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Due più - 2a parte


di sexitraumer
10.12.2009    |    37.279    |    0 8.0
"Io, sua madre, interpretando i suoi desideri lasciavo la mia incombenza, non mi voltavo verso di lui, e dopo un paio di minuti mi spostavo in una stanza..."
Andò a prenderli. Erano ben otto. Li sistemò alla rinfusa. Io mi sedetti sul tavolo e mi accesi una sigaretta offrendone una anche a Rolando che la rifiutò, dato che non fumava mai per regola al chiuso di una casa.

“Puoi aprire la finestra. Sono contenta se entra aria.”
“Apro subito signora. Ma io non fumo mai dentro casa. Mi scusi, è una regola mia! Ma lei fumi pure se lo desidera signora! Questa è casa sua.”

Presi alcuni di quei giornalacci per consultarli. Vidi che scene omosessuali maschili, insomma di froci per intenderci, non ve ne erano; o almeno così mi sembrava per quelli che avevo visto. Le pagine più “consultate” ovviamente avevano donnine giovanissime, delle diciottenni molto curate che loro due, inesperti sbarbatelli, non avrebbero mai potuto incontrare. Come non capire quei due segaioli! Così disperati da masturbarsi tra di loro. Le fiche di quelle donnine erano curatissime, pelose al punto giusto, clitoridi rosei graziosi in bella vista. Prospettive dovute però anche all’abilità dei fotografi ed impaginatori. Anche i buchini dei loro culi tecnicamente perfetti e senza peli (anche se lì è questione di gusti pure con quelli). Dissi al ragazzo:

“Rolando!”
“Sì signora.”
“Siediti accanto a me, che ti chiedo qualcosa; di queste cose sarete esperti te e Massimo!”

Rolando si sedette accanto a me aspettando le mie domande. Mentre fumavo mi lasciai cadere apposta un’asola senza però che il mio seno si scoprisse. Il ragazzetto era libero di guardare quello che voleva del mio corpo. Io tenevo gli occhi fissi su quei giornali. Me li stavo consultando uno per uno. Ed intanto fumavo la mia sigaretta come fossi una troia navigata. Rolando si era alzato notai per rimettersi la maglietta. Io lo prevenni dicendogli:

“Te la metti più tardi, adesso te la impregneresti solo di fumo. Vieni qui accanto a me! O non ti piaccio forse?!”
“No, signora, è che io…”
“Tié, guarda qua! Ma quando la conoscerai mai una così?! E vi ci spremete pure le palle!”

Rolando se ne uscì con un’alzata di spalle. Non ne voleva sapere di rilassarsi. Provai di nuovo:

“Rolando, prendimi una birra! E apritene una pure tu!”

Rolando prese due lattine, e due bicchieri puliti e si mise a farmi da barman. Spensi la sigaretta sul portacenere e feci per bere i primi sorsi; poi fingendo un gesto maldestro feci scendere un piccolo rivoletto di quella birra fresca e schiumosa sulla valle del mio seno. Provocai quello sbarbatello:

“Rolando! Assaggia questa birra, e dimmi se è buona.”

Rolando avvicinò timidamente il naso poi tutto il viso, lentissimamente; io lo aiutai carezzandogli la testa contro la parte scoperta delle mie tette scoperte. Sempre timido Rolando colse quella birra dalla mia pelle con la sua lingua. Poi continuò a strusciarsi sul mio collo caldo. Mi carezzava con le sue labbra e mi baciava con piccolissimi guizzi della sua lingua. E naturalmente mi solleticava con i suoi capelli. Non male per uno sbarbatello. Quel bambinone di sedici anni rimase incollato alle mie tette senza cercare di toccarmele. Non ci sarebbe stato niente di male. Lasciai scendere del tutto l’asola già caduta, e la mia tetta sinistra era tutta scoperta con tanto di capezzolo carnoso da suggere. Lentamente come se fosse in paradiso, e volesse rimanerci, Rolando prese a baciare la mia zinna dolcemente premendosi contro di essa. A me quella dolcezza stava piacendo, e la mia fica si stava già scaldando. Attendevo con ansia il momento del suo tocco, il momento in cui me l’avrebbe presa, spremuta, carezzata, e risfiorata continuamente. Lì mi sarei bagnata tutta fino a raffreddargli la mano. Sentivo che la vulva si stava gonfiando. Il momento in cui avrebbe dovuto impertinentemente toccarmi non arrivava. Presi la sua mano e gliela misi sul mio grembo: stava a lui cercarmi sotto la stoffa. Lo incoraggiai baciandolo sugli occhi, sulle guance, cercando le sue labbra che potei incrociare solo per un istante. Rolando mi mise la mano sotto il culo. Ah ! - pensai- finalmente un gesto un po’ porco! Ansimai respirando onde incoraggiarlo:

“Ahnnnnn!”

Scambiammo ancora dei baci. No, Rolando non era frocio, anche se aveva preso in mano il cazzo di mio figlio per morbosa curiosità o goliardia, immagino. Ci alzammo, e scoprii l’altro seno. Ora di sopra ero nuda. Rolando continuava a baciarmi anche l’altro seno. Poi mi voltai e gli offrii la mia schiena. Il ragazzo mi afferrò le zinne, e mi slinguò ampiamente baciandomi tutta dietro, scoperta fino alla vita. Ignorai un suono familiare: era uno scatto di chiave di una serratura; quella di casa. Massimo era rientrato con le birre ed il fettato. Ci vide; e naturalmente vide i suoi porno sul tavolo già aperti. Ci guardò entrambi con sgomento; poi senza una parola mise le birre ed il fettato in frigo, e se ne andò nella sua stanza. Non diedi peso, ma quando vidi che Rolando non mi stava più toccando, rimasta in topless, andai nella stanza di mio figlio a spiegargli:

“Beh, che ti prende?!”

