incesto
colpa del demonio
di corsaro200
07.08.2024 |
788 |
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"Per questo è tornato a casa più determinato che mai a scoprire come stanno le cose..."
Carlo è un operaio quarantenne, un uomo semplice, d'altri tempi. Frequenta la chiesa e il bar del paese. Lavora sodo per sostenere la sua famiglia, la moglie e il figlio Luca. Ed è omofobo.Il giovanotto, al contrario del padre, è istruito, moderno e frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico. Ascolta la musica di questi cantanti moderni, che suo padre proprio non sopporta. Per lui questi cantanti, come Achille Lauro, Mahmud, i Maneschin sono tutti froci. Ha il terrore che suo figlio possa farsi traviare da questi cattivi modelli. Non potrebbe mai sopportare che diventi una checca. Già lo vede che sta sempre a leggere o ad ascoltare musica. Non gli piace girare in moto o giocare a calcio, come i suoi coetanei. E a pensarci bene, non lo ha visto mai in compagnia di qualche ragazza o già solo parlarne.
Di questo Carlo è preoccupato e ha iniziato a frugare tra le cose del figlio, sperando in cuor suo di trovare un numero di Playboy o la foto di qualche amichetta, ma la ricerca è andata a vuoto.
Quando suo figlio è al telefono cerca di ascoltare quello che dice e di capire con chi sta parlando e di cosa.
Stasera, dopo il lavoro, prima di cena, come tante altre volte, è andato al bar dove trova gli amici, e si è parlato di ricchioni. Chissà perché quando si riunisce un gruppo di maschi adulti e semi analfabeti, si finisce sempre col parlare di donne, di corna e di ricchioni. Carlo ha riso insieme agli altri, ma dentro di sé si è sentito agitato. Cosa farebbe lui se scoprisse che suo figlio è così? In una eventualità del genere, c’è stato chi ha detto la sua. Il minimo è stato che un figlio gay verrebbe cacciato di casa. Qualcun altro preferirebbe un figlio drogato o addirittura morto, anziché gay. C’è stato uno, Carlo non lo aveva mai visto prima che, come si rivolgesse solo a lui, ha detto.
- A un figlio gay gli rompo il culo io, suo padre, prima che si fa inculare da chi sa chi.
Carlo non ha aperto bocca, non è intervenuto nella discussione ma si è chiesto se avrebbe sopportato la vergogna e le battutine degli amici del bar.
Per questo è tornato a casa più determinato che mai a scoprire come stanno le cose.
La moglie non è a casa, è andata a giocare a ramino dalle sue amiche. Il figlio è nella sua stanza, come sempre impegnato a pigiare sulla tastiera del computer.
L’uomo entra silenziosamente e, senza farsi sentire, si avvicina alle spalle del figlio che è talmente preso da ciò che sta facendo, che non si accorge di nulla.
Così Carlo a pochi centimetri dal figlio riesce a leggere quello che c'è sullo schermo.
È una chat, in cui un ragazzo ha inviato a Luca una propria foto in costume da bagno e Luca sta rispondendo, dicendogli che è un bel ragazzo.
Carlo si sente cadere il mondo addosso.
Dunque, i suoi peggiori timori sono fondati!
Per qualche secondo rimane lì, come paralizzato. Poi sbotta:
- Luca. Cosa stai facendo?
Il figlio sussulta per la sorpresa. Vede suo padre dietro di lui e capisce di essere stato scoperto.
Decide di affrontarlo a viso aperto.
- Papà, te lo volevo dire già da un po' di tempo e mi dispiace che tu l'abbia scoperto così. Mi piacciono i ragazzi.
- E ti piacciono i cazzi? E ti piace farti inculare?
- Non lo so papà. Non sono mai stato con un uomo, ma quando ne avrò l'opportunità, capirò cosa davvero mi piace.
Quello che poco prima al bar era stata una domanda a cui qualcuno aveva dato una risposta, per lui ora è un fatto vero che richiede un’azione vera, ma quale?
