Gay & Bisex
Nostalgie di altri tempi - 1
di corsaro200
20.09.2024 |
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"Faceva pompini a tutti, portava con sè le ginocchiere e prendeva posizione, chi voleva si avvicinava, capitava si facesse la fila e lui svuotava le palle a..."
Nostalgie di altri tempi - 1Due vecchi amici over si incontrano la domenica a casa di uno dei due e dopo pranzo se la raccontano sorseggiando un digestivo.
- Nicò che ne pensi di questi giovani di oggi.
- Vincè sono a caccia di maturi, o così dicono.
- Veramente? E non ti fa piacere? Io ho sempre cercato miei coetanei, da giovane e anche adesso. Ma io ho sbagliato tutto.
- Li vogliono, amico mio, attivi e cazzuti. Tu verresti scartato subito e io non sono più tanto attivo e, non per lamentarmi della mia dotazione, neanche cazzuto. Vincè sono tutti passivi, anzi no, bisex
- E cosa vuol dire.
- Me lo sono fatto spiegare, dicono che sono attivi con le femmine e passivi con i maschi maturi. Ma a chi la vogliono raccontare.
Vogliono succhiarti il cazzo, farsi inculare e il frocio sei tu, loro no.
E poi chiedono tutti il regalino.
Io sono pure disposto a darlo, ma se permetti lo do a uno che ha un bell’arnese e che mi fa il culo.
- Lo fanno per necessità, Nicò sono quasi tutti senza lavoro a trenta anni e anche a quaranta, una gioventù senza lavoro e con tanti rischi. Devono stare molto attenti a quello che fanno e a come lo fanno. Sono sfortunati a confronto con la nostra gioventù.
- Su questo è vero, lo penso anche io.
- Adesso è tutto diverso, Nicò. Manco a pensarci di fare un pompino senza preoccuparti della sborrata. Ai tempi nostri, se facevi un pompino, il pensiero era “dai sborra, sborra, riempimi la bocca”. Ora invece è un altro, “non sborrare, non sborrarmi in bocca, addosso, fammi la doccia”.
Capisci la differenza?
Ora la salvezza è il preservativo. Ma fare un pompino col preservativo è di una tristezza.
- Che nostalgia Vincè, mi ricordo quando sono partito dal paese per la metropoli.
- Nicò come ti ho invidiato, ma io dovevo badare a mamma.
- Amico mio lasciamo perdere, poteva andare diversamente anche per te, tua mamma stava bene e non sei figlio unico.
Comunque, quante occasioni si presentavano a un giovane col cazzo sempre in tiro e tu ne sai qualcosa. Da giovane per me un buco era qualcosa da riempire, di chiunque e qualunque fosse. Entravi in un cinema e nelle ultime file o in piedi appoggiato al muro in fondo alla sala era tutto un tocca che ti tocco, si consumava lì, sul posto.
Una volta mi capitò una cosa veramente strabiliante. Entrai in un cinema notoriamente frequentato da gay e andai a sedermi un po’ avanti per vedere alla luce dello schermo gli spettatori in faccia. Mentre li passavo in rassegna senza soffermarmi su nessuno, notai un giovane in piedi addossato ad un pilastro. Mi piacque, così mi alzai e mi avvicinai. Mi fermai dietro di lui e feci sentire la mia presenza. Cominciarono subito le manovre di avvicinamento con lui che arretrava e io che avanzavo fino al contatto che avvenne in un punto ben preciso. Dopo parecchi secondi di strofinio in cui gli feci sentire tra le chiappe la reazione che c’era nei miei pantaloni, lo presi con una mano alla vita, lo tirai nel buio e continuai con più foga.
Lui non se ne stette a braccia conserte, ma con maestria, con le mani dietro al culo, mi abbassò la lampo e me lo tirò fuori. Avvicinatomi per ristabilire il contatto, non sentii come prima la stoffa dei pantaloni ma la sua pelle nuda. Con le mani si puntò al buco del culo il mio cazzo duro. Dovetti solo dare una spinta ed entrò.
Le lampo aperte dalle sue abili mani erano state due, quella dei miei pantaloni per tirar fuori l’uccello, l’altra sui suoi ma dietro, per mettere a nudo il culo. Eppure, per quello che si sarebbe visto da fuori le nostre brache erano al loro posto.
- Che dire Nicò, fu premiato l’ingegno.