Mi guardava come inebetito per cui aggiunsi:

“Sì! Ci siamo guardati i tuoi porno! E allora?!”
“Niente! Se volevi stare sola con lui potevi dirmelo!”
“Alzati! Tanto nel letto che ci fai?!”
“Esci tu. Voglio stare solo! E copriti!”
“Buffone! Guarda che non è stata colpa di Rolando! L’ho provocato io stessa…”
“Zitta! Via! Fate quello che volete! Ma lasciatemi in pace!”
“Ti rode per i porno?! Vabbé! Te ne comprerai altri, dai mica lo dico a tuo padr…”
“Lui non c’entra! Tu non dovevi guardarli.”
“Guarda che era una cosa innocente! Neanche tuo padre fa il santerellino lì dove sta ora!”
“Innocente?! Tu eri nuda e lui ti toccava anche sotto.”
“Davvero?! E tu, l’amico tuo, e Giovanni l’altro giorno?!”

Da dietro di me Rolando credette di dover intervenire e gli disse:

“Ci ha visti! Me l’ha detto poco fa. Non lo dirà ai miei. Me l’ha promesso! E stai tranquillo ! Non ce l‘ha con noi!”
“Ma che vuoi tu?!”
“Tranquillo Massimo. Sa tutto, non ci punirà! Comunque tua madre è bella. Era per questo che la toccavo. Al mio posto faresti lo stesso. Certo mi dispiace di averti imbarazzato. Credevamo che ci mettevi un po‘ a tornare.”
“Ma va…”

Mio figlio Massimo non voleva saperne, e si voltò per non ascoltarci. Io accostai la sua porta e tornai da Rolando. Riordinammo quei porno, e glieli restituimmo. Li piazzammo dietro la porta. Poi io mi spogliai del tutto lasciando cadere in terra la veste e mi piazzai risoluta di fronte a Rolando che da parte sua raccolse il mio silenzioso invito, e si spogliò del tutto a sua volta. Lo presi per mano e me lo portai nella mia stanza. Lì mi distesi subito sul letto ed allargai le cosce per invitare Rolando a leccarmi la fica. Se mi desiderava veramente ero lì, già umida sotto, tutta per lui. Rolando si prese in mano il cazzo, e cominciò a guardarmi il pelo. Iniziò a smanettarselo per farselo venire grosso e duro. Poi mi sorprese chiedendomi:

“Signora!”
“Beh ?! Che aspetti?!”
“Signora, io vorrei, insomma posso leccarle la fica ?”

Pensai:

“Chiedi pure permesso! Imbecille! Pigliala! Non vedi che è gia tua?!…”

Gli sorrisi annuendo. Era partito così bene e ora che mi ha nuda chiede pure il permesso. L’amico di mio figlio abbassò il suo volto sul mio bacino non più caldo dopo l’impasse con mio figlio Massimo. Non sono convinta che l’odore della mia vulva gli piacesse sul serio. Probabilmente non gli piaceva troppo. SI tradì trattenendo il respiro per un secondo o due; poi però tirò fuori la sua lingua, ed iniziò ad umettarmi i bordi delle grandi labbra. I miei peli biondi di là sotto tendeva ad evitarli accuratamente (si vede che gli piacevano le vulve glabre) ma disciplinatamente leccava sopra lo spacco, lentamente, sopra e sotto, molte volte. Con la lingua sapeva deliziarla una donna. Non so se lo facesse per istinto, ma forse l’aveva visto fare sui porno: mi ficcò il medio nell’ano subito dopo avermi leccato fino all’inguine. Poi con quel dito ben piazzato nel mio culo riprese a leccarmi la fica lungo lo spacco. Respiravo, ma non lo eccitavo più di tanto. Forse voleva sentire i miei rantoli femminili incontrollati; ma finché non si concentrava sulla clitoride come avrei fatto a rantolare?! All’improvviso se ne ricordò: alzò la leccata fino alla mia clitoride, e finalmente! Era ormai qualche minuto che volevo godere un po’ anch’io:

“Ahnnnn! Ahnnnn! Ahnnnn! Complimenti Rolando ! La lecchi bene, sai!”
“Uhmmmmmm!”

Rolando non profferiva più parola. Un mugugno era stato il suo ringraziamento per il mio complimento; ed intanto mi leccava da esperto la base della clitoride, e tratteneva tra le labbra il lembo di quella pelle particolare. Grazie alle sue delizie orali la mia fica si era aperta. Rolando ne approfittò per leccarla dentro facendomi trasalire di più. Dunque ero ancora una donna sensibile! Esaltata gli chiesi:

“Facciamo un sessantanove Rolando! Dai, resto sotto io!”