L’uomo ha perso il lume della ragione, afferra il figlio per il colletto e lo solleva dalla sedia su cui è seduto.
Ce l'ha davanti a sé e gli urla in faccia:
- Mio figlio non si farà mai scopare da un uomo, o non è più mio figlio! Mi hai capito?
Luca lo guarda impaurito, ma non risponde. Allora Carlo, ripete con insistenza quello che ha già detto:
- Sicuro che non ti sei fatto già inculare da qualcuno?
- No papà.
Carlo ormai è una furia, ha perso ogni controllo e non sa se credergli. Così con le su braccia nerborute scaraventa il figlio a faccia in giù sul letto.
Gli monta a cavalcioni sopra le cosce per impedirgli di muoversi, gli tira giù la tuta e poi le mutande, lasciandolo a culo scoperto.
- Voglio vedere se davvero non ti sei mai fatto inculare!
Con le mani gli allarga le chiappe per esaminare il suo buco del culo.
Sembra tutto a posto. Presumibilmente è ancora vergine. Ma per quanto ancora? Allora Carlo si immagina il figlio che si fa inchiappettare da un camionista nella cabina di un tir parcheggiato in una piazzuola di sosta. Oppure che si fa inculare in piedi, da un vecchio laido, nel bagno di un cinema a luci rosse. È nauseato.
Non può permettere che qualcuno svergini suo figlio. Ma che cosa può fare? Non può certo tenerlo recluso in camera per il resto dei suoi giorni.
Allora mentre guarda il buchetto vergine di suo figlio, Carlo ricorda le parole che ha sentito dire al bar da uno, mai visto prima.
- “Più tosto che far rompere il culo di mio figlio da un porco qualsiasi, glielo rompo io”.
E, presa anche lui la stessa decisione, come un invasato si rivolge così al figlio.
- Luca, lo sai cosa significa farsi infilare un cazzo nel culo? Lo sai il dolore che si prova e la vergogna nel sentire un maschio che ti alita dietro la nuca, mentre ti stantuffa come un animale in calore?
- No papà, non lo so, non l’ho mai fatto.
- Adesso te lo farò provare, sperando che quello che sentirai ti faccia passare la voglia di andare con altri uomini.
Detto ciò, Carlo che è già in posizione, apre leggermente le labbra facendo colare un rivolo di saliva che cade precisamente tra le chiappe del figlio. A questo punto il figlio capisce quello che sta per succedere e cerca di divincolarsi, ma Carlo è saldo sopra di lui e lo tiene bloccato. Mentre con una mano tiene giù il figlio, con l'altra si sbottona i pantaloni, tira il cazzo fuori dagli slip e lo dirige tra le natiche del figlio. La cappella turgida tocca l'umido della saliva e, col calore della carne, diventa di pietra.
Carlo fa pressione con tutto il suo peso, che non è indifferente e il suo cazzo si fa strada tra le natiche. Il buco inizia ad allargarsi, fino a quando tutta la cappella è dentro. Un'altra spinta poderosa fa sì che il cazzo di Carlo si infila per metà nelle carni di suo figlio.
Luca urla dal dolore.
Dato che ha deciso di farlo, suo padre vuole che l’inculata sia il più spiacevole possibile, che possa almeno servire a fargli passare la voglia. Un'altra spinta e il cazzo entra completamente.
Un altro urlo di dolore, ma non è ancora finita.
Carlo inizia a stantuffare come un ossesso. Sbattendo suo figlio sul materasso come una puttana.
Continua così per alcuni minuti, fino a quando, grazie a dio, eiacula, nella carne della sua carne.
Solo allora si ferma, ponendo fine al martirio di Luca.
Si rimette in piedi, si riabbottona i pantaloni ed esce dalla stanza di suo figlio che giace sul letto senza la forza né la volontà di muoversi.
Uscendo dalla stanza è come se si sia sottratto a una malia diabolica che lo ha invasato, così apre la porta di casa ed esce senza sapere dove andare. Non vuole vedere nessuno, inizia solo allora a rendersi conto, ma mai completamente, di quello che ha fatto. Si rifiuta anche solo di pensarlo, ma la realtà è quella, ha rotto il culo a suo figlio in modo brutale animalesco, ha stuprato suo figlio e perché?