- E ai giardinetti? Questi entravano in funzione dopo la chiusura dei cinema. Dopo l’una di notte gli arbusti prendevano vita, certe volte ci si ammassava. La mercanzia non era in vista ma le patte erano aperte e se eri audace potevi infilarvi la mano dentro per tastare. Mi ricordo di un giovane bello come il sole, anche se l’ho visto sempre solo di notte. Era di un altruismo senza pari. Faceva pompini a tutti, portava con sè le ginocchiere e prendeva posizione, chi voleva si avvicinava, capitava si facesse la fila e lui svuotava le palle a tutti. In una serata avrebbe potuto riempire un bicchiere di sborro.
C’erano buongustai di tutto, una sera saranno state le tre di notte, venivo via da un festino ai giardinetti. Per tornare a casa facevo una piccola rampa di scale che accorciava il cammino, c’era puzza ti piscio. Mentre scendevo le scale che erano quasi al buio mi sento dire.
“Ehi hai qualcosa per me?”
Mi bloccai in preda alla paura, anche se il tono non era minaccioso ma quasi supplichevole.
Non ho soldi e non fumo, gli risposi e lui.
Non cerco quelle cose lì.
E che vuoi.
Pisciami in bocca.
Nessuno mi aveva mai chiesto una cosa del genere, io incredulo, ribattei
Cosa hai detto?
Sì, hai sentito bene. Pisciami in bocca
E aprì la bocca che sembrava la tazza del cesso. Allora anche io ero altruista e siccome la dovevo anche fare, mi sbottonai e gli pisciai in bocca e non fu poca quella che gli andò in faccia e sui vestiti.
Adesso lo fanno in tanti, si chiama pissing.
- Nicò, che mi racconti, io sono rimasto al pompino e l’inculata.
- Ma tu non ti sei mai mosso da questo paese.
Ma la cosa più strabiliante, e parlo sempre dei primi tempi che mi ero trasferito, mi capitò un sabato sera in discoteca. Era l’ora della chiusura e mi si avvicinò uno con cui prima mi ero un po’ appartato, senza però concludere, e mi disse: Lo vedi quel tizio, sta cercando gente da portare a casa sua.
E tu ci vai? L’invito è per tutti? È fuori città?
Avute le risposte, decisi di andare anche io, avevo fatto ben poco durante la serata e avevo ancora le palle da svuotare. Strinsi la mano al padrone di casa, come a dire vengo anche io, grazie per l’invito e uscimmo dal locale, eravamo in sei o sette. Arrivati a casa il padrone ci invitò a servirci da bere e entrò in un'altra stanza. Dopo un po’ uno che si muoveva per la casa con disinvoltura, invitò anche noi a entrare.
Il padrone di casa tutto nudo era sdraiato su una specie di dondolo, di cuoio nero, sorretto a quattro angoli da catene che lo tenevano sospeso da terra all’altezza del cazzo di una persona di media statura che sta in piedi.
- Nicò pratico l’aggeggio, o ti muovi o mi dondoli e poi via uno, avanti un altro.
- Vincè avrebbe potuto essere così ma a guardare in faccia i presenti si capiva che più di uno si faceva allargare il culo anche lui.
- E allora?
- Vincè, quanta fretta, abbiamo tutto il pomeriggio.
Tutto intorno era buio. Illuminato a giorno però c’era il buco del culo dell’uomo depilato come un neonato. L’accessorio che gli serviva per pisciare e lo scroto sembravano solo pelle vuota e grinzosa.
Il tizio di prima, che continuava a fare da assistente e da officiante al rito, porgeva guanti di gomma usa e getta a chi allungava la mano per prenderli. Anche io ne presi due e quando vidi che li indossavano lo feci anche io.
Su un tavolino a destra di quelli che guardavano, che sicuramente non avrebbero avuti solo il ruolo di spettatori, c’erano vasetti, creme ed altro.
Ricordo che era estate, indosso non avevamo tanti vestiti, avevamo le braccia nude o indumenti facili da tirare su.