Rimasi stesa e l’amico di mio figlio si piazzò sopra di me per porgermi il cazzo e continuare a leccarmi lì. Afferrai al volo il suo pisello già eretto per le leccate alla mia patacca ormai tutta bagnata della sua saliva di maschio affamato del mio sesso. Purtroppo cambiando posizione mi tolse il dito dal culo, ed un po’ mi dispiacque. Comunque feci un bel mulinello con la mia lingua alla sua piccola cappella dura ed amara. Per cautela succhiavo poco per timore di un lancio precoce. Possedevo con la bocca la sua asta e strozzavo con le mie labbra la sua cappella per poi fare guizzate improvvise della mia lingua al centro del suo glande dove lui era più sensibile. Avevo apprezzato la sua asta vellutata tra i bordi gentilmente serranti delle mie labbra, e cercavo come potevo di muovere bocca e lingua mentre lui faceva di tutto, da una posizione inusuale, per accanirsi sulla mia fica già aperta ed insalivata a dovere! Io sentivo che la sua lingua mi stava facendo venire. Il mio basso ventre si contraeva qualche istante per poi rilassarsi di nuovo. La mia fica sentivo che voleva emettere; ed emetteva, bagnando e sporcando il suo viso di sbarbatello neofita della vera chiavata. Mi sentivo lubrica e sporca perché, anche quando avesse sommato la sua età con quella di mio figlio, ancora non avrebbero ancora eguagliato la mia! Rolando, come a scusarsi di aver preso in mano l’asta a mio figlio per scherzo, aveva preso a deliziare il mio sesso per dimostrarmi che aveva solo scherzato, e che non era frocio. Mi sfiorava anche lo spacco col suo naso, ed io in cambio, gli leccavo i suoi coglioni ormai in via d’indurimento. Dopo una decina di leccate era meglio che mi fermassi, o avrebbe goduto inconsapevolmente nella mia bocca, o nel mio viso, comunque mandando sprecato quel suo sperma che io volevo veder travasato nella mia fica. Gli battei sulle cosce perché si voltasse e dopo qualche secondo capì: si voltò e continuò a leccarmi la vulva catturato da quelli che erano i suoi sapori. Poi riavutosi, mi sembrava, si preparò il pisello, bello grosso e turgido, e me lo affondò dentro. In quel momento sentii un solletico d’imbarazzo al basso ventre seguito da una sua contrazione e poi tanto calore. Quel generoso paletto di carne calda e dura si faceva strada dentro di me dandomi tanto di quel piacere da tirare io stessa fuori la lingua. Quando il giovane che mi stava scopando si chinò abbastanza più in basso verso di me gli diedi io stessa un paio di leccate sul volto che lo inorgoglirono facendogli accelerare gli affondi. Anche lui cercò la mia lingua e cercammo d’incrociarcele più volte, sopra e sotto. Respiravamo breve, intenso, e veloce tutti e due. Non mi stavo curando della porta socchiusa. Certo mio figlio Massimo prima si era risentito che il suo coetaneo, il suo migliore amico di quell’estate, mi stesse cercando di possedere; e adesso mi possedeva eccome! Volli aumentare il livello del coito: introdussi un dito nel culo di Rolando e questi sembrò gradire moltissimo perché mi strinse un abbraccio fin dietro la schiena continuando a martellare con quel suo pisello alla cappella del quale la mia vagina stava facendo una bella doccia calda. Intanto la sua lingua cercava continuamente il mio volto, il mio collo, il mio seno, e - accidenti, per poco non usciva dalla fica ! - e mi riversava addosso rivoli di saliva; gli stessi che avevamo scambiato con le nostre lingue. Quel ragazzetto ci sapeva proprio fare. Io, come sua mentore del sesso, lo stavo promuovendo a pieni voti! Una scopata così lubrica, trasgressiva, salivosa, sporca, veloce, e così intensa non mi capitava da tempo. Ogni tanto ebbi anche attimi di visione bianca nonostante l’intima penombra della mia camera da letto. Ormai purtroppo stava per venire: lo sentivo dalla brevità e dalla maggior frequenza dei suoi respiri e dei suoi colpi di lancia.

“Ahnnnnnnnn! Hu! Ahnnn! Hu! Ecco! Hu! Prendi! Hu!”

Rolando venne dentro di me, ed io lo ricompensavo con dei baci accompagnati dai miei sospiri. Sentivo scendere dentro di me il suo caldissimo sperma pompato da piccoli intensi impulsi. Ero già più calma. Tolsi il dito dal culo del mio amatore, e questi si accasciò contro il mio seno cercando del meritato riposo tra il calore e la dolcezza delle mie zinne. Mi riposai qualche minuto guardando il soffitto; poi voltandomi verso la porta accostata vidi che c’era dietro qualcuno: naturalmente era Massimo che doveva averci spiato. Incrociai la sua pupilla, e gli feci cenno salutandolo con un sorriso. Il suo amico non si era comportato male, ed all’orgasmo per poco non mi ci portava. Massimo aprì la porta: era nudo ed il suo pisello era ancora grossetto. O si era fatta una sega, o non era riuscito a sborrare. Svegliai Rolando; non c’era motivo che continuasse a dormire. Rolando riprese conoscenza dopo il brevissimo sonno tra le mie tette, e guardò anche lui il suo amico Massimo con un sorrisino. Io decisi di proseguire nel programma originario. Ci disgiungemmo. Andai dapprima in bagno ad urinare e lavarmi la vulva, poi cinque minuti dopo pulita, con la topa rimessa a nuovo dall’acqua e dal doccia schiuma presi l’involto di carta con lo spinello lungo. Quindi andai in camera da letto (in realtà solo la mia camera dopo quella d‘ingresso) e vidi che la situazione era tranquilla: mio figlio Massimo che ormai aveva superato l’imbarazzo della mia nudità stava appoggiato all’armadio anche lui nudo e stava conversando normalmente a bassa voce con il suo amico, mio recente maschio chiavatore. Entrai con naturalezza esordiendo:

“Ehi, ragazzi ! Dite un po’! Ve la fumereste una canna con me?! Mi fareste compagnia?!”
“Una canna?! Signora, io non so se…”
“Mia madre intendeva dire uno spinello Rolando ! Non sai cos’è uno spinello?!”