Se ne va dove non può incontrare nessuno, anche perché comincia a fare buio e ossessivamente ripete a sé stesso.
- E mo’, che faccio! È mio figlio, tra poco dovrò incontrarlo, che gli dico? Che un demonio mi ha invaso la mente, si è impossessato di me, è entrato nel mio corpo. Ora che non mi sento più posseduto, ora che il diavolo è uscito, sono io con la mia coscienza. Che cosa ho fatto e perché.
Il bip di un messaggio lo distoglie dai suoi pensieri e lo legge.
- La cena è pronta dove sei andato?
È di sua moglie che lo sollecita a tornare a casa, dove c’è una dura realtà che deve affrontare e, non potendo più sottrarsi, come un condannato che di sua volontà va al patibolo, torna a casa.
In cucina c’è solo la madre di suo figlio. La tavola è apparecchiata per due e chiede.
- Agnese, perché hai messo solo due coperti. Luca dove è andato?
- Nostro figlio non si sente bene, sta male e non vuole mangiare. Ho provato a chiedere cosa si sente e lui educatamente, ma fermamente mi ha chiesto di lasciarlo solo, non vuole vedere nessuno e qui ci siamo solo tu e io.
- Vado ad affacciarmi?
- Carlo non farlo, è meglio di no. Non credo sia un male fisico ma proprio non so cosa pensare. Spero solo che gli passerà.
La cena si svolge in silenzio, Carlo si sforza di mangiare per evitare che sua moglie gli chieda perché non ha fame. Finito di governare la cucina lei gli dice.
- Io vado a dormire che ho sonno, tu fai piano quando vieni a letto e non svegliarmi, i mali di tuo figlio non sono fisici e possono aspettare fino a domani.
Ma Carlo che sa quali sono questi mali, che sa di esserne la causa, che ha una coscienza che gli morde, non essendo più preda del demonio, accertatosi che sua moglie dorme, entra nella camera del figlio.
Quello che desidera ardentemente è che suo figlio non lo cacci via, che gli dia la possibilità di parlargli, anche se non sa cosa possa dirgli a sua discolpa.
Il buio della stanza è quasi totale, ci sono solo due led verdi e una lucina di cortesia che permette di delineare una sagoma nel letto. Con il batticuore l’uomo si avvicina e, intravisto un posticino libero nell’incavo del corpo dormiente che sta su un fianco, vi si siede e per un po' non si muove. Anche la sagoma non fa alcun movimento, non si può quindi capire se chi sta sotto quella sagoma dorme o è sveglio. Gli ci vuole un’enorme forza di volontà, scaturita da un bisogno che non può più aspettare, per far sollevare a Carlo un braccio e poggiare sulla testa del dormiente una mano della leggerezza di una piuma e aspettare una risposta che c’è. Una lieve impalpabile distensione subentra all’istantaneo irrigidimento. In risposta la mano comincia a muoversi e diventa una carezza che dai capelli si sposta sulla guancia di Luca. Anche la lingua di Carlo riesce a sciogliersi ed escono le prime parole.
- Perdonami figlio mio, ero posseduto dal demonio che ora mi ha lasciato e riesco a capire tutto il male che ti ho fatto.
- Quel demonio, padre mio, che ha lasciato te è entrato in me e tu sai anche da dove è entrato. Ora mi sta dicendo che vuole uscire così come è entrato.
- Va bene figlio mio, lo farò molto volentieri specialmente se col tuo consenso. Adesso sarà diverso, vedrai che non ti farò tanto male. Distenditi a pancia sotto.
- Ma papà, hai capito male, il diavolo vuole uscire da me nello stesso modo in cui vi è entrato.
- E cioè?
- Uscire dal cazzo mio ed entrare nel culo tuo, come ha fatto da te a me, non la cosa inversa.
