la lingua sulla cappella, tutta quanta, senza nemmeno chiedermi se era finita sui lobi o sul centro, l’ingresso dell’uretra. Succhiavo anche famelica ! Mario trasalì:
“Ahunnnnnn ! Ahnnn! AHHHHHH !”
Avevo capito, Mario tendeva a venire presto, accidenti, se avessi continuato mi sarebbe venuto in bocca. Il mio uomo lo volevo congiunto, dentro di me, assolutamente ! Presi fiato e gli dissi:
“Mettimi la schiena alla parete ed entra, dai ! Voglio vederti per dritto ! Basta col 69, basta ! Dai che sto per venire e mi sa pure te amore, dai !”
Mario mi rivoltò in un istante grazie al zero g, poi, con una piccola spinta portò la mia schiena sulle fredde pareti della Pegaso proteggendomi dall’inevitabile urto la testa con le sue mani ; tuttavia la parete non era poi così fredda dato che una piccola quantità di energia sottoforma di calore veniva distribuita alla Pegaso dai micro-reattori a microfusione. Speravo che la rotazione su sé stessa della Pegaso ci tenesse attaccati alla parete, ma non tardai a rendermi conto che se avevo la sensazione di essere stesa su una superficie era per le spinte di Mario e per l’effetto ventosa della mia pelle. Passati pochi secondi, quando fui certa che non ci saremmo mossi troppo di lato allargai le cosce e afferrato il cazzo di Mario con la mano me lo strusciai sulla vulva un po’ di secondi per ridrizzarglielo ed invitarlo alla penetrazione dentro di me. La mi vulva era ancora gonfia ed aperta, non ebbe nessuna difficoltà ad accogliere il cazzo di Mario di nuovo dritto, duro ed in tiro. Entrò in me in un istante, la mia pancia incontrò la sua e trasferendo temperatura sovrapponemmo corpi e sessi in un tutt’uno: completammo la cosa con un bacio, poi sistematagli la testa perché mi leccasse sotto le orecchie prese a muovere il suo maschio organo piantato ben addentro nella mia vagina. Sentivo nel cervello ogni colpo del suo cazzone giovane e ben duro. Mentre mi godevo le mie lubriche sensazioni chiudendo gli occhi mi sentivo in colpa per Lauren, l’avvocato che Mario avrebbe dovuto sposare. Ad ogni colpo del suo cazzo eretto dentro di me godevo senza potermi trattenere, il mio corpo parlava per me...
“Ahnnnnn ! Ahnnnnnn ! Ahnnnnnn ! Ancora, dai ! Ahnnnnn !”
…quella donna che io immaginavo non troppo dissimile da Miss Dera, la mia insegnante, non avrebbe mai più potuto scopare con quel cazzo dentro il mio corpo. Forse Lauren era più disinibita di me se era vero quello che mi aveva detto Mario: che adorava essere scopata nel di dietro contro la sua scrivania…Mario in poche ore si era giocate carriera, donna, ed onore ! Mentre scartavamo entrambi di lato abbracciati nel nostro ultimo coito senza che la rotazione potesse trattenerci pensavo che sarebbe stato meglio se avessi avuto una malattia titaniana; Greg mi avrebbe uccisa con un colpo di phaser alla nuca in maniera inaspettata e mi sarei potuta riunire a mia madre ed a mio padre in un istante. Adesso che Mario mi baciava il seno e tornava a succhiarmi i capezzoli tra un colpo di lancia e l’altro la mia mente richiamava Greg dopo aver congedato Lauren che neppure sapevo com’era di persona. La mia vagina era tutta uno sciacquo di umori, una pentola dove una specie di demone – o era un dio ? – del piacere rimestava la calda minestra con il suo mestolo personale. Accidenti, mentre godevo di sesso e di succhi sul mio corpo ebbi un’illuminazione; Greg aveva lasciato troppo in pace Mario, era stato troppo discreto. Lo aveva lasciato libero di sfruttare una lato debole e represso di Johanna. Sorella Johanna benché fosse una suora era da tempo che non scopava. Johanna non lo avrebbe mai ammesso, ma si era innamorata di Mario già durante il viaggio di andata, poi la scusa per farsi scopare da lui, nonostante non fosse più tanto giovane, gliel’avevo fornita io stessa: si era concessa a lui affinché stesse lontano da me. Due donne volevano un uomo: Johanna ed io. Mario ha scelto me perché ero più giovane o per via di certi atteggiamenti scostanti di lei, o del suo viso anti sessuale con i capelli completamente rasati. Johanna era in arretrato di sesso e forse avrebbe voluto anche gli interessi…il processetto era finito; mentre cercavo di autoassolvermi per aver portato Mario verso la perdizione più totale non mi ero accorta che avevo già goduto; adesso, com’era da aspettarsi, era venuto il suo turno: quattro proiettili liquidi raggiunsero il mio collo dell’utero. Mi strinsi a lui e gli offrii la custodia incondizionata del suo seme nelle profondità del mio ventre. Mario si accasciò esausto; strisciando la mia schiena sulle lisce pareti metalliche della Pegaso avevamo fatto quasi un giro completo. Ormai il mio corpo non aderiva più, fluttuavamo sospesi nell’abbraccio, sudati e freddi, e la mia testa colpì il tronco di cono superiore.