Lo disse mio figlio Massimo punzecchiandolo con ironia. Fui materna, e me ne uscii anch’io con una mia ironia:

“Ragazzi, dopo quello che avete fatto sulla vostra duna, avete paura di un po’ di fumo qui tutti e tre? E poi Rolando, proprio tu che hai fatto fior di sesso con me! La madre del tuo amico!”
“Signora, lei è ancora una bella donna! Pciù, più!”

Che gentile! Si spostò fino ai bordi del letto carponi per baciarmi la fica mentre ero in piedi davanti a lui a pochi cm da mio figlio che mi stava toccando il culo. Poi pontificò ipocritamente:

“Quanto allo spinello sempre droga è!”
“Rolando! Ma che stai diventando poliziotto?”
“No signora. Insomma io non…”
“Non fumi di solito, no ma tu fumi!”
“Sì signora, ma mai dentro casa!”
“Dentro casa tua Rolando! O non ti sei mai fatta una canna! Però se ti chiedono hai mai preso in mano un cazzo…? Devo proseguire Rolando ?!”
“Ma io non…!”
“Ehiiii! Tre boccate saranno Rolando, poi apriamo le finestre!”

Rolando era inspiegabilmente in imbarazzo. Mio figlio ostentava finta indifferenza ed intanto palpeggiava le mie natiche come se mi stesse molestando nell‘autobus. La sparata dello spinello, per giunta da parte mia, il suo amico non se l’aspettava. Prima di tirarla per le lunghe presi l’iniziativa:

“Guardate un po’ qua!”

Presentai loro l’involto di carta e lo scartai. Quindici centimetri di spinello tutti per noi.

“Allora, che ne dite? Lo accendo?!”
“Signora, ma noi che… ?”
“Rolando! Chiudi la porta di casa a chiave! E poi torna qui sul letto. Su!”

Mi staccai da mio figlio ed andai a prendere l’accendino sulla cucina; accesi lo spinello sorridendo amichevolmente ai miei due ragazzi. Tirai le prime boccate. Non era pesante come credevo. A Rolando ammiccavo, e dopo sette od otto boccate glielo passai in modo che facesse i suoi tiri. Andai di nuovo nell’altra stanza ed in frigo presi del limoncello con tre bicchieri di carta. Mio figlio a casa era un bravo ragazzo e non osava toccare la bottiglia. Rolando aveva chiuso a chiave la porta, ed eravamo liberissimi di non rendere conto a nessuno. Presi un portacenere e tornammo tutti in camera da letto. Misi tre dita di limoncello per ciascuno. Invitai mio figlio Massimo a prendere il suo bicchiere, poi passai io stessa l’altro a Rolando. Quindi mi versai il mio. Dovevamo stare attenti o ce lo vuotavamo tutto. Ma sì! Solo per quella sera! Adesso stava fumando anche mio figlio. In parte mi sentivo in colpa! Durò solo un istante. Avevo spinto mio figlio ad assumere droga! Ma il limoncello mi stava confortando. Tirai il mio secondo giro non appena mio figlio Massimo mi ripassò la canna. Gli stava facendo effetto dato che ora mi palpeggiava le zinne. Si stava consumando rapidamente. La seconda serie di tiri mi fece l’effetto che volevo: diedi un ultimo tiro, poi ripassai lo spinello a Rolando e mi ritrovai oltre che nuda semincosciente davanti a loro; e tre di loro. Zinne e bacino erano bianchi come mozzarelle rispetto al resto del corpo assolato. Rolando, dopo aver tirate le sue ultime tre boccate ad una velocità tale che mi spaventò, si avvicinò per toccarmi come aveva fatto prima. Spremeva esitando le mie zinne e mi mise la mano sinistra sopra la fica pelosa per frugarmi e massaggiarmi lì. La cosa che volevo però non era completa. Andai verso l’interruttore della luce e la spensi. Adesso anche mio figlio Massimo che ci aveva osservato fumava al buio gli ultimi centimetri di quella canna. Poi posatala sul posacenere a spegnersi ,si fece avanti anche lui già nudo. Senza la luce ebbe meno problemi a partecipare. Andò oltre le sue toccate di prima. Cominciava anche a leccarmi come un cagnolino: scapole, schiena, culo, ano, e le cosce. C’era molta penombra: nel saloncino ingresso entrava solo la luce delle lampade notturne dell’isolato e poca di quella illuminava debolmente di riflesso la mia camera. Anche mio figlio si stava riprendendo in mano il cazzo. Ci muovemmo al buio sicuri di quello che avremmo trovato. Massimo mi venne da dietro, mi afferrò per i fianchi, poi cominciò a strusciare il suo cazzo contro il mio culo mentre cercava di baciarmi sul collo. Cominciavamo davanti a Rolando i primi approcci dell’incesto. Accettai quel suo abbraccio ricambiandolo come una gattina; cercavo di aderire il più possibile al suo corpo alto più o meno quanto me. Venni messa contro il letto e per tutta risposta, d’istinto, sculai un po’ verso dietro. Quel mio gesto istintivo dovette piacergli. Riprese a sfregarsi ancora contro il mio inguine, contro il mio ano; e naturalmente mi stringeva anche i seni; io sentivo solo la sua salsiccetta vellutata, gentile, e ancora poco dura tra le mie chiappette di quarantenne inoltrata. Rolando palpeggiandolo nelle pallette e nell’asta con le mani sentivo che avendo già eiaculato non stava ottenendo una pronta erezione come aveva sperato; e si allontanò un pochino. Io, affettuosamente lo afferrai per il pisello stringendoglielo un po’ per incoraggiarlo, e mentre mio figlio Massimo cercava di prendermi, io dissi con dolcezza a Rolando:

“Rolando, vai a lavarti il pisello e le palle o fatti una doccetta, vedrai che poi funzioni meglio… dai vai e torna che qui vi voglio tutti e due!”