Sicuramente nel gruppetto c’era qualcuno che, per averlo già fatto, sapeva come muoversi. Infatti, si fece avanti un magrolino che, preso con le dita della mano destra inguantata un po’ di pasta bianca e cremosa da un vasetto, si avvicinò con la mano al buco del culo e cominciò a ravanare. Solo in quel momento, quando le dita, chiuse a peperone iniziarono a penetrare nella carne che man mano si apriva, capii che l’intento era di farvi sparire dentro tutta la mano e, secondo me, anche parte dell’avambraccio. Questa constatazione non ebbe conseguenze fisiche ma cerebrali, non mi venne il cazzo duro, ma mi schizzò il cervello. Avevo sempre pensato che nel culo si potesse mettere il cazzo, la lingua, qualche dito e lo avevo anche fatto, ma pensare che vi si potesse far entrare tutta la mano, magari stretta a pugno, no. Eppure, sotto i miei occhi la cosa stava accadendo. Utilizzando anche dell’olio spremuto dal flacone direttamente nel buco e altra pasta bianca, tutta la mano entrò e, stretta a pugno, ne fu estratta violentemente subito dopo. Altri del gruppo si davano da fare, qualcuno andò a tappare col cazzo anche la bocca dell’uomo sul dondolo, altri armeggiavano tra di loro, qualcuno provò a mettere mano al mio pacco, ma io lo scansai.
Dopo aver stantuffato per un po’, il magrolino si guardò attorno, incontrò il mio sguardo e con un cenno mi chiese se volevo sostituirmi a lui. Io volli essere più esplicito e mi toccai il petto come a dire “io?”, lui assentì, si tolse i guanti che buttò in un secchiello e si fece da parte.
Vincè, la bestia che c’è in me, tu mi conosci, fece venir fuori tutto il mio sadismo. In quel buco di culo che mi si offriva vidi il mondo da fottere e sottomettere e la misura non era a mio sfavore, ho una manona da manovale e non da scrivano.
Feci le stesse operazioni che avevo visto fare con creme ed altro e iniziai. Sarà stata la sensibilità dell’uomo o il tocco diverso da quello di prima fatto sta che il penetrato, che prima non aveva mai alzato la testa o detto parole, mi puntò gli occhi addosso e mi disse.
Ah! Uno vero! Dammi tempo di dilatarmi per la tua misura, non avere fretta.
Vincè usare la mano come un cazzo è una cosa inimmaginabile, lo capisci solo se lo fai. La prima certezza è che non si ammoscia, c’è solo il dubbio se entrerà e fino a che punto.
Avevo visto il mio predecessore usare una sola mano, io decisi di usarle entrambe perché usate nel modo giusto potevano fare da dilatatore. Infilai così le quattro dita della destra e quelle della sinistra tenendo fuori i pollici e iniziai lentamente a distanziarle. Questa operazione mi ripagò di un’altra attenzione rivoltami dal dilatato che alzò la testa e mi disse.
Tu ci sai proprio fare.
Per un po’ andai avanti così come stessi insaccando un budello, con le dita giunte o contrapposte. Spesso le immergevo nelle creme, che hanno effetto lubrificante ma anche anestetico. Poi le alternai una dentro e una fuori e quella dentro andava sempre più in profondità.
Sono sicuro che questa tecnica fece scattare un meccanismo di maggiore partecipazione da parte di chi mi riceveva. Ogni volta stavo lì, lì e quello magari pensava: ora entra, ora entra.
Intanto un tipo si era fermato a guardare le mie manovre e, vedendo che dopo tanto pompare le nocche delle mie mani ancora non avevano oltrepassato l’anello, mi disse:
Ti fai da parte se non sai fare?
Si sentì in risposta un “no” secco e deciso, “lui va benissimo”. E non lo avevo detto io.
L’episodio mi servì però per capire che non potevo monopolizzare per tutta la notte un culo che anche altri reclamavano, così abbandonai le mie tecniche e lo pompai come avevo visto fare prima. Per fare entrare tutta la mano e parte dell’avambraccio, dovevo, muovendola dentro al budello, cercare la strada che non è proprio dritta e, superato il primo tratto, andare oltre il secondo anello. Una volta dentro, serravo la mano a pugno e “flopp” la estraevo con violenza. Queste operazioni le feci e le rifeci, non avevo idea di quando fermarmi. Non è come col cazzo che tutto finisce quando sborri. Il mio cazzo non era duro. Ma la sborrata c’era stata. “Fermati sono venuto” sentii dire, e guardando bene tra le pieghe raggrinzite del mollusco che avevo davanti agli occhi, vidi che erano fuoriusciti degli umori che prima non c’erano, senza alcun aumento di volume dell’attributo che li aveva emessi.
- Nicò è bestiale, quello che ho vista fare dal veterinario quando insemina la vacca in confronto è niente.
- Vincè gli uomini sono peggio usano il cervello nelle perversioni.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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