- Ma sei pazzo. Vorresti tu mettermelo nel culo?
- No, papà. È il diavolo che vuole così, e se non ubbidisci sarai sputtanato, tutti sapranno quello che mi hai fatto e sarai tu a passare per gay o ricchione come dici tu e i tuoi amici. Sai una cosa, è ricchione non solo chi lo prende nel culo, ma anche chi lo mette.
- Non ci credo, ti sei inventato tutto.
- Non mi sono inventato un bel niente. Il diavolo mi ha detto che tu lo conosci bene, che ti ha parlato.
- Lui a me?
- Sì, al bar. Quando ti ha detto “A un figlio gay gli rompo il culo io, suo padre, prima che si fa inculare da chi sa chi.” Parlava solo con te, non si è fatto sentire dagli altri, e tu lo hai ascoltato e lo hai fatto a me. E ora se non vuoi che tutti i tuoi amici lo sappiano, lui fa presto a dirglielo, devi farti inculare da me, così lui esce, poi te la vedi con lui.
Carlo capisce che non ha scampo non può combattere contro il demonio e si arrende.
- Va bene Luca, ti prego però non farmi troppo male. Io con te sono stato violento al massimo per dissuaderti dal rifarlo con gli altri.
- Allora papà vado a prendere un po' di burro nel frigo, tu preparati.
- E come mi devo mettere.
- Papà, togliti mutande e maglietta, mettiti a bordo del letto e inginocchiati. È la posizione migliore per prenderlo nel culo. Si chiama “a pecora”.
Quando torna con il burro in un piattino Luca ha con sè un rotolo di carta scottex e una torcia con la quale illumina il buco del culo di suo padre.
- Papà hai un gran bel culo, quanti peli.
Con un dito Luca glielo sfiora appena e suo padre si irrigidisce, stringendo forte il buco del culo.
- E no papà, così non va, se non vuoi sentire dolore, se non vuoi che ti faccia male, devi allargarlo, non stringerlo, così non devo forzare troppo, devi collaborare.
- Non ci riesco.
Intanto Luca poggia un dito sul pezzo di burro e con questo tocca il buco del culo di suo padre massaggiandolo delicatamente sopra, sopra e sente sotto il dito che le piegoline dello sfintere, prima serrate come se lì non ci fosse una porta per uscire, in questo caso per entrare, cominciano a rilassarsi. Dopo un po' che questa operazione delicata e rilassante va avanti, si comincia ad averne gli effetti, anche inaspettati. Il cazzo di Carlo, da che è rattrappito comincia a distendersi ed ingrossarsi, non aveva immaginato avrebbe avuto questa reazione. Così gira la testa in dietro per vedere cosa sta succedendo e, illuminato dalla torcia, vede il cazzo di suo figlio grosso come non avrebbe mai immaginato, si meraviglia, si spaventa e dice.
- E tu vorresti far entrare quella bestia dentro al culo di tuo padre?
- Guarda papà che tu lo hai già fatto a me, la tua bestia (e con la torcia inquadra il cazzo del padre), non è più piccola della mia, anzi.
- Ma sei sicuro che il diavolo che è in te ….
- E che tu ci hai messo, papà, non dimenticarlo.
- Sì, è vero, ma sei sicuro che vuole uscite da te nel modo che dici tu? Vedi figlio mio, in poche ore, da quando è cominciata questa faccenda, ho capito molte cose. Ho capito che essere gay non è una tua colpa, dirò di più, proprio non è una colpa, non è una cosa che hai scelto e sono arrivato a pensare che ognuno ha il diritto di fare il sesso come gli piace. È vero, io ti ho violentato, ma è una cosa che tu desideravi, tu volevi prenderlo nel culo, magari non da me e non in quel modo. Per opera del diavolo è andata così, adesso che stiamo ragionando possiamo decidere noi cosa fare. Io non lo desidero e neanche mai pensato di prenderlo nel culo. L’ho messo nel culo, quello di mio figlio e mi è piaciuto, nel culo di un altro non lo so.