Rolando fece quanto gli avevo chiesto e mentre mio figlio Massimo riusciva ad avere una certa erezione ne stava approfittando per premere sul mio ano. Non avevo una preclusione, tuttavia gli chiesi:

“La fica non ti piace?! L‘ho lavata sotto la doccia.”
“Lì ci ha sborrato lui…io voglio un buco vergine!”
“Vorrai dire un buco asciutto Massimo! Io lì non sono vergine. Comunque accomodati!”

Chiaritogli questo mi accovacciai alla pecorina sistemandomi meglio sul letto. Gli lasciai dilatare l’ano facendomi aprire le natiche dalle sue mani inesperte di segaiolo sedicenne, poi gli dissi:

“Se ce l’hai duro reggi le chiappe aperte, e ficcalo dentro!”
“Come?!”
“Appoggia la cappella e spingi. Tienilo largo il buchetto! Non mi fai male finché non entri! Però asetta che ti venga duro!”

Massimo premette con la sua cappelletta dura contro le mie chiappette senza trovare l’angolo giusto per entrare. Me le allargai un po’ io le natiche, e dissi a Massimo cosa doveva fare:

“Spingi dai! Mettilo dritto, cappella contro! Forza!”

Mio figlio si concentrò, e gli sentii appoggiare il duro pisello eretto contro il mio buchino posteriore; gli diedi un ordine come gliene avevo dati tanti in vita mia:

“Entra! Spingi!”
“Hu! Così?!”
“Ahnn! Sì, dai, ohhhhhh! Ora sei dentro!”

Massimo spinse, e quando sentii un piccolo fastidio di taglio seppi che era finalmente dentro il buco asciutto che voleva lui. Gli dovetti ancora dire cosa fare:

“Ehi, mà! Ce l’ho più duro io, o Rolando?!”
“Ahi! Hu! Non dire stronzate, scopa!”
“Ehi, uhhhhh! É solo tiepido! Ehi! Qui ahnnnn, dentro vado lento! Lo metto dentro tutto?! Ahn!”
“Dammelo tutto! Muoviti! O ti passa la durezza! Per farmi godere lì ti devi muovere sempre, sai ! Ti prego non stare fermo. Sennò ho paura che resti incastrato!”
“Ahnnn! Ahnnnn! Ahnnnn!”
“Dai, maschietto! Fammi il culo! Così vediamo cosa sai fare!”
“Ah! Ah! Ahnnnn! Hu! Hu! Hu! Ahnnn!”
“Bene così dai! Ahnnnn! Ahi! Ahi! Su, Massimo chiavami! Bravo! Ahi! Che mazza!”

Nel frattempo era tornato anche Rolando che mi vide sottomessa come una pecora a soddisfare le voglie del suo amico, le voglie più infantilmente represse di mio figlio, o le mie forse? Già forse, perché neanche Rolando lo aveva creduto possibile, ed invece eravamo lì, tutti e tre, a praticare sesso spinto tra di noi: madre, figlio, ed amico del figlio. Feci cenno a Rolando di venire davanti a me, e gli dissi:

“Ahi! Uh! Sì! Ahi! Ahi! Rolando, sistemati sotto di me, ti prego! Ahiu! Leccami la fica mentre lui si sfoga! Ahi! Hu! Dai che prima mi hai mostrato che la sai leccare molto bene!”

Dissi a Rolando i miei desideri poi mi rivoltai all’indietro verso mio figlio:

“Hu! Hu! Ahnnnn! Batti Massimo, batti!”

Rolando provò a sistemarsi sotto la mia fica, e fece quello che poté per leccarla. Prima, quando eravamo soli si era dato da fare con la lingua. E lo avevo apprezzato. In realtà la mia fica non era più né morbida né giovane. Se Rolando non me l’avesse leccata ero quasi convinta che alla lingua non reagisse più. Certo, non avevo la fica morta! Tuttavia era chiaro che Rolando doveva leccare di più, e leggero per stimolarmi il giusto solletico alle mie carni intime. Gli passai un cuscino perché si mettesse più comodo, e più vicino. Mio figlio non ci ostacolò limitandosi a colpire in cerca del proprio orgasmo. Sentivo le sue pallette sbattere contro il mio inguine. Ce l’aveva messo dentro proprio tutto! Le sentivo dure sull’inguine. Buon segno! Nel frattempo gratificavo Rolando come potevo. Non appena il bacino di mio figlio me lo consentiva mi chinavo un attimo per prendere in bocca il cazzo di Rolando che da ragazzo in realtà garbato con gli adulti (e le adultere) mi carezzava la vulva con le labbra e la lingua. Un cazzo che già conoscevo di sapore. L’amico di mio figlio gradiva quel mio pompino continuamente interrotto e mio figlio, a quanto sentivo, nel mio retto non riusciva a venire. Ne approfittai per chiedere un cambio di posizione. Le leccate di fica di Rolando, discreto linguista, mi avevano fatto tornare eccitata. Se ne era accorto anche Rolando che aveva il viso sporco dei liquamini della mia fica. Il cazzo di Rolando stava tornando duretto, e me lo volevo mettere di nuovo nella fica, dato che mio figlio si era rifiutato di entrarvi quando gliela stavo offrendo ripulita.