“Ahi cazzo !”
“Hai urtato il cono d’attracco; è acciaio durissimo, mi dispiace, tesorina.”
“Aspetta…”
“Che c’è ?”
“Volevo vedere che ora è…”
“Vediamo, venti minuti ancora, poi quelli della Micenea richiameranno…”
“Che vuoi fare ? Ci scagliamo ancora nel cosmo ?”
“No. Ho bluffato prima; avevamo sì e no sei o sette secondi d’impulso rimasti. Credo che accetterò il rifornimento d’acqua e cibo liofilizzato…poi tu ed il cane trasbordate, ed io vedo di raggiungere comunque la Rossjasia. A bordo non risalgo.”
“Se ti arrendi potrei testimoniare io a tuo favore. Dirò che sono stata io a provocarti…”
“Non hai capito proprio niente ! Io e te abbiamo un punto in comune; forse è per questo che ci siamo piaciuti…”
“Che vuoi dire con questo ?”
“Che io e te, nel nostro piccolo, ci siamo comportati come fossimo i peggiori nemici di noi stessi…”
“Ma che c’è di male a desiderare un uomo ?”
“Nessun male. Ma tu la bocca devi imparare a tenerla chiusa.”
“Ma io voglio solo aiutarti, perché non vuoi che testimoni per te ? Dirò loro che Johanna voleva uccidere il mio cane e che tu mi hai aiutato a salvarlo; mi dovranno pur credere…chiederò che mi ascoltino tutti quanti…”
“Proprio questo è il punto; se tu parli troppo incrimineranno anche te; a 16-17 anni sei incriminabile come un adulto, anche se la pena è senz’altro minore…tu racconta che sei stata mio ostaggio fin dall’inizio; io li toglierò dall’imbarazzo chiedendo asilo nell’altra area economica… e vedrai che fra tre o quattro anni non ne parlerà più nessuno…alla Compagnia basterà coprirsi di gloria salvando te…ma ormai per questo devi essere sola !”
“Ma…”
“Scendo a prenderti la manica con l’acqua, stai pronta ad afferrarla…dovrebbe essere rimasto un po’ di sapone spray…”
Mario si voltò, si rovesciò con una capriola, e con disinvoltura volò col suo corpo un metro e mezzo più sotto. Quando arrivò si sedette su uno dei seggiolini e afferrata e filata abbastanza la manichetta me la tirò insieme al sapone spray che imparai ad usare per lavare la vulva, e le cosce. Poi con opportuni spruzzi di aria ed acqua mi sciacquai cercando di risparmiargli più acqua possibile, anche se una sessantina di litri si erano offerti di trasferirgliela con la EVA…chiaramente erano insufficienti; lo avrebbero fatto morire di sete fino alla Rossjasia che seguiva. Poi dissi:
“Mario, mi serve la manichetta aspirante, devo fare la pipì…”
Mi gettò anche quella, così qualche secondo dopo potei urinare e liberarmi; due minuti dopo, spenta l’aspiratrice, gliela rilanciai e Mario che nel frattempo l’aveva già usata la ripose nell’alloggiamento. Ripulitami la vulva con un altro po’ di acqua ed aria con la piacevole sensazione della vulva pulita restai rilassata cinque minuti a contemplare tutto dall’alto; Mario stava rifacendo alcuni calcoli al computer, ma secondo me ingannava solo il tempo; Mario all’improvviso con un tono più aggressivo degli ordini di Miss Dera mi disse:
“Se hai finito di guardarmi dall’alto e sei asciutta datti da fare, e metti il cane nel trasportino in sicurezza...non lo voglio tra le palle a fluttuare in giro, dai, che abbiamo poco tempo. Quelli stanno per richiamare, dai…"
Mi precipitai sul sotto seggiolino a recuperare Rasputin che purtroppo per il disagio l’aveva fatta un po’ dappertutto. Alcune cacchette fluttuavano trattenute dal sotto sedile. Fortuna che sulla Pegaso c’erano gli aspiratori di aria. Il cane, che se ne era rimasto quieto mi accolse con i suoi soliti abbai:
“Bauuuu, bbau, wuouuuuuu, bau !”
“Buono Rasputin, vieni qui da me…”
Afferrai Rasputin e lo portai al mio seno, al ché si calmò. Cercai il trasportino che fluttuava alla mia destra sotto l’oblò laterale ed apertolo vi misi dentro il mio cane. Chiusi solo parzialmente affinché respirasse l’aria interna . Mario che mi aveva visto disse:
“Devi aiutarmi ad indossare la tuta che dobbiamo fare delle pulizie qui…poi io ti aiuterò ad indossare la tua, dai !”


- Continua –
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