- Ho capito cosa vuoi dirmi, ma non conviene metterci il diavolo contro, lui da me vuole uscire
- E facciamolo uscire.
- E come papà.
- Ti fai una sega, così sborri e lui esce da te.
- Ma così non entra dentro di te.
- Se proprio quel diavolo vuole entrare dentro di me, si troverà un’altra strada, come ha già fatto la prima volta.
- E se la sega ce la facciamo a vicenda, tu papà la fai a me e io la faccio a te.
- Benissimo e per eccitarci cosa pensiamo, cosa ci diciamo?
- Papà, io penserò di rompere il culo a tutti i tuoi amici omofobi del bar, così diventano ricchioni. Credi a me, papà, se lo prendi nel culo una volta, anche se per sbaglio, poi ti viene la voglia di rifarlo.
- E per te, Luca, questo non vale?
- Papà, cosa vuoi dire?
- Tu lo hai preso nel culo una volta e sono stato io, dovresti volerlo rifare. Forse che vuoi rifarlo ma non con me?
- Papà non fare il furbo. Quello che ho detto è vero, voglio riprenderlo nel culo, ma non voglio fare solo quello. Voglio anche metterlo nel culo, usare le mani e anche la bocca, non avere un ruolo fisso. Tu invece sì, vuoi avere solo un ruolo attivo, non vuoi neanche prendermelo in mano.
- E allora?
- O accetti di provare altri ruoli e riconoscere che anche io ho un cazzo da soddisfare, o riprendo col computer da dove mi hai interrotto, mi metto a cercare sulla piazza e mi trovo uno come me, e non è difficile trovarlo.
Per un po' Carlo se ne sta in silenzio alla ricerca di una proposta che possa andar bene ad entrambi. Quando pensa di averne trovata una dice.
- Senti Luca, hai detto che quando uno l’ha preso nel culo una volta poi vuole rifarlo, io ho scoperto che la cosa è vera anche per chi lo ha messo nel culo. Io voglio tanto incularti di nuovo, ma in un modo diverso, me la voglio gustare la seconda inculata con mio figlio, la prima l’ho fatta da arrabbiato. Con la seconda facciamo diversamente, tu partecipi e mentre ti inculo ti seghi e sborri, così il diavolo esce e va da un’altra parte, gli suggerisco di andare in uno dei miei amici del bar, il più stronzo. Questa volta con te faccio piano, uso anche il burro, voglio durare tanto, giocare, divertirmi, godere e farti godere. Dopo ci ragioniamo per cercare una soluzione che avrei già trovato.
Vedi io non voglio che tu ti faccia inculare da un altro. Il culo lo devi dare solo a me. Per soddisfare il tuo cazzo e magari anche un po' di extra per il mio, ci troviamo un bel frocetto che si fa inculare e fa pompini.
- Papà, dopo tutto questo, ancora non cambi.
- Che c’è adesso, Luca, non ti piace la mia proposta?
- È che non puoi continuare a offendere, un nostro eventuale partner non è un frocetto, è un gay con ruolo passivo.
- Ah, scusami, hai ragione, è un giovane gay passivo, ma la mia proposta ti piace? Dovrebbe andar bene sia a me che a te e anche al giovane gay passivo.
- C’è un’altra persona, papà, a cui non stiamo pensando.
- E chi è.
- È mamma, tua moglie, verso la quale mi sentirei in colpa. Tu no?
- In colpa per tua madre. Ma lei ti ringrazierebbe. Per lei è sempre un sacrificio che fa quando mi avvicino, mi dice sempre che è l’ultima volta che si concede, che devo trovarmi un altro posto dove andare a metterlo. Così la accontento, credimi. Ne sarà felice.
Che ne dite? Sarà stato il diavolo? È opera sua aver suggerito questa soluzione?
Intanto la seconda inculata tra padre e figlio forse è ancora in corso e se ne prevedono altre fino a quando non sarà trovato un giovane gay passivo che accontenti padre e figlio. Chi è interessato si proponga, lo dica al diavolo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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