“Massimo! Ahi! Esci un attimo! Dai, forza! Uhuuuuu!”

Massimo uscì dal mio culo, ed io dissi a Rolando di mettersi sotto lui. Gli presi il cazzo ed in un paio di tentativi riuscii ad impalarmi di vagina sul suo membro di nuovo eretto. Poi allargai le cosce per invitare Massimo a rientrare nel culo se proprio lo desiderava. Massimo che aveva continuato a smanettarselo per non perdere il drizzo ripremette più esperto contro l’ano, e stavolta mi bucò bene il culo la seconda volta. Purtroppo per lui non ero sgombra, e quel suo pisellone era sicuramente sfumato al marroncino, anche se non si vedeva per quella stessa penombra che ci fornì la nostra intimità. Essere inculata non era un gran fastidio, perché nessuno dei due ragazzi ce l’aveva molto grosso. Gli “ahi” che pronunciavo con mio figlio erano per eccitarlo. Non erano di vero dolore. Una volta “agganciata” nuovamente con dentro i loro membri mi rivolsi ai miei maschietti:

“Muoviamoci! Ahn! E stavolta cerchiamo di godere tutti e tre! Ahnnnn! Hu! Ahnnnn!”

I due ragazzi dentro di me si mossero senza sincronizzare molto i loro movimenti, ma la cosa mi faceva piacere. Le sensazioni di piacere sessuale arrivavano all’improvviso da direzioni diverse. La qual cosa era anche merito dei due ragazzi, ognuno dei quali cercava di sfruttare ogni istante dentro il mio corpo per soddisfare sé stesso. In realtà quei due ex segaioli stavano soddisfando me! Mentre mio figlio Massimo mi teneva per i fianchi, il suo amico Rolando mi palpeggiava dovunque riuscisse ad arrivare. La mia fica stava bagnando il cazzo a Rolando che così stava raddoppiando i suoi tiri di lancia, sempre più brevi e veloci. I colpetti di Massimo erano più mirati. Glielo stavo avvolgendo e stringendo il suo cazzo, e lui si era rassegnato ad affondi lenti e costanti. In certi momenti sentivo che entrava tutto. Il mio retto però non gli stava dando le calde umide sensazioni che la mia fica forniva al pisello Rolando. Del resto Massimo ha voluto la bicicletta, adesso che pedalasse! Debitamente stimolata, la mia fica venne sciacquettando il pisello eretto di Rolando la seconda volta, ed un minutino dopo un tiepido pruritino mi annunciava che stava venendo anche mio figlio Massimo, che stava stringendo la presa e mi stava sbattendo talmente tanto nella sua eiaculazione che temevo che mi facesse sconnettere il coito con Rolando. Ora doveva godere soltanto lui. Dissi a mio figlio:

“Ancora non uscire! Ahnnn! Uscirai quando avrà goduto lui! Tienilo dentro!”

Mi chinai a baciare Rolando e mio figlio seguì il mio accascio sovrapponendo la sua pancia sulla mia schiena. I sussulti di Rolando lo fecero però rialzare. Massimo ebbe un’idea per farmi godere: col suo cazzo ancora dentro il mio retto lasciò i miei fianchi e, prese le mie ascelle, leccando il mio collo ed il mio orecchio dietro in continuazione (lo faceva sempre mio marito; mio figlio doveva averci spiato allora…). Quel gesto mi mandava in fuori giri anche se la mia fica ormai era venuta. Pensai di fingere un secondo orgasmo.
Rolando accelerò, e alla fine dopo una ventina dei miei rantoli esibiti, venne mentre cercava di mordere i miei capezzoli non appena glieli abbassavo. La sua sborra era calda, ma era la seconda in un’ora, e ne buttò poca. In cinque o sei colpi tutto finì. Ci accasciammo. Io mi misi di fianco e chiesi ad entrambi di restare dentro di me ancora un po’. Una delle mie cosce di accomodò sull’anca di Rolando. Mio figlio Massimo, suo coetaneo, aveva ancora dentro il suo cazzo e mi teneva per le zinne. Entrambi fecero delle piccole movenze di aggiustamento, e mi donarono le loro ultime gocce. Avevamo fatto sesso al buio e presi, avvinghiati, e congiunti tra di noi cedemmo al sonno. Io mi svegliai verso le cinque del mattino, e per prima cosa andai in bagno. Poi vuotai il posacenere con lo spinello ormai consumato nel water, e misi in ordine a casa. Quei due continuavano a dormire nudi nel letto. Nessuno di loro si era accorto che mi ero disgiunta ed alzata. Alle sei e mezzo del mattino decisi di fare una passeggiata sulla spiaggia. Mi rilassai camminando sulla battigia. Avevo passato una notte certo non proprio da sballo; tuttavia ero soddisfatta di aver dato il giusto sfogo alle mie scariche ormonali. Una signora trasgressione per una signora. Certo in quel momento non sapevo che ne sarebbe stato dei nostri rapporti. Sicuramente ritenevo di aver impedito che mio figlio Massimo si desse all’omosessualità quasi per gioco come aveva fatto con il biondo roscetto Giovanni. Forse il sesso con Rolando lo avevo sognato fin dal primo giorno del suo arrivo. Ero contenta di essere stata scopata da quello sbarbatello che a quel tempo, nonostante i suoi solo sedici anni, poteva vantarsi di essere un uomo, per lo meno a letto. Quanto a mio figlio Massimo, se non avessi provveduto con uno spinello per tutti, penso che non mi avrebbe toccata, pur avendoci spiato. I restanti nove giorni della vacanza con Rolando li passammo a scopare; per un tacito accordo si scopava solo quando si era in casa tutti e tre. Io ero sempre felice di essere doppiamente presa e penetrata. Dopo pranzo o dopo cena ci toglievamo i tanga e davamo campo libero alle nostre voglie. Mio figlio seguiva una sua regoletta: se nella mia fica aveva già goduto il suo amico Rolando non ci avrebbe goduto lui per quel giorno, e Rolando imparò a scegliere l’altro pertugio. Se volevano un pompino io offrivo la mia bocca ad entrambi. Mi penetrai per loro anche con grossi ortaggi facendo loro assaggiare i miei sapori più interni, oltre quelli dell’orgasmo. Rolando chiavando la sottoscritta imparò a diventare tra le altre cose un buon leccatore di fica. Mio figlio Massimo un discreto sodomizzatore etero più sicuro di sé nel gestirsi il poco tempo di erezione vera. Il suo pisello crebbe ancora un po’, ma non tanto da indurmi dolore quando gli concedevo il rapporto rettale per scaricargli i nervi, che non ce la faceva più. Se mio marito era assente per lavoro molte volte consumavamo un breve coito in casa, dove mi mettevo contro il tavolo aspettando che finisse di sfogarsi con l’unica precauzione che la persiana fosse abbassata. Gli ricordavo di stringermi il seno durante la sodomia e lo facevo contento. Il tutto in silenzio senza puntualizzargli:
- che fai sono tua madre, smettila! - Lui da parte sua cercava di non abusare. Certe volte stava anche tre settimane senza pensare a toccarmi. Tre settimane nelle quali tentava con le ragazze della scuola senza però riuscirci evidentemente. Ogni volta che il mio consorte ripartiva io e mio figlio Massimo telefonavamo a Rolando se voleva passare la serata con noi. L’iniziativa in genere la prendevo io dicendogli: - perché non telefoni a Rolando così vediamo se gli va anche a lui? - Adesso era il nostro amico Rolando. Dopo quei nove giorni peccaminosi con Rolando ero abbastanza convinta che l’inverno lo avrei passato “più calda”. Di solito il nostro amico arrivava verso le diciassette e restava con noi fino oltre le due di notte. Una volta corremmo il rischio di farci scoprire: La madre di Rolando, preoccupata perché il figlio non tornava - era mezzanotte e mezzo circa - , aveva telefonato a casa nostra. Rispose mio figlio Massimo dicendo che Rolando non poteva venire all’apparecchio perché era in bagno. Di sottofondo però si sentiva il rumore del sesso che stava consumando con me, e quella donna non poteva sapere che mio figlio Massimo era della partita e nudo quando le aveva risposto all’apparecchio. Giorni dopo venne a trovarmi e dovetti dirle che se aveva sentito quei rumori era perché probabilmente stavano guardando un film porno. Era normale a quell’età. Però il figlio tornò a casa anche con le pupille dilatate - mi disse la madre di uno dei miei due amanti - e quelle tradivano l’uso dello spinello che ci portava lui stesso diciamo come un regalo! Sullo spinello le dissi con tutta la faccia tosta del mondo ed una certa risolutezza che avrei indagato, e l’avrei richiamata; tanto sembrò bastarle. Nemmeno sospettava che se i due ragazzi facevano qualche tiro con sostanze illecite era per vincere i loro complessi inibitori con me. La cosa curiosa finì lì. Quella signora non poteva sapere che suo figlio era di casa dentro il mio corpo, e nemmeno sospettare che agiva da stimolo per il mio che viveva l’incesto come una marachella erotica di cui non voleva la sua parte di colpa. Non aveva il coraggio di dirmi frasi tipo dammela, o voglio incularti, tanto meno mi chiamava “mamma” in quei momenti. Naturalmente in quei momenti non ero una madre, né avevo la pretesa di definirmi normale. Il gioco iniziò un po’ per disperazione di tutti e tre: io e i due segaioli, ed un po’ per scherzo. Il punto era che ci prendemmo gusto a farlo in tre. Ma di trasgredire con me sola, senza il suo amico, più complice mio che suo, non ne aveva troppa voglia, e questo era un fatto. Credo che se ero una puttana per il suo amico, allora dovevo esserlo anche per lui che aveva più o meno gli stessi istinti da sfogare, ma non lo avrebbe mai ammesso. Nelle porcate con sua madre dopo tutto “voleva essere accompagnato”, per poi semmai competere. Era come se si sentisse meno colpevole del lato morboso dell’incesto se alla scopata partecipava un suo amico che aveva il suo stesso interesse a tacere. Il sesso noi due da soli era l’eccezione. Quando l’astinenza diventava insostenibile e Rolando non sarebbe venuto perché impegnato altrove, allora veniva di soppiatto a passo veloce, mi toccava il culo senza profferire parola, mi lisciava la natica, e dava pure un bel pizzicotto cercando di aggredire l’ano con il medio per esplorarlo nonostante il cotone delle mutandine, e con il pollice appoggiato sul coccige iniziava muovendo tutte le altre dita a cercarmi il sesso da dietro, facendole scivolare sotto il tassello; il tutto magari mentre lavavo i piatti o facevo il bucato; vidi un documentario di storia che Hitler faceva più o meno le stesse toccate con apposite cameriere mentre gli rifacevano il letto…mio figlio però era pacifista. Io, sua madre, interpretando i suoi desideri lasciavo la mia incombenza, non mi voltavo verso di lui, e dopo un paio di minuti mi spostavo in una stanza più appartata sicura che mi avrebbe sen’altro seguita. Qui rimboccatami la gonna, mi mettevo china contro un mobile scoprendo le cosce e dopo essermi fatte abbassare le mutande a gonna alzata e rimboccata, gli davo silenziosamente la possibilità di guardare, toccare, assaggiare, slinguare perché scegliesse il buco che preferiva; poi procuratasi l’erezione lo infilava dentro; dovevo solo aspettare che finisse rantolando ad arte mentre mi sbatteva…un paio di amplessi lo rendevano più calmo per due settimane. Per le restanti due si dominava lui provando tra l’altro a fare sesso con le sue coetanee se disposte. Per molti sarà stato un bello schifo; ma io dico: in fondo con me, se non si vergogna troppo, non rischiava malattie come con le puttane che costano anche dei bei soldi! Al contrario se c’era Rolando cambiava atteggiamento: era più loquace e deciso, e ci metteva più impegno. E per scherzo mi chiedeva sempre chi ce lo avesse più duro. A tanto arrivava la sua amicizia goliardica con Rolando. Però non me lo chiedeva mai quando eravamo in due. Rolando, beneficiando del mio discreto corpo e della mia disponibilità non ci giudicava, né ci denunciava; tuttavia col passare del tempo, forse perché stufo, si staccò. - mica potevamo fagocitarcelo ! - Il nostro Rolando dapprima diede buca poche volte, poi cominciò a negarsi del tutto. Ed un giorno purtroppo venne a salutarci puntualizzando che non era più disposto; ci fece i migliori auguri per il futuro, poi andò via uscendo dalle nostre vite senza più farsi vedere a casa. Evitò infatti di chiamare ancora mio figlio, anche se non gli tolse mai il saluto. In un anno si saranno incontrati quattro o cinque volte; poi non uscirono più assieme. Del resto non erano mai stati nella stessa classe. E non avevano nemmeno molti amici in comune. Le loro erano sezioni differenti. A ricreazione però non parlavano più. Successe quando, a tre mesi dalla maturità Rolando volle prepararsi per l’esame e per la vita. Non so cosa feci di sbagliato a quel mio giovane e focosetto amante. Per educazione evitò accuratamente di auto invitarsi al mare come aveva fatto quell’anno. Otto piacevoli mesi era durato questo nostro singolare menage à trois con incesto; noi, il peccaminoso insospettabile trio, facevamo sesso in maniera sì episodica, ma anche mirata, e solo quando ci ritrovavamo tra noi tre; in tal modo lo vivevamo più intenso perché non seriale. Nessun estraneo a noi tre era invitato, e non scattavamo polaroid ricordo dei nostri incontri. Sapevamo che a perderne una sola avremmo causato solo sofferenze a diverse persone, senza contare la nostra reputazione. Le immagini che volevamo ricordare sarebbero rimaste solo dentro di noi. Una volta ne parlammo dopo un amplesso: in linea di massima, forse ci sarebbe piaciuto figurare in qualche rivista porno; ma con attori professionisti ad impersonarci. Io sono sempre stata una donna curata, e per Rolando ho sempre indossato guepière e collant neri che poi andavano a beneficio anche di mio figlio. Era molto bello perché ci dominavamo anche per settimane in attesa di fare un incontro in tre. Peccato che sia finito così presto. Io ero disposta anche a diluire gli appuntamenti, a renderli più discreti; gli proposi persino di ridurli a me e lui da soli fuori di casa per non ingelosire il mio Massimo; ma Rolando fu irremovibile, e non insistetti dato che nemmeno volevo che Massimo perdesse l’amico. Io una quarantenne non ancora sfiorita con due bei maschietti fidati che insieme facevano trentadue anni e qualche sega che gli praticavo volentieri io ! Con me sono diventati uomini! Rolando, che ci aveva guadagnato in disinvoltura con l’altro sesso, si era trovato una ragazza, e mio figlio, nonostante la maggiore età, non ancora. Io non gli chiedevo nulla per non assillarlo, e per non presentarlo mammone alle sue nuove compagne di università. Bah, la colpa era mia. Avevo esagerato: per salvare mio figlio da una possibile subdola omosessualità avevo trasgredito troppo anche con lui. Non ne sono pentita; ma se non riesce, o non vuole scoparmi più, non posso né devo oppormi. In fondo le mie carni erano ogni giorno meno morbide, meno invitanti. Quando due anni dopo mi capitò di vedere la ragazza di Rolando capii la sua defezione, e rividi me stessa a quell’età: una fica morbidissima, calda, e carnosa. Adesso ovviamente era meno elastica, ispessita, flaccidina, e forse anche logora; si bagnava meno, ed a scaldarsi ci metteva di più; andava trattata con appositi saponi perché fosse desiderabile per una ventina di minuti. Finita quella parentesi ripresi ad essere una brava moglie per il mio ignaro marito. Nostro figlio dimostrò che sapeva tenersi il segreto, e si gettò nello studio universitario senza più chiedermi sesso. Cambiò abitudine pure lui. La moglie comunque la trovò andando a lavorare nel nord Italia cinque anni fa. Anche sul mio viso le rughe stavano arrivando. Era se come quell’estate oggi così lontana questo già lo sapessi, e volessi godermi i miei ultimi scampoli di giovinezza. Se solo mio marito avesse saltato qualche turno! Se solo la scuola di mio figlio ci avesse lasciato il tempo di andarlo a trovare! Chissà! É giusto che Massimo cerchi una sua strada, anche se almeno da quel giorno non si spara più seghe con Giovanni, il curioso insicuro della presa in bocca. Mio figlio l’ho riportato da questa parte, e tanto mi basta.


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